ANDROS, sir Edmund
Uomo politico inglese, nato a Londra il 6 dicembre 1637, morto ivi il 24 febbraio 1714. Fu personaggio molto discusso del periodo coloniale degli Stati Uniti, tre volte governatore regio di provincia, prima a New York (1674-1681), poi nel Dominio della Nuova Inghilterra che egli reggeva da Boston (1686-1690), finalmente nella Virginia (1692-1704). A lui fu dato a risolvere un gran problema storico: se le colonie inglesi nell'America del Nord dovessero svolgersi "come parte costitutiva dell'Impero britannico" o "come dipendenze della Corona". Gentiluomo elegante, cavalleresco, onesto (nonostante le accuse e i processi), educato nelle corti d'Inghilterra e del continente, militare come il padre, e per di più specialista di affari americani, l'A. godette la fiducia prima degli Stuart (Carlo II), poi dei Giacobiti (Giacomo II), e infine degli Orange (Guglielmo e Maria). Seguì sempre la stessa politica: di sostituire il governo diretto del re ai governi locali, cresciuti in America sopra le donazioni e le patenti antiche. Questa politica trovava ostacoli ora nei nazionalismi locali delle varie colonie, ora nelle questioni religiose, ora nelle lotte di classe tra ricchi e poveri, ora nelle autorità preesistenti: ma anche in quello spirito d'indipendenza che, in dosi più o meno grandi, pervase sempre le colonie americane di fronte ad ingerenze del paese d'origine. Nella prima reggenza a New York, l'A. tentò, senza successo, di annettere a quella provincia i territorî circostanti (New Jersey, Connecticut). La formazione del "Dominio", tentata da Giacomo II per dare unità a tutta l'America, anche in vista della minaccia francese dal Canadà, offese i sentimenti locali di tutte le provincie, provocando violente reazioni nel Connecticut, nel Maine, e soprattutto nel Massachusetts, ove la teocrazia dei pastori calvinisti non volle mai accettare il governatore anglicano d'un re cattolico. L'A. si rese odiato per i decreti relativi alla rivalutazione dei titoli fondiari e sofferse anche per le sue stesse virtù. Decretata la libertà religiosa, tornarono a Boston tutte le "infezioni", quaccheristiche ed altre, che l'intolleranza puritanica era riuscita ad estirpare.
La politica dell'A. fu abilmente ostacolata da due statisti coloniali di grand'ingegno, Increase Mather di Boston, e William Phipps, della pmvincia del Maine. Questi, giocando sulla lentezza delle comunicazioni, seppero interpretare la rivoluzione del 1688 in senso diverso dalla realtà e dettero apparenza di legalità alla sommossa popolare che, nel 1689, rovesciò il governo dell'A. a Boston e cacciò lui in prigione. Lo stesso malinteso ebbe conseguenze più tragiche a New York. Colà, la rivoluzione orangista fu intesa in senso democratico: e Jacob Leisler, capo dei "poveri", destituì l'agente dell'A., e governò la città per qualche mese con intendimenti reputati comunistici. Quando si scoperse che la rivoluzione non aveva ripudiato l'A., il Leisler lealmente si dimise dal potere; ma i "ricchi" riuscirono a farlo processare e condannare come reo di alto tradimento. Egli fu impiccato col genero, Milbourne. Che gl'insuccessi dell'A. fossero dovuti alla politica regia e non alla persona di lui, pare sia stato riconosciuto dalle autorità di Londra, che lo rimandarono una terza volta in America. Ma anche nell'ambiente più aristocratico dei Cavalieri virginiani, l'A., pur lasciando tracce permanenti di sé nelle istituzioni educative e nel sistema agricolo, non riuscì a superare lo screzio tra borghesi e Corona, tra anglicanismo americano e vescovato inglese.
Bibl.: C. M. Andrew, Narratives of the insurrection 1675-1690, New York 1915; R. N. Toppan, Andros records, in Annals Am. Antiquarian Soc., Worcester, XIII, pp. 237-463.