Signoret, Simone
Nome d'arte di Simone Kaminker, attrice cinematografica francese, nata a Wiesbaden (Germania) il 25 marzo 1921 e morta ad Autheuil-Authouillet (Eure) il 30 settembre 1985. Interprete carismatica di personaggi sensuali, dal fascino magnetico, ha saputo accompagnare negli anni il progressivo mutamento della sua bellezza dallo splendore iniziale a una sofferta maturità, scegliendo ruoli sempre intensi e continuando così a portare sullo schermo l'immagine di una femminilità vibrante e intelligente, in una carriera ulteriormente arricchita dall'impegno intellettuale e politico e dalle relazioni con i più significativi artisti francesi del suo tempo. Vincitrice nel 1959 del premio Oscar e di quello come migliore attrice al Festival di Cannes per Room at the top (1958; La strada dei quartieri alti) di Jack Clayton, ottenne l'Orso d'argento al Festival di Berlino nel 1971 per Le chat (Le chat, l'implacabile uomo di Saint Germain) di Pierre Granier-Deferre e numerosi altri premi e riconoscimenti.
Figlia di un ufficiale francese di origine ebraica, linguista e interprete presso la Società delle nazioni, ancora bambina seguì la famiglia che rientrava in Francia, stabilendosi prima a Neuilly e poi a Parigi, dove compì gli studi superiori. Durante l'occupazione tedesca, i suoi genitori (il padre lavorava in quel periodo in una casa editrice) si trovarono in difficoltà economiche, e la S. fece diversi lavori, la dattilografa e la comparsa nel cinema, mentre studiava arte drammatica. Dopo partecipazioni minori a film diretti da registi prestigiosi, come Les visiteurs du soir (1942; L'amore e il diavolo) di Marcel Carné, incontrò e sposò Yves Allégret, che le offrì i migliori ruoli degli inizi: La boîte aux rêves (1945; Lo scrigno dei sogni) e soprattutto Dédée d'Anvers (1948) e Manèges (1950; Intrighi di donne) nel sordido ma toccante ruolo di un'adultera. I suoi personaggi sono spesso quelli 'maledetti' di giovani prostitute, di donne fatali, fascinose e sensibili, che divennero il leitmotiv della sua carriera, come in La ronde (1950; La ronde ‒ Il piacere e l'amore) di Max Ophuls, ispirato alla pièce di A. Schnitzler, e in Casque d'or (1952; Casco d'oro) di Jacques Becker, dove la S. è sfolgorante di fascino torbido. Tornò con Carné per Thérèse Raquin (1953; Teresa Raquin) e fu protagonista del noir Les diaboliques (1955; I diabolici) di un altro grande regista francese, Henri-Georges Clouzot. L'attrice aveva conosciuto intanto Yves Montand, passato dalla canzone al cinema con uguale successo, e aveva divorziato da Allégret per unirsi a lui; insieme interpretarono Les sorcières de Salem (1957; Le vergini di Salem) di Raymond Rouleau, da A. Miller, prima di una serie di esperienze artistiche comuni (tra cui L'aveu, 1970, La confessione, di Costantin Costa-Gavras, dal romanzo di A. London, in cui il viceministro cecoslovacco degli Esteri narra del processo stalinista per cospirazione trotzkista subito nel 1951). Nel 1958 la S. interpretò a Londra Room at the top, per il quale ottenne un successo internazionale e divenne una delle attrici più ricercate nel mondo. Fu quindi chiamata a Roma da Antonio Pietrangeli per Adua e le compagne (1960). Nel 1966, regista René Clément, entrò nel cast prestigioso di Paris brûle-t-il? (Parigi brucia?). Nel 1971 recitò con Jean Gabin in Le chat di Granier-Deferre e con lo stesso regista fornì in quello stesso anno una delle sue interpretazioni più travolgenti in La veuve Couderc (L'evaso) da G. Simenon, disegnando la passionalità sofferta del un personaggio di una matura amante accanto ad Alain Delon. Ritrovò poi sul set Montand in Police Python 357 (1976) di Alain Corneau. Il rapporto con il cantante-attore era frattanto divenuto ancor più intenso, anche per l'impegno politico: entrambi erano schierati con la sinistra comunista e parteciparono insieme ai due documentari di Chris Marker Le joli mai (1963) e Le fond de l'air est rouge (1977). Uno degli ultimi film importanti della sua carriera fu La vie devant soi (1977; La vita davanti a sé) di Moshe Mizrahi, in cui è una ex prostituta sopravvissuta a un campo di sterminio nazista. Nel 1978 in L'adolescente fu diretta, nel ruolo di una madre, da Jeanne Moreau, attrice appartenente alla generazione successiva, ma che ricorda la S. per la forte sensualità e il carisma. Nel 1980 recitò ancora per Mizrahi in Chère inconnue (Mia cara sconosciuta) nel ruolo di una zitella di buon cuore, e quindi ritornò alle atmosfere di Simenon, di nuovo con Granier-Deferre, in L'étoile du nord (1982). A partire dagli anni Sessanta aveva lavorato anche per la televisione. Ha lasciato un libro di memorie, La nostalgie n'est plus ce qu'elle était (1976), e un romanzo, Adieu Volodia (1985).
J. Monserrat, avec la participation de J. Lorcey, Simone Signoret, Paris 1983.
Ph. Durant, Simone Signoret, une vie, Lausanne 1988.
C. Allégret, Les souvenirs et les regrets aussi, Paris 1994.
N. Grzesiak, Yves Montand, Simone Signoret: une passion engagée, Paris 2001.
S. Hayward, Simone Signoret: the star as cultural sign, New York 2004.