SINAGOGA
Nella cultura ebraica, la s. è un luogo di preghiera, ma anche un centro politico, sociale, amministrativo, di riunione e di istruzione: quest'ultima funzione è tanto importante, che nei vari dialetti giudaici del Medioevo la s. viene comunemente chiamata scola o schule. L'aspetto della s. non è, nel suo complesso, oggetto di normativa rabbinica; pertanto nei diversi luoghi e periodi furono imitati gli stili architettonici usati negli edifici vicini. Nel corso del Medioevo sono però frequenti i richiami dei saggi contro la sperimentazione di forme troppo innovative. Tuttavia già nel sec. 5° il Talmūd stabiliva alcune regole generali per la costruzione di s., probabilmente riprendendo consuetudini già in uso: avrebbe dovuto essere l'edificio più alto della città e costruito nel punto più elevato della zona prescelta, oppure nei pressi di una sorgente o di un corso d'acqua; un precetto quest'ultimo derivante dalla necessità di compiere abluzioni rituali. Queste indicazioni furono seguite già nelle più antiche s. rinvenute in Galilea.Fondamentale è l'orientamento della s., che deve essere rivolta verso Gerusalemme. Questa caratteristica vale sicuramente per le s. costruite dopo la distruzione del secondo tempio di Gerusalemme, nel 70, mentre è possibile che in precedenza alcune di esse avessero l'ingresso a E, proprio a somiglianza del tempio. Il Talmūd prescrive che le s. della diaspora devono essere orientate verso la terra di Israele; quelle di Israele verso Gerusalemme; quelle di Gerusalemme verso la spianata del tempio.L'ingresso dovrebbe essere sulla parete opposta a quella rivolta verso Gerusalemme. Questa norma fu seguita più agevolmente in epoca tardoantica e venne ripresa con un certo rigore nel sec. 16°; nel Medioevo, invece, l'adattamento della planimetria sinagogale a un impianto urbanistico già definito portò spesso a decentrarne l'ingresso. Sullo stipite della porta, come nelle case ebraiche, era attaccata la mezuzah, un astuccio di legno o di metallo contenente una pergamena con una preghiera, la cui presenza è a volte testimoniata da un incavo sulla pietra dello stipite. Possibilmente, l'aula di preghiera doveva essere separata dalla strada mediante un vestibolo.Il Talmūd prescrive la presenza di almeno una finestra, rivolta verso Gerusalemme, con allusione a un verso della Bibbia (Dn. 6, 11); ancor meglio se le finestre fossero dodici, come le tribù d'Israele.L'aula di preghiera era caratterizzata dalla presenza dei rotoli della Legge. In un primo momento essi venivano custoditi fuori dell'aula e portati all'interno solo per la lettura; in seguito si trovò una collocazione stabile entro un armadio (aron ha-Kodesh) o nicchia. Ai lati vi erano, secondo un'usanza perdurante dalla Tarda Antichità fino al sec. 16° e oltre, seggi riservati ai personaggi più importanti della comunità. Questo costume non era però giudicato conciliabile con i casi - assai diffusi fin dal Medioevo - in cui i posti per i fedeli fossero stati considerati di proprietà privata e di conseguenza oggetto di compravendita, di pegno o di eredità.Il cantore prendeva posto sulla bimāh o ṭēvāh: una piattaforma o pulpito, dotato di un leggio o tavolo. La bimāh era generalmente collocata davanti all'arca o al centro dell'aula. Quando non era proprio davanti all'arca si creavano due diversi poli di attrazione: il tentativo di conciliare la presenza di entrambi in uno spazio fruibile da parte di tutti gli astanti costituì nei secoli una delle maggiori preoccupazioni nella creazione degli interni sinagogali, che vengono detti monofocali quando bimāh e arca sono vicine e bifocali quando i due elementi sono opposti.Non è chiaro quando sia iniziata l'usanza di dividere gli uomini dalle donne. Alcune fra le s. più antiche (Cafarnao, Baram) presentano una galleria, che forse aveva funzione di matroneo, ma altrove uno spazio specificamente destinato alle donne sembra mancare. Nel Medioevo la divisione fra i due sessi appare ormai codificata: le donne usufruivano di un matroneo, oppure di ambienti adiacenti o sottostanti quello principale. A volte la divisione risultava talmente rigida che le donne non riuscivano a seguire il cantore e così una di esse veniva incaricata di condurre la lettura nel settore femminile.Oltre all'aula di preghiera, erano generalmente previsti ambienti annessi con funzioni di ospizio, di ricovero per i pellegrini, di cisterne, di bagno rituale, di forno per le azzime, di scuola e di magazzino.Nelle città in cui la presenza ebraica era limitata si trovava a volte una sola s., mentre più spesso ve ne erano diverse e i fedeli le frequentavano in base alla loro origine (Barcellona, s. dei Francesi; Cairo, s. dei Babilonesi), al mestiere esercitato (Saragozza, s. degli Argentieri) o alla confraternita di cui facevano parte.Nelle regioni dell'antica Palestina sono state finora scavate più di cento s., databili per lo più fra il sec. 3° e l'8° (Ancient Synagogues Revealed, 1981), la più antica delle quali è stata rinvenuta nella piana occidentale di Gerico; esse sono distribuite con una certa uniformità, ma le più antiche si trovano soprattutto in Galilea.La Palestina fu sotto il controllo bizantino fino al 638 e i governanti, mal disposti nei confronti degli ebrei, proibirono in un primo momento la costruzione di nuove sinagoghe. Più tardi il divieto venne revocato, ma, forse per questioni di prudenza, gli ebrei preferirono costruire ambienti il cui aspetto esterno, spoglio e insignificante, contrastava con l'interno adorno di marmi intagliati e mosaici.Nel sec. 5° fu elaborato in Palestina, e soprattutto in Galilea, un tipo di s. che venne mantenuto fino all'8° secolo. Esso prevedeva una pianta basilicale dalle proporzioni allungate e terminante in un'abside orientata verso Gerusalemme, dove venivano conservati i rotoli della Legge. Gli ingressi erano tre, come le navate divise da colonne; altre colonne separavano la navata dall'abside. Spesso vi erano atrio e nartece, e a volte una scala esterna conduceva al matroneo. L'effetto ricchissimo della decorazione interna era affidato soprattutto ai mosaici pavimentali, particolarmente notevoli in Galilea (v. Giudaica, Arte). Fra le s. più significative di questo tipo si ricordano quelle di Beth Alpha (517-528) e di Hammat-Tiberias (sec. 7°-8°), su un impianto precedente, famoso per il pavimento a mosaico con i segni dello Zodiaco.Sulle alture del Golan, fra i secc. 5° e 6°, si sviluppò un tipo di s. caratterizzato dall'impiego del basalto locale e dall'adozione di facciate monumentali con un unico ingresso decorato. Nello stesso periodo, al di fuori della regione palestinese, gli ebrei si stabilirono dalla Spagna alla Persia, dal Reno alla penisola arabica e lungo tutte le coste del Mediterraneo, edificando s. influenzate dall'architettura locale. Le fonti ricordano, fra le molte altre, le s. di Babilonia, di Orléans e di Antiochia. Fra i ritrovamenti archeologici si possono citare numerosi e precoci esempi in Grecia e in Asia Minore: per es. la s. di Delo (ante 69 a.C.), quella di Sardi (sec. 2°-3°), che è la più grande e sontuosa s. della diaspora di età classica finora rinvenuta, e la s. di Egina (sec. 6°), una delle più tarde. Periodicamente, soprattutto da quando il cristianesimo divenne la religione ufficiale dell'Impero romano, queste s. furono esposte a saccheggi e incendi. In Italia sono state ritrovate la s. di Ostia, presso Roma (sec. 1°, rinnovata nel 4°), caratterizzata da quattro colonne prospicienti l'abside, e la s. di Bova Marina, in Calabria (sec. 4°, rinnovata nel 6°).Con la distruzione del tempio di Gerusalemme ebbe inizio la diaspora giudaica. La fine dell'Impero romano, la cristianizzazione dell'Europa centrale e settentrionale e l'islamizzazione del Mediterraneo modificarono in seguito la natura delle comunità ebraiche diasporiche, conferendo a quelle di area cristiana un carattere differente rispetto a quelle mediterranee: le prime furono dette ashkenazite (da Ashkĕnaz, Germania, nella cultura ebraica medievale), le seconde sefardite (da Sefarad, Spagna, nella cultura ebraica medievale). L'Italia, dove la presenza ebraica risaliva almeno al sec. 2° a.C., rimase appartata rispetto a questa divisione.Le prescrizioni talmudiche riguardanti la costruzione delle s. trovarono nell'Europa cristiana ostacoli determinanti. Spesso le autorità cittadine proibirono la costruzione di nuove s. e in generale esse non poterono più essere gli edifici più alti della città, poiché questo privilegio spettava alle chiese. Si cercò di aggirare la norma dotando le s. di un lungo palo o di un'appendice che ne alzasse il livello massimo; inoltre, il livello del pavimento fu spesso abbassato, in ottemperanza al dettato "Dal profondo a te grido, o Signore" (Sal. 130 [129], 1), ma anche per rendere la navata più alta. Inoltre, era spesso difficile orientare l'ingresso in senso opposto rispetto all'arca e molte s. medievali, fino al sec. 16°, presentano ingressi decentrati.Anche la composizione demografica delle comunità ebraiche del Medioevo influenzò l'aspetto delle s., giacché spesso gli ebrei si stabilivano, in nuclei ridotti, in località che poi dovevano abbandonare: pertanto a volte i loro luoghi di culto erano piccoli e architettonicamente non significativi.Le s. medievali dell'Europa centrale si dividono in due tipi: quelle a navata gemina e quelle a navata singola, con copertura a volta o a fasciame. Si tendeva, dunque, a evitare di copiare il modello offerto dalle chiese, cui si preferì quello delle aule consiliari cittadine o dei refettori.Fra le s. a navata gemina, molto importante era quella di Worms, rimasta intatta nel suo aspetto medievale finché non venne rasa al suolo nel 1938 e completamente ricostruita nel 1961. Iniziata nel 1034, ma sostanzialmente rimaneggiata nel 1175 in forme tardoromaniche, simili alla contemporanea cattedrale, si caratterizzava per la presenza di due grandi colonne, dai capitelli riccamente intagliati con motivo di foglie stilizzate, che dividevano l'aula rettangolare in sei campate. L'arca era assiale rispetto alle due colonne, fra le quali si trovava la bimāh di marmo, i cui intagli riprendevano quelli dei capitelli. Nel 1213, all'aula principale fu aggiunto, sullo stesso livello e con dimensioni di poco inferiori, un secondo ambiente per le donne, diviso in quattro campate da una colonna centrale. Sotto la s. si trovava il bagno rituale.Alla stessa tipologia appartiene la s. Staranová o Vecchia-Nuova di Praga (ca. 1280), la più antica s. europea ancora in uso, famosa anche per la leggenda che la lega alla creazione del Golem. Il suo aspetto esteriore, con le lisce pareti in pietra grigia, è caratteristico per la presenza di un imponente tetto a doppio spiovente, che la rende immediatamente riconoscibile all'interno del quartiere ebraico. La sua pianta è analoga a quella di Worms, ma le volte a crociera ricadenti sulle due colonne furono dotate di un quinto costolone che ne collegava il centro alle pareti laterali, per focalizzare l'attenzione verso il centro, ma anche per evitare il richiamo alla croce. Questo motivo venne ripreso solo nella s. di Miltenberg, in Baviera, che però era a navata unica. A Praga, la bimāh era in origine davanti all'arca, ma verso la fine del sec. 15° fu spostata al centro, fra le colonne.Altri esempi di s. a navata gemina sono quelli di Cheb, in Boemia - a un solo pilastro centrale su cui si scaricava una volta a stella, distrutta nel 1856 -, e di Ratisbona, costruita prima del 1227, distrutta nel 1519, ma nota attraverso due incisioni di Albrecht Altdorfer (Berlino, Staatl. Mus., Pr. Kulturbesitz, Kupferstichkab.; Krautheimer, 1927, figg. 23-24). Quando, alla fine del Medioevo, gli ebrei si spostarono dalla Germania verso la Polonia, costruirono le prime s. secondo tale tipologia; l'esempio più rilevante è costituito dalla s. Vecchia di Cracovia (sec. 15°), nel quartiere di Kazimierz, la più antica s. polacca.Il tipo della s. a navata unica appartiene soprattutto alla Boemia e alla Galizia. Fino alla seconda guerra mondiale erano ancora visibili gli esempi di Bamberga, Leipnick, Miltenberg e la s. Pinkas di Praga, mentre l'antichissima s. di Spira (1096) fu danneggiata un secolo dopo la sua edificazione, durante una sedizione antigiudaica, e pressoché distrutta nel 17° secolo. Questa tipologia, riservata in genere a edifici di dimensioni contenute, è maggiormente legata a stilemi gotici, riscontrabili, per es., nelle volte costolonate e nella pianta allungata di Bamberga, o nelle nervature incrociate della s. Pinkas di Praga. Alcune s. di questo tipo, come quella di Erfurt (1293-1349), avevano il tetto interamente di legno.In Francia vanno menzionate le s. duecentesche di Rouffach in Alsazia, di Mende (dip. Lozère) e di Montpellier in Linguadoca, mentre a Rouen scavi archeologici (1976) hanno portato alla luce una costruzione romanica del sec. 12°, forse riconoscibile come s. o centro di istruzione ebraico.Non si sono conservati esempi di s. spagnole costruite sotto la dominazione islamica, andate per lo più distrutte nel sec. 12°, ma anche quelle dei territori cristianizzati (ne sono note circa centoventi) presentano fortissimi influssi moreschi. L'atteggiamento dei governanti cristiani nei confronti delle comunità ebraiche fu talora restrittivo, soprattutto su istigazione delle autorità religiose e dei Domenicani, e comunque la loro attività edilizia fu sempre soggetta a uno stretto controllo. In complesso, però, la costruzione di nuove s. e il restauro di quelle vecchie furono permessi, particolarmente in Aragona e in Castiglia: nel 1252 gli ebrei di Siviglia, in seguito alla Reconquista, ebbero addirittura il permesso di mutare in s. tre moschee. In questa città gli ebrei possedevano ben ventitré edifici di culto.La s. spagnola si divide, soprattutto nei casi più monumentali, in due parti: l'aula di preghiera e il cortile o patio (azara), dove forse pregavano i fedeli che non trovavano posto all'interno. L'ingresso non era, di regola, opposto all'arca. Le donne erano separate dagli uomini, in matronei o più spesso in ambienti adiacenti all'aula principale.Diverse miniature di questo ambito mostrano la ṭēvāh - secondo Assis (1992) questo è il termine usato per la bimāh nel mondo sefardita; un'interpretazione diversa del rapporto fra arca, bimāh e ṭēvāh fra i sefarditi viene data da Narkiss (1992) - concepita come un pulpito su alte colonne e collocata al centro della s. o spostata verso il lato opposto all'arca. Quest'ultima consisteva in una nicchia rialzata rispetto al pavimento e chiusa da due ante. I sedili dei fedeli erano disposti lungo le tre pareti lasciate libere dall'arca; in alcune s. ci si sedeva su tappeti, secondo l'uso islamico, ma più spesso questi venivano appesi alle pareti. Nel sec. 13° l'impiego dei tappeti nelle s. venne comunque proibito.Lo stile gotico mudéjar raggiunge risultati di grande suggestione nei due maggiori monumenti spagnoli, costituiti dalle s. di Toledo. La prima, costruita nel 1203 e rinnovata nella seconda metà del sec. 13°, fu trasformata nella chiesa di Santa María la Blanca agli inizi del Quattrocento. Ha pianta basilicale, con cinque navate di altezza decrescente, ritmate da colonne ottagonali su cui si impostano (come nella s. maggiore di Segovia, od. chiesa del Corpus Christi) archi a ferro di cavallo, al di sopra dei quali l'intreccio della decorazione a stucco riprende l'ornato dei capitelli. La seconda s., oggi nota come El Tránsito, fu costruita nel 1357 come oratorio privato del tesoriere del re di Castiglia Pietro I il Crudele, Samuele Levi Abulafia; nel 1360 quest'ultimo fu imprigionato e torturato a morte per ordine del suo sovrano e la s. passò in proprietà della Chiesa, venendo assegnata nel 1492 all'Ordine di Calatrava. Preziosi stucchi policromi, che sfruttano anche, come nell'arte islamica, le potenzialità calligrafiche delle iscrizioni, ne rivestono le pareti, aperte in alto nelle loggette dei matronei. Il soffitto è di cedro, il pavimento era in origine a mosaico e le finestre sono chiuse da sottilissime lastre di alabastro. Molto decorata, a somiglianza di un miḥrāb, è anche la nicchia che serviva da arca.Gli stucchi mudéjares confermano l'importanza della s. di Córdova, rinnovata nel 1315, dopo che già alla metà del sec. 13° la sua magnificenza era tale da suscitare la preoccupazione di papa Innocenzo IV. Degna di nota è qui anche la collocazione della bimāh in una nicchia della parete prospiciente l'arca: una soluzione che precorre, e forse influenza, la sistemazione bifocale (arca e bimāh contrapposte) delle s. italiane.Nei paesi musulmani l'aspetto delle s. si avvicina a quello delle moschee (v.). L'esempio più indicativo è rappresentato dalla s. di Aleppo, costruita nel sec. 9° e distrutta nel 1947, simile alle s. del Cairo per la presenza del cortile colonnato interno, al centro del quale si trovava la bimāh. Caratteristiche comuni sono il pavimento ribassato (come in Europa centrale), la bimāh posta al centro e l'uso di sedere su panche allineate alle pareti, o, più spesso, su tappeti o stuoie. Le donne sedevano all'estremità dell'aula; ma nello Yemen potevano intravedere il servizio solo dall'esterno. L'aula sinagogale era scandita da archi impostati su colonne o pilastri.Notizie di grande interesse sulle s. orientali nel sec. 12° sono riportate nell'Itinerarium di Beniamino di Tudela. Il famoso viaggiatore ebreo descrive, per es., la grande s. di Baghdad, notevole per i divani alloggiati entro nicchie lungo le pareti, al coperto, mentre il centro dell'aula era a cielo aperto; in questa città l'uso di costruire s. estive scoperte e s. invernali coperte risaliva ai tempi del Talmūd.Delle due s. ricordate da Beniamino di Tudela ad al-Fusṭāṭ (Cairo), la prima esiste ancora. È quella detta 'dei figli di Israele', e più spesso 'del profeta Elia' o di Ben Ezra, o anche di Maimonide, dal nome del famoso studioso e filosofo (1135-1204) che qui pregava, e venne costruita nell'882 sui resti di una basilica copta. Alla fine dell'Ottocento, durante lavori di restauro, venne alla luce una stanza priva di porte, utilizzata per conservare, gettandole dentro da uno spioncino, tutte quelle carte che non erano più utilizzabili perché consunte, né eliminabili in altro modo perché contenevano il nome di Dio. Questo ambiente, chiamato gĕnīzāh, è abbastanza frequente nelle s., ma in questo caso si rivelò di importanza straordinaria, in quanto vi furono rinvenuti moltissimi manoscritti medievali, tra cui alcuni autografi di Maimonide. Un'altra s. medievale ancora esistente al Cairo è quella chiamata dei Caraiti.Il passaggio dei crociati in Palestina portò alla distruzione di quasi tutte le s. di quella regione. Nel 1267 il famoso rabbino spagnolo Ramban si trasferì a Gerusalemme e, trovato un bell'edificio in rovina, con una cupola sostenuta da quattro colonne, lo trasformò in s.; questo fu il solo luogo di culto ebraico funzionante a Gerusalemme fino alla fine del Medioevo. Alla fine del Cinquecento fu confiscato e ridotto a magazzino, ma dopo il 1967 è stato restaurato.La presenza ebraica in Italia durante il Medioevo ebbe caratteri di stabilità e floridità soprattutto nel Meridione, in Sicilia e in Sardegna. Da queste terre, però, con l'esclusione di Roma, gli ebrei cominciarono a emigrare fin dal sec. 14° e ne furono definitivamente cacciati tra la fine del Quattrocento e l'inizio del secolo successivo. Non esistono oggi in Italia s. costruite prima del sec. 16° e conservate come tali, ma si ipotizza, per es., che una casa dei primi del Mille a Roma, nel quartiere di Trastevere, fosse una s. (Galterio, 1994); lo stesso si suppone di un elegante edificio del sec. 13°-14° a Sermoneta, nel Lazio meridionale.Certa è invece la diretta o indiretta derivazione da edifici sinagogali di diverse chiese dell'Italia meridionale. È tale il caso di S. Caterina Spinacorona, poi S. Maria della Purificazione, a Napoli, e di Santa Croce a Cagliari. A Trani restano due delle tre s. un tempo esistenti: la chiesa Scolanova (che già nel nome tradisce la propria origine ebraica) e quella di S. Anna, costruita nel 1247 con una volta a cupola che all'esterno aveva forma esagonale.L'aspetto delle s. siciliane, assai simile a quello delle moschee, è spiegabile in diversi casi con l'adattamento a s. di luoghi di culto islamici. Emblematiche sono le vicende sia di Castroreale, dove la moschea divenne s. e fu poi inglobata nel convento di S. Maria degli Angeli, sia della Meschita di Palermo, forse una moschea donata agli ebrei da Federico II (Architettura Judaica, 1994, pp. 29-40).
Bibl.:
Fonti. - Beniamino di Tudela, Libro di viaggi, a cura di L. Minervini, Palermo 1989; C. Sigonio, De Republica Hebraeorum libri VII, Bologna 1583.
Letteratura critica. - R. Krautheimer, Mittelalterliche Synagogen, Berlin 1927; I. Levy, The Synagogue. Its History and Function, London 1947; F. Cantera Burgos, Sinagogas españolas, Madrid 1955; M. Levin, T. Kurtzband, The Story of the Synagogue, New York 1957; W.S. Seiferth, Synagoge und Kirche im Mittelalter, München 1964; J. Weingreen, The Origin of the Synagogue, Hermathena 98, 1964, pp. 68-84; H. Lamm, Synagogenbauten gestern und heute, Der Baumeister 63, 1966, 1, pp. 53-59; A. Kashtan, Synagogue Architecture of the Medieval and Preemancipation Periods, in Jewish Art, a cura di C. Roth, London 19712 (1961), pp. 103-117; R. Meier, s.v. Synagogue, in Enc. Jud., XV, 1971, coll. 579-629; G. Dehio, Handbuch der Deutschen Kunstdenkmäler, Rheinland-Pfalz Saarland, a cura di H. Caspary, W. Götz, E. Klinge, Berlin 1972, pp. 1023-1024; U. Kaploun, The Synagogue, Jerusalem 1973; J. Gutmann, The Synagogue: Studies in Origins, Archaeology and Architecture, New York 1975; B. De Breffny, The Synagogue, New York 1978; Judentum im Mittelalter, cat., Eisenstadt 1978; H. Rosenau, Vision of the Temple, London 1979; Ancient Synagogues Revealed, a cura di L.I. Levine, Jerusalem 1981; R. Wischnitzer, The Architecture of the European Synagogue, Philadelphia 1984; C.H. Krinsky, Synagogues of Europe, Architecture, History, Meaning, Cambridge (MA) 1985; G. Wigoder, The Story of the Synagogue. A Diaspora Museum Book, Jerusalem 1986; Die Architektur der Synagoge, a cura di H.P. Schwartz, cat., Frankfurt a.M. 1988; J. Peláez del Rosal, La Sinagoga, Córdoba 1988; Y. Assis, Synagogues in Mediaeval Spain, Jewish Art 18, 1992, pp. 6-29; B. Narkiss, The Heichal, Bimah, and Teivah in Sephardi Synagogues, ivi, pp. 30-47; Architettura Judaica in Italia: ebraismo, sito, memoria dei luoghi, Palermo 1994; P. Galterio, La presenza ebraica a Roma dalle origini all'impero. Sinagoghe, in Arte ebraica a Roma e nel Lazio, a cura di D. Di Castro, Roma 1994, pp. 10-22; L'art juif, a cura di G. Sed-Rajna, Paris 1995.