SISINI
– Il primo imprenditore della famiglia fu Andrea, che nacque a Sorso, nei pressi di Sassari, il 5 febbraio 1814 da Andrea, morto poche settimane prima della sua nascita e di cui prese il nome, e da Anna Rosa Solinas Cogu. Andrea entrò in possesso, fin da giovane, di diversi fondi rustici: vecchie proprietà ma anche recenti acquisizioni favorite dalla fine del sistema feudale (così si rileva da numerosi documenti del notaio Giuseppe Mannu in Archivio di Stato di Sassari, Atti notarili, Sorso, Originali, bb. 1-2).
Il giovane Sisini era figlio di una nuova epoca: legato ad ambienti politici repubblicani, superò il rapporto quasi fisico con le terre di famiglia, non più vissuto come lo era stato dai suoi avi. Una parte dei beni trasmessigli fu quindi ceduta per ottemperare alle spese di costruzione di nuove infrastrutture, che avrebbero garantito uno sfruttamento intensivo della terra.
Con i due suoi matrimoni, Andrea coniugò in maniera esemplare la dimensione del legame familiare con quello sociale: il 31 ottobre 1839 sposò Maria Francesca Mannu, il padre della quale, Agostino, era tra i maggiori possidenti locali e vantava un reddito superiore a quello del barone di Sorso; divenuto vedovo, il 24 novembre 1852 sposò in seconde nozze Nicoletta Marogna, figlia di un notaio-possidente e più volte sindaco, che per via materna aveva sangue nobile.
Andrea Sisini divenne proprietario di un avviato mulino, di un negozio (la sua bottega diventò il centro nevralgico della vita del paese, non solo un emporio, ma anche il luogo in cui i notabili discutevano di affari e di politica), e soprattutto un industriale fabbricante di tegole, pur mantenendo sempre consistenti interessi agrari; creò inoltre una società per il trasporto delle persone e della posta da Sorso a Sassari e partecipò alla vita amministrativa locale.
Morì a Sorso il 6 febbraio 1905.
Le ultime sue parole, forse per lui quelle più dense di significato, erano state spese per invitare gli eredi alla «massima concordia» (Sassari, Archivio notarile, Angelo Masala, rep. 1954: Apertura e pubblicazione di testamento segreto, Sassari 14 marzo 1905).
Furono le scelte del figlio Francesco, avuto dall’unione con Nicoletta Marogna e nato a Sorso il 9 marzo 1867, a rappresentare un momento di snodo particolarmente significativo nella storia familiare; gli altri figli maschi di Andrea (Giacomo, Pietro Paolo e Antonio Gavino) seguirono percorsi professionali diversi, laureandosi in giurisprudenza e in farmacia. Francesco, dopo la laurea in ingegneria industriale con indirizzo meccanico conseguita al Politecnico di Milano (l’allora Istituto tecnico superiore) il 7 settembre 1894, tornò in Sardegna per sposare cinque anni dopo, il 21 gennaio 1899, Antonietta Spanu, figlia di un medico possidente. La coppia appena formata decise di trasferirsi a Sassari per le opportunità professionali che la città capoluogo poteva offrire.
Anche grazie alle sue competenze di ingegnere, Francesco decise d’intraprendere, inizialmente in società con Beniamino Soro (figlio dell’illustre repubblicano Gavino Soro Pirino), un’attività per fornire all’agricoltura strumenti meccanici evoluti. Le proposte commerciali di Sisini & Soro offrivano una grande varietà di macchine agricole, casearie, industriali, olearie e vinicole. In questa prima fase magri furono i guadagni e Beniamino decise, nel 1902, di sciogliere il sodalizio.
Francesco, divenuto ormai l’unico titolare della ditta Ing. F. Sisini, a partire da quel momento avviò una vera e propria campagna di sensibilizzazione di paese in paese impostata soprattutto sulle dimostrazioni pubbliche. L’ingegnere spiegò le caratteristiche dei macchinari, le istruzioni per il loro utilizzo e i potenziali profitti. Ci vollero ben quattro anni prima che l’azienda potesse realmente decollare (lo testimoniano i dati sulle vendite nella documentazione conservata a Roma, Archivio storico dei Cavalieri del lavoro, b. CLXXXIII/5: Francesco Sisini).
Il suo impegno in ogni settore della vita economica locale è dimostrato dal ruolo ricoperto negli enti che più ebbero a cuore i destini della provincia di Sassari, soprattutto sul versante commerciale. Francesco divenne subito consigliere della locale Camera di commercio. Del 1910 fu la sua prima elezione a consigliere provinciale e fece parte anche della Deputazione provinciale. Nel 1923 fu eletto presidente dell’Unione industriale e commerciale di Sassari. In quell’arco di tempo ricevette incarichi istituzionali dal grande valore simbolico, come quello di agente consolare d’Austria-Ungheria (Roma, Archivio storico diplomatico del ministero degli Affari esteri, Archivio del personale, Serie IV, Consolati esteri in Italia, Austria, 1867-1908, b. 2, f. 54).
I suoi interessi non si esaurirono nell’agricoltura e andarono aumentando all’indomani della prematura morte della moglie, il 25 febbraio 1919, che gli aveva dato quattro figli: Giorgina, detta Gigina, Giorgio, Andrea e una bambina allora quasi in fasce, Francesca Nicoletta detta Annoetta, cresciuta da Gigina e da suo marito Mario Sacchi. Per Francesco la morte di Antonietta fu il primo grande lutto, cui fece seguito più tardi quello del figlio Andrea. Appassionato melomane, nel giugno del 1949 fondò e fu il primo presidente del Rotary Club di Sassari, e già nell’autunno del 1940 rivestì l’incarico di presidente della SEF (Società Educazione Fisica) Torres 1940 e della sezione sassarese della Protezione animali. Si fece promotore di pubblicazioni scientifiche sull’agricoltura sarda e questo determinò l’attribuzione della laurea honoris causa in scienze agrarie, dell’Università di Pisa, nel 1948. Sempre in quegli anni rimase proverbiale la sua generosità verso gli studenti di alcuni istituti tecnici agrari e della facoltà di agraria.
Il lungo cammino che lo portò a essere «il più crocifisso della Sardegna» (così si autodefiniva per sottolineare le numerose onorificenze ricevute, cioè le croci) era partito da lontano ed era passato attraverso gli impegni professionali e sociali di un’intera vita. Agli inizi del Novecento, il ministro Guido Baccelli gli conferì la medaglia d’oro al merito d’agricoltura: fu il primo riconoscimento istituzionale, al quale fece seguito, il 29 maggio 1919, quello di cavaliere del lavoro, forse il più importante. Nel 1938 divenne anche cavaliere di gran croce della Corona d’Italia e nel 1953 Pio XII lo fece conte concedendogli il predicato di Sant’Andrea.
Morì il 2 gennaio 1954 a Sassari.
Immediatamente l’azienda ebbe le prime difficoltà, che portarono nel giro di qualche anno alla chiusura. Si concluse così l’esperienza di un’impresa considerata pionieristica fin dai suoi primi passi, ma non terminava quella ‘cultura del fare’ che nel tempo aveva già avuto modo di trasformarsi.
Il rinvenimento di una parte significativa delle carte appartenute a Francesco Sisini ha offerto ulteriori spunti da cui partire per ricostruire la sua storia familiare. Nella documentazione dell’Archivio della famiglia, a Milano, si trova il ricco epistolario – soprattutto con il figlio Giorgio – dal quale traspare il cambiamento di scelte imprenditoriali sempre più importanti.
Con Giorgio, nato a Sassari il 21 marzo 1901, il ‘fare’ dei Sisini si diversificò con la creazione di una rivista dal carattere del tutto originale nel panorama editoriale italiano, La Settimana enigmistica, destinata a rappresentare sempre il centro della sua complessa vita imprenditoriale, sebbene egli spesso avesse fatto convergere in Sardegna molti dei capitali ricavati dall’attività di editore. È la dimostrazione di un legame mai venuto meno con la terra che gli diede i natali.
Alla luce della sua poca propensione allo studio il padre decise di fargli fare un’esperienza lavorativa come operaio alla Marelli. All’indomani di quell’esperienza, Giorgio partì assieme al cugino Aldo Sisini per Liegi, dove conseguì il titolo di ingegnere elettrotecnico presso l’Istituto superiore delle facoltà tecniche il 25 ottobre 1924. Fu l’Università di Pisa a concedergli, il 26 giugno 1948, il diploma di equipollenza in ingegneria industriale, sottosezione elettrotecnica.
Rientrato in Sardegna dopo la parentesi belga, Giorgio iniziò a collaborare nell’azienda di famiglia a fianco del padre, e benché la distanza generazionale fra i due apparisse di qualche ostacolo, importante fu il suo ruolo nella gestione della filiale di Cagliari.
Il 1930 rappresentò un anno di snodo nella vita di Giorgio, dal punto di vista sia professionale sia sentimentale. Le diversità di vedute con il padre nella conduzione dell’azienda contribuirono a fargli maturare la scelta di lasciare la Sardegna per la Lombardia. A influire sulla sua decisione fu anche il fatto che nel frattempo si era innamorato di Idell Breitenfeld, una bellissima ragazza viennese, che sposò e amò per tutta la vita e che rimase al suo fianco anche nei momenti più difficili, condividendone problemi e sofferenze. Totale era la disapprovazione del padre, che non concepiva come il figlio potesse rinunciare a una posizione sociale e professionale consolidata nel tempo per ripartire da zero. Una delusione acuita dal fatto che Giorgio doveva diventare il suo successore nella guida della ditta Ing. F. Sisini. Alcuni anni dopo, ritornando a quel periodo, Francesco lo ricordò come un’epoca per lui «tormentosa» e per il figlio «fatale» (Archivio Sisini, lettera di Francesco Sisini al figlio Giorgio, Sassari 17 giugno 1933).
A Milano, dopo le prime amarezze e delusioni, Giorgio riuscì a capire quale fosse la strada da seguire per realizzare il suo sogno: una strada che risultò poco chiara e ancor meno convincente non solo al padre.
Il 25 ottobre 1931 la sorella Gigina gli scrisse: «Che stai combinando? Che cosa ti stai disponendo a fare? I tempi sono difficili assai e ogni giorno peggiorano e sistemarsi nella vita diventa sempre più difficile. E tu, con un carattere meno forte, avresti in mano la tua fortuna: ma su questo punto non accetti consigli. Vivendo a Sassari e lavorando a Sassari, avresti avuto modo di stare più a contatto con Papà ed entrare meglio nelle sue vedute per poter essere più tardi il padrone di una azienda che formerebbe la tua fortuna» (Archivio Sisini, lettera di Gigina Sisini al fratello Giorgio, 25 ottobre 1931).
In Giorgio l’idea della Settimana enigmistica nacque dopo aver constatato quanto quel genere di riviste, da lui scoperte in Austria, il Paese natale della sua Ida, avesse successo di pubblico. L’intenzione era di iniziare le pubblicazioni già dagli ultimi mesi del 1931 per poter scrivere sul giornale, dopo poche settimane: «Anno II». Le limitate risorse finanziarie e le molte difficoltà oggettive glielo impedirono, ed era troppo presto per bussare alla porta della casa paterna, anche perché i suoi familiari dovevano avere una scarsa conoscenza del giornale che voleva realizzare.
Nella lettera alla sorella Gigina dell’11 dicembre 1931, nella quale le chiedeva, supplicandola, un consistente aiuto finanziario, così cercò di descrivere la sua iniziativa: «Non ti ho mai scritto quale sia il mio lavoro oggi [...]. E non è neppure troppo facile spiegartelo», le confidava con un certo imbarazzo. «Sì, si tratta di un giornale, di un settimanale illustrato, ma di un giornale “assolutamente nuovo per l’Italia”. È un settimanale esclusivamente di giochi, di enigmi, parole crociate, sciarade, scacchi, dama, bridge, barzellette, etc. etc. In Germania, Austria, Francia, etc. se ne stampano molti (la sola Vienna ne conta oltre quindici!) per cui non v’è ragione di credere che anche in Italia un giornale del genere (UNICO!) non incontri il favore del pubblico» (Archivio Sisini, lettera di Giorgio Sisini alla sorella Gigina, 11 dicembre 1931).
Nei primi giorni di dicembre del 1931 il progetto editoriale aveva ormai preso corpo e il cruciverba avrebbe dovuto essere il centro propulsore della pubblicazione. Giorgio studiò e definì il logo della testata, disegnandolo di persona. Il giornale era dunque pronto per la prima uscita. Molte erano però le difficoltà economiche, come traspare chiaramente dall’intenso scambio di lettere avvenuto nel mese di dicembre 1931 tra Giorgio e Gigina, la sola della famiglia cui pensò di potersi rivolgere per un aiuto urgente. Erano anni di crisi, inesistenti le sue credenziali e quasi impossibile pensare di ottenere finanziamenti. Proprio per questo motivo, per affrontare i primi passi di quella nuova esperienza Giorgio si vide costretto a impegnare al Monte di pietà alcuni degli oggetti personali più cari, fra i quali un prezioso portasigarette, che faticò non poco prima di riuscire a svincolare, suscitando grande amarezza nel padre.
Eppure mai venne meno la fiducia nelle proprie forze e nel proprio intuito. Sebbene insistentemente sconsigliato, si lanciò nella prima attività tutta sua. La Settimana enigmistica nacque così a Milano, in due stanze in affitto in via Enrico Noë, al numero 43 (anche sede legale del giornale), dove Giorgio e Ida già vivevano. Nonostante i non pochi problemi, il 23 gennaio 1932 uscì, al prezzo di 50 centesimi, il primo numero.
In tutta la fase di gestazione Ida era stata sempre vicina a Giorgio, condividendone gli intenti. La forza di quell’unione si coglie anche dalle dediche apposte sul primo numero della rivista, che l’ingegnere custodì sempre nella sua scrivania. In prima pagina spicca la scritta di suo pugno rivolta in tedesco alla moglie: Das erster Heft zu meine liebe Ida («La prima copia alla mia amata Ida») e quella di lei a lui in italiano «Ti amo tanto» (da un colloquio con Francesco Baggi Sisini).
Con l’uscita in edicola non erano scomparsi i problemi, come Giorgio continuò a spiegare nella sua corrispondenza con i familiari. Le difficoltà furono anche di natura culturale, nonostante i sempre crescenti risultati delle vendite. Tuttavia, solo un anno dopo, nel maggio del 1933, la situazione sembrò già migliorata e il peggio ormai passato.
Negli anni in cui il Paese si preparava ad affrontare la guerra a fianco della Germania, Giorgio si fece coinvolgere anche in un progetto cinematografico: una società per la produzione di film a colori secondo il Sistema Gualtierotti, un metodo innovativo tutto italiano. Nell’ottobre del 1940 il programma di sviluppo dell’impresa era ormai definito in ogni dettaglio, ma il precipitare della situazione internazionale impedì l’avvio dell’attività e in Italia si rimase ancora per alcuni anni con i film in bianco e nero.
Solo nell’immediato dopoguerra vennero attuati i primi cambiamenti della Settimana enigmistica, progettati già prima del conflitto, e arrivarono i nuovi collaboratori. L’importanza della rivista fu riconosciuta dalla Federazione nazionale dei cavalieri del lavoro che, tra le motivazioni addotte per concedere a Giorgio Sisini l’onorificenza il 2 giugno 1955, definì il settimanale «una pubblicazione di non comune valore» (Archivio storico dei Cavalieri del lavoro, CLXXXIII, posizione 6, allegato n. 3, Giorgio Sisini).
Non soddisfatto di questi successi, Giorgio rivolse l’attenzione all’industria tipografica. In soli quattordici mesi realizzò un imponente complesso industriale grafico. Nacque l’Igiesse, che negli anni avrebbe dato lavoro a centinaia di operai. Il progetto, già così ambizioso, era destinato ad allargarsi ulteriormente con la costruzione della Segraf, un moderno stabilimento rotocalcografico insediato a Nova Milanese, dove La Settimana enigmistica fu stampata con il sistema rotocalco autotipico a partire dal luglio del 1964. A completamento di un piano imprenditoriale particolarmente articolato, finalizzato a rendersi sempre più indipendente, Giorgio diede vita alla cartiera Ponte Strona (vicino a Vercelli).
Il piacere di lanciarsi in nuove sfide fu sempre la molla del suo agire, anche quando decise di partecipare in Sardegna alla nascita dell’Airone, la prima compagnia aerea italiana del dopoguerra. La società nacque il 25 gennaio 1945 nella sala della Camera di commercio di Cagliari.
Pur assorbito nella sua complessa attività, soprattutto quella editoriale, non trascurò mai la sua isola e continuò anche l’opera del padre e dei suoi antenati in campo agricolo, potenziandola, grazie a importanti investimenti.
Giorgio morì improvvisamente a Montecatini il 21 giugno 1972.
Due giorni dopo, il Corriere della sera lo ricordò come il «pioniere delle parole incrociate», il riconoscimento più giusto pur all’interno di una vita mai a senso unico.
Fonti e Bibl.: Per un’attenta disamina delle fonti archivistiche e della bibliografia si rimanda a G. Zichi, S. Imprenditori di Sardegna, Milano 2013 e alle voci biografiche su Francesco e Giorgio Sisini pubblicate dallo stesso autore in C. Dau Novelli - S. Ruju, Dizionario storico degli imprenditori in Sardegna, I, Cagliari 2012, rispettivamente pp. 184-188 e 189-193.