PRESSIONE, Sintesi sotto
(App. III, II, p. 477)
Con il termine ''sintesi'' può essere denominata la maggior parte dei processi di trasformazione chimica che portano a un prodotto finale ben definito a partire da più composti chimici o elementi. Generalmente in queste reazioni chimiche il numero di specie reagenti è maggiore di quello delle specie che costituiscono i prodotti della reazione, come effetto di una combinazione dei reagenti, e la loro conduzione è favorita da un'elevata pressione.
L'analisi delle linee di sviluppo della conduzione industriale delle reazioni chimiche sotto alta p. durante gli ultimi decenni rivela l'esistenza di due tendenze opposte. Da una parte alcuni processi catalitici eterogenei in fase gassosa che, normalmente e tradizionalmente, venivano condotti sotto p., in qualche caso anche molto elevata, possono essere sostituiti con successo da processi a bassa pressione.
Tipici esempi sono costituiti dalla ossosintesi (produzione di aldeidi, alcoli e chetoni da idrocarburi non saturi, ossido di carbonio e idrogeno), dalla sintesi del metanolo e per certi versi anche dalla sintesi dell'ammoniaca. Per es., il processo per la produzione del metanolo per idrogenazione dell'ossido di carbonio può essere condotto: a) sotto alta p. (300÷350 atm) e 325÷375 °C su catalizzatori a base di zinco e cromo secondo un processo industrializzato già negli anni Venti dalla società tedesca BASF; b) sotto bassa p. (50÷100 atm) e 270÷300 °C su catalizzatori a base di rame, zinco, alluminio o cromo secondo un processo industrializzato della società inglese ICI. Il primo processo ha il vantaggio di essere poco influenzato dallo zolfo che agisce come veleno del catalizzatore. Il secondo processo è viceversa estremamente sensibile ai veleni ma presenta vantaggi significativi per quanto riguarda la riduzione dei consumi energetici. Non è un caso, infatti, che la maggior parte degli impianti attualmente in produzione e di quelli programmati per il futuro siano realizzati sulla base di questo secondo tipo di processo, e questo soprattutto in ragione del fatto che sotto l'impulso della crisi energetica è stata data maggiore importanza, nella valutazione economica di un impianto industriale, alla riduzione dei consumi energetici.
Altro esempio estremamente significativo è rappresentato dalla sintesi dell'acido acetico a partire da metanolo e ossido di carbonio. Alla fine degli anni Sessanta la reazione era condotta a p. comprese tra 300 e 700 atm utilizzando catalizzatori a base di ferro, nichel o cobalto (processo BASF). Successivamente, utilizzando un catalizzatore a base di rodio si riuscì a condurre la reazione chimica a p. comprese tra 30 e 40 atm (processo Monsanto). Nel 1980, con il processo Mitsubishi e il processo Rhône Poulenc, sono stati messi a punto sistemi catalitici che usano ancora il nichel opportunamente modificato con promotori organici: in questa maniera si riesce a condurre la reazione di sintesi alle stesse p. del processo Monsanto ma utilizzando un catalizzatore che si rifà a quello originariamente utilizzato dalla BASF. In tal modo si riescono ad avere due vantaggi: utilizzazione di un catalizzatore di facile preparazione e condizioni operative relativamente più blande (come p.) e, di conseguenza, una riduzione dei costi di produzione.
Secondo un'altra linea di tendenza, influenzata dai risultati della ricerca sull'effetto della p. su reazioni condotte in fase liquida, si stanno sviluppando nuovi processi sotto alta pressione. L'uso di p. e di temperature tali da portare le sostanze in condizioni vicine o superiori a quelle critiche si è infatti rivelato vantaggioso non solo dal punto di vista della separazione ma anche da quello della reazione chimica.
Le due tendenze opposte possono essere spiegate tenendo conto dei diversi effetti della p. sui processi fisici e chimici che intervengono nel corso di una reazione chimica, e più in generale sulle proprietà dei sistemi nei diversi stati fluidi. Termodinamicamente, per una reazione di sintesi, passando dalla condizione iniziale in cui si ha un sistema costituito dai soli reagenti alla situazione finale in cui si ha un sistema costituito dai prodotti, si ha una diminuzione del numero di moli, e di conseguenza il decorso della reazione verso la formazione dei prodotti è favorito da un aumento della pressione. Cineticamente, per meglio valutare i diversi effetti di una variazione di p. sulla velocità di una reazione chimica, si consideri che in molti casi la velocità di una singola reazione omogenea può essere espressa come prodotto di due termini: il primo costituito dalla cosiddetta costante della reazione chimica, e il secondo da un termine che tiene conto degli effetti della concentrazione dei diversi componenti il sistema reagente.
Il più evidente vantaggio dell'utilizzazione di un'alta p. per una reazione in fase gassosa sembra dovuto, a prima vista, principalmente a un aumento della concentrazione dei reagenti come conseguenza della compressione. Ma, d'altra parte, anche la cosiddetta costante cinetica è funzione, oltre che della temperatura (tramite l'energia di attivazione), anche della pressione. Per spiegare questa variazione con la p. si può impiegare la teoria del cosiddetto stato di transizione. Secondo questa teoria, per una reazione chimica si assume che il passaggio dai reagenti ai prodotti avvenga passando attraverso uno stato attivato (M+) secondo lo schema:
Reagenti → M+ → Prodotti.
S'ipotizza anche che ci sia equilibrio chimico tra reagenti e stato di transizione. In questa maniera la variazione della costante cinetica con la p. è data dalla relazione:
ove con ΔV+ si è indicato il volume di attivazione, cioè la differenza tra i volumi parziali molari del complesso attivato (V+) e quello dei reagenti (Vreag), R è la costante universale dei gas e T la temperatura assoluta. Perciò, se il volume di attivazione è positivo, un aumento di p. ostacola la reazione di sintesi; se invece il volume di attivazione è negativo, la reazione chimica sarà favorita da un aumento di pressione. Tra la dipendenza della costante cinetica con la temperatura e con la p. c'è perciò una differenza fondamentale: mentre l'energia di attivazione è sempre positiva e di conseguenza un aumento di temperatura ha sempre un effetto positivo, la differenza tra i volumi può essere positiva o negativa, e di conseguenza la p. può avere un effetto positivo o negativo. Questa dipendenza dalla p. della costante cinetica è anche conosciuta sotto la denominazione di effetto cinetico della p. sulla velocità di reazione per distinguerlo da quello descritto in precedenza, che è soprattutto un effetto di concentrazione. Nelle reazioni omogenee è generalmente preponderante l'effetto di concentrazione: solamente nel caso di un fluido che si trovi a p. e temperature prossime a quelle critiche (fluido denso) l'effetto cinetico assume un'importanza preponderante.
Nel caso di reazioni di sintesi con catalizzatore eterogeneo lo studio dell'effetto della p. è più complesso in quanto c'è una mutua interazione dei diversi stadi che danno luogo alla reazione chimica complessiva: stadi di trasporto fisico (diffusione) all'interno delle fasi fluide per arrivare alla superficie del catalizzatore solido e per allontanarsene, adsorbimento sulla superficie del catalizzatore e infine lo stadio chimico vero e proprio di reazione sulla superficie. Alcune indicazioni si possono però trarre analizzando le proprietà del sistema reagente a seconda che questo sia un gas, un liquido o una fase densa.
Si può per semplicità ammettere che il sistema sia sempre costituito da una fase solida (il catalizzatore) e da una o più fasi fluide che rappresentano i reagenti e/o i prodotti e loro miscele. In realtà andrebbe considerato che con il procedere della reazione chimica e la formazione dei prodotti di reazione il sistema reagente, inteso come miscela globale, può presentare, riguardo alle proprietà chimico-fisiche, caratteristiche anche molto diverse manifestando per es. fenomeni di miscibilità parziale con formazione di due fasi liquide.
Riguardo all'effetto della p. sulle proprietà chimico-fisiche di una sostanza fluida, con un aumento della p. la sostanza può passare da uno stato fluido gassoso a uno stato fluido liquido se la temperatura è inferiore a quella critica; a temperatura leggermente superiore a quella critica si passa attraverso uno stato intermedio, normalmente definito stato di fluido denso (o fluido in condizioni supercritiche).
Queste variazioni comportano una conseguente variazione delle proprietà chimico-fisiche del fluido reagente dalle quali in definitiva dipende il comportamento rispetto alla reazione chimica. Le proprietà di maggiore interesse per quanto riguarda la fase fluida sono la viscosità e la diffusività: bassi valori della viscosità e relativamente alti valori della diffusività sono favorevoli per quanto riguarda tutti i fenomeni fisici che sono in serie rispetto alla reazione chimica sulla superficie del catalizzatore (il reagente in pratica arriva più facilmente alla superficie del catalizzatore e più facilmente se ne allontana il prodotto). Per questo motivo è particolarmente utile usare come sistema reagente un fluido denso che presenta una diffusività e una viscosità simili a quelle di un gas piuttosto che di un liquido. Le densità di un fluido denso sono viceversa paragonabili a quelle di un liquido. Condurre la reazione in un mezzo denso, perciò, combina i vantaggi comuni all'uso del liquido senza rinunciare a quelli dati dallo stato gassoso. Inoltre le proprietà variano moltissimo per una piccola variazione di p.; di conseguenza la p. può essere vantaggiosamente utilizzata come variabile per controllare le proprietà del sistema reagente.
Altri vantaggi della conduzione di una reazione di sintesi in un mezzo (solvente) che si trovi in condizioni vicine a quelle critiche possono essere riassunti nei punti che seguono.
Il solvente in condizioni supercritiche può permettere l'utilizzazione di temperature inferiori alle quali condurre la reazione. Si evitano così problemi di reazioni di decomposizione o in generale di reazioni secondarie.
Nel caso di reazioni catalitiche eterogenee in cui si può avere disattivazione del catalizzatore per effetto della deposizione sulla superficie dello stesso di prodotti carboniosi, il catalizzatore può essere riattivato scegliendo opportunamente p. e temperatura in modo che il mezzo di reazione sia in condizioni supercritiche. In queste condizioni infatti i composti poco volatili che disattivano il catalizzatore si sciolgono nella fase supercritica e liberano la superficie del catalizzatore. La reazione può essere condotta in solventi in condizioni supercritiche quando la separazione dei prodotti di reazione è particolarmente difficile se condotta mediante le tradizionali operazioni di distillazione.
Alcune reazioni chimiche, per es. quelle di polimerizzazione, in cui intervengono radicali liberi, avvengono con velocità più elevata e selettività differente se sono condotte omogeneamente nella regione critica della miscela reagente invece che in maniera eterogenea nella regione gas-liquido subcritica.
Numerosi sono gli esempi di reazioni condotte in condizioni di fluido denso. Per quanto riguarda le reazioni omogenee, sebbene per i sistemi liquidi sia richiesto un minor consumo energetico per la realizzazione dell'alta p., le reazioni in fase liquida sotto alta p. non hanno ancora trovato applicazione tecnica; ci sono tuttavia evidenze sperimentali, a livello di ricerca, che dimostrano come alcune reazioni che non avvengono in maniera apprezzabile a p. normale danno viceversa rese elevate se condotte sotto alta pressione. Tra le reazioni omogenee condotte ad alta p. la polimerizzazione dell'etilene e la sua copolimerizzazione con altri monomeri hanno ancora notevole importanza industriale. La sintesi del polietilene a bassa densità viene generalmente realizzata a p. comprese tra le 1500 e le 3000 atm e a temperature comprese tra 430 e 530 gradi Kelvin. La p. influenza la polimerizzazione in due maniere: da un lato essa fa variare le velocità dei diversi stadi di reazione: le velocità di produzione di radicali, quella d'iniziazione, di propagazione di catena, di terminazione e di trasferimento di catena dipendono, anche se in misura diversa, dalla pressione. In secondo luogo, il comportamento di fase della miscela reagente e soprattutto il potere solubilizzante del solvente, che si trova in condizioni supercritiche, dipendono sostanzialmente dalla pressione. L'effetto della p. sulla velocità globale di polimerizzazione è direttamente legato al comportamento volumetrico della miscela polimero-solvente. Poiché le proprietà volumetriche parziali molari (rappresentano il contributo che ciascun componente dà al volume della miscela) mostrano brusche variazioni in corrispondenza dei punti critici, l'effetto di piccole variazioni di p. fa sentire in maniera sensibile la sua influenza sulla velocità di reazione totale.
Ricordando la teoria dello stato di transizione, si può ascrivere l'effetto positivo della p. al fatto che il volume parziale molare dello stato di transizione (che è approssimativamente uguale, in questo caso, al volume parziale molare del polimero nell'etilene) ha un valore negativo molto elevato soprattutto nelle condizioni di etilene supercritico. Variando la p. si ha l'ulteriore vantaggio di riuscire ad avere il prodotto (polimero) puro e non inquinato dai sottoprodotti (oligomeri) che inevitabilmente una reazione di polimerizzazione produce e che si ritrovano come componenti della miscela globale.
Bibl.: R. Van Eldik, Inorganic high pressure chemistry, in Studies in inorganic chemistry, 7 (1986); J. Gauthier-Lafaye, R. Perion, Methanol and carbonylation, Parigi 1987; Organic high pressure chemistry, a cura di J. Le Noble, in Studies in organic chemistry, 37 (1988).