RAMAN, Sir Chandrasekhara Venkata
Fisico indiano, nato il 7 novembre 1888 a Trichinopolis. Studiò al Presidency College di Madras, e si specializzò in metallografia. Superato l'esame di stato nel 1907, passò alla carriera amministrativa, ove raggiunse rapidamente un alto grado. Nel 1913 tornò agli studî fisici, e nel 1914 fu chiamato all'Università di Madras. Nel 1917 passò a Calcutta, ove insegna tuttora. Nel frattempo ha avuto brevi incarichi a Lahore (1920), Madras (1922) e Patna (1925). Fu presidente di sezione ai Congressi delle Scienze indiani del 1915 e 1924, ed è socio di numerose accademie. Nel 1930 gli fu conferito il premio Nobel per i suoi lavori sperimentali sulla luce.
Effetto Raman. - Inviando luce monocromatica su di una sostanza, parte della luce incidente viene diffusa in tutte le direzioni. Ordinariamente si osserva che la luce diffusa ha lo stesso colore, o più esattamente la stessa frequenza, di quella incidente.
C. V. Raman osservò la diffusione, da parte di mezzi materiali, di luce con frequenza diversa dalla frequenza della luce incidente primaria. Questo fenomeno prende appunto il nome di effetto Raman. Esso è stato previsto teoricamente da A. Smekal nel 1923 e osservato per la prima volta dal Raman nel benzolo nell'anno 1928, e quasi contemporaneamente da G. Landsberg e L. Mandelstamm nella calcite. L'analogo dell'effetto Raman nel campo dei raggi X è l'effetto Compton.
Metodi sperimentali. - Lo schema di un apparecchio per osservare l'effetto Raman è dato nella fig. 1. La luce di una sorgente monocromatica S viene concentrata da una lente su un palloncino contenente la sostanza da studiare. Una seconda lente concentra la luce diffusa dalla sostanza sulla fenditura di uno spettroscopio. Accanto alla riga corrispondente alla frequenza ν0 della sorgente S, si osservano righe di frequenza modificata ν0 − νi, ν0 − νj, ecc.
Per osservare le righe Raman, che sono per solito assai deboli, occorre prendere speciali precauzioni, volte soprattutto a intensificare l'irradiamento della sostanza e ad evitare nel contempo che luce diretta della sorgente o riflessa dalle pareti dei recipienti, dalle lenti, ecc., possa entrare nello spettroscopio. Come sorgente primaria si adopera in generale un arco a vapori di mercurio, che dà una radiazione molto intensa e con poche righe. Lo spettrografo si cerca sia di grande luminosità. Per ottenere spettrogrammi di righe Raman occorrono spesso pose assai lunghe (fino a 100h) e a seconda dello stato della sostanza (gas, liquido, solido) e della regione spettrale in cui si lavora (visibile, ultravioletto) gli apparecchi assumono forme diverse. Diamo nella fig. 2 il disegno di un apparecchio specialmente adatto per i liquidi.
Risultati. - Alle righe Raman di frequenza ν0 − νi, corrispondono righe assai più deboli di frequenza ν0 + νi. Le prime si chiamano righe stokes, le seconde antistokes, perché non obbediscono alla legge di Stokes, che vuole che la luce diffusa sia di frequenza non maggiore della frequenza della luce incidente primaria. L'intensità delle righe Raman cresce molto rapidamente al crescere di ν0. Il rapporto fra le intensità delle righe stokes e antistokes dipende da νi e dalla temperatura T del mezzo diffondente; esso cresce al crescere di νi e al diminuire di T. Le frequenze νi, sono caratteristiche della sostanza diffondente e ne costituiscono le frequenze Raman. Le frequenze Raman corrispondono a differenze di termini delle molecole diffondenti, ma non appaiono per solito nello spettro di emissione normale della sostanza, perché le regole di selezione per l'effetto Raman sono diverse da quelle valide per l'emissione normale. Le frequenze Raman sono in generale assai basse e corrisponderebbero a radiazioni infrarosse di difficile studio. Uno dei principali vantaggi che lo studio dell'effetto Raman ha per talune applicazioni è appunto quello che esso permette di studiare fenomeni collegati a radiazioni di bassissima frequenza, trasportando, per così dire, per effetto dell'aggiunta della frequenza primaria elevata, tutte le righe spettrali dell'infrarosso in regioni più accessibili.
L'effetto Raman nei gas. - È stato osservato da R. W. Wood, F. Rasetti ed altri. I risultati più notevoli si devono al Rasetti, che ha studiato particolarmente i gas biatomici. Per questi si osserva nelle immediate vicinanze della riga primaria uno spettro di rotazione, in cui le frequenze Raman corrispondono cioè a salti tra i diversi stati rotazionali della molecola, non accompagnati da variazioni nello stato vibrazionale o elettronico. Nella fig. 3 riproduciamo lo spettro rotazionale Raman dell'azoto. Dalla distanza fra le righe successive si può dedurre il momento d'inerzia delle molecole, che è legato ad essa dalla relazione Δ = h/2π2 Ic, dove d è la distanza fra le righe in cm.-1, h la costante di Planck, I il momento d'inerzia e c la velocità della luce. Le intensità alternate nelle righe dipendono dal peso statistico degli stati quantici, il quale a sua volta è connesso con il tipo di statistica a cui soddisfano i nuclei (v. nucleo), ossia col numero di particelle in essi contenute. È questo un esempio notevole dei legami profondi tra fenomeni e proprietà in dominî apparentemente assai lontani della fisica. Oltre allo spettro rotazionale si osserva uno spettro vibrazionale, le cui frequenze Raman corrispondono alle frequenze di oscillazione degli atomi che costituiscono le molecole. Sono state anche osservate righe Raman corrispondenti a salti elettronici.
L'effetto Raman nei liquidi e nei solidi. - Di gran lunga più studiati dei gas sono stati i liquidi, particolarmente organici. La tecnica sperimentale è più facile e i risultati interessanti specialmente per la chimica. Nei liquidi, salvo poche eccezioni, non si vedono altro che righe Raman vibrazionali. È stato possibile anche attribuire a speciali tipi di legame chimico, ossia ad aggruppamenti molecolari caratteristici, delle frequenze proprie definite, che si ritrovano in tutti i composti contenenti un determinato gruppo atomico; per es., i gruppi C ⊄ C, C = C, C − C sono caratterizzati rispettivamente dalle frequenze 1960, 1620, 990 cm.-1.
Inoltre le proprietà di simmetria delle molecole si rispecchiano nella struttura dello spettro Raman, che è diventato, negli ultimi anni, un efficace mezzo d'indagine per la chimica. Nelle soluzioni si riscontrano anche frequenze caratteristiche del solvente e del soluto, queste ultime non fondamentalmente modificate al variare del solvente.
Nei solidi cristallini l'effetto Raman presenta, oltre frequenze caratteristiche dei gruppi molecolari (per es., il gruppo CO3 nella calcite), frequenze proprie del cristallo o qualche volta anche uno spettro continuo. La fig. 4 mostra appunto uno spettro Raman della calcite.
Teorie dell'effetto Raman. - Secondo l'idea semplicista di Smekal un quanto di luce di energia ε = hν0 può cedere una parte della propria energia hνi a una molecola e venire successivamente diffuso con frequenza modificata ν0 − νi. Può anche assorbire da una molecola eccitata l'energia hνi e venire diffuso con frequenza modificata ν0 + νi. Una teoria più esatta, su basi classiche, dell'effetto Raman è stata data da J. Cabannes e G. Placzek, che considerano le frequenze Raman come frequenze di combinazione tra le frequenze proprie delle molecole e la frequenza della luce incidente. La meccanica quantistica rende conto in dettaglio dell'effetto Raman per mezzo della formula di H. Kramers e W. Heisenberg, che esprime il momento elettrico virtuale dell'oscillatore che emette la luce di frequenza modificata in funzione di costanti caratteristiche dell'atomo diffondente
Akn è l'ampiezza del momento elettrico di un dipolo di frequenza ν + νkn, che irradia come la molecola diffondente, E è l'ampiezza del vettore elettrico della luce incidente di frequenza ν, Mkr, ecc., sono elementi di matrice del momento elettrico della molecola.
L'intensità diffusa da 1 molecola, con frequenza ν + νkn, è data da
Da queste formule discende immediatamente la regola di selezione fondamentale per l'effetto Raman: affinché νkn sia una frequenza dello spettro Raman, è necessario che esista un terzo stato r che si combini in emissione sia con lo stato k sia con quello n (Mrn e Mrk ≠ 0). Oltre a questa legge fondamentale e generale si hanno molte altre regole di selezione basate su proprietà di simmetria. La formula di Kramers e Heisenberg dà anche lo stato di polarizzazione della luce diffusa e spiega taluni singolari fenomeni (per es., l'inversione del senso di polarizzazione della luce polarizzata circolarmente diffusa, rispetto a quella incidente), che si osservano in casi speciali.
Bibl.: J. Cabannes, La diffusion moléculaire de la lumière, Parigi 1929; E. Fermi, Molecole e cristalli, Bologna 1935; K. W. F. Kohlrausch, Der Smekal-Raman-Effekt, Berlino 1931; G. Placzek, Rayleigh-Streuung und Raman-Effekt, Lipsia 1934.