Vedi SINAGOGA dell'anno: 1966 - 1997
SINAGOGA (v. vol. VII, p. 320)
Si dà notizia dei recenti scavi compiuti nelle principali s. palestinesi e della diaspora.
palestina. - gamla (Gamala). - La s. di Gamia rappresenta il più antico edificio sinagogale sinora scoperto in Palestina: a Masada e nell'Herodion vennero adibiti per le funzioni religiose ambienti preesistenti di altra destinazione. L'identificazione del centro è avvenuta molto di recente, sulla base delle pagine di Flavio Giuseppe (Bell, lud., IV, I-I0) che ne descrivono il drammatico assedio. Il sito, a O del villaggio di Deir Qeruh, nel Golan, è stato interessato negli ultimi anni da scavi che hanno portato alla luce un settore delle fortificazioni: a esse si appoggiava, utilizzandole come muro di fondo a E, la più importante s. della città.
L'edificio fu costruito tra il 23 a.C. e il 41 d.C., come sembrano indicare le fonti letterarie e confermare i risultati dello scavo, su un terrazzamento artificiale all'estremità orientale della città non ancora fortificata; venne demolito nel quadro dei lavori che interessarono Gamia in occasione della rivolta. La s. era orientata secondo un asse NE-SO e vi si accedeva dal lato corto SO, che guardava verso Gerusalemme; l'ingresso e l'orientamento erano comunque obbligati anche dalla situazione topografica dell'edificio. Lo spazio interno dell'aula (19,60 x 15,10 m) era percorso da quattro file di colonne, parallele ai muri, che delimitavano un'area centrale (9,30 x 13,40 m) non pavimentata. L'assenza di un rivestimento in lastre di pietra si riscontra nei coevi palazzi erodiani e in ricche case di Gerusalemme, dove venivano lastricati soltanto i cortili e i luoghi di passaggio frequentati. È possibile che tale area fosse a cielo aperto. Il solo filare di pietre che si trova in questa zona, trasversale all'asse dell'edificio, poteva essere lo stilobate di un'altra fila di colonne, un sostegno del tetto o la base di un podio per la lettura. Lungo i muri dell'aula correvano larghi banchi in muratura, raccordati al centro da gradoni che si ritraevano verso il muro d'ingresso ai lati della porta centrale. L'andito nel muro NO, presso l'angolo O, era forse destinato a contenere i rotoli della Tora. È probabile che al momento della rivolta l'edificio abbia ospitato un certo numero di rifugiati, come avvenne a Masada e a Gerusalemme; sembrano confermarlo tracce di focolari e di strutture provvisorie. Gli scavi hanno portato alla luce numerosi proiettili di balista e punte di freccia. Dal muro urbico entrava nell'edificio una canalizzazione che partiva dall'acquedotto.
La facciata era preceduta da una costruzione rettangolare irregolare, che gli scavatori hanno chiamato esedra, dalla planimetria non del tutto chiarita: a O di essa è una serie di ambienti, tra i quali un miqwē (bagno rituale). Nella facciata si aprivano due ingressi asimmetrici: il principale (largo 1,50 m) trovava al centro di essa e metteva in comunicazione con l'area centrale; quello secondario (0,90 m) era presso l'angolo O, a un livello superiore di circa un metro, poiché dava accesso al piano dei banchi. Un'altra porta si trovava nel muro laterale SO, presso l'angolo O dell'edificio: vi si accedeva mediante una scala che superava il dislivello (c.a 3 m) tra il banco all'interno e una terrazza inferiore a S sinagoga. Alcuni (Gutman) ritengono che la pluralità di ingressi sia legata alla presenza di uno spazio riservato alle donne; altri invece (Ma'oz) negano l'esistenza di un matroneo, che non sarebbe suffragata da tracce di transenne o altri analoghi apprestamenti.
La decorazione architettonica del monumento era piuttosto ricca: l'architrave della porta centrale, frammentario, recava al centro una rosetta a sei petali (un motivo dal simbolismo probabilmente religioso assai diffuso nell'arte ebraica del periodo del secondo tempio) tra palme da datteri. Le colonne angolari avevano il fusto a sezione cuoriforme; i capitelli erano di un ordine dorico di tipo ellenistico, che trova confronti in quelli del ninfeo di Magdala, sulla costa O del lago di Tiberiade.
L'edificio presenta analogie con le coeve aule di preghiera ricavate da triclini a Masada e nell'Herodion, con gran parte dello spazio occupata da seggi e la disposizione dei banchi in muratura lungo le pareti che crea un punto focale al centro dell'aula.
meiron. - Varie campagne di scavo si sono succedute tra il 1971 e il 1977 nella s. di Meiron, la maggiore della Galilea (28,4 x 13,6 m), di tipo basilicale, con la facciata volta verso Gerusalemme. L'edificio è in gran parte ricavato nel banco roccioso: il lato O è costituito dalla parete verticale di roccia regolarizzata; i due muri di facciata Ν e S si fondano direttamente sulla roccia. La parete lunga E, con ambienti annessi, dovette essere contraffortata. Nella facciata monumentale, che era preceduta da un portico esastilo, si aprono tre porte architravate, simili ad altre della Galilea settentrionale e del Golan; l'estremità O del muro si ammorsa direttamente nella roccia. L'edificio prospettava su un'area aperta e vi si accedeva mediante una scalinata monumentale.
All'interno dell'aula rimangono le tracce dei plinti delle sedici colonne e dei due pilastri cuoriformi che correvano lungo i lati. Le indagini non hanno potuto chiarire la natura della pavimentazione. Gli scavatori ritengono possibile la presenza di matronei, anche se non sono stati rinvenuti frammenti architettonici a essi riconducibili. L'edicola della Torā doveva trovarsi tra la porta occidentale e quella centrale, come suggeriscono i solchi nei blocchi corrispondenti all'interno della facciata e la presenza di una piccola finestra.en
La costruzione della s. si data negli anni centrali del III sec. d.C.; sembra che il sito sia stato abbandonato intorno al 350-360.
en-nabratein. - Nel quadro delle indagini della missione americana che hanno interessato il sito di en-Nabratein nella Galilea settentrionale, particolare importanza ha avuto lo scavo della sinagoga. L'edificio, di pianta basilicale con ampio ingresso sul lato S, due file di colonne e banchi in muratura all'interno, era già noto.
La ricostruzione delle vicende della s., quali sono risultate dagli scavi, si può riassumere come segue:
Prima fase. Si tratta di un piccolo edificio (11,2÷9,35 m) di tipo broadhouse, con ingresso principale quasi al centro del muro meridionale e ingresso secondario aperto nella parte settentrionale, verso O. All'interno, lungo i muri N, E e O, correvano dei banchi in muratura; al centro dell'aula una depressione nel pavimento indicherebbe la presenza di una struttura mobile. Sono stati individuati i resti delle piattaforme gemelle dei bèmata. L'edificio appartiene al II periodo (Middle Roman) della cronologia del sito, corrispondente agli anni 135-250 circa.
Seconda fase. Verso la metà del III sec., a causa dell'aumento della popolazione, l'edificio viene ingrandito, spostando verso Ν il muro settentrionale; si crea così una vera basilica (11,2 χ 13,85 m). Lo spazio interno è ora diviso in tre navate da due file di tre colonne. La facciata meridionale è arricchita da un portico tetrastilo e sul lato E viene aperto un ingresso secondario. A questa fase corrisponde l'architrave in pietra, ornato per ora della sola mĕnorā. Vengono prolungati verso N i banchi sui lati lunghi e i bèmata sono rialzati: su quello O è costruita l'edicola in pietra della Torā (ne rimane un blocco in calcare, successivamente reimpiegato, con timpano spezzato sovrastato da leoni e la lunetta occupata da una conchiglia). Questa costruzione subì gravi danni a causa del terremoto del 306 e venne restaurata senza subire modifiche planimetriche (fase 2b), reimpiegando alcuni elementi della fase 2a. L'edificio rinnovato ebbe vita breve: il villaggio fu verosimilmente abbandonato tra il 350 e il 360, comunque non oltre il terremoto del 363 d.C.
Terza fase. Il sito si ripopola nel VI sec. e la s. viene ulteriormente ampliata (11,2 x 16,8 m) verso N, con il conseguente prolungamento dei banchi lungo le pareti: le colonne all'interno sono ora otto; il pavimento è considerevolmente rialzato, a causa dei crolli sopravvenuti in quasi due secoli di abbandono, ed è rivestito quasi certamente di lastre di calcare; non sembra che i bèmata abbiano subito modifiche. Una nuova apertura fu forse praticata nel lato N, leggermente spostata a E. Come attesta l'iscrizione dell'architrave la s. corrispondente alla terza fase fu ricostruita nel 564, quasi al termine del periodo bizantino, e rimase in vita anche dopo la conquista araba del 643, sin verso il 700, quando il villaggio venne abbandonato.
ḥorvat šema’. - Il sito si trova a brevissima distanza (300 m) dalla s. di Meiron, verso S; gli scavi compiuti dalla missione americana dal 1970 al 1972 hanno portato alla luce il villaggio di IV-VI secolo. La s. è la prima del tipo broadhouse scoperta in Galilea e la sua cronologia è stata stabilita sulla base di alcuni contesti sigillati presenti nell'edificio e nella costruzione a N di esso. La vita della s. avrebbe coinciso con il fiorire della comunità, dalla fine del III agli inizî del V sec.; essa venne forse costruita nei pressi di una tomba. Sono state riscontrate due fasi edilizie.
Prima fase (284-306 d.C.). L'edificio (18 x 9 m) era a pianta basilicale, orientato secondo un asse E-O, con due file di quattro colonne. L'ingresso principale, sormontato da un architrave con grande mĕnorā, era sul lato lungo settentrionale; presso l'angolo SO si apriva una seconda porta (con uno degli stipiti decorato da un'aquila) collegata da una gradinata al principale livello pavimentale della s.: a N di questo ingresso e a O del vano principale sono i resti del matroneo, che corre allo stesso livello della porta. I due vani al di sotto di esso furono utilizzati l'uno come ripostiglio, l'altro - affrescato - per contenere l'armadio della Torā. Lungo i muri dell'aula corrono banchi in muratura intonacati; forse a quello meridionale si appoggiava un'edicola. Questa prima fase edilizia è più elaborata e accurata della successiva: il declino che si può notare sarebbe dovuto a fattori socio-economici.
Seconda fase (306-419 d.C.). La violenta distruzione dell'edificio primitivo è stata messa in relazione con il terremoto del 306. Le modifiche presenti nella nuova costruzione, oltre a un semplice mosaico pavimentale, consistono nell'ampliamento del banco in muratura settentrionale e nella costruzione di un bèma lungo il lato S, che si sovrappone, intorno alla metà del IV sec., al banco e sul quale era forse collocata un'edicola lignea: i plinti delle colonne della fila S corrispondente sono ora modanati; gli altri elementi architettonici sono reimpiegati dal primitivo edificio. L'introduzione del bèma nella seconda fase rappresenta un cambiamento rispetto al normale tipo broadhouse della Palestina, ove bèma ed edicola erano sullo stesso muro, quello rivolto a Gerusalemme. Venne inoltre creato un nuovo ingresso alla galleria sotto il vano affrescato. Anche questo secondo edificio fu distrutto da un terremoto, probabilmente quello del 419 d.C.
Presso l'ingresso N della s. è stata esplorata una struttura (6,55 X 6,50 m) con un muro divisorio interno e alcuni banchi in muratura lungo i muri, interpretata come un bêt-midraï (scuola rabbinica).
ma'oz ḥayyim. - Gli scavi della s. di Ma'oz, nella valle di Bet Šě'an, ebbero inizio nel 1974 a seguito della casuale scoperta di un mosaico con mĕnorā e šofar e sono durati sino al 1976. I muri dell'edificio sono quasi completamente distrutti: esso conobbe almeno tre fasi edilizie, come testimoniano i due livelli di mosaici sovrapposti a una precedente pavimentazione in pietra.
Edificio A. La primitiva aula di preghiera, pavimentata con lastre di pietra, era quasi quadrata (12,5 X 14 m) e due file di quattro pilastri la dividevano in tre navate. L'orientamento seguiva un asse N-S: al lato meridionale, volto verso Gerusalemme, si appoggiava una piattaforma rettangolare, forse un bèma per la collocazione dell'arca. Il problema degli ingressi non è risolto, dato il cattivo stato di conservazione dei muri. Questo edificio, sorto attorno alla fine del III sec., rimase in uso per tutto il IV.
Edificio B. Si sovrappone parzialmente al precedente, ma viene allungato di 4 m verso N. Il muro meridionale si articola ora in un'abside che aggetta di 3 m. La pianta diventa dunque basilicale (14 X 16,4 m); l'interno è diviso in tre navate da due file di cinque colonne alle quali corrispondono due pilastri addossati all'interno del muro N. Nel muro E si aprono due porte che danno su un cortile a L, lastricato, che contorna anche il lato N. Della pavimentazione musiva policroma, di ottima qualità, non rimangono che pochi lacerti (tessiture geometriche, una delle quali entro cornici con pannelli figurati); essa risalirebbe al IV sec. o agli inizî del V. Pare che lungo i muri non vi fossero banchi, né sussistono tracce di bèma davanti all'abside, il cui pavimento era soprelevato rispetto alla navata. Elementi di una cancellata marmorea reimpiegati nella fase successiva sono verosimilmente riferibili a questa.
Edificio C. I cambiamenti interessano solo l'interno della costruzione; viene steso un nuovo tappeto musivo, un bèma pavimentato a lastre di pietra (2 X 6 m) sporge ora nella navata centrale sino alle prime due colonne, a un livello di 10 cm al di sopra del mosaico. L'abside non sembra pavimentata: è possibile che in questa fase essa abbia funzione di gĕnizā (deposito per i libri sacri). Le basi delle colonne non sono più monolitiche, bensì in muratura a blocchetti. Le nuove soglie in basalto sono relative a porte a doppio battente. L'edificio, più tardo fu distrutto agli inizî del VII sec.: sul luogo vennero edificate, nel corso dello stesso secolo, case d'abitazione.
ḥorvat ha-'ammudim. - Il sito si trova c.a 15 km a NO di Tiberiade, in Galilea: le rovine della s., ben visibili, hanno dato al sito il nome (= rovina delle colonne). L'edificio è del tipo «Galilea»: all'interno dell'aula (22,55 X 14,06 m), lungo i lati N, E e O, provvisti di banchi in muratura, corrono tre file di colonne, quelle angolari con il fusto a sezione cuoriforme. Nella facciata si aprono tre porte.
I saggi compiuti nel 1979 hanno dimostrato che la pavimentazione originarîa dell'edificio era musiva e avrebbe dovuto ricoprire lo stilobate; i materiali portano a datare la costruzione agli ultimi anni del III sec.; essa non sarebbe servita per più di un secolo. Nell'ala E è venuto alla luce un mosaico con un settore bianco e uno a tessitura geometrica con tessere di cinque colori, comprendente un'iscrizione in aramaico, frammentaria, che alludeva forse al donatore del mosaico stesso.
guš ḥalav. - Gli scavi effettuati negli anni 1977-1978 da una missione americana sul sito di GušḤalav, nella Galilea settentrionale, pochi chilometri a N di Meiron, hanno interessato la s. della città bassa. Essa venne edificata su un deposito archeologico spesso più di 5 m con una successione stratigrafica dal Tardo Bronzo al VII-VIII sec. d.C. L'aula sinagogale (13,75 X 10,6-11 m), divisa in navate da due file di quattro colonne, è circondata su tre lati da stanze o corridoi (in tutto m 17,5 N-S X 17,5-18 E-O). L'ingresso principale (1,7 m) si apre nel muro S, che guarda verso Gerusalemme; sul lato inferiore dell'architrave è raffigurata un'aquila; un altro ingresso si trovava presso l'angolo NO dell'edificio e immetteva in una scala. All'interno della facciata, verso O, è il bèma, che si sovrappone a una parte dello stilobate. Nel corridoio a Ν dell'aula sono stati rinvenuti due pilastri a sezione cuoriforme. Il complesso rimase in uso sino alla metà del VI secolo.
reḥob. - In seguito a rinvenimenti fortuiti, nel 1972 furono iniziati gli scavi nella s. dell'antica Reḥob, 7 km c.a a S di Bet Šě'an. L'edificio prospettava su una strada lastricata; i muri sono conservati su poche assise, la pianta è basilicale, con l'aula principale di forma quasi quadrata (17,30 X 18,50 m), divisa in tre navate da due file di cinque pilastri. L'orientamento è in senso N-S, col muro di fondo in direzione di Gerusalemme. All'aula si accedeva mediante tre porte dal nartece - che sarebbe stato aggiunto in un momento successivo alla costruzione - sito a N, con un'apertura centrale. Un altro ingresso all'aula era nel muro E. All'estremità meridionale dell'edificio, preceduto da un muretto tardo, era il bèma (alt. c.a cm 80), intonacato, della larghezza della navata centrale, che inglobava i due ultimi pilastri. Ai lati di esso erano due ambienti, separati dalle navate laterali da muri tardi. Tra gli altri rimaneggiamenti subiti dall'edificio, vanno ricordati l'aggiunta di banchi in muratura lungo i muri delle navate laterali, l'ampliamento del bèma e lo spostamento delle sue scale dai lati alla fronte. Gli scavi hanno restituito una grande quantità di intonaci dipinti: essi testimoniano la ricchezza della decorazione a motivi geometrici e vegetali che ricopriva le pareti e i pilastri; questi, sul lato verso la navata centrale, presentavano iscrizioni in aramaico entro tabellae ansatae (dediche, benedizioni, leggi rabbiniche). Nella pavimentazione musiva, estesa a tutta l'aula, si sono individuate tre fasi: la prima, con tracce d'incendio, consiste in una semplice cornice bianco-nera; nella seconda compare il colore, a tracciare accuratamente pannelli con motivi geometrici; la terza consiste in maldestri restauri dell'esistente: le tessere sono di dimensioni maggiori, da otto colori si passa a tre. Al momento della distruzione della s. erano in corso restauri, come mostrano le pile di tessere divise per colori. Nel nartece, aggiunto in un secondo momento, è attestato un solo pavimento musivo, che si articola in una serie di pannelli geometrici; quello centrale consiste in una lunga iscrizione (365 parole su 29 righe), la maggiore di questo tipo sinora nota. Il testo tratta dei precetti agricoli relativi alla Terra Santa, come la lista di frutta e vegetali permessi o proibiti durante i sette anni in particolari regioni, ed è documento di primaria importanza per il gran numero di citazioni di leggi rabbiniche (halakot). L'iscrizione è forse di poco anteriore alla distruzione dell'edificio. Gli scavi hanno riportato alla luce resti del grande lampadario sospeso e, presso il bèma, parte di un pluteo con mĕnorā entro corona.
La vita della s. si estende tra il IV e il VII sec. d.C.: i mosaici policromi sarebbero della fine del IV o degli inizî del V, i restauri del VI-VII, il pluteo dovrebbe risalire al VI. Ulteriori indagini potranno forse chiarire se alcuni pezzi di III sec. reimpiegati nella s. possano riferirsi a un edificio analogo che l'avrebbe preceduta. Nella fase di crollo non sono state riscontrate tracce d'incendio: l'edificio sarebbe dunque stato distrutto da un terremoto.
bet šĕ'an (Beisan). - In un ricco quartiere, che si ritiene quello ebraico, nella parte occidentale della città, è stata scavata recentemente una s. dalla ricca pavimentazione musiva. Questa si trova all'angolo SO di un cortile dalle vicende edilizie complesse, sul quale prospettavano varie stanze (è la c.d. Casa del Kyrios Leontis, da un'iscrizione musiva). L'aula di preghiera, di forma quadrangolare con due ingressi (a N e a E) e banchi in muratura lungo i muri, con intonaci dipinti, venne ristretta successivamente alla posa del mosaico, che fu parzialmente obliterato da ima struttura a S. I due ingressi furono chiusi in un secondo momento: nel tamponamento di quello settentrionale è stata trovata una moneta omayyade (661-750). I rimaneggiamenti dell'aula vanno forse inquadrati nei mutamenti che il quartiere subì in conseguenza della costruzione delle mura e della creazione della strada che lo tagliò per raggiungere una delle porte. La decorazione musiva del pavimento è così organizzata: entro una cornice vegetale con animali e iscrizione aramaica in tabella ansata è un quadrato, diviso da tralci di vite nascenti da un'anfora in nove tondi: quello centrale è occupato da una mĕnorā tra etrog, incensiere e šofar, gli altri da animali. Lungo tre lati della cornice corre, all'esterno, una fascia con motivi floreali, uccelli, grappoli d'uva. Il quarto lato, inferiore, presenta un motivo vegetale e due uccelli ai lati di una fontana sotto i quali fu poi inserita un'iscrizione in aramaico. Sul lato destro, oltre la fascia, è un pannello con due volatili ai lati di un'iscrizione in greco, mentre sul lato superiore sono due felini araldici con al centro, forse, una mĕnorā. I testi si riferiscono a lavori di restauro della costruzione. Il mosaico è stato datato alla seconda metà del VI sec. d.C.
A poca distanza dall'aula di preghiera, verso E, è stato portato alla luce un vano, al centro del quale era un pozzo: due iscrizioni in greco, nel rozzo mosaico pavimentale, sono relative l'una allo scavo del pozzo, l'altra al mosaico stesso.
'en gedi. - Gli scavi della s. di età bizantina dell'oasi di 'En Gedi hanno avuto inizio nel 1971. Il complesso (12 Χ 15 m) era orientato in direzione di Gerusalemme; la parte centrale dell'aula era circondata da navate a E, O e S: su questo lato si conserva un banco in muratura a gradoni. Tre aperture nella parete occidentale mettevano l'aula di preghiera in relazione con il nartece, all'incirca rettangolare, lungo 4 m, con pavimentazione musiva a tessere bianche, provvisto di un ingresso a ciascuna estremità: quello N dava accesso a un piccolo cortile. Nell'angolo SO del nartece era un bacino per le abluzioni: si tratta della prima testimonianza archeologica di tale apprestamento, noto dalle fonti rabbiniche e da alcune iscrizioni di sinagoghe. La nicchia semicircolare al centro del muro settentrionale dell'aula era in relazione alla collocazione della Torà: dinanzi a essa, un'area rettangolare con un pannello musivo (tre mĕnorot disposte simmetricamente) veniva a creare un bèma (2x4 m) agli angoli del quale rimangono tracce di una cancellata lignea. A destra della nicchia era un trono in muratura. Sembra che l'aula fosse provvista di matronei. Il mosaico al centro dell'ambiente presenta, in un cerchio inserito in quadrati e negli spazi di risulta, coppie di volatili disposte araldicamente. Nella navata occidentale erano cinque iscrizioni musive: due in ebraico (lista dei progenitori; nomi dello zodiaco, dei mesi e dei patriarchi) e tre in aramaico (benedizioni relative a finanziatori di doni o restauri). L'edificio fu distrutto da un incendio, forse agli inizî del regno di Giustiniano, intorno al 530; tra i ritrovamenti si segnalano una mĕnorā in bronzo fuso e un ripostiglio di migliaia di monete, resti di rotoli e, forse, di un codice.
Gli scavi hanno portato alla luce alcuni elementi di una prima fase edilizia: una pavimentazione piuttosto rozza a tessere bianche, un ingresso nel muro settentrionale - come nelle s. del tipo «Galilea» - la cui chiusura creò una nicchia usata come ripostiglio o gĕnizā. La più antica s. va forse collocata agli inizî del III sec. d.C.
ḥorvat susiya. - Gli scavi nel complesso, sito sul pendio SE di un'altura a O di Ḥorvat Susiya, si sono svolti tra il 1969 e il 1972. L'aula è preceduta a E da un cortile con un'ampia gradinata, dato che la corte si trovava a un livello inferiore di c.a 1,50 m. Questa aveva su tre lati portici coperti da una volta sorretta da pilastri. Nell'area sono stati individuati due pozzi, comunicanti l'uno con una cisterna, l'altro con vani sotterranei. Nel cortile si impiantò più tardi una moschea in cui furono reimpiegati elementi architettonici della sinagoga.
L'edificio si componeva dell'aula di preghiera (dimensioni interne, 9x15 m), del nartece a E e, a S, di una stretta ala terminante con una scala d'accesso a un secondo piano. L'altezza totale della costruzione doveva raggiungere 8-9 m. Questo settore a S era composto, al piano dell'aula, da due ambienti comunicanti tra loro: il più orientale aveva banchi in muratura su tre lati e una finestrina aperta sull'aula; l'altro vano, con la scala, comunicava con l'esterno. Il nartece presentava sulla fronte quattro colonne in antis con capitelli corinzî tardi. La sua pavimentazione musiva, comprendente pannelli geometrici e un'iscrizione, subì profondi rimaneggiamenti. All'interno dell'aula due bèmata si appoggiavano al muro settentrionale. Il bèma principale, decentrato verso O, fu costituito inizialmente da banchi in muratura intonacati, con una gradinata centrale. Vennero poi aggiunti, forse, gradini e uno zoccolo sulla fronte, contemporaneamente alla creazione della cancellata, della quale rimangono varî elementi successivamente reimpiegati, alcuni dei quali recanti iscrizioni. Nell'ultima fase esso fu interamente foderato in marmo grigio e affiancato da due gradinate semicircolari. Il bèma secondario, che è una caratteristica di questa s., è di forma cubica; fu ingrandito quando l'aula ricevette una pavimentazione musiva policroma. Nella prima fase doveva essere coperto da un baldacchino, come dimostra una colonnina poi inglobata nella muratura dell'ampliamento. Lungo i muri S, O e N correvano banchi in muratura. Il complesso può dirsi del tipo longhouse su un asse E-O, ma il suo orientamento a N, verso Gerusalemme, ne fa una broadhouse atipica.
Nell'aula sono state riconosciute, come si è accennato, due fasi pavimentali; quella originale, a tessere bianche, fu sostituita da un mosaico policromo - in cui sono visibili varî restauri - così organizzato: a O, tre scene (caccia, Daniele nella fossa dei leoni, illeggibile); al centro, cerchio dello Zodiaco in cornice a meandro con pannelli figurati (sostituito in un secondo momento da un tappeto geometrico); a E, tessuto geometrico con due ottagoni, quadrati e rombi con figurine. Un pannello addizionale, con la Torā tra due mĕnorot in una cornice architettonica, si trova dinanzi al bèma secondario, sottolineandone l'importanza dovuta forse al fatto che ivi veniva data lettura della Legge. Nell'angolo NO dell'aula è un pannello con motivi geometrici. Al centro del nartece si conserva un'iscrizione musiva pertinente alla prima fase della sua pavimentazione. In totale, nel pavimento della s. vennero inserite quattro iscrizioni: due nel nartece, una nell'aula presso la porta centrale, l'altra nell'ala meridionale; si tratta di ringraziamenti a benefattori. La s. sarebbe stata edificata su un sito precedentemente frequentato alla fine del IV o agli inizî del V sec. e la sua vita si sarebbe protratta sino all'VIII o al IX sec., quando essa venne abbandonata. La moschea costruita nella corte risalirebbe al più presto al X secolo.
cafarnao (v.). - I risultati degli scavi compiuti a Cafarnao negli anni 1968-1972 dai francescani V. Corbo e S. Loffreda hanno fatto notevolmente abbassare la cronologia della costruzione del complesso, che si credeva il migliore esempio delle s. del tipo «Galilea» del II-III secolo. Le esplorazioni hanno chiarito da una parte la collocazione dell'edificio nel contesto urbano: esso sorgeva su una piattaforma che regolarizzava il pendio, alla quale si accedeva mediante scale; i suoi lati costeggiavano quattro ampie strade. La s. non venne costruita sul suolo vergine: nel luogo sorgevano edifici, che gli scavatori hanno interpretato come abitazioni private. I materiali relativi a questa fase ne documentano l'uso almeno sino alla fine del IV sec. d.C. Al di sopra di questi resti fu creata la piattaforma, con riempimento unitario, ricoperta da uno strato di malta di c.a 30 cm, sul quale furono collocati i blocchi della pavimentazione della sinagoga. Nello strato di malta sono stati rinvenuti due ripostigli, contenenti l'uno 2.920, l'altro più di 6.000 monete, databili alla metà del V secolo. Sulla base di questi dati gli scavatori hanno dunque suggerito una nuova cronologia per la costruzione dell'edificio, che si collocherebbe alla fine del IV o agli inizî del V secolo.
Questa proposta, tuttavia, non ha ricevuto generali consensi: sulla base di una rilettura dei dati di scavo, fortemente critica segnatamente per quanto riguarda le conclusioni tratte dai rinvenimenti monetali, e di considerazioni storiche e storico-artistiche, Foerster e Avi-Yonah hanno ribadito la cronologia tradizionale: parallelismi con analoghi monumenti del tardo II e del III sec. di Siria e d'Asia Minore; differenze profonde rispetto alle s. più tarde, anche di aree circonvicine (come Ḥammat Tiberiade); la prosperità dei gruppi che nel II sec. con le autorità abbandonano la Giudea per trasferirsi in Galilea, ove sono all'origine di una notevole attività edilizia; la non grande floridezza della Galilea in età bizantina sono le principali considerazioni sulle quali si basano i due studiosi. Ulteriori indagini sotto i livelli pavimentali hanno rivelato l'esistenza di muri in opera quadrata di basalto, che sono stati ritenuti pertinenti alla s. che sarebbe stata edificata da un centurione romano all'inizio del I sec. d.C.
kokhav ha-yarden - In occasione degli scavi nella fortezza crociata di Belvoir si è potuto notare il reimpiego, nel complesso, di blocchi scolpiti pertinenti a una s. del tipo «Galilea». Tra questi si segnala un architrave frammentario, ricomposto da due blocchi (dimensioni ricostruite: 1,75 X 0,57 X 0,25 m), con mĕnorā centrale tra due edicole della Torā a prospetto tetrastilo e, alle estremità, due tabellae ansatae: sotto quella di destra, un'iscrizione in aramaico, frammentaria, ricorda i finanziatori dell'edificio.
La s. va forse riconosciuta in una rovina distante 700 m dalla fortezza.
ḥorvat 'anim. - Nella foresta di Yattir: edificio rettangolare (8,45 X 14,50 m), con orientamento N-S, che presenta due ingressi preceduti da un portico sul lato lungo orientale. Lungo il lato breve N è la piattaforma per la Torā (alt. 0,40 m), che sporge all'interno per 1,93 m. Edificata nel IV sec. d.C., rimase in uso sino al VII-VIII secolo.
ḥorvat arbel. - La s., costruita nel IV sec. d.C., è orientata in direzione di Gerusalemme, ha pianta rettangolare e si articola su due piani. Sul lato E è un ampio ingresso preceduto da una vasta corte (18 X 25 m). Dopo la distruzione del primo edificio la ricostruzione ebbe luogo nel VI sec., con l'aggiunta della nicchia per la Torā nel lato S, di transenne marmoree lungo il bèma-, nel muro Ν venne praticata una grande apertura. Il livello pavimentale fu rialzato sino a coprire due dei quattro banchi in muratura originarî. L'edificio venne distrutto alla metà dell'VIII secolo.
ḥorvat ma'on. - La s. del tipo longhouse (10,5 X 15,5 m) è orientata in senso S-N in direzione di Gerusalemme. Le ricerche hanno individuato due fasi edilizie: nella I, datata intorno alla seconda metà del IV-inizî V sec., la copertura è a doppio spiovente e nel muro E si aprono due ingressi. Il pavimento è a mosaico e lungo le pareti corrono banchi in muratura; nel muro Ν è la nicchia rettangolare per la Torā. Diversa dalle altre s. del Sud, si apparenta piuttosto a quella di Ḥorvat ‘Anim. Nella II fase, databile probabilmente al VI sec., l'aula di preghiera è ridotta mediante la costruzione nella parte S di un muro con due ingressi, che viene a delimitare un vestibolo o sala di studio. Nella parte O è un ambiente che funge da magazzino, al quale si accedeva dall'ingresso meridionale del muro E. L'aula era divisa in tre navate da pilastri quadrangolari sorreggenti arcate. E stato individuato, in corrispondenza dell'area SE dell'aula, un bagno sotterraneo a cui si accedeva da un ingresso nel muro O della s.: consta di due ambienti scavati nella roccia. Le dimensioni della vasca (3 X 3 X 4 m), che presenta quattro gradini, ne indicano il carattere pubblico.
ḥorvat sumaq. - La costruzione, in blocchi di pietra, presenta tre fasi edilizie e appartiene al tipo «Galilea». L'edificio della I fase ha pianta basilicale (14,8 ÷ 23,8 m), con nartece in corrispondenza della facciata, in cui si aprono tre ingressi. Il pavimento è tagliato nella roccia ed è ricoperto di stucchi dipinti (affioramenti di roccia a un livello superiore a quello del pavimento e della soglia nell'aula di preghiera). Mintzker ritiene che l'edificio non sia stato terminato. La pianta ricorda quella del più antico gruppo delle s. della Galilea (III sec. d.C.). A questa fase appartengono anche i muri O e S del recinto trapezoidale a E dell'edificio. Alla fine del IV o agli inizî del V sec. ha luogo una violenta distruzione. Nella II fase (V-VII sec.), che vede notevoli cambiamenti, il livello pavimentale resta immutato; l'edificio viene ridotto mediante nuovi muri lunghi che reimpiegano pezzi relativi alla I fase. La facciata resta in uso, ma vengono ristrette le due porte laterali. Il tetto della nuova aula (10 X 15 m) è sostenuto da pilastri costruiti lungo i muri e da sei colonne. Tra la nuova aula e il lato O della struttura originaria sono ricavati piccoli ambienti. Queste modifiche sono di poco posteriori alla distruzione del primo edificio; la nuova struttura funziona in modo discontinuo e non è certo che fosse ancora una sinagoga. La terza fase, dopo un abbandono di circa tre secoli, vede il reimpiego delle strutture a scopo abitativo saltuario e la costruzione di una cisterna.
el-khirbe. - La s. presenta due fasi edilizie: l'edificio pertinente alla I, rettangolare (12 X 14 m), era orientato in senso E-O, con l'ingresso principale nella parete orientale, di fronte al monte Gerizim. Davanti alla facciata era una piattaforma rettangolare pavimentata in pietra e, presso il muro, un bancone anch'esso in pietra. In corrispondenza di un'apertura nel muro Ν era una soglia con iscrizione musiva. L'aula di preghiera era coperta a volta, presentava due file di banchi (ognuna larga m 0,50) a gradoni, simili ai sedili dei teatri, e aveva un pavimento con mosaico policromo (mĕnorā, šofar, tavola con offerte, sei iscrizioni in greco). Nella II fase viene aggiunto un tramezzo sul lato S dei gradoni, i mosaici sono restaurati e integrati con altre tre iscrizioni. La s. nascerebbe in età tardoromana (IV sec.), forse in relazione con l'attività edilizia di Baba Rabba.
naḥal besor. - È stata individuata un'aula (4 X 5 m), forse di preghiera, con maṣṣebā centrale.
asia minore. - sardi. - La s. di Sardi si trova in un vasto complesso termale romano: il suo lato lungo settentrionale confina con la grande palestra porticata, mentre lungo quello S si allineavano botteghe aperte sull'ampia strada colonnata con lastricato marmoreo. Il complesso fu edificato su una terrazza artificiale, nel quadro di un rinnovamento urbanistico seguito al terremoto che colpì la città nel 17 d.C. e, come hanno mostrato gli scavi, subì profondi rimaneggiamenti. L'area su cui sorse faceva parte, nel progetto iniziale, delle terme e, in età tarda, l'edificio servì da basilica civile. Nella forma finale la s. consta di due parti principali disposte secondo un asse E-O: una corte porticata con fontana centrale marmorea a forma di cratere e una sala di riunione. Al cortile si accedeva mediante una porta sull'asse del complesso, da un colonnato a pavimentazione musiva, e da un altro ingresso, a S, tra due botteghe; in un secondo momento vennero costruiti tramezzi a formare un nartece nel braccio occidentale del portico. Nell'aula (54 X 18 m) erano due file di possenti pilastri e un'abside si apriva nel lato corto orientale. Mancano i banchi in muratura lungo i muri; il tetto era probabilmente a travatura lignea. Nella lunga sala di riunione si entrava da tre porte. Tra i due pilastri prossimi all'abside era una tavola marmorea, che serviva forse per le letture. Non sembra che nell'abside fosse collocata l'arca: le tre nicchie e i due passaggi nei quali si articola la sua architettura dovrebbero risalire all'originale funzione nell'ambito termale. Lungo la curva vennero creati tre gradoni, forse per i seggi degli anziani. I rotoli della Torā erano verosimilmente custoditi in una delle due edicole addossate al muro d'ingresso ai lati della porta centrale. Al centro dell'aula si trovano, inglobati nel mosaico, quattro blocchi di marmo, a formare i vertici di un quadrato, che probabilmente servivano di sostegno al bèma. Non tutti gli apprestamenti elencati sono contemporanei, ma dovettero coesistere per un certo periodo. Nonostante l'imponenza dei pilastri, è poco probabile l'esistenza di matronei, mancando scale.
A eccezione dell'area intorno alla fontana, tutta la pavimentazione è musiva, per lo più a motivi geometrici alquanto elaborati; il pannello nell'abside presenta una composizione vegetale nascente da un'urna d'oro affiancata da due pavoni distrutti in antico, con iscrizione dedicatoria entro ghirlanda policroma. La parte bassa dei muri aveva un rivestimento di lastre marmoree e opus sedile (animali e frutta inquadrati da architetture), aggiunta probabilmente nel V sec.; in alto erano pitture e mosaici. La maggior parte dei mosaici pavimentali risale alla seconda metà del IV sec. d.C., quando l'edificio assunse la forma definitiva; ulteriori modifiche si ebbero sino all'abbandono, agli inizî del VII secolo.
Tra i rinvenimenti più significativi va ricordata una mĕnorā marmorea frammentaria, finemente scolpita, con il nome Sokrates, che doveva essere larga più di un metro; nel mosaico e nelle lastre di rivestimento delle pareti erano più di ottanta iscrizioni, menzionanti membri della s. e aspetti della sua architettura. Nella costruzione dell'edificio fu reimpiegato un gran numero di sculture arcaiche, classiche e romane. Le dimensioni e la ricchezza del complesso di Sardi suggeriscono una notevole importanza economica e sociale della comunità ebraica della città.
mopsuestia. - A Mopsuestia, antica città della Cilicia, è stata portata in luce sin dagli anni '50 un'importante basilica, della quale rimangono il nartece, la parte sinistra della navata centrale e quattro navate laterali. L'edificio presenta una ricca decorazione musiva: in un contesto geometrico e vegetale sono raffigurate scene bibliche con leggenda in greco. I soggetti sono i seguenti: l'arca di Noè, circondata da animali su due file; un lacerto con pesce (da riferirsi al ciclo di Giona o al cerchio dello zodiaco), nove scene della vita di Sansone e, in un tardo restauro, di nuovo Sansone. Sulla base di considerazioni storiche è stato proposto (Avi Yonah) di interpretare l'edificio - ritenuto generalmente una basilica cristiana - come una sinagoga.
italia. - bova marina. - La scoperta di una s. è avvenuta nel 1985 in occasione dei lavori per il passaggio della superstrada ionica in una zona della Calabria ove già era stato individuato un insediamento di età imperiale: studiosi locali lo avevano identificato con la Scyl[....] statio nota dalla Tabula Peutingeriana sulla costiera ionica. Gli scavi hanno sinora interessato solo le fasi tarde (IV-VI sec.). Il complesso portato alla luce nel corso delle prime indagini consiste in due aule approssimativamente quadrate affiancate da tre vani rettangolari, uno dei quali ha restituito un tesoretto; a esso sono legati verso SO varî ambienti, probabilmente di servizio. Verso NO queste costruzioni si aprono su una vasta area libera recintata; l'orientamento generale è in senso NE-SO.
L'aula quadrata interna costituisce il nucleo del complesso: presenta una nicchia, alla quale si appoggia una sorta di banco ed è decorata da un mosaico pavimentale policromo, in cui una treccia delimita riquadri contenenti girali di fogliame con motivo decorativo centrale: mĕnorā e altri simboli ebraici, nodo di Salomone. Dovrebbe trattarsi dell'aula sinagogale, forse di tipo broadhouse; verso S essa comunica con uno dei vani rettangolari che presenta, nella fase finale, una pavimentazione in laterizi.
balcani. - stobi. - Saggi eseguiti dall'Istituto per la Conservazione di Macedonia e successivamente da una équipe iugoslavo-americana hanno chiarito le vicende del complesso di «Polycharmos». A un livello di distruzione probabilmente del I sec. d.C. si sovrappone la prima s. pavimentata a lastre di pietra. Segue la seconda, agli inizî del IV sec., con un mosaico che ne copre l'intera superficie. Essa fu distrutta prima della fine del IV sec., quando al suo posto venne edificata la basilica cristiana.
Bibl.: In generale: G. Gutman (ed.), The Synagogue. Studies in Origins, Archaeology and Architecture, New York 1975; A. T. Kraabel, The Diaspora Synagogue. Archaeological and Epigraphic Evidence since Sukenik, in ANRW, II, 19, I, 1979, pp. 477-510 (con ampia bibliografia); J. Gutmann (ed.), Ancient Synagogues: the State of Research, Missoula 1981; L. I. Levine e altri, Ancient Synagogues Revealed, Gerusalemme 1981; A. T. Kraabel, The Excavated Synagogues of Late Antiquity from Asia Minor to Italy, in XVI. Internationaler Byzantinistenkongresses, Wien 1981, II, 2, Vienna 1982, pp. 227-235; M. J. S. Chat, Handbook of Synagogue Architecture, Chico 1982; L. I. Levine (ed.), The Synagogue in Late Antiquity, Filadelfia 1987; R. Jacoby, R. Talgman, Ancient Jewish Synagogues. Architectural Glossary, Gerusalemme 1988; Z. U. Ma'oz, The Synagogue in the Second Temple Period. Architectural and Social Interpretation (in ebraico con riassunto inglese), in Erlsr, XXIII, 1992, pp.157-158. 331-344.
Sulle s. in Palestina: R. Hachlili, Ancient Jewish Art and Archaeology in the Land of Israel, Leida 1988, in part. pp. 135-233; R. Hachlili (ed.), Ancient Synagogues in Israel. III-VII century C.E. Proceedings of Symposium Haifa 1987 (BAR, Int. S., 499), Oxford 1989. - Su quelle della Galilea: Æ. U. Ma'oz, Ancient Synagogues of the Golan, in BiblA, LI, 1988, 2, pp. 116-128; D. Chen, Dating Synagogues in Galilee. The Case of Arbel, in Liber Annuus, XXXIX, 1989, pp. 199-206. - Si segnalano inoltre: Ζ. lian, Ancient Synagogues Survey, Judaean Shephelah, in Excavations and Surveys in Israel, VII-VIII, 1988-1989, pp. 5-6; L. Y. Rahmani, Stone Synagogue Chairs. Their Identification, Use and Significance, in IsrExplJ, XL, 1990, pp. 192-214.
Singoli siti: Gamia: S. Gutman, Gamla, Tel Aviv 1977 (in ebraico). - Meiron: E. M. Meyers e altri, Excavations at Ancient Meiron, Upper Galilee. Israel 1971-72, 1974-75, 1977, Cambridge (Mass.) 1981. - en-Nabratein: E. M. Meyers, J. F. Strange, C. L. Meyers, Second Preliminary Report on the 1981 Excavations at en-Nabratein, in BASOR, 246, 1982, pp. 35-54 (con bibl.). - Ḥorvat Šema': Ε. M. Meyers, Α. Τ. Kraabel, J. F. Strange, Ancient Synagogue Excavations at Khirbet Shema', Upper Galilee, Israel 1970-1972 (AASOR, 42), Durham (N.C.) 1976. - Ma'oz Hayyim: V. Tzaferis, The Ancient Synagogue at Ma'oz Hayyim, in IsrExplJ, XXXII, 1982, pp. 215-244. - Ḥorvat ha-'Ammudim: L. I. Levine, Excavations at the Synagogue of Ḥorvat 'Ammudim, in IsrExplJ, XXXII, 1982, pp. 1-12; D. Adan Bayewitz, The Ceramics of Ḥorvat 'Ammudim and Their Chronological Implications, ibid., pp. 13-31. - Guš Ḥalav: E. M. Meyers, J. F. Strange, C. L. Meyers, Preliminary Report of the 1977 and 1978 Seasons at Gush Halav (el Jish), in BASOR, 233, 1979, pp. 33-58. - Ḥorvat Susiya: Z. Yeivin, Inscribed Marble Reliefs from the Khirbet Susiya Sinagogue, in IsrExplJ, XXIV, 1974, pp. 201-209; S. Gutman, Z. Yievin, E. Netzer, in Ancient Synagogues Revealed, cit., pp. 123-128. - Cafarnao: V. Corbo, Cafarnao, I. Gli edifici della città, Gerusalemme 1975 (per la sinagoga, pp. 113-169). Per la discussione della cronologia, si vedano i contributi di M. Avi-Yonah, in Ancient Synagogues Revealed, cit., pp. 60-62; G. Foerster, ibid., pp. 57-59; id., in L. Levine (ed.), The Synagogue, cit., pp. 90-94; V. Corbo, Resti della sinagoga del primo secolo a Cafarnao, in G. C. Bottini (ed.), Studia Hierosolimitana, III, Gerusalemme 1982, pp. 312-357. - Kokhav ha-Yarden: M. Ben-Dov, Resti di una sinagoga a Kokhav-ha-Yarden (in ebraico), in Eretz Šomron, 1973, pp. 86-95. - Si segnala infine l'edizione degli scavi di Ḥammat Tiberiade: M. Dothan, Hammath Tiberias. Early Sinagogues and the Hellenistic and Roman Remains, Gerusalemme 1983. - Reḥob, Bet Šĕ'an, 'En Gedi: si veda il vol. Ancient Synagogues Revealed, rispettivamente alle pp. 90-94 (F. Vitto), 146-153 (J. Sussmann), 82-85 (D. Bahat), 116-119 (D. Barag, Y. Porat, E. Netzer), 140-145 (L. I. Levine). - Ḥorvat 'Anim: Z. lian, D. Amit, Ḥorvat 'Anim, Synagogue, in Excavations and Surveys in Israel, VII-VIII, 1988-1989, pp. 6-8. - Ḥorvat Arbel: Z. Ilan, ibid., pp. 8-9. - Ḥorvat Ma'on: Z. Ilan, D. Amit, Ḥorvat Ma'on, Synagogue, ibid., pp. 123-125. - Ḥorvat Sumaq: S. Dar, Ḥorvat Sumaq. 1988-89, ibid., IX, 1989-1990, pp. 25-27; id., Ḥorvat Sumaq. 1990, ibid., X, 1991, pp. 104-105. - el-Khirbe: I. Magen, El-Khirbe, Samaritan Synagogue, ibid., p. 16. - Sulla presunta aula di preghiera di Nahal Besor: Y. Israel, D. Nahlieli, Nahal Besor, ibid., p. 159. - Altre regioni: Sardi: A. R. Seager, The Building History of the Sardis Synagogue, in AJA, LXXVI, 1972, pp. 425-435; A. R. Seager, A. T. Kraabel, The Synagogue and the Jewish Community, in G. M. A. Hanfmann (ed.), Sardis from Prehistoric to Roman Times. Results of the Archaeological Exploration of Sardis 1958-1975, Cambridge (Mass.)-Londra 1983, pp. 168-190; F. K. Yegϋl, The Bath-Gymnasium Complex at Sardis (Archaeological Explorations at Sardis, 3), Cambridge (Mass.)-Londra 1986. - Bova Marina: il monumento è ancora sostanzialmente inedito; si vedano: E. Lattanzi, Rassegna archeologica calabrese, in Magna Graecia, XXI, 3-4, 1986, pp. 6-8; A. Sacerdoti, Guida all'Italia ebraica, Torino 1986, pp. 327-328. - Stobi: J. Wisemann, D. Mano-Zissi, Excavations at Stobi, 1970, in AJA, LXXV, 1971, pp. 406-411; iid., Excavations at Stobi, 1971, ibid., LXXVI, 1972, PP. 408-411.
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