SINISTRA
. Termine generico usato nel sistema parlamentare per indicare i partiti progressisti e democratici. In Italia acquistò fin dal Risorgimento un significato concreto e designò il partito democratico, che, sorto nel '48 nel parlamento subalpino e capeggiato dapprima dal Gioberti, era inteso a difendere e rassodare il nuovo regime e a combattere ad oltranza l'Austria. Tuttavia ben presto il problema dominante dell'indipendenza e dell'unità finì per mettere in seconda linea le differenze di programma politico-sociali e pose in luce soltanto differenze di metodo.
Così in Piemonte la Sinistra, col rafforzarsi del sistema parlamentare, si allontanò gradatamente dalla democrazia pura e si divise in un Centro sinistro, capeggiato dal Rattazzi, unitosi a Cavour col connubio (1852), e in una Sinistra, condotta dal Valerio e dal Brofferio, che rimase all'opposizione. Anche nel decennio dal '60 al '70 gl'ideali democratici restarono teorici e persero ancora di efficacia per mancanza di forte spirito di opposizione contro un governo costituzionale e liberale. Agirono invece concretamente differenze di metodo: il partito d'azione o garibaldino si oppose ai moderati nei problemi di Venezia e di Roma. Nel Centro sinistro il Rattazzi con l'elemento piemontese rappresentava un collegamento. Ma lentamente anche gl'ideali si modificano: gli uomini di Sinistra s'inseriscono a poco a poco nella nuova realtà costituzionale e abbandonano molte pregiudiziali ultrademocratiche o repubblicane.
Contemporaneamente i termini della lotta politica si mutano: compiuta l'unità, nuovi problemi politici e sociali s'impongono; un avviamento democratico sembra inevitabile. Uomini nuovi, venuti di recente in parlamento, premono in questo senso; uomini di Destra, come il De Sanctis, passano alla Sinistra. Si forma così un nuovo partito, la Sinistra giovane, che si contrappone alla Sinistra storica del Risorgimento.
Questo partito, democratico ma sostanzialmente costituzionale, dopo il '70 lottò aspramente con la Destra sfruttando il malcontento causato dalla politica finanziaria, mobilitando tutti i gruppi e gl'interessi, specialmente meridionali, che si agitavano contro il governo. Si giunse così, il 18 marzo 1876, alle dimissioni del ministero Minghetti. La Sinistra andava al potere col Depretis (la cosiddetta rivoluzione parlamentare). Essa non poté tuttavia realizzare subito le promesse riforme, costretta come fu dalle circostanze a continuare il sistema della Destra. D'altra parte l'intromissione violenta del partito nell'amministrazione, i favoritismi e l'influenza delle clientele elettorali ingenerarono molto pessimismo. Tuttavia la Sinistra poté operare lentamente varie riforme: nel 1880 con l'abolizione della tassa sul macinato si ebbe un reale alleggerimento fiscale; si aumentarono le spese per i lavori pubblici; un limitato protezionismo avvantaggiò la grande industria nascente; strati più ampî di popolo entrarono nella vita pubblica con l'allargamento del suffragio elettorale nel 1882. Frattanto le lotte fra i varî gruppi rendevano quanto mai instabili i ministeri; Depretis, Cairoli, Crispi, Zanardelli, Nicotera e gli altri capi si combattevano e si accordavano a vicenda volta a volta. La necessità di avere una larga base parlamentare e l'impossibilità di trovarla nel proprio partito spinse allora il Depretis a iniziare la pratica del trasformismo, chiamando a collaborare ai suoi ministeri uomini di Destra e di Sinistra.
Era la fine del sistema rigido dei due partiti contrapposti. Dopo il 1885 Destra e Sinistra cessarono di essere entità concrete e tornarono ad avere un significato generico. Dopo il'90 si tornò a parlare di una Sinistra giovane, ma si trattava del partito radicale. Ormai di fronte al nuovo aspetto della vita politica italiana, modificato dalla questione sociale, il termine Sinistra apparve vuoto di contenuto e fu presto abbandonato.
Bibl.: C. Maraldi, Il partito democratico subalpino, in Rassegna storica del Risorgimento, 1931; R. De Mattei, Il problema della democrazia dopo l'unità, Roma 1934.