SINEDRIO (gr. συνέδριον; lat. synedrium)
Il valore molto ampio della parola che significa propriamente "consiglio" con particolare allusione al fatto che i componenti deliberano stando seduti (cfr. le espressioni italiane "assise", "seduta"), ne consente l'uso vario che incontriamo negli scrittori greci, i quali chiamano sinedrio la riunione di rappresentanti di città federate, di anfizioni, di giudici (l'Areopago), ecc., e similmente un alto consesso di popoli stranieri, come il senato romano, il senato di Cartagine, l'alta corte presso gli Ebrei, il consiglio privato dei sovrani ellenistici (predecessore del consilium dei generali e imperatori romani) o altra associazione anche di mestiere. Nell'ordinamento ateniese si chiamava sinedrio il collegio formato dal magistrato insieme con gli assessori (πάρεδροι) che gli era consentito di scegliere sulla sua responsabilità e che lo coadiuvavano nel disbrigo degli atti di sua competenza. Di tutti i magistrati ateniesi solo l'arconte, il re (βασιλεύς), e il polemarco erano assistiti dai πάρεδροι e componevano con essi il sinedrio.
Bibl.: v. paredri; e inoltre G. Corradi, Il sinedrio dei sovrani ellenistici, in Studi ellenistici, Torino 1929, p. 231 segg.; U. Kahrstedt e F. Poland, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., IV A, col. 1333 segg.
Il sinedrio giudaico. - Il vocabolo è passato in italiano in particolare come denominazione del supremo consiglio o senato della Giudea alla fine dell'età precristiana e all'inizio dell'età cristiana.
Quando sia stato primamente costituito un sinedrio a Gerusalemme non può dirsi con sicurezza. Il nome appare nelle fonti solo nell'età romana, ma evidentemente il senato che col nome di γερουσία ci è attestato già nell'età ellenistica, fin dal tempo di Antioco il Grande (223-187), e che probabilmente esisteva già, con altro nome, in età persiana, è in sostanza la stessa magistratura che sarà poi designata col nome di sinedrio. Quando nel 57 a. C. il proconsole romano di Siria Gabinio divise il territorio giudaico in cinque distretti governati ciascuno da un sinedrio (tale pare essere il senso della discussa espressione di Flavio Giuseppe), il sinedrio residente a Gerusalemme venne ad avere una giurisdizione territoriale assai più ristretta di prima. Ma le disposizioni di Cesare (47) ripristinarono lo stato di cose precedente, e il sinedrio di Gerusalemme tornò ad esercitare autorità su tutto il territorio giudaico. Lo troviamo da allora in poi più volte ricordato col nome di συνέδριον (talvolta anche con quelli di γερουσία, πρεσβυτέριον e βουλή) in Flavio Giuseppe e nel Nuovo Testamento. Con la distruzione di Gerusalemme nell'anno 70 esso cessò naturalmente di esistere.
I problemi relativi alla costituzione e alle attribuzioni del sinedrio sono assai complicati e sono stati risolti in modi assai diversi dai diversi studiosi che se ne sono occupati. Tale complicazione è dovuta, oltre che alle successive modificazioni che il sinedrio venne a subire nei diversi tempi, particolarmente alle divergenze fra le notizie sporadiche delle fonti greche e le notizie più ampie ma più tarde delle fonti ebraiche. Le più notevoli divergenze sono le seguenti: 1. che dalle notizie delle fonti greche risulta che facevano parte del sinedrio magnati del sacerdozio o ἀρκιερεῖς, dottori della legge o γραμματεῖς, e altri personaggi dell'aristocrazia, né sacerdoti né dottori, designati semplicemente con le denominazioni a tutti comuni di πρεσβύτεροι o βουλευταί (da altre denominazioni meno chiare possiamo prescindere), mentre secondo le fonti ebraiche il consesso designato con i nomi di Sanhedrīn (sinedrio), o Bētdīn (tribunale), o più spesso Sanhedrīn gĕdōlāh o Bēt-dīn ha-gādōl (Grande sinedrio o Grande tribunale, in contrapposto a simili consessi minori) era costituito esclusivamente da dottori della legge; 2. che secondo le fonti greche il presidente del sinedrio era il sommo sacerdote, mentre secondo le fonti ebraiche esso aveva alla sua testa due dottori, uno come presidente (nāsī, principe) e uno come vicepresidente (ab-bēt-dīn, capo del tribunale).
Secondo l'opinione più comunemente accettata i surriferiti dati delle fonti ebraiche non sono attendibili, e sono dovuti alla tendenza della tradizione ebraica a proiettare nell'antichità i caratteri che venne assumendo quell'accademia di dottori che dopo la distruzione dello stato ebraico fu, a Jamnia prima e in altre località palestinesi dipoi, la continuatrice dei precedenti consessi di Gerusalemme, e il cui presidente e vicepresidente vennero in processo di tempo ad assumere rispettivamente i titoli di nāsī e di ab-bēt-dīn. Alcuno invece (Büchler) ha supposto che siano da distinguere due diversi sinedrî, e che di solito le notizie delle fonti ebraiche non si riferiscano al συνέδριον dei testi greci, ma a un altro sinedrio, un consesso di dotti (tra i quali prevalevano ora i sadducei, ora i farisei, e infine, definitivamente, questi ultimi), che aveva la sua sede nel tempio, e le cui attribuzioni erano l'interpretazione ufficiale della legge religiosa e la sorveglianza sulla sua attuazione. La cosa è assai dubbia, per quanto, in un modo o in un altro, l'esistenza di un'accademia di dottori farisei avente autorità di deliberare circa l'interpretazione della legge religiosa debba certamente essere ammessa.
Se ci addentriamo nei più minuti particolari, quali la delimitazione della competenza del sinedrio, il numero dei suoi componenti, l'esistenza o meno di una giunta di dieci (δέκα πρῶτοι) in seno ad essa, l'ufficio dei parhedrīn o palhedrīn (πρόεδροι o πάρεδροι), la sede delle riunioni, e via dicendo, tutto ci appare incerto, soggetto a discussione, e difficilmente determinabile con sicurezza.
Pare si possa ritenere che, come l'antica γερουσία doveva, a quanto sembra, coadiuvare nel governo del paese il sommo sacerdote (con poteri più ristretti quando i sacerdoti Asmonei divennero sovrani), così nell'età romana i sinedrî di Gabinio e il sinedrio di Gerusalemme dopo la riforma di Cesare rappresentassero la suprema magistratura indigena, alla cui competenza spettavano, nella direzione della cosa pubblica e nell'amministrazione dei più alti gradi della giustizia, tutte quelle attribuzioni che l'autorità romana non riserbava per sé. Erode, che appena raggiunto il potere sovrano mise a morte i membri del sinedrio o i più di loro, creando un nuovo sinedrio a lui ligio, avrà certamente assai limitato il potere di questo; sembra inoltre che egli costituisse accanto ad esso un altro sinedrio di amici suoi, il consueto consilium dei sovrani ellenistici. Dopo la morte di Archelao figlio di Erode, il sinedrio di Gerusalemme, presieduto dal sommo sacerdote, avrà di nuovo riacquistato più vasti poteri, come consiglio governativo del paese e come supremo consesso giudicante.
Talvolta riferito alle accademie palestinesi posteriori alla distruzione di Gerusalemme, e in qualche caso anche alle accademie babilonesi, il nome di sinedrio o sanh edrīn ebbe poi un momento di reviviscenza anche nell'età moderna, quando Napoleone convocò a Parigi nel 1807 sotto questa denominazione un consesso di rabbini, con l'incarico particolarmente di definire i rapporti degli Ebrei con lo stato e con la popolazione non ebraica.
Bibl.: E. Schürer, Geschichte des jüdischen Volkes im Zeitalter Jesu Christi, 4ª ed., Lipsia 1907, pp. 237-267; J. Juster, Les juifs dans l'empire romain, Parigi 1914, I, pp. 400-402; II, pp. 128-145; G. F. Moore, Judaism in the first centuries of the Christian Era, Cambridge 1927-30, III, pp. 32-33; A. Momigliano, in Annali della R. Scuola Normale Sup. di Pisa (Lettere, storia e filosofia), s. 2ª, II, pp. 188, 190-91, 370-73; e la vastissima bibliografia di questi autori citata.