JONES, Sir William
Orientalista (pioniere degli studî indologici) e giurista inglese, nato a Londra il 28 settembre 1746, morto a Calcutta il 27 aprile 1794.
Già nel 1770 pubblicava in francese la versione dal persiano di una vita di Nādir Shāh e un Traité sur la poésie orientale, in cui erano comprese traduzioni di odi di Ḥāfiẓ e nel 1771 una Dissertation sur la Litérature orientale, nella quale difendeva gli studiosi di Oxford dalle accuse che l'Anquetil du Perron aveva loro mosse nell'introduzione alla sua versione dell'Avesta (di questa, anzi, metteva in dubbio l'autenticità). Appartengono al 1772: Poems, chiefly translations from Asiatic Languages; al 1774: Poeseos Asiaticae Commentariorum libri sex e una Grammar of the Persian Language. Nello stesso 1774 il J. si volse, per ragioni pratiche, agli studî giuridici, nei quali pure eccelse ben presto (pubblicò, tra l'altro, un Essay on the Law of Bailement, 1778).
Nel 1783 fu chiamato ad assumere l'ufficio di giudice della Corte suprema del Bengala: Fort William (nello stesso anno dava in luce la traduzione delle arabe Mu‛allaqāt). Nel 1784 il J. fondò la Asiatic Society of Bengal per lo studio della civiltà indiana in tutte le sue manifestazioni e ne rimase presidente per tutta la vita. Organo di essa fu il Journal of Asiatic Researches.
Il J. che aveva, intanto, fra i primi, iniziato lo studio del sanscrito, concepiva nel 1788, e ne gittava senza indugio le basi, il piano di un digesto delle leggi indù e musulmane, ma insieme si occupava di studî letterarî. Frutti della sua attività in questo campo furono la versione, preceduta da un'importante introduzione sul teatro indiano, della Śakuntalā, dramma di Kālidāsa (1789; vers. ted. del Forster, 1791), che sollevò grande entusiasmo in Europa (anche il Goethe ne tessé le più alte lodi); della raccolta novellistica Hitopadeśa, del poemetto erotico Giiagovinda, e di varî inni vedici. Nel 1792 pubblicò (prima edizione a stampa di un'opera sanscrita) il Ṛtusaṃhāra "Il ciclo delle stagioni", poemetto lirico attribuito dalla tradizione a Kālidāsa (v. india: Letteratura). Ma non alle sole indagini filologiche e storiche s'era limitato il J. In un discorso alla Società Asiatica, rimasto famoso, aveva già nel 1786 intuito con acuta visione, pur fra inesattezze di particolari, l'affinità del sanscrito (che considerava, tuttavia, assai più perfetto d'ogni altra lingua) col greco, latino, persiano, gotico, mltico.
Ma il suo maggior titolo d'onore fu la trad. del Mānavadharmaśātra (il codice di Manu; Calcutta 1794; 2ª ed., 1797): Institutes of Hindu Law or the Ordinances of Menu (sic), cui aveva fatto precedere, nel 1792: Mohammedan Law of Succession to Property of Intestates; Mohammedan Law of Inheritance. I suoi scritti (Works, Londra) apparvero prima in 6 volumi, nel 1799, poi, in 13 volumi, nel 1807.
Bibl.: Lord Teignmouth, Memoirs of the Life of Sir W. Jones, Londra 1883; Max Müller, India what can teach us?, Londra 1883, pp. 32, 90, 267.