GIORGINI (Giorgi), Simone
Non si conoscono le date di nascita e di morte di questo scultore la cui attività a Roma è documentata tra il 1677 e il 1712.
Al 25 sett. 1677 risale infatti il pagamento fatto a un "Simone Giorgi", identificato dalla critica con il G., per le due teste di cervo, attributi di s. Felice di Valois, posti di lato al portale, sulla facciata della chiesa di S. Carlo alle Quattro Fontane (Buchowiecki, p. 493).
Non si hanno ulteriori notizie relative al G. fino agli anni Ottanta del Seicento quando Titi nel 1686 menziona come "lavoro di Simone Giorgio" la statua in stucco della Fede, realizzata per l'ambiente a sinistra del coro della chiesa di S. Ignazio.
L'opera fa parte di un gruppo di quattro sculture che comprendevano anche la Speranza e la Carità, eseguite rispettivamente da G.A. Lavaggi e da F. Nuvolone, e la Religione, opera di Francesco Rainaldi. Nel corrispondente ambiente di destra, la cappella Ludovisi, si trovano le Virtù cardinali di C. Rusconi. È possibile secondo Enggass (1974) che le otto statue fossero state affidate originariamente, intorno al 1683, ad Antonio Raggi, il quale per motivi di salute non poté mai iniziarle e tre anni dopo morì. Tuttavia, secondo lo studioso, il riferimento nelle otto sculture alle opere di Raggi è talmente visibile da lasciar pensare che siano state realizzate sulla base di suoi disegni. Dei cinque scultori incaricati il più noto era Rusconi, il quale ricevette 20 scudi per ciascuna statua; mentre agli altri ne furono destinati soltanto 15 (Montalto). Questo scatenò lo scontento fra gli scultori e fece sì che sorgesse una lite fra i padri gesuiti da un lato e il G. con Lavaggi, dall'altro, che sostenevano, a lavoro concluso, di non essere stati pagati affatto; il contenzioso iniziato nel 1686 si risolse soltanto nel 1699 a sfavore degli ultimi due.
Nel frattempo, per intervento di Andrea Pozzo, forse al fine di sedare i malumori, il G. e Lavaggi erano stati chiamati a collaborare all'altare di S. Ignazio al Gesù, dove realizzarono due angeli; non si tratta, però, dei modelli in stucco per quelli scolpiti da P.E. Monnot, come si è detto in passato, ma, come recita una descrizione della cappella di S. Ignazio al Gesù del 1705 (Bacchi; De Feo), di due sculture che dovevano essere collocate sopra il frontespizio dell'altare e che non furono evidentemente incluse nella soluzione finale.
Tra il 20 ottobre e il 20 nov. 1694 il G. lavorò in S. Carlo ai Catinari alla realizzazione di quattro angeli in stucco in atto di suonare sotto il cupolino al di sopra della balaustra nella cappella di S. Cecilia, di proprietà della Congregazione dei Musici. Per questo lavoro fu pagato 40 scudi ovvero, come attesta il documento, 10 scudi a statua, secondo gli accordi presi con Antonio Gherardi, autore della cappella (Ferraris); il costo abbastanza ridotto era probabilmente legato alla fattura sommaria delle statue, che dovevano essere pronte per il 22 nov. 1694, in occasione della festa della santa. Nell'agosto 1695 il G. fu richiamato per modificare due degli angeli: in realtà furono ritoccati tutti, fatta eccezione per quello con il violino che fu completamente rifatto. Visibili dal basso a coppie, con il volto e gli strumenti protesi verso la cupola e le ali aperte, gli angeli del G., nonostante i cambiamenti mantengono una omogeneità di fondo, segno che chi lo aiutò nella rielaborazione non ebbe una parte predominante o comunque seguì rigidamente le indicazioni del Giorgini. Nel complesso la decorazione scultorea della cappella con questa visione verso l'alto, raggiunta verosimilmente proprio grazie al secondo intervento, appare molto suggestiva e d'effetto.
Evidentemente la fama del G. doveva essere in piena ascesa se il 10 nov. 1697 venne ammesso all'unanimità a far parte della Congregazione dei Virtuosi al Pantheon. Sebbene l'ammissione alla compagnia dei Virtuosi fosse meno prestigiosa rispetto a quella presso l'Accademia di S. Luca, di cui non risulta che il G. abbia mai fatto parte, tuttavia il consenso unanime non era evento così comune. Il G. partecipò alle riunioni della Congregazione del 15 dic. 1697, del 16 febbr. 1698 e del 12 marzo 1698, quando, come di consuetudine per i novizi, fu incaricato con Filippo Barigioni di preparare la solita festa di S. Giuseppe, protettore dei Virtuosi. Dai documenti il G. risulta ancora presente l'8 giugno 1698, il 17 ottobre e il 14 nov. 1700; in seguito non dovette più partecipare con assiduità alla vita della Congregazione, tanto più che non compare neppure nel Libro delle messe dei defunti fino all'anno 1761 (Arch. della Pontificia Accademia dei Virtuosi al Pantheon, Libro delle congregazioni, IV [1653-1701]; Libro delle messe dei defunti; VLibro entrata e uscita [1667-1761], su segnalazione di G. Bonaccorso).
Tra il 1699 e 1703 il G. lavorò con Leonardo Retti all'esecuzione degli angeli in stucco (andati perduti) dell'altare maggiore della chiesa di S. Maria dell'Orto. Doveva trattarsi di glorie di cherubini e nuvole attorno a un ovale con l'immagine della Madonna; ma l'altare attuale non è più quello presente nella chiesa agli inizi del Settecento, scomparso verosimilmente durante i rifacimenti della metà del XVIII secolo. Sempre in collaborazione con Retti il G. lavorò fra il 1699 e il 1706 alla decorazione in stucco dell'abside e del transetto della stessa chiesa, per conto dell'università dei fruttaroli, raggiungendo una notevole ricchezza decorativa, che fu forse richiesta degli stessi committenti, che in tal modo potevano dimostrare l'opulenza della categoria. In particolare i due scultori realizzarono le figure in stucco; mentre le parti più propriamente artigianali furono affidate a N. Aldini e G. Bilancioni (Barroero).
Il 13 genn. 1702 il G. veniva incaricato di realizzare la statua in travertino di S.Protasio per il colonnato di S. Pietro che egli consegnò il 19 apr. 1703 e per cui venne pagato 80 scudi. Il ricco panneggio del santo è stato avvicinato a quello della Fede in S. Ignazio (Santa Maria Mannino). Fu attivo ancora per S. Pietro nel luglio 1704 quando collaborò con Angelo De Rossi alla realizzazione del modello in stucco per la statua di papa Alessandro VIII (morto nel 1691) destinata al suo sepolcro (M.T. De Lotto, note alla vita di A. De Rossi, in Pascoli, 1992).
Il 23 settembre di quello stesso anno il G. firmò il contratto per le due statue in stucco raffiguranti S.Isidoro e S.Patrizio, sulla facciata della chiesa francescana di S. Isidoro Agricola.
Ideatore dell'intero progetto della facciata era C.F. Bizzaccheri a cui, secondo gli accordi stipulati, il G. doveva fare riferimento. Le statue furono realizzate dal G. seguendo i modelli già sottoposti ai padri e da loro accettati. La precedente attribuzione allo scultore Andrea Bertoni è stata confutata sulla base del ritrovamento del contratto stipulato fra il G. e i padri francescani, in base al quale si sa che egli ricevette il compenso di 50 scudi. La dimensione delle statue e l'uso dello stucco rimandano ancora una volta alla figura della Fede di S. Ignazio sebbene, rispetto a quella le statue di S. Isidoro abbiano perso la rotondità berniniana, e sembrino risentire almeno in parte della gravità marattesca, secondo le indicazioni seguite in quel periodo anche da altri scultori fra cui Camillo Rusconi. Il volto di S.Isidoro, poi, è stato avvicinato alla statua di S.Protasio del colonnato di poco precedente (Santa Maria Mannino).
Vicine cronologicamente e legate al gusto imperante a cavallo del secolo, intriso ancora di retaggi barocchi, ma già aperto alle nuove suggestioni, sono poi le due grandi statue in marmo raffiguranti S.Giuseppe e S.Teresa, realizzate per il coro della chiesa di S. Maria della Scala, su incarico della principessa Violante Facchinetti Pamphili il 12 ott. 1706. Per ognuna di queste statue il G. fu pagato 190 scudi, segno che al di là del tipo di materiale usato, i suoi compensi continuavano a crescere.
Come recita il contratto, il G. dovette realizzare prima i modelli per la principessa, per passare poi, dopo la sua approvazione, alla realizzazione delle due statue definitive che fiancheggiano tutt'oggi il ciborio di Carlo Rainaldi. Il panneggio intenso che determina profondi giochi di chiaroscuro indica un'evidente ascendenza berniniana, mediata probabilmente attraverso L. Ottoni e G. Mazzuoli, che si accompagna, però, a una leggiadria ormai pienamente settecentesca. Così la S.Teresa, simile nell'atteggiamento alla statua della Fede di S. Ignazio, come ha fatto notare A. Nava Cellini (p. 51), non ha più nulla dell'"eroica enfasi dei santi del Seicento".
Intorno al 1712 inoltre è possibile che si riferisca sempre al G. il documento in cui si dice che lo scultore "Simone Giorgi" ricevette, per lavori nella cappella Albani della chiesa di S. Sebastiano fuori le Mura (Hager, 1976) 70 scudi insieme con Lorenzo Lironi. Non si hanno notizie sul G. successive a questa data.
Figura di secondo piano fra gli scultori romani attivi a cavallo fra Sei e Settecento, il G. dovette godere di una certa fama, a dispetto della scarsità di notizie biografiche sul suo conto, soprattutto se si pensa all'importanza dei cantieri in cui lavorò. Fratello del G. fu Giovanni Battista, meno noto evidentemente, ma presente nello stesso ambito artistico romano: risulta infatti fra i collaboratori della cappella di S. Ignazio al Gesù, dove eseguì il disegno per il pavimento. Collaborò, inoltre, con A. Gherardi alla realizzazione del modello per l'altare di S. Cecilia in S. Carlo ai Catinari il 10 genn. 1695. Sul verso di un disegno che si conserva presso l'Alte Pinakothek di Monaco, raffigurante un elaborato altare barocco, compare la scritta "Gio. Batta Giorgini scarpellino e intagliatore di pietre / Simone Giorgini scultore fratello del suddetto". Tuttavia secondo J. Montagu e R. Enggass (1976), che ne riporta la posizione, il disegno dovrebbe essere opera di un terzo artista che in tal modo forniva ai due fratelli un modello da seguire, dal momento che, secondo il parere dei due studiosi, nessuna delle opere dei due fratelli finora nota presenta una tale complessità e uno stile avvicinabile.
Fonti e Bibl.: F. Titi, Ammaestramento utile e curioso di pittura, scoltura… nelle chiese di Roma…, Roma 1686, p. 145; A. Nibby, Roma nell'anno MDCCCXXXVIII, III, Roma 1839, p. 287; A. Bertolotti, Artisti subalpini in Roma, Mantova 1884, p. 210; P. Pecchiai, Il Gesù di Roma, Roma 1952, p. 184; L. Montalto, Andrea Pozzo nella chiesa di S. Ignazio, in Studi romani, VI (1958), pp. 674-677; A. Nava Cellini, Due opere di S. G. nella chiesa romana di S. Maria della Scala, in Paragone, X (1959), 111, pp. 48-53; W. Buchowiecki, Handbuch der Kirchen Roms…, I, Wien 1967, pp. 493 s.; II, ibid. 1970, p. 217; III, ibid. 1974, p. 454; G. Eimer, La fabbrica di S. Agnese in Navona, I, Freiburg 1970, p. 42; B. Kerber, Andrea Pozzo, Berlin 1971, pp. 162; R. Enggass, Rusconi and Raggi in S. Ignazio, in The Burlington Magazine, CXVI (1974), pp. 258-262; Id., Early eighteenth-century sculpture in Rome, University Park, PA - London 1976, pp. 23, 31, 58, 111-113; L. Barroero, S.Maria dell'Orto, Roma 1976, pp. 46 s., 50, 77; H. Hager, Un riesame di tre cappelle di Carlo Fontana a Roma, in Commentari, XXVII (1979), p. 289; P. Santa Maria Mannino, in Le statue berniniane del colonnato di S. Pietro, a cura di V. Martinelli, Roma 1987, pp. 104, 127, 212 s.; V. De Feo, Andrea Pozzo. Architettura e illusione, Roma 1988, pp. 95, 99; P. Ferraris, A. Gherardi e la cappella di S. Cecilia in S. Carlo ai Catinari a Roma, in Studi di storia dell'arte, II (1991), pp. 217-219, 228-230; L. Pascoli, Le vite de' pittori, scultori ed architetti moderni, ediz. dedicata a V. Martinelli, Perugia 1992, pp. 366, 379, 733, 842 (note alle vite di Camillo Rusconi, Angelo De Rossi, Antonio Gherardi, Andrea Procaccini); Scultura del '600 a Roma, a cura di A. Bacchi, Milano 1996, p. 809; G. Bonaccorso - T. Manfredi, I Virtuosi al Pantheon 1700/1758, Roma 1998, p. 59; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIV, p. 82.