sintagma preposizionale
Il sintagma preposizionale è un sintagma (➔ sintagma, tipi di) composto da una preposizione (che fa da testa del sintagma; ➔ preposizioni) e da un elemento da essa retto (➔ reggenza). Spesso questo elemento, detto complemento del sintagma, è un ➔ sintagma nominale, ma può essere anche di altra natura.
Nella frase il sintagma preposizionale può assumere diverse funzioni sintattiche, e spesso la scelta della preposizione segnala la funzione sintattica del sintagma preposizionale. Allo stesso tempo va ricordato che la singola preposizione può svolgere più funzioni ed esprimere relazioni del tutto diverse.
La struttura del sintagma preposizionale è meno complessa di quella di altri sintagmi, che possono ammettere più complementi e uno o più specificatori, sia perché il numero delle preposizioni è più limitato di quello di altre categorie lessicali (quali ➔ nomi, ➔ verbi e ➔ aggettivi) sia perché le preposizioni ammettono un unico complemento.
Il sintagma preposizionale è esocentrico: in esso, cioè, la testa e l’elemento retto si presuppongono a vicenda, cosicché il sintagma non si può ridurre alla sola testa, a differenza per es. del sintagma nominale, che è riducibile al solo nome. Le preposizioni reggono un unico complemento, quindi non possono essere bivalenti o trivalenti come accade, ad es., per i verbi.
Come testa di un sintagma preposizionale troviamo diversi tipi di preposizioni. Si distinguono:
(a) preposizioni proprie o primarie: di, a, da, in, con, su, per, tra e fra;
(b) preposizioni improprie o secondarie, come dietro e avanti;
(c) locuzioni preposizionali, come in luogo di, in funzione di, accanto a, di fronte a, fino a, vicino a (➔ preposizionali, locuzioni).
Le preposizioni proprie italiane, che generalmente derivano da preposizioni latine, hanno scarso contenuto semantico intrinseco, mentre le preposizioni improprie e le locuzioni preposizionali sono semanticamente più pesanti.
Per le preposizioni proprie (o primarie) la reggenza è obbligatoria; insieme al loro complemento costituiscono sempre un sintagma preposizionale. Si tratta di preposizioni a semantica ‘leggera’ e rientranti fra le 20 parole più usate della lingua; di, la preposizione propria dalla semantica più leggera, è anche la più frequente (cfr. LIP 1993). Sei tra queste (di, a, da, in, con e per) non possono combinarsi fra loro, mentre su, tra e fra possono combinarsi con di, come accade spesso (se pure non sempre obbligatoriamente) davanti a un pronome personale: tra di loro, su di me.
Fra le preposizioni proprie, su costituisce un caso particolare: ha tutte le caratteristiche delle preposizioni proprie, ma anche la caratteristica delle improprie, cioè l’uso avverbiale: è andato su (➔ sintagmatici, verbi). Come altri usi particolari o di eccezione troviamo in in funzione di avverbio nelle locuzioni anglicizzanti essere ‘in’ e fare ‘in’, e con con ellissi di reggenza negli esempi due con e quattro con, come denominazioni di imbarcazioni con timoniere. Anche nelle espressioni colloquiali sto / stavo per si può parlare di ellissi della reggenza, con la funzione di sottolineare l’aspetto dell’azione espressa da un verbo già usato in precedenza, magari con altra forma tensiva.
Si hanno poi preposizioni improprie o secondarie, con un contenuto semantico più esplicito, che, oltre alla funzione di preposizione, svolgono anche altre funzioni, tipicamente quella di avverbio, e sono usate in tal caso senza complemento: sopra, sotto, davanti, dopo, dietro, presso, lungo, durante, mediante. Analogamente alla distinzione fra verbi transitivi e verbi intransitivi (➔ transitivi e intransitivi, verbi), si può anche parlare di una distinzione fra preposizioni usate transitivamente o intransitivamente (cfr. Graffi 1994: 47; Salvi & Vanelli 2004: 173): nell’uso transitivo (ci vediamo dopo pranzo; stare sotto un albero) esse fanno da testa a un sintagma preposizionale; mentre nell’uso intransitivo (ci vediamo dopo; sopra c’è la casa, sotto c’è il garage), senza complementi, costituiscono un sintagma avverbiale.
Un terzo raggruppamento è quello delle cosiddette locuzioni preposizionali, costituite da più elementi:
(a) due preposizioni: dietro a, fuori di;
(b) avverbio e preposizione: insieme con, prima di, invece di;
(c) la sequenza Preposizione + Nome + Preposizione: per via di, in base a.
Avverbi focalizzatori come anche, perfino, proprio, quasi, soltanto e solo possono precedere la preposizione testa del sintagma, funzionando come modificatori/specificatori del sintagma preposizionale (➔ intensificatori):
(1) non so se riuscirò a rispondere proprio a questa domanda (LIP: FD15)
(2) si è ripreso solo da qualche settimana (LIP: FE18)
In alcuni casi il sintagma preposizionale può anche essere specificato da avverbi di grado e di quantità:
(3) quando mi metto a scrivere, mi sento straordinariamente a mio agio (Ginzburg 1962: 73)
(4) poi credo che la perdita di un figlio sia la cosa più contro natura di questo mondo (www.gazzetta.it).
Il modificatore dopo la preposizione, in qualità di complemento, è obbligatorio. A differenza di altre categorie lessicali (come verbi e nomi), la preposizione regge un solo complemento, costituito tipicamente, ma non esclusivamente, da un sintagma nominale (in quanto con alcune preposizioni sono possibili anche altre strutture).
Pur avendo un proprio significato di base, spesso le preposizioni prendono significato secondo il tipo di reggenza, cioè in dipendenza dal contesto. Si hanno quindi i seguenti casi principali:
(a) sintagma preposizionale reggente sintagma nominale:
(5) Una gallina imprudente rimase con una zampa dentro una trappola per i topi e non riusciva a liberarsi (Malerba 1980: 69)
(6) In realtà la differenza è solo apparente (Ginzburg 1962: 121)
(b) sintagma preposizionale reggente sintagma aggettivale:
(7) Non c’era niente di eccitante in tutto questo, ve lo posso garantire (Maggiani 1995: 70)
(8) do per scontato la conoscenza del testo della legge (LIP: FD5)
(c) sintagma preposizionale reggente pronome:
(9) Quello che allora scrivo lo devo cercare faticosamente fuori di me (Ginzburg 1962: 73)
(10) Una di loro andò fino alla conigliera (Malerba 1980: 6)
(d) sintagma preposizionale reggente frase infinitiva (➔ infinitive, frasi):
(11) Il prete andò a lamentarsi dalla padrona (Malerba 1980: 6)
(12) La più furba propose di andare a cercare un posto più tranquillo (Malerba 1980: 3)
(e) sintagma preposizionale reggente frase con verbo di modo finito:
(13) Da quando l’uomo si era messo a mangiare la crusca (Malerba 1980: 28)
(14) non molto lontano da dove era nata (Maggiani 1995: 242)
(f) sintagma preposizionale reggente un avverbio:
(15) Entrano di qua e escono di là (LIP: MB12)
(16) Senti te lo volevo chiedere già da ieri ti volevo telefonare (LIP: MA2)
(g) sintagma preposizionale reggente un altro sintagma preposizionale:
(17) Allora adesso mettiamo il quaderno rosso sotto al banco (LIP: MD1)
(18) Pigliavamo l’acqua da sotto il rubinetto (LIP: ND13).
Molti elementi nella frase sono introdotti da preposizioni, che servono appunto a stabilire rapporti sintattici tra i costituenti. Le preposizioni semanticamente più leggere servono spesso solo a indicare l’esistenza di una relazione, mentre le altre indicano anche il tipo di relazione.
Molto spesso il sintagma preposizionale è un complemento (➔ complementi) che serve a modificare la testa di un altro sintagma, e tipicamente è il sintagma preposizionale a modificare un sintagma nominale: i libri dello studente. Ma come risulta dalla rassegna qui sotto, i sintagmi preposizionali possono modificare praticamente tutte le categorie lessicali: verbi, nomi, aggettivi, pronomi, avverbi, perfino una preposizione (fra di loro), ma non i ➔ clitici, che a loro volta possono sostituire un intero sintagma preposizionale e sono sempre elementi di un sintagma verbale.
I verbi possono essere modificati da complementi costituiti da vari tipi di sintagmi preposizionali. In alcuni casi la preposizione indica un solo tipo di complemento, ma allo stesso tempo la maggior parte delle preposizioni serve a introdurre più tipi di complemento.
Sintagmi preposizionali possono fare parte di un sintagma verbale, o come argomento (➔ argomenti) governato dal verbo o come elemento avverbiale, tutti e due fondamentali per il senso compiuto della frase.
3.1.1 Complemento diretto. Il complemento diretto (➔ oggetto) è di regola costruito senza preposizione, anche se si trovano sintagmi preposizionali con frase infinitiva (➔ infinitive, frasi; ➔ completive, frasi) come complemento diretto:
(19) Un’amica le consigliò di andare nella tana della volpe (Malerba 1980: 98)
(20) Una gallina calabrese decise di diventare mafiosa (Malerba 1980: 88)
In tali casi la preposizione può essere considerata come l’introduttore dell’infinito e non come testa del sintagma preposizionale come nei casi di complementi indiretti (v. sotto). Le frasi infinitive introdotte da di si dividono in due gruppi (cfr. Skytte, Salvi & Manzini 1991): quelle che rappresentano il complemento oggetto diretto (come in 19 e 20) e quelle che rappresentano un complemento indiretto (29). Infatti la possibilità di pronominalizzare di + infinito con lo (19: un’amica glielo consigliò; 20: una gallina calabrese lo decise) e non con ne (come in 64), mostra che non si tratta da un vero sintagma preposizionale.
Anche frasi infinitive con a possono avere la funzione di complemento diretto (➔ fraseologici, verbi):
(21) Avevo appena incominciato a studiare ingegneria (Maggiani 1995: 23)
(22) Di quelli che abbiamo imparato a conoscere attraverso eh immagini (LIP: MD17).
3.1.2 Complemento predicativo. Di solito il complemento predicativo (➔ predicativo, complemento) non è introdotto da preposizione, ma in certi casi troviamo complementi predicativi sia del soggetto che dell’oggetto costituiti da sintagma preposizionale:
(23) però passava per un professore indulgente (www.lastampa.it).
3.1.3 Complemento indiretto. I complementi indiretti sono costruiti con preposizione, costituiti cioè da sintagmi preposizionali. Ne esiste una molteplicità di tipi, di cui si elencano qui solo alcuni. In certi casi c’è corrispondenza fra scelta di preposizione e tipo di complemento, in altri lo stesso complemento può essere espresso attraverso una molteplicità di preposizioni.
Il complemento di termine è sempre retto dalla preposizione a:
(24) Non lo disse a nessuno, nemmeno alle sue migliori amiche perché si vergognava (Malerba 1980: 40)
(25) E mia madre vendeva quel pane straniero agli italiani (Maggiani 1995: 21)
Il complemento di agente (e di causa efficiente) è retto dalla preposizione da o dalla locuzione preposizionale da parte di:
(26) Era stato appunto ucciso da una di queste squadracce eh fasciste (LIP: FD1)
(27) Ecco da dove nasce l’errore di calcolo che è stato fatto da chi ha voluto per forza questa guerra (LIP: MC2)
In altri casi la scelta è determinata dalla valenza del verbo reggente:
(28) Una gallina giovane e inesperta si era innamorata di un coniglio (Malerba 1980: 40)
(29) Uno che è stato sempre abituato a essere indipendente (LIP: RA1)
Elenchiamo altri esempi di complemento non classificati:
(30) Una gallina bugiarda si alzò una mattina lamentandosi per il gran male di denti (Malerba 1980: 80)
(31) Si grattava la testa con la zampa (Malerba 1980: 3)
(32) Corse dalle sue compagne (Malerba 1980: 96)
(33) Un giorno dal pollaio si sentì ragliare un asino (Malerba 1980: 91)
(34) Questo è il mio mestiere, e io lo farò fino alla morte (Ginzburg 1962: 74).
Esistono più modi di modificazione di un nome da parte del sintagma preposizionale, nel senso che all’interno del sintagma nominale troviamo sintagmi preposizionali con differenti funzioni a seconda della preposizione.
La più frequente, di, introduce complementi che servono a modificare un soggetto o un oggetto diretto. Questi elementi valenziali del nome (spesso un nome deverbale; ➔ deverbali, nomi) sono sempre costituiti da sintagmi preposizionali, secondo la struttura Nome + Preposizione + Nome. Si trovano sintagmi preposizionali integrati nel soggetto:
(35) Anche lui però aspettava il ritorno del figlio [= che il figlio tornasse] (Calvino 1963: 59)
(36) La telefonata di quel giovinotto Roberto appunto era eh sulla linea tre (LIP: FE6)
In esempi di questo tipo spesso si trovano corrispondenze fra sintagma nominale e sintagmi preposizionali da una parte e sintagma nominale e sintagma verbale dall’altra, nel senso che gli esempi (35) e (36) corrispondono alle frasi: il figlio ritorna e Roberto telefona.
Si trova un uso equivalente di sintagmi preposizionali integrati nel complemento oggetto diretto:
(37) E la raccolta dei foglietti diventò tanto metodica (Calvino 1963: 107)
(38) Il suo desiderio di libertà non aveva larghi orizzonti (Calvino 1963: 68)
cui corrispondono le frasi: raccoglie i foglietti e desidera la libertà.
Sintagmi di questo tipo sono talvolta ambigui: l’amore della madre può significare sia l’amore che la madre ha verso i suoi figli, sia l’amore che i figli hanno verso la madre, ed è necessario un contesto per poterne capire il significato (➔ nominalizzazioni).
Anche con altre preposizioni si trovano ➔ argomenti di nomi:
(39) Questi crispielli li troviamo adoperati dal grande giurista e giureconsulto Nicola Trapasso nella sua perfetta stupenda traduzione in dialetto napoletano della Iliade (LIP: NE14)
(40) La sua nomina a senatore a vita rappresenterebbe un messaggio importante per il nostro Paese (www.utopie.it)
Oltre a questi usi, ne esistono anche altri, anzitutto con di e da, che non equivalgono a complementi del verbo. Un uso molto frequente della preposizione di è per esprimere vari complementi di specificazione, ad es. una relazione di possesso:
(41) Poco distante c’era il camion della nettezza urbana che va la notte a vuotare i tombini dei rifiuti (Calvino 1963: 19)
(42) Era un pezzo di carta molto antico (Maggiani 1995: 114)
Sempre in dipendenza da nomi, anche sintagmi preposizionali con da come testa rientrano a formare complementi di differenti tipi:
(43) Esistono una molteplicità di forme diverse di bicchieri da vino (www.vinostore.it)
(44) c’è chi fa la stessa proposta per le lotterie no anziché un premio da cinque miliardi (LIP: ME7).
Anche alcuni tipi di ➔ pronomi che costituiscono la testa di un sintagma nominale in cui è omesso il nome possono essere modificati da un sintagma preposizionale:
(45) Il mio mestiere è quello di scrivere (Ginzburg 1962: 73)
(46) Chi di noi è stato perseguitato non ritroverà mai più la pace (Ginzburg 1962: 69)
(47) Nella nostra cucina nasceva sempre qualcosa di straordinariamente buono (Maggiani 1995: 21).
Si trovano anche sintagmi preposizionali in veste di complemento di aggettivo, in funzione sia attributiva che predicativa; l’aggettivo attributivo solo in posizione postnominale.
Molti sintagmi aggettivali hanno sintagmi preposizionali come complementi valenziali: stanco di vivere, deciso a partire, difficile da capire, adatto a correre:
(48) Una gallina paurosa vide una camicia stesa ad asciugare (Malerba 1980: 96)
(49) Aveva questo Marcovaldo un occhio poco adatto alla vita di città (Calvino 1963: 149)
Anche aggettivi in funzione predicativa possono reggere un complemento:
(50) Una gallina umbra era convinta di avere il profilo etrusco (Malerba 1980: 4)
(51) Sono molto contenta di questo mestiere (Ginzburg 1962: 74).
Esistono anche avverbi che ammettono un sintagma preposizionale come complemento:
(52) il suo modo di agire diversamente da quello che comunemente il mondo fa (LIP: RD16)
(53) dico di questa assemblea che non ha carattere unitario contrariamente a quello che di solito si usa qui (LIP: FC4)
Infatti, in molte locuzioni preposizionali (vedi sopra) la preposizione + reggenza può essere interpretata come modificatore di un avverbio, ad es. insieme con, invece di.
Il sintagma preposizionale, tipicamente un complemento di luogo (come in 54) o di tempo (come in 55-56), può anche assumere la funzione di avverbiale di frase. In tal caso si tratta di elementi facoltativi non necessari per dare alla frase un senso compiuto, e, funzionando come elementi parentetici, possono occorrere in posizione iniziale, interna o finale:
(54) Nel pollaio si accese una discussione se fosse più bella l’alba o il tramonto (Malerba 1980: 73)
(55) Una gallina ingegnosa aveva, in tempi molto lontani, inventato la ruota (Malerba 1980: 60)
(56) Sotto il fascismo gli squadristi non gli avevano fatto un baffo, perché di giorno lui dormiva e di notte dormivano loro (Maggiani 1995: 19).
Anche nella formazione di parole composte si trovano esempi che sono originariamente dei sintagmi preposizionali, come nel caso dei sostantivi sottotitolo, soprammobile e senzatetto, e dei verbi contraccambiare e frammettere. In altri casi si può parlare di ellissi della preposizione: caposquadra ← capo della squadra e capostazione ← capo della stazione (➔ composizione). Anche in alcune unità polirematiche come busta paga, monte ore e listino prezzi la preposizione è omessa (➔ polirematiche, parole).
Esistono poi espressioni idiomatiche (➔ modi di dire) che si presentano come sintagmi preposizionali cristallizzati lessicalizzati (➔ lessicalizzazione), con funzioni diverse, di tipo attributivo o avverbiale o misto: a briglia sciolta (correre a briglia sciolta), a voce alta, col cuore in gola, a piene mani; di bell’aspetto (una persona di bell’aspetto), di guardia (montare di guardia, uomo di guardia). In italiano queste locuzioni sono migliaia e non ancora interamente conosciute. Nell’elenco delle 1933 polirematiche presenti nel LIP (LIP: 532-540) numerose sono infatti lessicalizzazioni di sintagmi preposizionali. Fra le più frequenti elenchiamo: d’accordo, per cento, in effetti, per esempio, senz’altro, tra l’altro, al di là di, a parte che, d’altra parte, in quanto e a volte. Nella maggior parte delle occorrenze nel corpus questi lessemi complessi sono usati con funzione avverbiale come in (57), ma troviamo anche esempi con funzione nominale (58), attributiva (59) e congiunzionale (60):
(57) in effetti tra l’altro viene la depressione (LIP: FB12)
(58) così controlliamo gli esami al cento per cento ci son tutti (LIP: MA18)
(59) da questo punto di vista hai trovato una persona molto alla mano (LIP: MB30)
(60) a parte che c’è il nome no non c’è il numero di pagina (LIP: MA28)
Anche l’articolo ➔ partitivo è morfologicamente una preposizione articolata in cui di ha perso parzialmente il valore di preposizione (prendo dei funghi). Quando svolgono la funzione di quantificatore (➔ quantificatori) per indicare una quantità generica, le preposizioni articolate di + articolo sono considerate articoli partitivi, come ‘plurale’ dell’➔articolo indeterminativo (➔ sintassi). L’incompatibilità con aggettivi di quantità (parecchi, vari, alcuni) ne conferma la funzione di quantificatori. Un sintagma nominale introdotto dall’articolo partitivo può essere retto da qualunque preposizione, a esclusione di di:
(61) E ho sempre l’impressione di truffare il prossimo con delle parole prese a prestito o rubacchiate qua e là (Ginzburg 1962: 73-74)
(62) Comunque non è detto che preparare per qualcun altro porti sempre e soltanto a degli sprechi (Maggiani 1995: 13-14).
Nelle lingue con il sistema dei casi le funzioni delle preposizioni sono svolte in parte o in tutto dalle desinenze dei casi. Il latino classico aveva un sistema misto, mentre l’italiano come la maggior parte delle altre lingue romanze (il romeno ha conservato genitivo, dativo e vocativo) ha eliminato i casi (se pure con residui nel paradigma dei pronomi personali) e sviluppato l’uso delle preposizioni (➔ latino e italiano; ➔ lingue romanze e italiano).
In prospettiva diacronica, spesso i sintagmi preposizionali vanno a sostituire sintagmi nominali con desinenze di caso: ad es., un sintagma preposizionale con a come testa sostituisce il dativo; uno con di come testa il genitivo. Alcuni pronomi (chiamati da taluni prosintagmi) servono infatti a pronominalizzare non solo sintagmi nominali, ma interi sintagmi preposizionali, come nel caso dei pronomi personali dativi che sostituiscono a + reggenza (do il libro a Pietro → gli do il libro) o degli avverbi clitici (➔ clitici) ci e ne che sostituiscono rispettivamente a / in + reggenza, e di / da + reggenza:
(63) Io, a dire la verità, ai biglietti della fortuna non ci ho mai creduto (Maggiani 1995: 266)
(64) Anche se certamente dell’Italia ne parlava con i suoi amici fuoriusciti (Maggiani 1995: 22)
(65) E a spellarlo non ci penso neanche (Calvino 1963: 66).
Calvino, Italo (1963), Marcovaldo ovvero le stagioni in città, Torino, Einaudi.
Ginzburg, Natalia (1962), Le piccole virtù, Torino, Einaudi.
LIP (1993) = De Mauro, Tullio et al. (a cura di), Lessico di frequenza dell’italiano parlato, Milano, ETAS libri (http://badip.uni-graz.at).
Maggiani, Maurizio (1995), Il coraggio del pettirosso, Milano, Feltrinelli.
Malerba, Luigi (1980), Le galline pensierose, Torino, Einaudi.
Graffi, Giorgio (1994), Sintassi, Bologna, il Mulino.
Salvi, Giampaolo & Vanelli, Laura (2004), Nuova grammatica italiana, Bologna, il Mulino.
Skytte, Gunver, Salvi, Giampaolo & Manzini, M. Rita (1991), Frasi subordinate all’infinito, in Grande grammatica italiana di consultazione, a cura di L. Renzi, G. Salvi & A. Cardinaletti, Bologna, il Mulino, 1988-1995, 3 voll., vol. 2º (I sintagmi verbale, aggettivale, avverbiale; la subordinazione), pp. 483-569.