Agroalimentare, sistema
Con la locuzione sistema agroalimentare si intende l'insieme concatenato di attività che ha l'obiettivo di portare al consumo finale e all'alimentazione dell'uomo i prodotti di origine agricola. Il s. a. è costituito, quindi, da un gran numero di segmenti produttivi, diversamente integrati tra loro e diversamente organizzati in una filiera di prodotto, che vede coinvolti tutti i settori: dall'agricoltura e zootecnia (per gli ordinamenti colturali, l'organizzazione dell'impresa agraria ecc.) alla trasformazione industriale e alle attività terziarie (la trasformazione e il marketing, il commercio, la ricerca e lo sviluppo, la certificazione della qualità ecc.). In campo agroalimentare il ricorso al termine sistema intende sottolineare come fra le molteplici fasi del processo produttivo intervengano numerose forme di interazione reciproca, dalla cui efficacia organizzativa si fanno discendere i livelli di efficienza della filiera. Fasi produttive, integrazioni dei processi e interazioni reciproche assumono caratteristiche tecniche, economiche e di mercato, accettate singolarmente e nel loro complesso, in grado di influenzare l'intera economia regionale attraverso le dinamiche occupazionali e dei prezzi. Il settore primario è quindi divenuto una componente essenziale del più complesso s. a. e questa visione integrata è entrata in modo unitario a far parte del dibattito scientifico tra gli esperti e della nomenclatura relativa alle politiche agricole nazionali ed europee. In Italia, nella composizione del valore aggiunto di tutto il s. a., il settore primario cattura soltanto meno del 20% del totale, l'apporto della componente industriale risulta anche inferiore (12-15%), mentre i due terzi del valore aggiunto complessivo sono garantiti dai servizi.
L'industria alimentare
Una componente fondamentale del sistema agricolo-alimentare moderno che influenza la struttura, la condotta e l'efficienza del settore agricolo è rappresentata dall'industria di trasformazione dei prodotti agricoli. In Italia questo comparto produttivo è in fase di modernizzazione ed è dominato dalla presenza delle piccole e medie imprese. In effetti, le imprese di piccola e piccolissima dimensione sono presenti in tutta la filiera agroalimentare, vale a dire nella fase agricola, di trasformazione, dalla distribuzione al dettaglio. Lungo la filiera l'industria alimentare svolge, indipendentemente dalla sua dimensione economico-operativa, un ruolo strategico in quanto può tecnicamente garantire la commestibilità, in tempi e luoghi diversi da quelli di raccolta e di origine, di prodotti alimentari estremamente deperibili e con produzioni stagionali. L'industria di trasformazione rappresenta un fondamentale mercato di sbocco per molte produzioni agricole e, per le esigenze tecniche del suo processo produttivo e in ragione dei mercati di riferimento, orienta sempre più frequentemente le scelte degli agricoltori sia sulle tipologie di prodotto da mettere a coltura, sia sulle quantità da produrre.
Nei primi anni del 21° sec. l'industria alimentare italiana ha mostrato indici di produzione positivi, anche se decrescenti, in contrasto con l'andamento complessivo del settore manifatturiero nazionale, in più marcato declino. La buona performance del comparto è il frutto degli incrementi di produzione in tutti i settori, a eccezione di quelli relativi alla 'lavorazione e trasformazione di frutta e ortaggi' e alla 'fabbricazione e lavorazione di oli e grassi vegetali e animali', a causa delle difficoltà di mercato incontrate dai produttori, della crescita delle importazioni di prodotto trasformato anche da Paesi non appartenenti all'Unione Europea, e di un progressivo cambiamento del sistema di preferenze dei consumatori, sempre più orientati verso il prodotto fresco.
I risultati globalmente positivi che l'industria alimentare riesce a garantire per lo sviluppo economico del Paese sono frutto di numerosi fattori. In primo luogo, il comparto agroalimentare italiano si avvale di una lunga tradizione produttiva e di saperi consolidati che si tramandano da generazioni; questa tradizione mette a riparo il comparto dall'aggressività dei competitori stranieri e garantisce comunque un buon livello qualitativo di prodotto sia sul mercato interno, sia su quello internazionale.
In secondo luogo, l'offerta alimentare si confronta con una domanda piuttosto rigida che, sebbene interessi quote decrescenti della spesa della popolazione, può contare su una richiesta di prodotti abbastanza costante nel tempo. In terzo luogo, l'industria alimentare è largamente rappresentata da imprese di piccola e piccolissima dimensione (spesso a gestione familiare) e la notevole presenza di queste unità produttive rappresenta un elemento di debolezza nella competizione sia internazionale sia sul mercato interno; tuttavia, la piccola dimensione non manca di punti di forza, in quanto ha consentito a questa importante componente della struttura produttiva di superare congiunture sfavorevoli puntando sulla flessibilità organizzativa e sull'innovazione di processo e di prodotto, portandola a occupare, sul mercato nazionale e internazionale, nicchie di domanda rappresentate da consumatori curiosi, che dispongono di redditi medio-alti, che richiedono cibi sani e di qualità. Nonostante le imprese piccole e medie rappresentino, secondo i dati del censimento ISTAT, dell'Industria del 2001, il 96% ca. del totale delle Unità locali e catturino una quota di addetti assai rilevante del complesso degli occupati del settore (52,7%), l'impresa di grande dimensione economica e operativa costituisce comunque un elemento strategico per l'intero settore (v. .).
Il dualismo strutturale che caratterizza questo comparto industriale è accompagnato da un accentuato dualismo geografico territoriale. La grande industria alimentare è in prevalenza concentrata nell'Italia settentrionale e fornisce un importante contributo allo sviluppo economico di quelle regioni, mentre le imprese piccole e medie caratterizzano la struttura produttiva delle regioni centro-meridionali. Dal punto di vista del fatturato, il complesso delle imprese (grandi, medie e piccole) realizza la gran parte dei ricavi nel Nord del Paese (oltre il 77%), lasciando il 23% al resto della penisola.
La localizzazione dei diversi comparti che costituiscono l'industria alimentare risponde a precise logiche economiche: in primo luogo, la vocazione dei territori nella produzione di beni agroalimentari. In molti casi l'impresa agroalimentare, specie se di piccola e media dimensione, è infatti presente laddove esistano produzioni agricole che, per il loro stretto legame con l'ambiente naturale e socioeconomico che le ospita, non possono che essere convenientemente prodotte in quelle aree. In secondo luogo, la presenza delle imprese del comparto agroalimentare è maggiore nelle regioni con infrastrutture in grado di favorire il commercio e il raggiungimento di mercati lontani, specie per le merci deperibili. In terzo luogo, infine, la localizzazione produttiva è spesso determinata dalle tradizioni alimentari delle popolazioni residenti, talvolta fortemente influenzate da culture gastronomiche limitrofe.
Accanto alla diffusissima rete di unità di piccole e medie dimensioni, nel comparto agroalimentare sono presenti imprese multinazionali di notevolissima dimensione economico-gestionale. Osservando l'elenco delle ventuno principali imprese agroindustriali in ordine di fatturato, attive in Italia nel 2001, al primo posto si trova la Parmalat (dal 2003 in crisi per le vicende giudiziarie che hanno coinvolto il management aziendale), seguita dalla Barilla; la prima multinazionale straniera, la Nestlé, occupa il terzo posto, mentre la seconda, la Kraft, è collocata al tredicesimo posto. All'indiscusso valore economico, queste imprese di grande dimensione, che operano sui mercati internazionali, associano un fondamentale punto di riferimento per l'innovazione tecnologica e per la ricerca.
La distribuzione alimentare
Per comprendere la struttura, la condotta e le performances dell'industria alimentare è necessario esaminare quanto accade nel comparto della distribuzione dei prodotti agricoli. Proprio perché rappresenta l'ultimo segmento della filiera, capace di interpretare i gusti, le preferenze e le modalità di acquisto dei consumatori, la distribuzione al consumo è in grado di influenzare le scelte sia delle imprese che trasformano prodotti agricoli, sia delle stesse aziende che operano nel settore primario. Il sistema distributivo, in rapida evoluzione, conferma l'inarrestabile progressiva crescita della grande distribuzione organizzata, accompagnata dalla corrispondente flessione del numero dei punti di vendita di piccola dimensione che ha interessato soprattutto i tradizionali negozi alimentari e quelli specializzati. La lenta ma radicale trasformazione delle abitudini di acquisto della popolazione italiana, legata al cambiamento degli stili di vita nelle grandi città e alla diffusione di elettrodomestici per la conservazione in freddo dei cibi, ha prodotto i suoi effetti sul sistema distributivo contribuendo alla penalizzazione del dettaglio tradizionale: quest'ultimo ha subito, non solo nelle grandi aree urbane, un ridimensionamento che ha prodotto a sua volta effetti preoccupanti per le sorti del mercato dell'occupazione, riducendo le opportunità di lavoro in quei servizi che hanno rappresentato, fino agli anni Ottanta del secolo scorso, il naturale sbocco occupazionale per i ceti rurali inurbati e per gli esuberi di un settore industriale in rapida modernizzazione tecnologica.
Lo sviluppo delle grandi superfici di vendita ha determinato una profonda modificazione delle relazioni di mercato fra agricoltura e sistema distributivo, creando situazioni oligopolistiche e riducendo la forza contrattuale degli agricoltori. Inoltre, le tecniche distributive a libero servizio hanno imposto all'agricoltura di mercato grandi trasformazioni, quali, per es., l'introduzione nelle aziende delle fasi di manipolazione e confezionamento del prodotto. Questo processo di modernizzazione del tradizionale s. a., che ha avuto inizio negli anni Novanta, se da un lato ha indotto una rapida trasformazione delle imprese agricole di maggiori dimensioni, dall'altro ha estromesso dai grandi mercati le piccole aziende a gestione familiare che non possiedono le quantità e gli standard qualitativi adeguati alla grande distribuzione, ma che costituiscono la componente di gran lunga più ragguardevole della struttura produttiva agricola.
Nei primi anni del 21° sec. nel comparto distributivo trova ulteriore conferma la progressiva riduzione del piccolo commercio al dettaglio (fatta eccezione per alcune tipologie di negozi specializzati): in crescita costante, in tutti i suoi indicatori di performances, appare invece la grande distribuzione organizzata, crescita particolarmente vivace nella classe ipermercati, tanto nel numero di unità locali, quanto nella superficie di vendita.
bibliografia
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