Simulazione
Simulare (dal latino simulare, derivato di similis, propriamente "rendere simile") significa mostrare di sentire ciò che in realtà non si sente o cercare di far credere ad altri cose o fatti che in realtà non esistono. Nel gioco infantile la simulazione, il 'far finta di', è tipica dell'intelligenza rappresentativa e ha una funzione essenzialmente adattativa dal punto di vista sia cognitivo sia affettivo e sociale (v. gioco). A livello fisico, corporeo, una forma peculiare di simulazione è quella che si esprime attraverso una sintomatologia fittizia di malattia.
1. La finzione di una malattia
L'inganno che sta alla base di una simulazione di malattia si discosta molto dalle piccole bugie, distorsioni o esagerazioni normali nella vita quotidiana. La peculiarità della simulazione di malattia consiste nel fatto che essa è motivata da intenzioni personali più o meno consapevoli e presenta una molteplicità di espressioni e motivazioni. Queste costituiscono una varietà di intrecci schematicamente differenziabili a seconda che si tratti di una finzione di malattia oppure di un'inconscia imitazione di quest'ultima o, ancora, di una malattia mentale vera e propria. Si parla di finzione di una malattia quando c'è una produzione intenzionale di sintomi fisici o psicologici falsi oppure grossolanamente esagerati, motivata da incentivi esterni come risarcimenti finanziari, procedimenti penali, servizio militare ecc. Si deve tuttavia osservare che, anche se la presenza di vantaggi secondari in un ambiente sfavorevole può portare a un atteggiamento di questo tipo, in genere una vera simulazione è rara, anche perché è difficile mantenere a lungo il ruolo sociale atteso. Attualmente si tende a riconoscere piuttosto una connessione tra condotte simulatorie e forme di patologie della personalità abbastanza gravi. La predisposizione alla simulazione consapevole si riscontra, peraltro, più facilmente in personalità immature, come accade, per es., nei ripetuti tentativi di suicidio, perlopiù giovanili, quando esiste un desiderio di attenzione, di deresponsabilizzazione e di rivalsa. La consapevolezza del comportamento mistificatore può essere sospettata in un contesto medico-legale, allorché esista una discrepanza tra lo stress oppure la compromissione lamentata dal soggetto e i reperti obiettivi, e nel caso di mancata collaborazione nel corso di una valutazione diagnostica. Alla fine del 19° secolo, S.J.M. Ganser (1898) descrisse la sindrome, che porta il suo nome, osservata nei prigionieri di guerra o in detenuti in attesa di giudizio, caratterizzata da uno stato di coscienza crepuscolare, con eventuale disorientamento spaziotemporale, allucinazioni visive e talvolta uditive, di tipo sognante. Il sintomo patognomonico della sindrome di Ganser è rappresentato dalle risposte 'di traverso', cioè risposte errate e assurde a domande semplicissime. Questa patologia è stata molto discussa: mentre alcuni autori tendono a considerarla una simulazione vera e propria in personalità deficitarie, una pseudodemenza mistificatrice della realtà mediante la menzogna, altri la giudicano una simulazione inconscia, uno stato di coscienza crepuscolare transitorio, altri ancora, tra i quali lo stesso Ganser, come una manifestazione di isterismo, oppure di pseudopsicosi. Anche riguardo alle nevrosi di guerra, che l'ambiente militare ha sempre avuto la tendenza a interpretare come manifestazioni di codardia o come mere simulazioni, le opinioni sono state discordanti: attualmente si ritiene che solo l'1% dei casi presenti sintomi non autentici, e anche questi rivelano, nell'anamnesi, caratteristiche di personalità patologica (come per es. una fragilità psicologica che persegue uno stato di irresponsabilità o un'identificazione inconscia con familiari affetti da una patologia).
2. L'imitazione inconscia di una malattia
Nel caso di imitazione inconscia di una malattia, i disturbi rinviano al classico quadro dell'isteria, termine che indica una forma di nevrosi caratterizzata da sintomi sensoriali e motori: astasia-abasia (disturbo di natura funzionale consistente nella contemporanea incapacità di mantenere la stazione eretta e di camminare), contratture muscolari, afonia, alterazioni della sensibilità, algie diffuse, sintomi neurovegetativi, disturbi alimentari, vomito, crisi eccitomotorie, disturbi sessuali, quali perdita della libido e frigidità. L'aspetto fondante di qualsiasi discorso sull'isteria è la comprensione dell'oscillazione tra livello psichico (emozione-pensiero) e somatico (le diverse espressioni sintomatologiche), oscillazione che è stata interpretata come conversione dello stato psichico in uno somatico, attraverso una compiacenza del corpo che diventa simbolo di ricordi traumatici i quali permangono nell'inconscio del soggetto. Nell'isteria vi sono anche sintomi a prevalente espressione psichica (amnesie, stati crepuscolari di coscienza, fuga dissociativa, stati dissociativi di trance e possessione) che, come quelli somatici, tendono a mimare altre patologie, da cui devono essere distinte. La simulazione è stata invocata perché la personalità isterica tende a falsificare i rapporti con sé stessa, con gli altri e con la realtà, creando un personaggio fittizio che vive una falsa esistenza. È proprio la percezione di un'inautenticità dei sintomi, della facile suggestionabilità (non casualmente il trattamento consisteva nell'ipnosi), della capricciosità, variabilità e sfuggevolezza del paziente, che ha posto il problema della simulazione; la stessa trasformazione nel tempo dell'isteria (alcuni ritengono sia scomparsa) sta a testimoniare che le forme imitative assunte sono in stretta relazione con le strutture sociali e culturali che la permeano e la contengono. L'apparente simulazione è una complessa modalità difensiva inconscia, che appare finalizzata all'espressione della vita emotiva, pulsionale e affettiva che non può trovare altra forma di comunicazione.
3. La simulazione come malattia mentale
La simulazione di una malattia fisica o psicologica è espressione di una grave patologia mentale, quando la malattia artefatta non porta alcun vantaggio per il paziente se non quello di assumere il ruolo di ammalato. Attualmente tale forma di simulazione è classificata tra i 'disturbi fittizi' (American psychiatric association 1994, trad. it., p. 519), distinti nei sottotipi: 1) con segni e sintomi psichici predominanti; 2) con segni e sintomi fisici predominanti; 3) con segni e sintomi fisici e psichici combinati. I criteri diagnostici sono la produzione o simulazione intenzionale di segni o sintomi fisici o psichici, sulla base di una motivazione ad assumere il ruolo di malato, mentre sono assenti incentivi esterni per tale comportamento, come avviene per la simulazione vera e propria. Alla classificazione attuale si è arrivati attraverso varie tappe. Nel 1908 M. Dieulafoy, eminente clinico francese, riportando il caso di un giovane che si procurava lesioni gangrenose con soda caustica al braccio, propose per tale patologia il termine patomimia e avvicinò tale condizione clinica alla mitomania di E. Duprè. L'anno seguente venne descritto il caso di una paziente che, simulando gravi ipertermie accompagnate a sintomi meningitici, era riuscita a ottenere due successivi interventi di trapanazione del cranio, prima di essere smascherata come simulatrice inconsapevole di malattia. In ambito psicoanalitico K. Menninger, nel 1934, a proposito di alcuni suoi pazienti compulsivamente dediti a interventi chirurgici (addome a griglia), propose un'interpretazione fondata sulla castrazione simbolica e sul desiderio di autopunizione. R. Asher (1951) propose di riunire sotto la dizione sindrome di Münchhausen tutti quei casi che presentavano le seguenti caratteristiche: simulazione più o meno consapevole di malattia, pseudologia fantastica (menzogne patologiche), peregrinazioni da un ospedale all'altro. I sintomi somatici potevano avere prevalentemente una forma addominale (laparotomophilia migrans), con dolori all'addome, appunto, vomito, interventi chirurgici ripetuti; o una forma emorragica (dovuta, per es., ad assunzione di anticoagulanti), con emottisi o ematemesi, petecchie ed ematuria; o una forma neurologica, con cefalea, lipotimie e convulsioni. Venne poi aggiunta la forma cutanea (già indicata con il termine patomimia) e le iperpiressie (iperpiressia figmentatica). Il riferimento all'eroe del romanzo di R.S. Raspe (Il barone di Münchhausen, 1785) deriva dall'irriducibile tendenza alla fantasticheria di questo personaggio, alla teatralità dell'esposizione narrativa, alle solitarie peregrinazioni, anche se i pazienti si presentano non come eroi, ma come sventurati sconfitti. Una variante di questa sindrome è la sindrome di Münchhausen by proxy, o Polle syndrome, di osservazione pediatrica, in cui i sintomi artefatti sono provocati nei figli piccoli dalle madri. Nel 1967, l'ematologo francese J. Bernard e i suoi collaboratori proposero l'eponimo di Lasthénie de Ferjol, triste eroina del romanzo Histoire sans nom di J.-A. Barbey d'Aurevilly, per riunire i diversi casi di anemia ipocromica autoprovocata in un'unica sindrome. Clinici di differenti specializzazioni hanno poi segnalato casi di disturbi fittizi quali ipercalcemia severa, ipertiroidismo, ipoglicemia autoimmune, AIDS fittizia, depressione sostenuta da falsi lutti, infezioni autoprovocate con inoculazione di feci, urine o saliva, lussazione della spalla. La discussione sulla psicopatologia di questi disturbi ha cercato di costruire rapporti fra simulazione, sintomo fittizio e isteria, con oscillazioni fra volontarietà del simulatore, volontarietà ma con carattere di compulsione nel patomimo e non-volontarietà dell'isterico. Esse si sfiorano, possono anche coesistere, alternandosi l'una con l'altra senza che si crei un continuum. Sono state pure considerate strutture psicopatologiche che rinviano ai disturbi di personalità, compreso quello sociopatico, ma soprattutto borderline per la presenza di una debolezza dell'Io, intense risposte emozionali, relazioni interpersonali conflittuali, con la ricerca di una situazione di appoggio istituzionale, ma non è stata esclusa in alcuni casi la diagnosi di schizofrenia. La specificità dei disturbi fittizi è da ritrovare in una struttura perversa (Vender 1997) e nell'impostura, espressioni di un'alterazione del sentimento d'identità, di una lacuna antica che viene mascherata dalla capacità mimetica di un falso Sé. Attraverso l'esibizione del ruolo di malato, i comportamenti masochistici sul corpo, che trasformano il dolore mentale in corporeo, l'atteggiamento controfobico per cui una mutilazione localizzata sostituisce un'angoscia persecutoria distruttiva, il paziente mentendo ottiene una protezione dalla relazione con il medico che rappresenta la riattualizzazione del frustrante rapporto con i genitori. Disconoscendo la complessità del quadro psicopatologico, negli anni Cinquanta del 20° secolo venne assunto un atteggiamento molto rigido nei confronti dei pazienti fittizi e in Inghilterra e negli Stati Uniti fu proposta la stesura di una 'lista nera', in cui includere questi soggetti per evitare che venissero accolti negli ospedali, costituendo una minaccia economica per le numerose procedure diagnostiche e terapeutiche richieste. Pubblicizzare tali vicende attraverso gli organi di stampa sembrava l'unico modo efficace per opporsi alle peregrinazioni e all'utilizzazione impropria della sanità. Oggi, invece, si ritiene necessario evitare uno scontro diretto con il paziente sull'autenticità dei sintomi e le inutili e dannose procedure di indagine, trattare il sintomo manifesto, mantenendo un'ambiguità che consente di riconoscere la reale sofferenza emotiva.
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