sionismo
Il risorgimento degli Ebrei
Il sionismo è un movimento di rinascita nazionale come ce ne sono stati molti altri nell’Europa moderna: dall’Italia alla Germania, alla Polonia. Ha una storia particolare semplicemente perché riguarda il popolo ebraico, un popolo dalla vicenda storica particolare, che è stato privato della propria terra per circa duemila anni. Il sionismo è un movimento che avvicina e accomuna il popolo d’Israele agli altri popoli
Il 70 d.C. è un momento cruciale nella storia ebraica. Dopo molte vicissitudini, l’imperatore romano Tito conquista Gerusalemme, la mette a ferro e fuoco, distrugge il Tempio e caccia gli Ebrei dalla loro terra. Sono un piccolo popolo, ma che ha dato molto filo da torcere ai Romani: gli Ebrei non ne volevano sapere di adorare l’imperatore, né tanto meno di considerarlo un dio, faticavano a ubbidire alla legge di Roma, non si lasciavano comandare. Per questo Tito decide di usare le maniere forti.
Questa data rimane impressa nella memoria ebraica, anche quando ormai l’Impero Romano non esiste più da secoli. Essa segna infatti l’inizio di una diaspora – cioè esilio e dispersione al tempo stesso – destinata a durare due millenni. Un lunghissimo periodo storico in cui gli Ebrei vivono lontano dalla loro terra in qualità di ‘ospiti’ temporanei e poco graditi dagli altri popoli. Nella diaspora gli Ebrei producono una cultura vivace e varia, sviluppano usi e costumi, e in una certa misura si abituano a questa esistenza un poco strana di popolo senza più la propria terra. Una terra che però continuano a sognare, e soprattutto a ricordare.
«I miei piedi sono a Occidente, ma il mio cuore resta a Oriente», cantava Yehudah ha-Lewi, un grande poeta ebreo nella Spagna medievale. Alla fine della sua vita egli partì per la terra promessa, perché lì voleva continuare a vivere e poi morire. La nostalgia per questa terra, che secondo la Bibbia Dio ha assegnato al popolo ebraico, fa spesso riferimento, come immagine poetica, a una delle colline di Gerusalemme, detta Sion. Di qui viene la parola sionismo, inteso come movimento di risorgimento ebraico.
Il grande ‘profeta’ del sionismo fu Theodor Herzl, un ebreo nato a Budapest nel 1860 ma di cultura tedesca. Fra il 1891 e il 1895 fu corrispondente a Parigi per un quotidiano viennese: qui assistette al processo contro Alfred Dreyfus, ufficiale dell’esercito vittima di un complotto antisemita. Questa vicenda colpì Herzl al punto da convincerlo che per gli Ebrei non esisteva altra soluzione che quella di diventare «un popolo come gli altri», con una terra e una nazione da abitare. Perché secondo lui l’odio e la diffidenza degli altri non sarebbero mai spariti – un esempio evidente era questo processo ingiusto e assurdo contro un cittadino francese come Dreyfus, ‘colpevole’ soltanto di essere ebreo. Herzl cominciò così una fervida attività organizzativa per diffondere le proprie idee e convincere gli Ebrei sparsi per il mondo a tornare alla propria terra. Il movimento crebbe progressivamente, dando una spinta ideale a un movimento già in atto: fra l’Ottocento e i primi del Novecento, infatti, masse di Ebrei in fuga dai pogrom («persecuzioni») dell’Europa dell’Est si erano rifugiate nella Palestina allora sotto il governo ottomano. Il primo congresso sionista si svolse a Basilea nel 1897. Da allora molte cose sono accadute: questo risorgimento è diventato una realtà all’indomani della Seconda guerra mondiale.
Nei suoi fondamenti, il sionismo propugna la rinascita nazionale del popolo ebraico ma anche la convivenza con i popoli circostanti. È un movimento sostanzialmente umanista e progressista. Il sionismo si è realizzato, così come aveva previsto Herzl, dicendo al suo pubblico di ascoltatori: «Se lo volete, non sarà un sogno».
Ma il movimento non si è esaurito una volta raggiunto lo scopo di creare uno Stato ebraico. Esso è ancora la guida morale della politica dello Stato d’Israele: ne rappresenta gli ideali, con la sua capacità di congiungere un passato molto lontano al presente e al futuro del popolo e della nazione.