IBI, Sinibaldo
Nacque a Perugia intorno al 1475 da Ibo di Francesco. Ignorato da Vasari, è invece ampiamente documentato dagli storiografi locali (Mariotti, Orsini, Mezzanotte) che ne ricordano l'iscrizione al Collegio dell'arte di Porta S. Angelo verso la fine del secolo.
Nel 1496 con vari artisti, tra cui Berto di Giovanni ed Eusebio di Iacopo di Cristoforo (detto da San Giorgio), prese in affitto una bottega nella parrocchia di S. Maria del Mercato per stringere una società di pittura, nata con l'intento di contrastare la tendenza accentratrice della bottega del Perugino, che confinava molti artisti in città a ruoli subalterni e marginali.
Dati comuni tra i membri della società erano la mutua collaborazione nel lavoro e la partecipazione alla vita politica: Mariotti dagli Annali pubblici della città ricava che l'I. fu tra i cento consiglieri della città di Perugia, e fu più volte camerlengo dell'arte dei pittori (1512, 1523, 1527, 1535, 1540 e 1548). Documentate sono anche le sue stime di alcune pitture cittadine: nel 1512 con Fiorenzo di Lorenzo e Mariano di ser Austerio valutò la pittura dell'orologio pubblico eseguita da Giannicola di Paolo e Giovan Battista Caporali; due anni dopo, come ricordava Gnoli, con Berto di Giovanni espresse un parere favorevole su alcune pitture eseguite dal suo collega Lattanzio di Giovanni (quello stesso anno con Fiorenzo di Lorenzo fu anche arbitro in una vertenza in corso tra Eusebio e il convento di S. Agostino); nel 1527 e nel 1537 stimò pitture ancora, rispettivamente, di Giannicola di Paolo (insieme con Berto) e di Caporali (insieme con Eusebio).
La prima opera autonoma per cui egli viene ricordato dalle fonti è il gonfalone con sul verso la Madonna della Misericordia e sul rectoS. Ubaldo benedicente, firmato e datato 1503. Dipinto per la Confraternita della Madonna della Misericordia di Gubbio, e oggi nella pinacoteca cittadina, fu considerato da Gnoli l'opera migliore dell'artista. Vi si avverte direttamente, soprattutto nel colore, l'influsso del Perugino, che d'altro canto sarebbe rimasto costante nella sua produzione successiva.
Per Gubbio avrebbe lavorato di nuovo poco più tardi. Secondo Gnoli è databile al 1507 la Madonna in trono con il Bimbo tra i ss. Sebastiano e Ubaldo vescovo firmata e dipinta per la Compagnia dei Laici su commissione del cavaliere Gerolamo Bentivoglio, il cui nome compare nell'iscrizione. L'opera, oggi nel duomo della città, è stata giudicata dalla critica di qualità piuttosto mediocre: Venturi la metteva in rapporto con la Madonna di Nancy, attribuita ad Andrea d'Assisi.
L'I. avrebbe lavorato in seguito quasi esclusivamente per la sua città natale, e, in una prima fase, in collaborazione con altri membri della società artistica di cui faceva parte, che riceveva commissioni soprattutto dalle confraternite e dagli ordini religiosi cittadini. Una ricostruzione parziale dell'attività dell'I. è possibile grazie a un nucleo di opere conservate a Perugia nella Galleria nazionale dell'Umbria (ove si trovano, quando non altrimenti indicato, tutti i dipinti citati).
Agli esordi l'I. collaborò soprattutto con Eusebio da San Giorgio.
Dall'altare Oddi della chiesa di S. Agostino proviene l'Adorazione dei magi, datata 1505, la cui esecuzione spettò in larga parte a Eusebio, ma dove è stata individuata la mano dell'Ibi. A Eusebio si deve pure la Madonna con Bambino tra i ss. Pietro, Paolo, Caterina d'Alessandria e Agata, ancora dalla stessa chiesa. Commissionata nel 1506 e terminata, come indica la data scritta sul primo gradino dell'altare, nel 1509, vi compare la sigla "L.A.S.I.", interpretata da Gnoli come l'unione delle iniziali dei due soci e probabili collaboratori nell'esecuzione del dipinto: l'I., appunto, e Ludovico d'Angelo.
Nel 1508 la Confraternita di S. Agostino commissionò all'I. e a Berto di Giovanni una tavola destinata al proprio oratorio e non più in situ, raffigurante la Madonna con il Bambino in trono tra i ss. Agostino e Sebastiano.
Nella tavola, datata 1510 e variamente attribuita ai membri della scuola del Perugino, la mano dell'I. andrebbe individuata nella goffa figura di s. Sebastiano, mentre a Berto spetterebbero s. Agostino e la Vergine. Mancini ha sottolineato numerosi punti di contatto tra la tavola e l'affresco con la Crocifissione sulla parete di fondo dell'oratorio (attribuito in passato al giovane Raffaello) probabilmente concepiti all'interno di un medesimo programma iconografico centrato sulla Passione di Cristo.
Sono databili al 1508-10 le due tavole raffiguranti S. Sebastiano e S. Rocco, usate forse come sportelli in una grande macchina d'altare, conservate in origine nell'oratorio della Confraternita di S. Benedetto in Porta Sole.
Ascritte all'I. o a Eusebio, non sono ricordate da Gnoli; Orsini le considerava autografe del Perugino e già parte della struttura originaria della Madonna degli alberelli di Eusebio (Perugia, Galleria nazionale dell'Umbria). Ulteriore opera di collaborazione con Eusebio è forse la tavola con i Ss. Antonio Abate, Francesco e Bernardino da Siena, datata 1513 e proveniente dalla chiesa di S. Francesco al Prato.
Dopo questa prima fase, l'I. cominciò a ottenere con maggiore regolarità commissioni autonome. Nel 1512 lavorò allo stendardo della Confraternita di S. Antonio Abate, firmato sul retro. L'opera, di qualità superiore rispetto alle altre, è stata accostata da Gnoli allo stendardino di S. Agostino del Pinturicchio, cui rimanda l'arcaica decorazione del fondo, a piccole formelle dorate. Nei personaggi inginocchiati ai lati del santo vanno individuati forse i due membri della Confraternita, citati nell'iscrizione posta sul retro ("Mariocti de Puteis et Antonii Cristofori"). Nel 1515 Antonio e Bernardino Catrani gli commissionarono per il loro altare nella chiesa di S. Fiorenzo in Porta Sole una Vergine con santi, identificata con la tavola passata con le demanializzazioni napoleoniche del 1810 all'Accademia di belle arti e poi alla Galleria nazionale (inv. n. 357). Nel gradino del trono della Madonna si leggeva la firma "Sinibaldus", non più individuabile.
Nella sacrestia della basilica di S. Francesca Romana a Roma si conserva una Madonna in trono tra santi ricordata dagli storiografi perugini. Mariotti riferisce che essa fu commissionata all'I. nel 1524 per la chiesa di S. Secondo all'Isola Polvese al Trasimeno e poi trasferita nel monastero di S. Antonio Abate in Porta Sole per iniziativa di Michelangelo Belforti, autore dello sfortunato restauro, con vernici che hanno scurito e screpolato la superficie.
Nel 1527 firmò un contratto con il procuratore dell'ospedale del Collegio dei notari di Perugia, impegnandosi a eseguire per la loro cappella un'Annunciazione, spostata in seguito nella sala d'udienza del palazzetto dei Notai in piazza Grande, e infine concessa nel 1863 all'Accademia (oggi è conservata nei magazzini della soprintendenza ai Monumenti).
Nel 1543 Luca Alberto Podiani, medico e letterato, commissionò all'artista una tavola raffigurante la Madonna con il Bambino tra i ss. Antonio da Padova e Leonardo, trasferita dalla casa della famiglia nel convento di S. Francesco al Monte, poi giunta nell'Ottocento nella quadreria dell'Accademia e infine in Galleria nazionale. In quest'opera tarda l'artista dimostra di aver raccolto l'eredità raffaellesca, pur restando fedele agli schemi perugineschi.
Oltre alle opere citate, all'I. vengono attribuite (La pittura in Umbria) anche la Madonna in trono con il Bambino tra santi conservata nella canonica della chiesa parrocchiale di Pierantonio, forse eseguita con la collaborazione di Giannicola di Paolo, sulla quale ha pesato un intervento di restauro, e la tavola in S. Bernardino a Orvieto, raffigurante sempre la Vergine con il Bambino e santi. Per altre attribuzioni non documentate dalle fonti si rimanda a Todini.
L'I. morì a Perugia dopo il 1548: a quest'anno, infatti, risale l'ultima notizia a lui relativa (riguarda la sua carica di camerlengo).
Fonti e Bibl.: A. Mariotti, Lettere pittoriche perugine al sig. B. Orsini, Perugia 1788, pp. 202-205; B. Orsini, Vita, elogio e memorie dell'egregio pittore Pietro Perugino e degli scolari di esso, Perugia 1804, pp. 284-287; A. Mezzanotte, Della vita e delle opere di Pietro Perugino, Perugia 1836, pp. 280-284; A. Venturi, Storia dell'arte italiana, VII, 2, Milano 1913, pp. 720-722; U. Gnoli, Pittori e miniatori nell'Umbria, Spoleto 1923, pp. 321-323; C. Gamba, Pittura umbra del Rinascimento, Novara 1949, p. XXXVIII; F. Gualdi, Contributi a Berto di Giovanni, pittore perugino, in Commentari, XII (1961), pp. 253-267; Pittura in Umbria tra il 1480 e il 1540 (catal.), Milano 1983, ad indicem; F. Santi, Galleria nazionale dell'Umbria. Dipinti, sculture e oggetti dei secoli XV-XVI, Roma 1985, pp. 154-158; S. Magliani, in La pittura in Italia. Il Cinquecento, II, Milano 1988, p. 741; F. Todini, La pittura umbra dal Duecento al primo Cinquecento, Milano 1989, I, pp. 89 s.; II, pp. 585-588; F.F. Mancini, Un episodio di normale routine: l'affresco cinquecentesco di S. Agostino a Perugia, in Commentari d'arte, 1995, n. 1, pp. 29-48; D. Franklin, For S. I. in Sansepolcro: a new painting and a new document, in Studi di storia dell'arte, 1998, n. 9, pp. 315-321; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XVIII, pp. 452 s.