SIMULAZIONE (XXXI, p. 818)
Il cod. civ. del 1942 ha formulato esplicitamente il principio da lungo tempo pacifico nella dottrina e nella giurisprudenza pratica, che il contratto e il negozio unilaterale ricettizio, quando siano simulati, non producono effetti, mentre possono invece avere valore il contratto e il negozio che le parti abbiano voluto concludere sotto l'apparenza di quelli simulati (art. 1414).
Il codice precisa che l'inefficacia si manifesta "tra le parti". In realtà il negozio simulato non produce effetti nemmeno verso i terzi, a meno che non abbiano acquistato in buona fede diritti dal titolare apparente (art. 1415, 1° comma). Si tratta dunque propriamente di una nullità, che, come già si desumeva dall'art. 1319 del codice del 1865, non è opponibile ai terzi sopra indicati, salvo che abbiano trascritto o iscritto il loro atto di acquisto, relativo a immobili o mobili registrati, dopo la trascrizione de] la domanda diretta all'accertamento della simulazione (art.2652, n. 4 e 2690, n.1). Nel conflitto fra creditori del simulato alienante e creditori del simulato acquirente, che abbiano compiuto atti di esecuzione, sono preferiti i primi, purché il loro credito sia anteriore all'atto simulato (art. 1416, 2° comma).
Bibl.: E. Betti, Teoria generale del negozio giuridico, Torino 1943, p. 248 segg.; G. Stolfi, Teoria del negozio giuridico, Padova 1947, p. 121 segg.; F. Messineo, Dottrina generale del contratto, 3ª ed., Milano 1948, p. 295 segg.; G. Pugliese, Sulla prescrittibilità dell'azione di simulazione relativa, in Foro Italiano, 1942, I, col. 501 segg.