SISIFO (Σίσυϕος, Sisyphus)
Figlio di Eolo, padre di Glauco, quindi nonno di Bellerofonte, e signore di Efira argiva (anche, si disse, fondatore di Corinto); è noto comunemente, insieme con Tizio e Tantalo, come uno degli eternamente puniti nell'oltretomba della mitologia greca. La sua pena è di rotolare su per un pendio un grosso macigno, che fatalmente precipita quando la cima è quasi raggiunta. Così raffigurato si vede in numerose pitture vascolari, a volte solo o sferzato da una Erinni, a volte vicino a Tizio che è lacerato dall'avvoltoio; e insieme con Tizio e Tantalo appare nell'oltretomba omerico (Odissea, XI, 593-600), in un passo però della nekyia che si giudica interpolato e sotto l'influsso, forse, dei misteri orfici. I più antichi accenni a questo mito, negli autori epici o lirici, presentano S. in buona luce, celebrandolo per la sua astuzia o, meglio, per la sua vivace mente fertile di risorse (così anche in Omero, Iliade, VI, 152); e questa saga è ricchissima e varia di particolari, potendo liberamente svolgere e aumentare la serie di tali furberie. Notevole fra tutte è l'essere fuggito dal regno dei morti ingannando Persefone con parole, e tale dovette essere il contenuto di un dramma satiresco di Eschilo intitolato Sisifo fuggiasco; notevole anche, fra le svariate narrazioni atte a spiegare il perché della punizione di S., quella che parla dell'avere S. imbrogliato oppure anche legato la morte.
Le interpretazioni antiche e moderne di una simile leggenda da un punto di vista razionalistico hanno raggiunto un numero svariatissimo e mostrano atteggiamenti addirittura opposti, sia che venga considerato come un mito naturistico sia che in esso si scorga un simbolismo etico; e si è visto in S. una divinità del mare che eternamente lotta contro gli scogli, o un dio della luce, o una ipostasi dell'incessante inutile sforzo della volontà umana. In realtà ogni interpretazione urta contro una difficoltà iniziale, poiché non appare affatto chiaro quale sia stato il nocciolo originario della leggenda.
Una leggenda anche faceva Ulisse figlio di S. (e di Anticlea), e qualche intrigo di questa coppia di astuti formava probabilmente l'intreccio del dramma satiresco di Euripide intitolato Sisifo, e rappresentato nel 415 dopo l'unitaria trilogia di Alessandro, Palamede, Troadi.
Bibl.: Per una chiara ed aggiornata esposizione su questo mito, v. E. Bethe in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., serie 2ª, III, col. 371 segg.