HAMILTON, Sir William Rowan
Fisico matematico, di famiglia scozzese immigrata in Irlanda, nato il 4 agosto 1806 a Dublino, morto il 2 settembre 1865 a Dunsink. Si affermò dapprima con una straordinaria attitudine ad apprendere le lingue; oltre a quelle classiche e alle europee più comuni, imparò il persiano, l'arabo, l'indostano, il sanscrito e il malese. Lo studio filologico sviluppò in lui la tendenza alla logica matematica. Negli studî di scienze esatte non ebbe maestri, e fu sommamente originale. Cominciò come abile calcolatore di numeri; ebbe per caso occasione di leggere Euclide; si formò sulle opere di Newton e sulla Mécanique Céleste di Laplace, nel tempo in cui frequentava altri studî all'università di Dublino, e vi conquistava il titolo di dottore in legge. Nominato assistente di astronomia all'università di Dublino nel 1823, le sue ricerche di meccanica celeste lo fecero insignire di distinzioni importanti.
I suoi primi grandi lavori furono in ottica geometrica e nella geometria differenziale dei sistemi di rette, intorno al 1828. Ma il suo nome è particolarmente legato ai contributi fondamentali con cui ha innovato la dinamica analitica (intorno agli anni 1834 e 35), facendo conoscere le equazioni dinamiche che da lui si denominano (v. dinamica) e i suoi principî variazionali dell'azione stazionaria e dell'azione variante (v. oltre: principio di Hamilton); i suoi metodi sono oggidì dominanti per tutte le ricerche di meccanica superiore e di fisica moderna. Si connettono in parte con queste ricerche di meccanica un gruppo di altri lavori sulle equazioni a derivate parziali, e il suo paragone celebre fra le equazioni dell'ottica e quelle della meccanica, che per i nuovi indirizzi si è mostrato così fecondo. L'ultimo e grande contributo di H. alla matematica fu il calcolo dei quaternioni (v.), un algoritmo completo di calcolo vettoriale e geometrico, da cui hanno preso origine i diversi sistemi più ristretti di calcolo vettoriale che ora si contendono il campo. Il metodo dei quaternioni fu annunciato verbalmente dal H. all'Irish Academy nel 1842, poi esposto in varie note, e nel volume Lectures on quaternions, indi in forma più perspicua negli Elements of quaternions, pubblicati postumi, a cui seguirono le opere di volgarizzazione di P. G. Tait e di altri.
H., la cui fama si era rapidamente affermata per i suoi lavori di meccanica analitica, fu nominato presidente della Royal Irish Academy nel 1837, indi corrispondente delle maggiori accademie del mondo. Fino alla sua morte fu professore di astronomia all'università di Dublino e astronomo reale d'Irlanda.
Opere: Theory of Systems of Rays, in Trans. Roy. Irish Acad., 1828; On a general method in dynamics, in Philos. Trans., 1834-35; Lectures on quaternions, Dublino 1866; e molte memorie e note, principalmente nella Royal Irish Academy e nella Royal Society di Londra.
Principio di Hamilton. - Mentre P.-L.-M. de Maupertuis nel sec. XVIII aveva enunciato come teorema generale di meccanica una proprietà di minimo a cui soddisfa una certa espressione che oggi si chiama "azione maupertuisiana" (v. azione), sir W. R. Hamilton in una serie di lavori dal 1834 al 1838 circa, estendendo questo concetto, pervenne ad altri risultati di portata successivamente crescente, tanto che la loro enunciazione si può sostituire a quella di tutte le leggi fondamentali della dinamica; e uno qualunque di essi, o il loro complesso, prende il nome di principio di H.
Volendo esporre il primo enunciato nella sua forma tradizionale, sia un sistema meccanico soggetto a forze conservative e a vincoli qualunque, purché bilaterali e privi d'attrito. Il sistema si muova da una configurazione originaria Σ0 all'epoca t0, a una finale Σ1 relativa all'epoca t1. Se a un'epoca generica intermedia t si indica con T l'energia cinetica e con V quella potenziale, si definisce come azione hamiltoniana l'integrale
dove L = T − V è la cosiddetta "funzione lagrangiana", o "potenziale cinetico" del sistema. Ora si confronti il moto effettivo con qualunque "moto variato sincrono" infinitamente prossimo, cioè con qualunque altro moto che avendo in comune le epoche e le configurazioni iniziali e finali, differisca infinitamente poco da quello effettivo, e sia compatibile con gli stessi vincoli. Il principio hamiltoniano dell'azione stazionaria asserisce che il valore dell'integrale S è "stazionario" per il moto effettivo, cioè la sua variazione nel passare a uno qualunque degli altri moti considerati è nulla nei termini del primo ordine; cioè indicando con δ il simbolo d'una tale variazione, il moto effettivo è caratterizzato da
e da questa relazione, che è indipendente da coordinate, si derivano tutte le equazioni differenziali del moto in coordinate qualunque.
Lord Kelvin ha precisato l'enunciato aggiungendo che i moti variati che si confrontano devono essere quelli ottenibili con l'aggiunta di ulteriori vincoli conservativi, di guisa che a ogni epoca t, il livello energetico E = T + V resti quello stesso del moto effettivo. Inoltre, per la validità nella forma enunciata, le forze agenti devono essere conservative, non in senso lato ma nel senso stretto della parola, cioè derivanti da un potenziale. In tempi più recenti si è dimostrata l'applicabilità anche nel caso in cui intervengano forze conservative in senso più generale (cioè tali che l'energia totale del sistema si conservi costante) non posizionali, e quindi non derivanti da un potenziale; e questo caso è d'importanza dominante nella fisica moderna perché include le forze elettromagnetiche sugli elettroni in moto. Si deve, in tale ipotesi, formare la funzione lagrangiana introducendo un termine M che contiene le velocità dei punti del sistema.
Ma l'estensione più grande è stata fatta al di fuori della meccanica classica. Si ammette oggi che per qualunque sistema conservativo, anche non meccanico, e sia pur retto da fisica relativista o quantistica, si lascia determinare volta per volta una funzione L tale che la condizione scritta sopra determina il divenire effettivo del sistema. E l'enunciato si può applicare anche per sistemi non conservativi, sostituendo in luogo di Ldt una espressione differenziale che contiene i lavori virtuali delle forze agenti.
Successivamente al principio dell'azione stazionaria, H. enunciò un principio di azione variata, nella quale il moto effettivo si confronta con un generico moto infinitamente vicino che differisca anche nelle configurazioni iniziali e finali. Questo principio asserisce una serie di uguaglianze fra le derivate parziali dell'azione rispetto alle coordinate lagrangiane finali (o a quelle iniziali cambiate di segno) e i corrispondenti valori delle variabili coniugate (o quantità di moto generalizzate).
Per notizie più complete, v. W. Thomson e P. G. Tait, Natural Philosophy, I; E. F. Whittaker, Treatise on analytical Dynamics, Cambridge 1927; T. Levi-Civita e U. Amaldi, Lezioni di Meccanica Razionale, II, 11, Bologna 1927; e qualunque trattato esteso di meccanica o di fisica moderna. Si confronti anche la voce dinamica.