Nervoso, sistema
Il sistema nervoso è un insieme di strutture tra loro coordinate, che collegano le varie parti dell'organismo dei Metazoi, ne regolano le funzioni e gli permettono di ricevere stimoli dall'ambiente reagendovi specificamente e adeguatamente. Attività caratteristiche del sistema nervoso sono quella analitica e quella integrativa. La cellula nervosa o neurone è l'unità strutturale e funzionale del sistema. Contribuiscono a realizzare la risposta dell'organismo all'ambiente cellule differenziate per raccogliere lo stimolo, i recettori, vie nervose per trasmetterlo e organi effettori per rispondere a esso (muscoli e ghiandole). Salendo nella scala zoologica, l'evoluzione tende a specializzare sempre più i recettori, che diventano specifici per determinati stimoli: chimici; gustativi; olfattivi; ottici; statici ecc. Nel suo complesso, il sistema nervoso comprende: il sistema nervoso centrale; il sistema nervoso periferico; il sistema nervoso autonomo.
Si riconosce la presenza di un sistema nervoso in quasi tutti gli animali: in forme ridotte nelle specie al più basso livello evolutivo e in forme sempre più complesse nelle classi superiori, fino all'uomo. Una funzione nervosa non è riconoscibile nei Poriferi. Le spugne sono costituite da un ammasso sacciforme di cellule praticamente equivalenti e mobili, capaci di trasformarsi da un tipo cellulare all'altro, non differenziate in veri tessuti e organi. A lungo si è dubitato dell'esistenza non solo di un sistema nervoso, ma delle stesse cellule nervose; finora, tuttavia, non sono state portate prove sufficienti per una risposta definitiva. I miociti, cellule contrattili, nel loro insieme costituiscono un sistema primitivo di conduzione di stimoli, con contrazione ed espansione intorno ai pori, che permettono l'ingresso e l'uscita dell'acqua, la cui circolazione nel corpo assicura tutte le funzioni vitali.
I Celenterati, nelle forme di medusa e di polipo, hanno una struttura corporea a doppia parete con uno strato intermedio di aspetto gelatinoso, la mesoglea, in cui sono disseminate fibre e poche cellule. Mancano di veri organi, di un capo e di un centro di coordinazione nervosa, ma due reti nervose sono in comunicazione tra loro intorno all'apertura orale, l'una subectodermica, che raccoglie gli stimoli dall'esterno, e l'altra subentodermica, che raccoglie quelli provenienti dall'interno; tali reti sono lasse e diffuse, non organizzate in gangli e cordoni nervosi, e formate da neuroni con filamenti efferenti e afferenti, anatomicamente non distinguibili tra loro. Manca quindi una polarità della cellula nervosa che può trasmettere in tutte le direzioni prendendo contatto con altre cellule nervose, con cellule mioepiteliali, con miociti e con cellule sensitive distribuite in tutto il corpo; nel complesso si realizza un buon livello di coordinazione. A livello del disco orale, specie nella medusa, si addensano gruppi di cellule che possono agire in simultaneità o indipendentemente, attuando così, fin dal più basso livello filogenetico, un carattere funzionale e strutturale proprio del sistema nervoso: l'impulso infatti può restare circoscritto in un determinato settore, oppure invadere tutta la rete nervosa. Esistono anche organi di senso per la luce, gli ocelli, formati da cellule pigmentate, cellule sensoriali e talvolta anche formazioni lenticolari, e organi per il senso statico, i ropali. La rete nervosa dei Celenterati è preposta a un'attività che prevede sia la mobilità (evidente nella medusa, ma anche nei polipi, come per es. l'anemone di mare, che è in grado di eseguire una sequela di movimenti finalizzati a disporsi sopra una conchiglia abitata da un crostaceo, per instaurare la ben nota simbiosi), sia la predazione, che è la modalità di nutrimento delle meduse. In quest'ultimo caso comunque è preponderante un'attività molto localizzata a livello cellulare nelle cnidocisti.
Secondo il biologo C.F.A. Pantin, la differenza fondamentale tra il sistema nervoso dei Celenterati e quello di tutti gli altri Metazoi dipende dalla sua struttura bidimensionale, con la doppia rete estesa su due soli piani dello spazio, che non consentirebbe all'animale di astrarre un modello tridimensionale dall'oggetto cui reagisce. In definitiva esso reagirebbe allo stimolo e non all'oggetto da cui parte lo stimolo. È presumibile che il comportamento animale inizi la sua evoluzione dalla sostituzione dello stimolo semplice o complesso con il modello astratto dell'oggetto esterno come evocatore della risposta. Nei Turbellari (le altre classi dei vermi piatti o Platelminti sono rappresentate da specie parassitiche con alcuni apparati molto ridotti) compare per la prima volta un sistema nervoso centrale, con cellule nervose riunite in gangli collocati in posizione cefalica, da cui partono due o più cordoni nervosi longitudinali, ventrali, uniti tra loro trasversalmente da tratti o commessure e collegati ai recettori e agli organi effettori con fibre. Nel ganglio i corpi cellulari sono disposti in superficie, mentre nella parte centrale le fibre non mielinizzate si addensano in una matassa, detta neuropilo. Il sistema nervoso centrale degli Invertebrati è pertanto situato in posizione ventrale rispetto all'apparato digerente, mentre nei Vertebrati esso è dorsale. Sono collocati in posizione cefalica anche gli organi sensori, costituiti da un rudimentale organo di senso visivo, con fotocettori che discriminano intensità e direzione della luce, e un organo di recezione gravitazionale, la statocisti, mentre recettori superficiali di stimoli chimici e fisici sono sparsi sulla superficie corporea totale. Un aspetto primitivo residuo in alcune forme è rappresentato dalla presenza di un intreccio di fibre nervose sotto lo strato muscolare e dall'assenza di gangli lungo i cordoni nervosi.
Negli Anellidi, negli Artropodi e nei Molluschi si consolida la disposizione gangliare e appaiono più evidenti una simmetria bilaterale e una metameria. In genere manca attorno all'asse dei neuroni la guaina mielinica. Un primordio di encefalo può essere individuato a partire dal genere Lumbricus. Negli Anellidi, si chiama cervello il doppio ganglio sopraesofageo del terzo metamero, ingrossato in rapporto agli organi di senso cefalici, cui si aggiunge un ganglio viscerale sottoesofageo, unito al primo da un cingolo periesofageo. Da questo parte una catena ventrale formata da coppie di gangli, uniti tra loro da commessure e a quelli successivi da cordoni nervosi. Organi visivi, tattili e chemocettivi sono anche presenti in forme molto semplici. Nei Molluschi, il cui corpo può assumere una grande varietà di forme, anche il sistema nervoso assume aspetti vari, riconducibili comunque a un complesso costituito di coppie gangliari in corrispondenza degli organi principali, capo, piede, mantello e sacco dei visceri, come sempre collegati da fibre e cingoli. Nei Cefalopodi la struttura si evolve fino a raggiungere una grande complessità, che corrisponde a una vita particolarmente attiva da predatori e a forme di comportamento molto elaborate, talvolta ancor più che in alcuni Pesci e Anfibi. Per es., il cervello di Octopus, derivato dall'unione di grossi gangli e contenuto in una sorta di cranio, la capsula cefalica, è suddiviso in cinquanta lobi, in cui si trovano centri ottici e tattili, con aree specifiche che presiedono alle diverse funzioni. Alla sua struttura concorrono cellule in numero molto superiore a quello di altri Invertebrati, differenziate in vari tipi fra cui neuroni bi- ed eteropolari che sono caratteristici dei Vertebrati. Grossi gangli ottici sono collegati a occhi molto specializzati, con una retina strutturalmente simile a quella dei Vertebrati, mentre statocisti, organi tattili, soprattutto nei tentacoli, e osfradi per il senso chimico sono disposti in varie parti del corpo.
Negli Insetti il modello generale del sistema nervoso degli Artropodi, con gangli cerebrali, cingolo periesofageo e doppia catena gangliare ventrale, è modificato in conseguenza della fusione e differenziazione dei metameri corporei. Le tre paia di gangli cefalici si uniscono a formare una massa voluminosa e differenziata in porzioni di complessità notevole, sia perché collegata con i sistemi visivo, olfattivo e labiale, sia perché in rapporto a prestazioni e comportamenti che in questa classe di animali assumono forme mirabili. Da ricordare la sostanziale importanza della funzione olfattiva o comunque di ricezione chimica nei Formicidi (formiche): la comunicazione chimica, cioè la trasmissione di molecole da un individuo all'altro e tra l'ambiente e l'individuo, prevale nettamente su quella acustica e visiva e assume un ruolo preminente nei comportamenti. I corpi peduncolati, strutture fungiformi ricche di interneuroni, situate nel lobo frontale e annesse al protocerebro, sono sviluppati soprattutto negli Insetti sociali e assolverebbero funzioni associative dei vari stimoli che a esso convergono. Si differenziano nettamente neuroni per l'innervazione delle antenne, delle zone cefaliche, degli arti, dei muscoli assiali, dei tessuti periferici e interneuroni per le associazioni. Il grande successo biologico di individui di dimensioni e capacità aggressive così ridotte è legato alla perfetta funzionalità del loro sistema nervoso, semplice e perfetto fin dall'inizio. Ristretto in uno spazio molto esiguo, esso deve registrare e trasmettere messaggi di importanza vitale per la sopravvivenza della specie e dell'individuo. In questa situazione la rapidità di ricezione e trasmissione dell'impulso è ottenuta in due modi: raccorciando il circuito, e quindi riducendo il numero di cellule utilizzabili per esso, o aumentando il diametro della fibra nervosa, essendo l'aumento del diametro proporzionale alla velocità di trasmissione dell'impulso.
La ricezione dello stimolo a livello dei gangli determina poi per via riflessa la rapida risposta motoria degli organi della mobilità relativi a quel livello. Il più delle volte è una risposta di difesa, che consiste essenzialmente nella fuga. Così il sistema nervoso di questi animali è perfettamente efficiente; tuttavia, tale efficienza è assicurata a spese della flessibilità della risposta e della precisione nella registrazione dei vari aspetti dell'oggetto stimolo. La decerebrazione dell'insetto, sperimentale o naturale, come avviene nelle fasi conclusive dell'accoppiamento della mantide, evidenzia l'autonomia dei gangli toracici e addominali dal cervello, che permette loro di portare a termine una sequenza di atti complessa, ma sempre stereotipicamente uguale. Il repertorio dei comportamenti in questi animali è infatti, in genere, piuttosto ristretto. Tale sistema comunque ha assicurato la sopravvivenza delle specie lungo epoche geologiche durate milioni di anni, attraverso cataclismi ambientali, restando probabilmente invariato. Rendono plausibile quest'ultima affermazione lo studio di esemplari fossili, la cui struttura è simile a quella di viventi, e quello di specie con origine molto antica, dell'ordine degli Ortotteri, il cui sistema nervoso è rimasto identico ai progenitori per volume e struttura: perfetto fin dall'inizio ma evolutivamente statico. Nei Vertebrati, invece, meno perfetto e meno stabile al suo apparire, il sistema nervoso si è progressivamente modificato e adattato alle variazioni ambientali.
Le fondamentali differenze di questo modello rispetto a quello degli Invertebrati stanno nella sostituzione di un canale e di vescicole cave alle masse compatte dei gangli e dei cordoni nervosi e, dal punto di vista organizzativo, nella diversa disposizione di centri e fibre nervose: mentre negli Invertebrati i centri sono segregati gli uni dagli altri e formati da neuroni motori comunicanti, a livello del neuropilo, con neuroni sensitivi la cui cellula è quasi sempre dislocata perifericamente, nei Vertebrati le fibre dei neuroni motori, di quelli sensitivi e degli interneuroni sono raccolte in cordoni longitudinali, estesi lungo tutto il tubo neurale e distinti gli uni dagli altri. La struttura a tubo cavo, con cellule disposte in strati e bagnate dal liquido rachidiano in esso circolante, che distribuisce gli elementi nutritivi e convoglia i cataboliti, facilita gli scambi gassosi e i processi metabolici, laddove quella con cellule ammassate nei gangli rende più difficile lo svolgersi di un metabolismo efficiente, e questo limita ulteriormente il numero delle cellule. Nei Vertebrati si stabiliscono inoltre connessioni multiple per il grande arricchimento in interneuroni, finché il numero di cellule nella regione cefalica arriva ai dieci miliardi nei Mammiferi. Quanto più alto è il grado di complessità e di evoluzione del sistema nervoso, tanto maggiore è il numero degli interneuroni. Nei Vertebrati, infine, il processo adattativo da microfagi a predatori richiede e condiziona ogni trasformazione e acquisizione morfologica.
La necessità di sensori per la luce, per il suono e per le sostanze chimiche determina lo sviluppo di organi concentrati nella regione cefalica; l'intero cervello, all'inizio del suo sviluppo, è infatti plasmato da questa esigenza. Per seguire il cammino evolutivo del sistema nervoso centrale dei Vertebrati è utile ricordarne, nelle linee generali, l'embriogenesi, che nei primi stadi è simile nelle diverse classi. Successivamente, secondo la posizione occupata nella scala zoologica, lo sviluppo si complica per l'aggiunta di nuovi centri nervosi con le fibre a essi appartenenti, per la crescita di alcune parti a spese di altre, ma soprattutto perché i centri situati nella parte bassa del tubo neurale cedono progressivamente il controllo dell'attività nervosa generale a quelli superiori. Dopo la formazione della morula e il suo allungamento, nella regione dorsale e lungo l'asse longitudinale si differenzia una striscia di cellule più alte delle circostanti, che costituisce la cosiddetta piastra neurale. Essa viene ben presto delimitata dal sollevamento di due pieghe longitudinali che poi si saldano fra loro a formare un canale (canale neurale), mentre lo strato cellulare soprastante si richiude su di esso. Il canale neurale, nella parte anteriore, dà origine all'encefalo formando, con rigonfiamenti e strozzature, cinque vescicole cave: prima due (archiencefalo e deuteroencefalo), poi tre (prosencefalo, mesencefalo e rombencefalo) e infine cinque (dallo sdoppiamento della prima il telencefalo e il diencefalo, della terza il meta- e mielencefalo; il telencefalo poi si sdoppia in due emisferi). Le cavità formano i ventricoli: primo e secondo all'interno dei due emisferi telencefalici; terzo nel diencefalo; acquedotto di Silvio, ma solo nelle classi superiori, nel mesencefalo; e quarto ventricolo nel metencefalo e mielencefalo. Al loro interno scorre il liquido cefalorachidiano (v. liquor) che bagna anche la superficie esterna del tubo neurale; questo poi è avvolto in tutta la sua estensione da tre membrane, le meningi; la prima di esse a contatto con il canale osseo formato dalle vertebre è la dura madre, quella intermedia è l'aracnoide, mentre la terza, aderente al midollo spinale, è la pia madre. In questa fase l'encefalo si flette in due importanti curvature: la flessura cervicale fra midollo spinale e cervello posteriore e la flessura cefalica alla giunzione di cervello posteriore con cervello medio. Più tardi nello sviluppo si forma la flessura pontina. Mentre si chiude la parte posteriore del tubo nervoso, dal prosencefalo si espandono lateralmente le vescicole ottiche. Per tale motivo la retina dell'occhio, che da esse deriva, deve essere considerata una propaggine del diencefalo, da cui si è estroflessa, tanto che negli Anfibi l'elaborazione degli stimoli lontani avviene a livello della rete neuronica della retina. Le tre vescicole primitive corrispondono alle funzioni fondamentali dell'encefalo: le olfattive a quelle del prosencefalo, le visive a quelle del mesencefalo, e le acusticostatiche a quelle del rombencefalo, in relazione alle fibre afferenti dagli organi sensori situati nel capo.
Nei Vertebrati inferiori le parti citate mantengono un grande rilievo, e prevale l'una o l'altra a seconda del maggiore o minore sviluppo dell'una o dell'altra attività sensoria nella vita di relazione. Il telencefalo, il diencefalo e il mesencefalo costituiscono il cervello propriamente detto. Il metencefalo diventa il cervelletto e il mielencefalo costituisce il midollo allungato. Ciascuna di queste parti svolgerà un compito diverso e prenderà anche aspetti differenti salendo nella scala zoologica. Nel midollo spinale le fibre formano la sostanza bianca periferica e i corpi cellulari la sostanza grigia nel centro, mentre nell'encefalo le due posizioni si scambiano. Le fibre sono raccolte in cordoni longitudinali di connessione specializzati per lo stesso tipo di informazioni, mentre la zona grigia presenta quattro aree distinte funzionalmente: procedendo dalla zona dorsale verso la ventrale, si trovano l'area somatosensitiva, la viscerosensitiva, la visceromotoria e la somatomotoria. Le cellule sensitive, a cui appartengono le fibre afferenti sensitive, si trovano in gangli esterni al midollo, in due serie longitudinali immediatamente contigue al midollo stesso. Durante l'embriogenesi queste si costituiscono in forma di due listerelle di cellule, che si distaccano dalle pieghe neurali nel momento del loro congiungimento lungo la linea mediale. Dal midollo spinale escono per ogni metamero o vertebra i nervi misti, che derivano dall'unione delle due radici, motoria e sensitiva, e si distribuiscono ai vari organi del corpo; soltanto nelle lamprede i due nervi, motore e sensitivo, restano separati. Il midollo spinale raccoglie informazioni e invia impulsi motori al tronco e agli arti. Può svolgere un'attività propria, che nasce e si esaurisce al suo interno, nonché un'attività di connessione con i centri superiori. Quest'ultima va potenziandosi, mentre l'altra si attenua dai Vertebrati inferiori ai più evoluti. Nei primi, dunque, il midollo spinale mantiene una sua autonomia anche per movimenti complessi come il nuoto, tanto che i Pesci possono svolgerli anche se viene interrotta la connessione midollo spinale-cervello. Con il crescere dell'attività natatoria e il conseguente sviluppo degli organi e dei centri dell'equilibrio, come anche dell'attività nervosa generale, aumentano le vie di coordinazione con l'orecchio interno e con il cervelletto, le vie vestibolospinali e le vie spinocerebellari; ma già nei Ciclostomi si evidenziano i più antichi fasci di connessione con il cervelletto e con il midollo allungato. Ascendendo nella scala evolutiva, l'attività del midollo passa via via sotto il controllo dei centri cefalici superiori, il midollo allungato prima e il mesencefalo poi con il quale è collegato attraverso le vie spinotettali e tettospinali.
Nei Rettili e nei Mammiferi è presente una grande via sensitiva, la spino-bulbo-talamo-corticale, che permette al telencefalo di accentrare l'attività nervosa dell'organismo. Negli Uccelli questa via si esaurisce al bulbo, e perciò i centri inferiori mantengono una loro autonomia, tanto che Uccelli decerebrati possono ancora svolgere attività motoria e mantenere l'equilibrio. Nei Mammiferi poi si riduce al minimo l'apparato proprio del midollo spinale. Il midollo allungato si presenta come un'espansione del midollo spinale, ove la cavità interna si è dilatata a formare il quarto ventricolo sovrastato da una tela di vasi sanguigni, denominata tela coroidea, mentre i centri e i fasci nervosi si sono allargati a ventaglio. Si ritrova comunque la stessa disposizione delle quattro aree sopra definite con la sede di nervi motori, sensitivi e misti che ricevono o inviano impulsi alla pelle e ai muscoli della testa, all'occhio e all'orecchio, realizzando l'attività propria del midollo allungato: sono i nervi cranici, dal V al XII paio. Molto sviluppato nei Ciclostomi e nei Selaci, il midollo allungato svolge una funzione di controllo dell'attività del sottostante midollo spinale e la coordina a quella dei centri superiori con i quali è collegato, mentre già dai Teleostei il mesencefalo sottrae al midollo allungato questa funzione. Il cervelletto riceve informazioni somatosensitive da tutto il corpo, in particolare dai recettori dell'orecchio interno, della linea laterale e dalle fibre propriocettive dei muscoli e dei tendini. Esso non è in grado di dare inizio a un movimento, ma assicura il controllo posturale svolgendo attività riflesse inerenti all'equilibrio nello spazio e alla coordinazione delle contrazioni della muscolatura. Per questo motivo non segue nel suo sviluppo la scala evolutiva, ma lo sviluppo delle masse muscolari e il dinamismo dell'animale.
Quasi assente nei Ciclostomi, molto sviluppato nei Selaci, nei Teleostei e negli Uccelli, si riduce nei Dipnoi, negli Anfibi e nei Rettili, con attività motorie più torpide, mentre nei Mammiferi fibre e centri nuovi che lo collegano al telencefalo permettono a quest'ultimo di intervenire sulla sua attività che non è più completamente riflessa. Il mesencefalo, già presente nei primi stadi dello sviluppo come terza vescicola, ha origine quale area di proiezione di vie ottiche e tale rimane, seppur molto ridotto, nei Ciclostomi con scarso sviluppo degli occhi, si evolve da questi agli Uccelli, e torna più semplice nei Mammiferi, ove le sue funzioni sono svolte dalla neocorteccia, alla quale invia fibre di proiezione visive e acustiche che questa elabora. Vi si distinguono una parte dorsale, il tetto ottico, collegato non soltanto con i centri visivi ma anche con gli olfattivi del telencefalo e i gustativi del diencefalo e con centri di sensibilità generale, e una parte ventrale con i nuclei del III e IV paio di nervi cranici, cioè dei motori dell'occhio, e con nuclei di fibre che vanno al midollo allungato e al midollo spinale tramite il fascicolo longitudinale mediale. In tal modo il mesencefalo controlla i movimenti dell'occhio e di tutto il corpo in risposta a stimolazioni visive. Esso funziona come centro nervoso integrato, che può modulare il tipo di risposta alle varie informazioni raccolte; perde questa caratteristica nei Mammiferi, ove le informazioni visive, acustiche e generali vanno quasi tutte al talamo e alla corteccia cerebrale.
Nei Rettili, Anfibi e Pesci il mesencefalo sostiene anche una, pur modesta, attività psichica. Il diencefalo, seconda vescicola encefalica, presenta caratteri sostanzialmente simili nelle diverse classi dei Vertebrati, a parte la maggiore complessità che assume nei Mammiferi, dove presenta nuclei connessi alla corteccia. Dorsalmente vi si trovano due organi interessanti dal punto di vista evolutivo: originariamente organi di senso, occhi con corrispondenti fori nella corazza ossea nei Pesci primitivi, hanno assunto poi significati diversi nei Rettili, negli Uccelli e nei Mammiferi, restando in alcuni casi ancora fotocettori, o aggiungendo una funzione secretoria endocrina con l'organo pineale o epifisi. Sono parte fondamentale del diencefalo i talami posti lateralmente, mentre alla sua base si trova un'evaginazione, l'ipofisi, che con il resto del pavimento costituisce l'ipotalamo, centro d'integrazione e coordinazione neurormonale. Al diencefalo di tutti i Vertebrati giungono due grandi vie sensitive, gustativa dal midollo allungato e olfattiva dal telencefalo, e gran parte delle vie sensitive dell'organismo, mentre da esso partono fibre che lo connettono a tutti i centri sottostanti, di cui assume il controllo tranne che nei Mammiferi. Tutte le attività fondamentali dell'organismo, come l'alimentazione, la riproduzione, la termoregolazione e i comportamenti a esse inerenti, dipendono in gran parte dal diencefalo. Esso è anche un centro associativo importante tra le aree sensoriali e i centri encefalici superiori.
Nei Mammiferi il talamo è in grado di filtrare le informazioni sensitive che vanno alla corteccia modulandone l'intensità. Il telencefalo è la vescicola che maggiormente si è modificata nell'evoluzione dei Vertebrati e che assume gli aspetti più caratteristici di ciascuna classe; ha origine come area di proiezione delle fibre olfattorie, che originano dalle cellule poste nelle mucose degli organi olfattori (le capsule dei Vertebrati inferiori) ed entrano in contatto sinaptico con le cellule dei cosiddetti bulbi olfattori, prolungamento in avanti della vescicola telencefalica. Da qui, dopo sinapsi intermedie con altri centri, le fibre olfattorie giungono al setto e all'archipallio, all'abenula e al diencefalo, da cui infine partono le risposte motorie, con l'eccezione dei Mammiferi. I bulbi sono molto sviluppati nei Ciclostomi e nei Selaci, che dall'olfatto e dal gusto ricavano le più importanti informazioni sensitive, e nei Rettili. Sono invece ridotti negli Uccelli, che nel mezzo in cui si muovono trovano scarsi stimoli olfattori. La regione olfattoria del telencefalo è molto sviluppata nei Mammiferi macrosmatici, come il cavallo, l'armadillo, la cavia, e meno nei microsmatici, come i Primati e l'uomo. Nel telencefalo la materia grigia emerge in superficie spingendo quella bianca all'interno e si organizza in corteccia, la caratteristica struttura del cervello pluristratificata con cellule e fibre nervose. Resta in tutti i Vertebrati la funzione olfattoria della prima corteccia che, negli ordini primitivi, coordina anche altri impulsi sensoriali. Nei Ciclostomi e, all'inizio dello sviluppo del cervello, anche negli altri Vertebrati, il telencefalo è ancora formato da un'unica vescicola con un'archicorteccia dorsomediale, una paleocorteccia dorsolaterale, nuclei striati ventrolaterali e nuclei del setto ventromediali. Dai Selaci, e lungo la linea evolutiva che va ad Anfibi e Rettili, le due archicortecce ruotano verso l'interno sul piano mediano, fino a contattare in basso i nuclei striati. La rotazione si completa nei Tetrapodi. La vescicola unica si divide completamente nelle due che costituiscono gli emisferi cerebrali.
A partire dai Rettili cheloni fino ai Mammiferi, si va insinuando nell'area dorsolaterale, tra le due vecchie cortecce, separandole, una neocorteccia che si espande sempre più e spinge la paleocorteccia a ruotare lateralmente finché, nella sua massima estensione, questa finisce per saldarsi con la controparte nella zona mediana e spingere i nuclei striati e del setto all'interno della vescicola. L'archicorteccia, a sua volta, sotto questa spinta, si sposta sempre più, fino a introflettersi dentro la parete mediana di ciascun emisfero, differenziandosi, nei Mammiferi, in ippocampo, corno d'Ammone e fascia dentata, formazioni che mantengono le funzioni olfattorie. Si realizza cosi l'evento più importante che caratterizza il cervello dei Vertebrati, la comparsa e il predominio di una nuova corteccia, il neopallio. Negli Anamni progrediti e nei Tetrapodi primitivi le aree associative sono costituite dai nuclei della base. Negli Uccelli questi sono molto grossi essendo associati a comportamenti e riflessi innati, mentre sembra restare preminente la funzione del mesencefalo sull'attività nervosa generale. Nelle specie capaci di apprendimento si sviluppa un tessuto iperstriato.
Nei Mammiferi la neocorteccia, sulla quale si concentrano tutte le vie afferenti sensitive e dalla quale partono le vie efferenti motorie, assume il controllo di tutta l'attività nervosa dell'animale, integrando ogni apporto e togliendo questa prerogativa ai centri sottostanti. La capacità integrativa del telencefalo è superiore a ogni altra fin qui apparsa, anche perché con il neopallio si sviluppa il collegamento tra le varie aree dello stesso emisfero e con quelle dell'altro. Il corpo calloso, più o meno sviluppato nei diversi ordini di Mammiferi, rappresenta l'insieme delle fibre che collegano tra loro i due emisferi. I due emisferi possono così distribuirsi le funzioni di memoria e di apprendimento. Nell'encefalo, struttura eminentemente simmetrica, vi sono anche altre commessure che uniscono regioni corrispondenti dei due lati, a evitare che si possa instaurare nell'individuo una doppia personalità. I due emisferi cerebrali finiscono per ricoprire tutte le altre parti del cervello e la corteccia, ancora liscia nei Mammiferi inferiori, aumentando notevolmente le sue dimensioni negli altri, si adatta alla superficie sottostante, formando pieghe, circonvoluzioni e solchi. È questo un altro aspetto distintivo dell'apparato nervoso dei Vertebrati rispetto a quello degli altri Metazoi: negli Invertebrati si sviluppano le masse, nei primi le superfici.
Il sistema nervoso periferico è costituito dai nervi spinali che, come si è prima accennato, si vedono uscire dal midollo spinale con una doppia radice, la quale si fonde poi a costituire l'unico nervo che, a sua volta, si divide in un ramo dorsale per l'innervazione sensitiva e motrice degli organi dorsali e uno ventrale per i corrispondenti distretti corporei. Non è sempre esattamente questa la disposizione nei Vertebrati inferiori: per es., in alcuni Pesci le due radici si alternano, emergendo in livelli successivi dal midollo, nei Selaci le due radici non confluiscono completamente e nei Ciclostomi restano del tutto separate, facendo supporre che questa fosse una condizione generale negli antenati dei Vertebrati. Alle radici dei nervi spinali si collegano le fibre del sistema nervoso autonomo che regola con attività riflessa i muscoli lisci involontari e le ghiandole. Il sistema autonomo è costituito da due cordoni nervosi paralleli, ai lati della colonna vertebrale, formati di gangli e nervi che funzionano con riflessi indipendenti dalla volontà dell'individuo. Si distingue in ortosimpatico, che ha i neuroni originari sul tratto toracico e lombare del midollo spinale, e in parasimpatico, che li ha nei tratti cervicale e sacrale. Nell'ortosimpatico, il neurasse del neurone midollare, per mezzo di un ramo comunicante pregangliare, porta l'impulso fino al ganglio e lo trasferisce al neurone simpatico gangliare che, con una fibra postgangliare, raggiunge l'organo effettore. Le fibre di tutti questi neuriti formano rami nervosi motori che vanno alle cellule muscolari dei vasi sanguigni e alle ghiandole. Nel sistema parasimpatico, i corpi cellulari del gruppo craniale sono parte dei nuclei originari di quattro paia di nervi cranici: III, VII, IX e X. Quest'ultimo, denominato anche nervo vago, innerva il cuore, i polmoni, il fegato, il pancreas e gran parte dell'intestino. I due sistemi (orto- e parasimpatico) portandosi sullo stesso organo vi agiscono con attività antagonistica, l'una eccitatrice, in genere l'ortosimpatico, l'altra frenante, il parasimpatico; dalle terminazioni nervose del simpatico si liberano la noradrenalina e l'adrenalina, da quelle del parasimpatico l'acetilcolina.
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Il sistema nervoso centrale è la parte del sistema nervoso contenuta nella scatola cranica e nel canale vertebrale e avvolta da un particolare sistema membranoso, le meningi. Esso risulta costituito da due parti principali: l'encefalo e il midollo spinale; l'encefalo, a sua volta, è composto da tre parti anatomiche: il tronco dell'encefalo, il cervelletto e gli emisferi cerebrali (v. cervello).
Il tronco dell'encefalo, la struttura nervosa che sostiene il cervello e lo connette al midollo spinale e al cervelletto, è suddiviso in bulbo, ponte, mesencefalo e diencefalo. Oltre a essere sede di transito dei segnali sensitivi, che dal midollo si dirigono principalmente verso il talamo e il cervelletto, e dei segnali motori, che dalla corteccia cerebrale e da altre strutture sottocorticali vanno verso il midollo, il tronco encefalico è sede di centri nervosi di grande importanza per la regolazione di molteplici funzioni. La substantia nigra e il nucleo rosso controllano e coordinano le attività muscolari automatiche (in concorso con i gangli della base, il cervelletto e le aree motorie della corteccia cerebrale). La formazione reticolare è deputata al controllo del livello di attivazione cerebrale, dello stato di sonno e di veglia, del tono muscolare e della motilità automatica, della pressione arteriosa, delle funzioni cardiaca e respiratoria, della motilità oculare (in concorso con i nuclei del III, IV e VI paio di nervi cranici, i collicoli superiori, i gangli della base, il cervelletto e la corteccia cerebrale). I nuclei del V paio di nervi cranici mediano le sensibilità superficiali e profonde delle strutture facciali, la sensibilità gustativa di gran parte della lingua e della faringe e la motilità dei muscoli masticatori; quelli del VII mediano i movimenti dei muscoli mimici; quelli dell'VIII paio provvedono all'udito e contribuiscono al controllo dell'equilibrio; quelli del IX, X, XI e XII mediano la motilità di laringe, faringe, lingua e di alcuni muscoli del collo, così come la motilità e le funzioni secretive di numerosi organi interni (attività vegetative svolte dal X paio di nervi cranici).
L'ipotalamo, a livello del diencefalo anteroinferiore, rappresenta il centro di un sistema complesso nel quale interagiscono la corteccia cerebrale, le strutture limbiche, il talamo anteriore, l'infundibolo con l'ipofisi e la formazione reticolare del tronco encefalico. La funzione principale di questo sistema è quella di mantenere l'equilibrio omeostatico, cioè la stabilità relativa dell'ambiente interno dell'organismo, coordinando le attività endocrine, vegetative e comportamentali. Il controllo delle funzioni endocrine avviene principalmente attraverso la regolazione delle secrezioni ipofisarie. L'ipotalamo è in connessione con l'ipofisi posteriore mediante un tratto neurale diretto (tratto sopraotticoipofisario) e con l'ipofisi anteriore tramite il tratto tuberoinfundibolare e il sistema portale ipofisario. Quest'ultimo è uno speciale sistema vascolare che trasporta verso le cellule ipofisarie i fattori di rilascio o di inibizione che sono sintetizzati a livello dei neuroni ipotalamici e che controllano la secrezione degli ormoni ipofisari (v. ormone). L'ipotalamo, inoltre, contiene gruppi cellulari che controllano funzioni vegetative, come la pressione arteriosa e la frequenza cardiaca, la temperatura corporea, il bilancio idrico e salino, il metabolismo, la digestione e la riproduzione, e funzioni con variazioni cicliche (per es., il ritmo sonno/veglia). Il talamo, a livello del diencefalo posterosuperiore, ha numerose connessioni bidirezionali con gran parte della corteccia cerebrale. Esso riceve informazioni di varia natura (visiva, uditiva, gustativa, olfattiva, somatosensitiva, emotiva ecc.) da varie strutture del sistema nervoso centrale e le smista alla corteccia cerebrale e ad altri centri sottocorticali. Considerata la mole delle connessioni talamocorticali, è molto probabile che le funzioni talamiche non si limitino a quelle di semplice stazione di smistamento, ma che il talamo partecipi all'elaborazione corticale delle informazioni.
Il cervelletto, posto dorsalmente al ponte e al bulbo, riceve informazioni dalla cute, dalle articolazioni, dai muscoli, dall'apparato vestibolare (struttura dell'orecchio interno, i cui recettori forniscono informazioni sulla posizione e sugli spostamenti del capo nello spazio), e dalla corteccia cerebrale, specie dalle aree coinvolte nella pianificazione e nell'inizio del movimento. Queste informazioni sono integrate a livello cerebellare e utilizzate principalmente per coordinare i movimenti, cioè per regolare adeguatamente tempi e intensità delle contrazioni muscolari. Sotto il profilo filogenetico e funzionale, il cervelletto è diviso in tre parti: il lobo flocculonodulare (archicerebellum o vestibulocerebellum), in connessione con l'apparato vestibolare; la parte anteriore e posteriore del verme (paleocerebellum o spinocerebellum), in connessione con il midollo spinale; la parte mediana del verme e gli emisferi cerebellari (neocerebellum o cerebrocerebellum), in connessione con la corteccia cerebrale. I nuclei cerebellari (fastigiale, globoso, emboliforme e dentato), situati profondamente, hanno come funzione principale quella di trasmettere informazioni per la regolazione del movimento, specie alle aree motorie della corteccia cerebrale. Un danno isolato del lobo flocculonodulare produce disturbi dell'equilibrio, con instabilità della marcia e della stazione eretta e nistagmo (oscillazione ritmica, pendolare o a scatti, degli occhi). L'ablazione del lobo anteriore determina un'alterazione del tono muscolare e un'esagerazione dei riflessi posturali, specie del riflesso positivo di sostegno (l'estensione dell'arto in risposta a una leggera pressione sulla pianta dei piedi). La lesione di un emisfero cerebellare provoca, negli arti omolaterali, perdita della coordinazione motoria (atassia) con dismetria (mancanza di misura nel movimento), asinergia (scomposizione dei movimenti complessi), adiadococinesia (incapacità a eseguire movimenti rapidi alternanti), tremore intenzionale (tremore che compare nell'esecuzione di un movimento) e una particolare disartria: la parola scandita. La distruzione del nucleo fastigiale compromette drammaticamente l'equilibrio e, quindi, la marcia e la stazione eretta, mentre quella dei nuclei globoso ed emboliforme genera tremore intenzionale. L'ablazione del dentato produce un allungamento dei tempi di reazione motoria e una compromissione della coordinazione dei movimenti, specie se complessi. Il cervelletto, oltre a controllare l'adeguata esecuzione dei movimenti, interviene anche nell'apprendimento motorio, specie in quello relativo alle risposte condizionate, che appaiono impedite in caso di lesioni cerebellari anche molto piccole. Il cervelletto, inoltre, è implicato in altre funzioni, quali la percezione di un ritmo sonoro, lo spostamento rapido dell'attenzione da uno stimolo all'altro, l'immaginazione di un movimento complesso (come giocare a tennis), il conteggio silente o la ricerca di verbi da adattare a nomi presentati visivamente.
Gli emisferi cerebrali sono interamente ricoperti da uno strato di sostanza grigia, di spessore variabile da 3 a 5 mm, la corteccia cerebrale. Questa è caratterizzata dalla presenza di numerosi solchi che delimitano regioni di forma convessa, dette giri o circonvoluzioni. Alcuni solchi sono costantemente presenti nel cervello umano e quindi sono stati utilizzati per suddividere la corteccia in quattro lobi, che, in accordo con il nome delle ossa craniche sovrastanti, sono stati denominati frontale, parietale, temporale e occipitale. Sulla base dello sviluppo filogenetico, la corteccia cerebrale può essere divisa in due parti: la neocortex, che è la parte più recente e ha una citoarchitettonica a sei strati, e l'allocortex, più antica e costituita in ampie aree da tre soli strati. Nell'uomo, la neocortex ricopre la maggior parte degli emisferi cerebrali, mentre l'allocortex è limitata a una sorta di anello, di spessore variabile, che circonda il corpo calloso (grosso sistema di fibre che connette i due emisferi tra di loro) e il tronco dell'encefalo.
In generale, la neocortex è soprattutto implicata nel pensiero e nell'azione coscienti, mentre l'allocortex, insieme alle strutture sottocorticali con cui è in connessione, costituisce un sistema implicato in particolare nelle emozioni, nella motivazione e nel comportamento affettivo (sistema limbico). Alcune aree della neocortex ricevono ed elaborano informazioni sensoriali (aree sensoriali), mentre altre provvedono a integrare i segnali necessari per la corretta esecuzione dei movimenti e inviano impulsi ai motoneuroni dei nervi cranici e del midollo spinale (aree motorie). Le aree sensoriali primarie (visiva, uditiva, somatosensitiva, olfattoria e gustativa) ricevono informazioni dai recettori periferici attraverso vie specifiche lungo le quali s'interpone un piccolo numero di sinapsi. Le aree sensoriali secondarie, disposte attorno alle aree primarie, sottopongono le informazioni concernenti ogni singola modalità sensoriale a un'elaborazione più articolata di quella effettuata dalle aree primarie. Le aree associative non ricevono afferenze dirette dalle vie sensitive o sensoriali, né trasmettono impulsi direttamente ai motoneuroni. La loro funzione è quella di integrare le informazioni di diversa natura (per es., sensitive, sensoriali, emozionali ecc.) provenienti da altre parti della corteccia e di permettere quindi l'esplicazione delle funzioni cognitive, l'effettuazione di movimenti finalistici e la regolazione delle attività ipotalamiche. La corteccia visiva primaria (area striata) è situata sulla superficie mediale del lobo occipitale, intorno alla scissura calcarina. Essa riceve impulsi dalla retina attraverso una via costituita dal nervo ottico, dal tratto ottico e dal talamo (corpo genicolato laterale).
L'organizzazione retinotopica lungo le vie visive permette alla corteccia visiva di un emisfero di avere una rappresentazione completa delle due metà controlaterali dei campi visivi (uno per ogni occhio). I neuroni della corteccia visiva primaria sono organizzati in moduli con particolari caratteristiche funzionali. Alcuni rispondono selettivamente a segmenti lineari di direzione diversa (colonne di orientamento); altri sono in relazione alla dominanza oculare (cioè rispondono più intensamente agli stimoli provenienti da uno dei due occhi); altri sono specifici per i colori e altri ancora per contorni o linee che si muovono in una direzione specifica. L'informazione visiva, dunque, subisce una prima, grossolana analisi a livello striatale e viene poi inviata alle aree corticali viciniori (extrastriate) per un'ulteriore e più complessa elaborazione. Il flusso delle informazioni segue, in generale, due vie: dorsale, che è diretta verso il lobo parietale ed è deputata all'analisi della localizzazione di un oggetto e del suo movimento nello spazio; ventrale, che si dirige verso il lobo temporale ed è implicata nell'identificazione e nella memorizzazione delle caratteristiche (forma, qualità ecc.) di un oggetto. Nei compiti di riconoscimento di volti, oggetti, colori o forme, si attivano aree corticali diverse, ma tutte a livello dei giri fusiforme e linguale (sulla superficie inferiore del lobo temporale) e della corteccia temporale anteroinferiore.
Lesioni parcellari di tali aree possono provocare deficit selettivi, come incapacità di riconoscere volti (prosopoagnosia) od oggetti vari, o colori (acromatopsia). Le lesioni delle aree extrastriate della corteccia parietale posteriore riducono l'abilità di localizzare un oggetto nello spazio (più esattamente, nell'emicampo visivo controlaterale), mentre le lesioni della giunzione parietoccipitale compromettono la capacità di riconoscere i movimenti (achinetopsia). Le lesioni della corteccia visiva primaria producono la perdita della visione nei due emicampi visivi controlaterali. La corteccia uditiva primaria si trova nel lobo temporale, nel giro temporale. La via uditiva comprende varie strutture: la coclea, a livello dell'orecchio interno; i nuclei cocleari e l'oliva superiore, a livello bulbare; il lemnisco mediale e il collicolo superiore, a livello pontomesencefalico; il talamo (corpo genicolato mediale). La corteccia uditiva primaria ha un'organizzazione tonotopica e appare implicata principalmente nella capacità di localizzare i suoni provenienti dallo spazio controlaterale. Stimoli uditivi semplici, come rumori o toni modulati, attivano solamente l'area uditiva primaria, mentre stimoli più complessi come il linguaggio attivano l'area di Wernicke e di Broca dell'emisfero dominante. Lesioni parcellari della corteccia uditiva primaria possono compromettere la localizzazione di suoni con specifiche frequenze; infine lesioni bilaterali possono produrre agnosia acustica (incapacità a riconoscere i suoni sia verbali sia musicali; v. afasia, agnosia).
La corteccia somatosensitiva primaria, sita nel giro postcentrale, riceve impulsi sensitivi, organizzati somatotopicamente, dalla metà controlaterale del corpo, attraverso le vie spinotalamiche e lemniscali e il talamo (nuclei ventroposteromediali e laterali).
Sono state identificate quattro distinte aree nella corteccia somatosensitiva primaria, ognuna con una mappa completa dell'emisoma controlaterale e con neuroni attivati solo da specifici recettori cutanei o muscoloscheletrici. L'area 3a, per es., riceve informazioni solo da recettori muscoloscheletrici (propriocettori); l'area 3b riceve principalmente impulsi dai meccanocettori cutanei. Lesioni limitate all'area 1 compromettono la discriminazione tattile basata sulla struttura di superficie di un oggetto, lasciando intatta quella basata sulla forma e le dimensioni; l'esatto contrario si verifica per lesioni dell'area 2. Lesioni dell'area 3b provocano un grave deficit della sensibilità tattile nell'emisoma controlaterale. Alla corteccia somatosensitiva secondaria, nel braccio superiore della scissura laterale, giungono impulsi direttamente dal talamo e, attraverso il corpo calloso, dall'emisfero controlaterale. Per tale motivo, essa è depositaria di almeno una, o probabilmente due, rappresentazioni complete del corpo; è considerata l'area nella quale si forma la percezione del corpo come unità, ed è responsabile del trasferimento interemisferico delle informazioni tattili. La lesione di quest'area provoca agnosia tattile, cioè l'incapacità di riconoscere gli oggetti al tatto. I neuroni dell'area somatosensitva secondaria, inoltre, trasferiscono informazioni dall'area somatosensitva primaria al sistema limbico, mediando l'apprendimento e la memoria tattile, e intervengono nell'integrazione sensitivo-motoria necessaria, per es., per la precisa manipolazione di un oggetto.
La corteccia olfattoria primaria è localizzata nella corteccia piriforme dell'uncus temporale (sulla superficie anteromediale del lobo temporale) e nelle parti adiacenti della corteccia entorinale. Essa riceve fibre nervose direttamente dal bulbo olfattorio ed è considerata la sede della percezione cosciente degli odori nell'uomo. Lesioni dell'uncus e della corteccia temporale vicina possono provocare esperienze olfattorie soggettive di solito sgradevoli. La corteccia olfattoria primaria proietta fibre direttamente, oppure indirettamente attraverso il talamo mediodorsale, alla corteccia orbitofrontale dove l'informazione olfattoria viene integrata con altre informazioni e ulteriormente elaborata.
L'area gustativa, posta nella corteccia somatosensitiva primaria in vicinanza dell'area di rappresentazione linguale, riceve informazioni gustative elementari (dolce, salato, amaro e acido) tramite il nucleo del tratto solitario e il talamo (nucleo ventroposteromediale). La percezione gustativa dipende, molto probabilmente, dall'integrazione di molte informazioni (non solo gustative elementari, ma anche olfattorie, tattili, termiche ecc.) che avviene a livello dell'insula e della corteccia orbitofrontale.
La corteccia motoria primaria, che si trova nel giro precentrale, contiene neuroni che proiettano direttamente ai motoneuroni dei nervi cranici e del midollo spinale. Essa riceve afferenze dalle aree somatosensitive primaria e secondaria, dalla corteccia premotoria, supplementare motoria e parietale posteriore, dal talamo (nucleo ventrolaterale) e dal cervelletto, e proietta efferenze ad altre aree corticali e a strutture sottocorticali, quali nucleo rosso, formazione reticolare, gangli basali e cervelletto. La sua funzione è quella di iniziare e controllare i movimenti volontari del tronco e degli arti controlaterali, regolando contemporaneamente l'attività di più articolazioni. La decisione di iniziare un particolare movimento, tuttavia, è presa in altre aree corticali. L'area supplementare motoria e l'area premotoria sono considerate aree motorie di ordine superiore, in quanto tendono ad attivarsi prima della corteccia motoria primaria nel corso dell'esecuzione di un movimento volontario.
L'area supplementare motoria, situata davanti alla corteccia motoria primaria sulla superficie mediale dell'emisfero, invia fibre al midollo spinale e alla formazione reticolare. Essa appare implicata nella pianificazione e organizzazione di movimenti complessi e nella mediazione di un'appropriata risposta motoria a un determinato stimolo sensoriale. Infatti, a movimenti semplici, quali la flessione e l'estensione delle dita di una mano, corrisponde l'attivazione della sola corteccia motoria, mentre l'effettuazione di una serie di movimenti in una specifica sequenza si associa ad attività neuronale nella supplementare motoria. Quest'ultima precede l'attivazione della corteccia motoria e non è correlata con il movimento stesso, dato che si verifica anche quando s'immagina il movimento. Le lesioni della supplementare motoria provocano difficoltà nella coordinazione bilaterale dei movimenti degli arti (per es., l'oscillazione degli arti in direzione opposta). L'area premotoria, posta davanti alla corteccia motoria sulla convessità dell'emisfero, riceve afferenze principalmente dalla corteccia prefrontale e dalle aree extrastriate e invia efferenze soprattutto alla formazione reticolare, al nucleo rosso, ai gangli della base e al cervelletto. Essa sembra essere essenziale per il controllo dei movimenti visivamente guidati, cioè per l'appropriato orientamento della mano e delle dita quando si avvicinano a un oggetto da afferrare. Le lesioni di quest'area causano la peculiare tendenza a continuare un determinato movimento (perseverazione), anche quando quest'ultimo non permette il raggiungimento di un determinato scopo. Le scimmie con tali lesioni, per es., continuano a urtare contro un ostacolo trasparente posto davanti all'oggetto da afferrare, anziché aggirare tale ostacolo. Le lesioni della corteccia motoria primaria rendono la prensione goffa e insicura, ma non aboliscono la capacità di aggirare l'ostacolo. Le aree associative parietali comprendono l'area 5 e la 7 (la cosiddetta corteccia parietale posteriore), site rispettivamente nel lobulo parietale superiore e inferiore. L'area 5 ha un ruolo importante nell'utilizzazione delle informazioni somatosensitive per la manipolazione degli oggetti e l'esecuzione di altri movimenti finalistici (v. anche motricità). L'area 7 appare fondamentale per l'integrazione degli stimoli somatosensitivi e visivi necessari per la coordinazione dei movimenti visivamente guidati. Entrambe, ovviamente, inviano impulsi alle aree corticali motorie. La corteccia parietale posteriore riveste un ruolo critico nella consapevolezza dello spazio, incluso l'orientamento spaziale dell'attenzione. I suoi neuroni costruiscono una rappresentazione completa dello spazio combinando modalità sensoriali multiple con segnali motori. La localizzazione spaziale viene costruita in rapporto a vari sistemi di riferimento, tra cui quelli centrati sulla testa e sugli occhi. La corteccia parietale posteriore, inoltre, invia segnali alla corteccia prefrontale e al giro del cingolo, per mediare l'influenza di attenzione, motivazione ed emozione sul comportamento indotto dagli stimoli somatosensitivi e visivi. Le lesioni della corteccia parietale posteriore possono provocare alterazione dei movimenti visivamente guidati (atassia ottica), difficoltà nel riconoscere la forma degli oggetti e la loro disposizione spaziale, inabilità nel ricercare le corrette relazioni tra un gruppo di stimoli visivi (simultanagnosia), incapacità di manipolare correttamente un oggetto o uno strumento noto, negligenza per gli stimoli provenienti dall'emisoma e/o emispazio controlaterale, se è interessato l'emisfero destro, e la sindrome di Gerstmann, caratterizzata da agnosia digitale (incapacità a riconoscere le dita della mano), agrafia (inabilità a scrivere), talvolta alessia (inabilità a leggere), confusione destro-sinistra e discalculia (ridotta abilità a eseguire calcoli semplici), se è interessato l'emisfero dominante.
La corteccia prefrontale, posta anteriormente all'area premotoria e alla supplementare motoria, costituisce l'area associativa del lobo frontale. Essa riceve numerosissime afferenze da parte delle altre aree cerebrali, incluso il giro cingolato, e del talamo (nucleo mediodorsale) e invia efferenze alle stesse aree (incluse l'area motoria e la supplementare motoria), al nucleo caudato e all'ipotalamo. Nel complesso, la corteccia prefrontale riceve informazioni riguardanti le varie modalità sensoriali e lo stato emotivo-motivazionale dell'individuo, le elabora, e decide se, quando e come effettuare un movimento. La corteccia prefrontale dorsolaterale appare implicata nella memoria operativa, che permette di ritenere per breve tempo (secondi) le informazioni necessarie allo svolgimento di attività cognitive, quali comprensione, ragionamento e soluzione di problemi. Le lesioni prefrontali, specie se estese e bilaterali, provocano apatia (indifferenza nei confronti del mondo circostante e assenza di qualsiasi sentimento o emozione evidente), difficoltà di attenzione e concentrazione, perdita della capacità di risolvere problemi complessi, modificazioni della personalità (disinibizione, difficoltà di adattamento) e dell'umore (labilità emotiva), iperattività motoria, perseverazione, deficit della memoria episodica (difficoltà nel ricordare la sola sequenza temporale degli eventi recenti, oppure dove e quando questi si sono verificati) e della memoria a breve termine (operativa), riflessi di prensione e di suzione, alterazione dell'andatura, incontinenza sfinterica. Le aree associative temporali comprendono la corteccia temporale inferiore e l'insula. La prima, come già detto in precedenza, elabora le informazioni visive provenienti dalle aree extrastriate ed è fondamentale per l'interpretazione degli stimoli visivi complessi. L'insula, situata profondamente nella scissura di Silvio, riceve molte afferenze somatosensitive. Quando è opportunamente stimolata, produce movimenti masticatori, modificazioni della frequenza e della profondità degli atti respiratori, alterazioni della motilità intestinale e altri fenomeni vegetativi. Se lesa, può causare agnosia tattile. La corteccia temporale anterolaterale sembrerebbe coinvolta nella memoria semantica, cioè la conoscenza generale di fatti e concetti che non sono legati a un particolare luogo o tempo.
Le aree del linguaggio comprendono due centri fondamentali dell'emisfero dominante: l'area di Broca, in contiguità immediata con l'area motoria della faccia, e quella di Wernicke, nella parte posteriore del giro temporale superiore. Le lesioni di queste aree causano afasia, cioè l'alterazione o la perdita della capacità di usare il linguaggio scritto o parlato.
Il sistema limbico è costituito dal giro cingolato, dalla formazione ippocampale, dai nuclei settali (posti medialmente e inferiormente ai gangli della base), dall'amigdala, dai nuclei mammillari (alla base degli emisferi) e dal nucleo anteriore del talamo. Il giro cingolato, sulla superficie mediale dell'emisfero cerebrale, produce, se opportunamente stimolato, varie combinazioni di effetti vegetativi e somatici. Gli effetti vegetativi includono, per es., alterazioni respiratorie e circolatorie (riduzione della frequenza respiratoria e cardiaca, e della pressione arteriosa), o gastrointestinali e pupillari (alterata peristalsi e midriasi); quelli somatici consistono soprattutto in modificazioni del tono muscolare e della motilità volontaria (più spesso nel senso dell'inibizione; talvolta compaiono reazioni aggressive). A tale proposito, va ricordato che anche la stimolazione di altre aree corticali può produrre effetti vegetativi, molto probabilmente attraverso la mediazione di strutture limbiche. La parte anteriore del giro cingolato appare implicata nell'attenzione esecutiva, che interviene in compiti quali la selezione e/o il monitoraggio delle risposte (specie se contrastanti), o la gestione di stimoli nuovi, e nell'acquisizione di risposte condizionate. La rimozione bilaterale del giro cingolato provoca nella scimmia docilità, indifferenza e deficit dell'apprendimento condizionato. L'amigdala, situata al di sotto dell'uncus temporale, consta di due gruppi nucleari: corticomediale, in connessione principalmente con il bulbo olfattorio, l'ipotalamo e i nuclei vegetativi del tronco encefalico; basolaterale, soprattutto connesso con il talamo, lo striato ventrale e la corteccia prefrontale. La stimolazione dei nuclei corticomediali provoca un insieme di reazioni somatiche e vegetative, quali movimenti masticatori e salivazione, o riempimento di retto e vescica con inibizione dei movimenti volontari. La stimolazione dei nuclei basolaterali produce reazione di risveglio e incremento dell'attenzione, o, se particolarmente intensa, paura o rabbia. Nell'uomo, la stimolazione dell'amigdala provoca un ampio spettro di reazioni emotive e vegetative, ma soprattutto una sensazione d'ansia. Talvolta sono state descritte esperienze tipo déjà vu. Effetti simili, paura e vari tipi di allucinazioni, sono stati osservati in corso di stimolazione dell'ippocampo e della corteccia temporale anterosuperiore. La distruzione bilaterale dell'amigdala determina perdita dell'aggressività e delle reazioni di difesa, assenza di paura, isolamento sociale, ipersessualità e difficoltà nell'apprendere l'associazione tra uno stimolo e il suo significato, specie se in termini di ricompensa o punizione (apprendimento condizionato; v. condizionamento). La formazione ippocampale, a livello della porzione mediale del lobo temporale, comprende l'ippocampo, il giro dentato (strutture più profonde), il subiculum e la corteccia entorinale (più superficiali). Essa ha connessioni molto strette con le aree associative corticali e con le altre strutture limbiche, e gioca un ruolo cruciale nell'apprendimento e nella memoria. Lesioni bilaterali della formazione ippocampale determinano un grave deficit della memoria episodica, che implica l'esplicito richiamo di particolari eventi personali. Il deficit è soprattutto anterogrado (riguardante, cioè, i nuovi fatti personali), ma anche retrogrado, interessando i fatti accaduti anche svariati mesi prima della lesione. La memoria a breve termine (memoria operativa) e la memoria semantica sono caratteristicamente conservate. Le lesioni limitate unicamente all'ippocampo sembrano compromettere soltanto la memoria spaziale episodica (per es., il ricordo di dove è stato posto un oggetto ecc.). I gangli della base comprendono lo striato (neostriato: caudato e putamen) e il globo pallido, situati profondamente negli emisferi cerebrali, il nucleo subtalamico e la substantia nigra (pars compacta e reticulata), posti a livello troncoencefalico alto. Lo striato riceve afferenze eccitatorie da quasi tutta la corteccia cerebrale e invia fibre inibitorie al globo pallido e alla substantia nigra. Da questi ultimi, fibre inibitorie raggiungono le strutture motorie del tronco encefalico e il talamo (nuclei ventrali anteriore e laterale, e nucleo centromediano). Il talamo, a sua volta, si ricollega con la corteccia cerebrale, soprattutto con le aree motorie, mediante fibre eccitatorie. In sostanza, impulsi eccitatori diretti dalla corteccia allo striato tenderebbero a produrre inibizione dell'attività pallidale e, quindi, disinibizione dei neuroni talamocorticali. Il nucleo subtalamico riceve impulsi dalle aree motorie corticali e manda efferenze eccitatorie al globo pallido e alla substantia nigra (pars reticulata). Le lesioni monolaterali dello striato non determinano di solito grossolane alterazioni dei movimenti; le lesioni bilaterali possono causare diminuzione e lentezza dei movimenti volontari e automatici e atteggiamenti posturali abnormi. Il blocco farmacologico delle vie striatopallidali produce movimenti involontari brevi, improvvisi, afinalistici, che interessano tutto il corpo (corea). Un danno a carico del nucleo sottotalamico provoca movimenti simili a quelli coreici, ma molto più ampi e violenti, che interessano l'emisoma controlaterale. Una lesione del globo pallido causa rallentamento motorio, atteggiamenti posturali abnormi e rigidità muscolare. L'inattivazione dei neuroni della substantia nigra (pars reticulata) compromette la fissazione visiva per l'incapacità di sopprimere i movimenti oculari involontari. Un danno della substantia nigra (pars compacta) provoca tremore a riposo, rigidità muscolare, lentezza dei movimenti, instabilità posturale: è questo il quadro clinico del morbo di Parkinson.
Se la diversa funzione di singole parti del sistema nervoso centrale è responsabile della variabile espressione clinica di malattia, i processi patologici che si osservano in risposta all'azione di agenti patogeni sul sistema nervoso centrale sono sostanzialmente omogenei, a parte le differenze correlate con la distinzione tra sostanza grigia e bianca. Ogni processo patologico è caratterizzato da modificazioni dei processi vitali, apprezzabili a livello genetico, biochimico, subcellulare e cellulare. L'interessamento cellulare può essere, inoltre, di tale entità da indurre modificazioni macroscopiche delle strutture nervose. Le lesioni tessutali e, almeno in parte, quelle cellulari possono essere studiate, attualmente, non solo con le tecniche neuropatologiche tradizionali, ma anche con metodiche in vivo, quali la tomografia assiale computerizzata, la risonanza magnetica nucleare, la spettroscopia di risonanza, la tomografia a emissione di positroni. La nosografia patologica è tuttavia ancora quella derivata dalla neuropatologia classica, che distingue tre gruppi generali di processi cellulari, che si manifestano in risposta all'azione di noxae patogene sul sistema nervoso centrale: 1) quelli espressione del deterioramento e dell'eventuale morte cellulare, detti regressivi/degenerativi; 2) quelli riconducibili a tentativi di difesa e di riparazione delle cellule sfuggite all'evento nocivo, detti progressivi/ipertrofico-iperplastici; 3) quelli espressione dell'alterazione dei meccanismi di controllo della crescita e proliferazione cellulare, detti neoplastici. Alcuni processi, per es., quelli che accompagnano l'invecchiamento, eludono un chiaro inquadramento nell'una o nell'altra categoria.
a) Processi neuronali. Sono quasi esclusivamente di tipo regressivo e la morte neuronale ne rappresenta il paradigma. Storicamente i patologi hanno cercato di differenziare tanti quadri di morte cellulare per quante noxae patogene fossero note. Attualmente si distinguono essenzialmente la morte per necrosi e quella spontanea o programmata, detta anche apoptosi (v. necrosi). La necrosi cellulare induce una risposta infiammatoria con l'intervento di elementi leucocitari e macrofagi, derivati dal sistema immunitario; questi ultimi fagocitano i resti cellulari. I caratteri essenziali dell'apoptosi sono stati descritti, nel 1914, da L. Gräper, che riteneva si trattasse esclusivamente di un meccanismo per controbilanciare la moltiplicazione cellulare nei tessuti in attivo ricambio, quali quelli embrionali. Recentemente l'apoptosi è stata riconosciuta come un meccanismo di morte cellulare attivo anche in condizioni patologiche; il suo ruolo è comprensibilmente passato inosservato, perché la morte delle singole cellule non evoca modificazioni appariscenti a livello tessutale se non la scomparsa delle cellule quando il fenomeno è ormai avanzato. L'apoptosi è sotto il controllo di sistemi genetici attivatori e inibitori, la cui alterazione per eventi endogeni o esogeni assume un ruolo patogenetico in numerose patologie del sistema nervoso definite degenerative (malattia di Alzheimer, malattie dei motoneuroni, processi degenerativi multisistemici, corea di Huntington ecc.). Una diffusa apoptosi è alla base del fenomeno di atrofia, caratterizzato da rimpicciolimento, regionale o generalizzato, delle strutture del sistema nervoso centrale. La forma di più frequente osservazione è quella che colpisce la corteccia cerebrale, nei processi dementigeni, in cui le circonvoluzioni appaiono assottigliate e i solchi e le scissure dilatate. I meccanismi di morte neuronale sono attualmente oggetto di un intenso sforzo di ricerca. Alla luce dei risultati più recenti di tali studi, una netta distinzione tra condizioni patologiche associate a morte per necrosi e quelle associate ad apoptosi richiede una certa cautela. Infatti noxae patogene traumatiche o tossiche o, per es., l'ischemia del sistema nervoso centrale, che si riteneva fossero accompagnate soltanto da necrosi, possono indurre fenomeni apoptotici associati ad alterazioni dei geni coinvolti nella morte cellulare programmata, come la famiglia dei geni bcl-2. In alcuni casi sembra che sia l'intensità dello stimolo a determinare la morte rispettivamente per apoptosi o per necrosi.
L'interruzione o la lesione dell'assone comporta modificazioni a livello del corpo cellulare (pericario); tali modificazioni rappresentano il tentativo della cellula di ripristinare l'integrità dell'assone e si accompagnano al rimaneggiamento di alcune strutture subcellulari coinvolte nella sintesi proteica (reticolo endoplasmatico rugoso), con perdita della normale colorabilità della porzione centrale del citoplasma (cromatolisi centrale). Se l'assone viene riparato, il pericario riprende il suo aspetto normale, passando attraverso uno stadio di cromatolisi periferica. Quando la lesione dell'assone avviene in prossimità del pericario, questo, usualmente, degenera. La cromatolisi centrale si osserva tipicamente nei neuroni motori spinali il cui assone ha subito una lesione distale. Quadri simili accompagnano la carenza della vitamina niacina (pellagra) e una condizione dementigena progressiva su base degenerativa del sistema nervoso centrale, detta malattia di Pick.
Una riduzione dell'apporto ematico di ossigeno (ipossia/ischemia) e/o di glucosio (ipoglicemia), che sono i principali substrati metabolici dei neuroni, si manifesta con una sequenza di alterazioni cellulari, che dall'iniziale rigonfiamento dei mitocondri, attraverso una sequela di modificazioni dei diversi componenti subcellulari, giunge allo stadio finale, caratterizzato dalla lisi delle membrane cellulari (necrosi), riconoscibili oltre che in ischemia/ipossia, anche al margine di lesioni traumatiche e in processi degenerativi e infettivi selettivi della sostanza grigia (poliomielite). I resti neuronali vengono inglobati e digeriti (neuronofagia) dalla microglia. La successione di questi eventi può essere interrotta (reversibilità) se la carenza di ossigeno è di breve durata (sino a 30 min nell'uomo). La vulnerabilità all'ischemia varia, comunque, da specie a specie e a seconda del tipo neuronale; i neuroni piramidali delle lamine 3a, 5a e 6a della corteccia cerebrale, quelli del settore CA1 dell'ippocampo e le cellule di Purkinje nel cervelletto sono gli elementi più vulnerabili in assoluto. Nell'invecchiamento fisiologico, nonché in quello prematuro e nelle condizioni degenerative sistemiche, per cause non ben conosciute, alcuni complessi enzimatici neuronali vanno incontro a selettiva e progressiva alterazione con conseguenti atrofizzazione del corpo cellulare, riduzione del numero dei prolungamenti cellulari e disgregazione della mielina, sino alla scomparsa del neurone (atrofia semplice o sclerosi cellulare cronica), cui si associa una reazione astrocitaria e microgliale. Questo tipo di processo degenerativo si può osservare in neuroni nei quali sono venuti a mancare oppure si sono fortemente ridotti gli impulsi afferenti (degenerazione transneuronale o trans-sinaptica) e può estendersi a cascata a neuroni collegati in successione. La sclerosi cellulare può manifestarsi anche in elementi il cui assone risulta in contatto con neuroni degenerati (degenerazione transneuronale retrograda).
Diverse condizioni patologiche (malattie degenerative, anomalie dello sviluppo ecc.) sono accompagnate dalla comparsa di inclusioni intraneuronali, di genesi e morfologia variabili. Comune denominatore di tali inclusi è la presenza di componenti proteici strutturali o funzionali del neurone, in forma normale o mutata. Sebbene quasi nessuno di tali processi sia specifico di una malattia, è utile ricordare, per la loro importanza nella diagnostica e nella ricerca neuropatologica, la degenerazione neurofibrillare di Alzheimer e i corpi di Lewy della malattia di Parkinson. La prima consiste in formazioni filamentose con una configurazione triangolare o a fiamma, i cui componenti principali sono la β-amiloide e la proteina Tau. Queste formazioni presentano caratteristiche istologiche, ultrastrutturali e di distribuzione distinte nei diversi tipi neuronali, ma tipiche della malattia. Processi morfologicamente identici, ma in numero e localizzazione differenziati, si riscontrano negli individui affetti dalla sindrome di Down che raggiungono l'età adulta; in altre rare malattie degenerative (paralisi sopranucleare progressiva; forme sporadiche delle malattie del motoneurone) ricorrono, invece, degenerazioni neurofibrillari ultrastrutturalmente differenti. Nel morbo di Parkinson, nei neuroni del tronco pigmentati e non, si possono trovare inclusioni perinucleari e intradendritiche, rotondeggianti, singole o multiple, costituite da materiale filamentoso e granulare (corpi di Lewy), di cui uno dei componenti principali è l'α-sinucleina, che in condizioni fisiologiche serve a prevenire l'aggregazione proteica. Tra le varie inclusioni con struttura e distribuzione variabili sono degni di nota gli aggregati tondeggianti di natura mucopolisaccaridica (corpi di Lafora) presenti nell'epilessia mioclonica; diverse altre inclusioni (corpi di Hirano; corpi colloidi; corpi di Marinesco; corpi di Bunina) si trovano nel cervello senile, nella malattia di Alzheimer, in quella di Pick e nelle malattie del motoneurone, ma hanno incerto significato diagnostico. Accumuli granulari di ferro, calcio, ematina (pigmento emoglobinico) e altri elementi in tracce (fosforo, zolfo, rame, zinco), visibili mediante colorazioni specifiche, possono ritrovarsi nel citoplasma di neuroni prossimi ad aree emorragiche, contusive, infartuali. Indipendentemente dalle condizioni suddette, in alcune rare malattie sono riscontrabili incrostazioni ferrose (malattia di Hallervorden-Spatz) e di calcio (malattia di Fahr e soggetti con ipoparatiroidismo) con una distribuzione selettiva a livello di alcune aree encefaliche. Macrocalcificazioni della corteccia cerebrale e, in minor misura, della sostanza bianca sottostante possono riscontrarsi in una condizione malformativa (angiomatosi encefalofacciale di Sturge-Weber) con anomalie del circolo vascolare meningeo.
Un processo, che si manifesta con l'avanzare dell'età in misura individualmente variabile e di cui è difficile definire con certezza la natura patologica, è l'accumulo di prodotti del catabolismo cellulare in forma di lipidi, proteine, carboidrati ed enzimi idrolitici stipati nei corpi residui lisosomiali (lipofuscina). Certamente patologico è l'accumulo che si manifesta in corso di alcuni deficit enzimatici lisosomiali e nelle malattie degenerative e che è spesso, ma non sempre, associato ad atrofia cellulare (atrofia pigmentaria). Nei disordini da difetti degli enzimi lisosomiali (lipidosi, mucopolisaccaridosi, mucolipidosi e disordini del metabolismo dei glicoconiugati) si ha l'accumulo intraneuronale di materiale con composizione biochimica variabile e specifica in relazione al processo o ai processi metabolici alterati. Le caratteristiche istochimiche del materiale accumulato consentono di riconoscere a quale classe di composti appartenga; le caratteristiche ultrastrutturali (avvolgimenti spiraliformi, corpi zebrati ecc.) risultano abbastanza tipiche per ciascun disordine. L'identificazione microscopica di corpi inclusi virali nucleari (tipo A e B secondo Cowdry; eosinofili nelle forme di encefalite dovuta a Herpesvirus; a 'occhio di civetta' nell'infezione da Cytomegalovirus) ha avuto molta importanza per dimostrare la natura di un'infezione del sistema nervoso sino all'avvento dei metodi di biologia molecolare. Il riscontro di inclusi citoplasmatici è meno frequente. Alcuni di essi, costituiti da materiale di origine virale e localizzati in prevalenza nelle cellule piramidali del corno di Ammone e in quelle di Purkinje del cervelletto, sono patognomonici della rabbia (corpi di Negri). Talora, il materiale incluso è costituito da involucri con aspetto a proiettile, formati dalle membrane cellulari, all'interno dei quali non è più dimostrabile la presenza di materiale virale (corpi di Lyssa).
La sezione di una fibra nervosa comporta un processo di disfacimento della porzione dell'assone distale alla lesione, che progredisce verso la periferia (degenerazione walleriana); tale processo è caratterizzato da iniziale rigonfiamento dell'assone che appare ripieno di materiale filamentoso e va incontro poi a coartazione con condensazione dell'assoplasma, a degenerazione degli organuli assoplasmatici e, infine, a frammentazione. Va sottolineato che la degenerazione assonale è seguita da quella mielinica. I resti tessutali vengono rimossi da cellule 'spazzino' (macrofagi). Il processo di degenerazione della porzione dell'assone a monte della lesione procede in senso centripeto, cioè dalla lesione verso il corpo cellulare (degenerazione retrograda), e si manifesta inizialmente con una riduzione del diametro e poi con la progressiva frammentazione dell'assone. Se la lesione è prossima al corpo cellulare, anche quest'ultimo degenera. La degenerazione walleriana a livello centrale avviene in seguito a lesioni focali di diversa eziologia o a sezione meccanica dei tessuti. Quando il corpo cellulare del neurone, per cause varie, va incontro ad atrofia, anche l'assone presenta un processo di lenta, progressiva atrofizzazione sino all'eventuale disintegrazione, che inizia nella sua porzione più distale e ascende verso il corpo cellulare (atrofia semplice retrograda dying back). Un processo contraddistinto da una serie di grossi rigonfiamenti tondeggianti lungo il decorso assonale (distrofia neuroassonale) risulta tipico di alcune rare condizioni osservate nell'infanzia, ma può realizzarsi anche nell'adulto in corso di carenza di vitamina E, nell'intossicazione da triortocresilfosfato e nell'invecchiamento. Rigonfiamenti fusiformi, singoli (formazioni a torpedine) della porzione prossimale dell'assone delle cellule di Purkinje, compaiono spesso nelle malattie degenerative croniche.
b) Processi mielinici. Sono essenzialmente di tipo regressivo. In alcuni disordini da difetti enzimatici, geneticamente determinati, si verifica un disturbo della formazione della mielina (dismielinizzazione). Le guaine mieliniche a livello centrale appaiono estremamente sottili. Un processo di distruzione delle guaine mieliniche primitivamente normali (demielinizzazione primaria) si osserva, invece, in diverse condizioni patologiche del sistema nervoso centrale (sclerosi multipla, leucoencefalopatia acuta disseminata, edema cronico) che interessano primariamente la mielina o le cellule che la formano. Possono realizzarsi un quadro di demielinizzazione completa e uno di demielinizzazione parziale. Nel primo, le lamelle mieliniche vanno incontro, attraverso una serie complessa di alterazioni, a disintegrazione completa e, nello stadio finale, i tessuti circostanti la lesione presentano la scomparsa degli oligodendrociti e la formazione di una cicatrice astrogliale. Nella demielinizzazione parziale, solo un tratto dell'assone presenta una guaina mielinica assottigliata, ma questa alterazione non è associata a morte degli elementi formatori della mielina. Un processo di distruzione della mielina può manifestarsi anche secondariamente alla sofferenza, per cause varie, dell'assone e/o del neurone (demielinizzazione secondaria), come può realizzarsi in lesioni, per es. l'infarto, che interessano tutti gli elementi del tessuto nervoso.
c) Processi astrocitari. Sono di tipo regressivo e progressivo. Nell'ipossia/ischemia acuta e nelle lesioni distruttive acute si manifesta il processo di necrosi acuta nel quale l'astrocita, dallo stadio iniziale, reversibile, di rigonfiamento del corpo cellulare e frammentazione dei prolungamenti cellulari (clasmatodendrosi), può andare incontro, nella fase terminale, a disintegrazione. L'invecchiamento e i processi degenerativi cronici si accompagnano all'accumulo di lipofuscina nel citoplasma astrocitario (degenerazione cronica). Negli anziani si osserva, inoltre, l'ammassarsi entro i prolungamenti astrocitari, prevalentemente in regione subpiale e subependimale, di formazioni tonde (corpi amilacei), i cui principali costituenti sono polimeri di glucosio (poliglucosani). Morfologia e origine del tutto sovrapponibili a quelle delle analoghe inclusioni neuronali hanno le inclusioni virali. Negli errori congeniti del metabolismo (malattia di Tay-Sachs, mucopolisaccaridosi ecc.) l'accumulo intracitoplasmatico di specifici metaboliti anomali presenta analogia strutturale con i processi a livello neuronale. Marcatamente negli infarti e nelle contusioni, ma praticamente in tutte le lesioni del sistema nervoso centrale, i processi riparativi tessutali sono caratterizzati da incremento del numero (proliferazione), del volume (ipertrofia) e delle fibrille intracellulari degli astrociti (astrocitosi). La proliferazione, stimolata da diversi fattori, avviene per divisione mitotica già nelle prime 24 ore dopo un evento lesivo. L'ipertrofia riguarda sia il corpo sia i prolungamenti cellulari. Si verifica un forte incremento del numero degli organuli citoplasmatici, dell'attività degli enzimi ossidativi e, in particolare, dei filamenti intermedi della proteina gliale fibrillare acida (GFAP, Glial fibrillary acidic protein). Gli astrociti reattivi partecipano attivamente alla fagocitosi, all'attivazione di enzimi proteolitici tessutali, alla ricostituzione delle membrane basali e alla formazione della cicatrice gliale. La sola ipertrofia astrocitaria, senza proliferazione e con abnorme produzione di fibrille astrocitarie (astrogliosi o gliosi fibrillare), rappresenta il correlato morfologico di processi riparativi di vecchia data. Gli astrociti reattivi partecipano anche, attivamente, al riassorbimento dell'edema cerebrale che si verifica in diverse condizioni patologiche. Per edema si intende un aumento del contenuto d'acqua oltre la norma, che è pari all'80% del peso del tessuto fresco (ovvero non disidratato) per la sostanza grigia e al 68% per quella bianca. L'edema è contenuto prevalentemente, ma non esclusivamente, negli astrociti, a livello della sostanza grigia e negli spazi extracellulari a livello di quella bianca. In relazione a caratteristiche patogenetiche e morfologiche vengono distinti cinque tipi di edema, tra i quali, i più importanti sono: quello vasogenico (tumori, ascessi, contusioni e infarti), in cui acqua, elettroliti e proteine si accumulano negli spazi extracellulari, e quello citotossico (fasi iniziali dell'ischemia; intossicazione da esaclorofene e composti del metilmercurio), così detto perché l'acqua si accumula, inizialmente, a livello intracellulare a causa dell'alterazione dei meccanismi di osmoregolazione cellulare, principalmente della pompa di membrana Na+-K+ ATP dipendente. Di minore rilevanza clinica sono l'edema idrostatico, da elevata pressione intravascolare, quello iposmotico, da riduzione della pressione colloido-osmotica del plasma, e quello interstiziale, rappresentato dall'accumulo di liquido cefalorachidiano nei tessuti periventricolari, frequente nell'idrocefalo ostruttivo acuto. In aree di astrogliosi cronica e nei tumori astrocitari ed ependimali a lenta crescita entro i prolungamenti astrocitari si riscontrano, frequentemente, formazioni filamentose di dimensioni variabili, parzialmente positive alla reazione immunocitochimica per la GFAP, dette fibre di Rosenthal. Astrociti tipicamente modificati per adattarsi alla necessità di metabolizzare l'ammoniaca in eccesso, detti astrociti di Alzheimer (senza relazione con l'omonima malattia) di tipo I e II si osservano in una malattia primariamente epatica: la malattia di Wilson o degenerazione epatolenticolare.
d) Processi microgliali. Sono essenzialmente di tipo progressivo. Le patologie più varie del sistema nervoso centrale, per es. infezioni, ischemia, tumori ecc., si accompagnano a una risposta infiammatoria dei tessuti. Questa consiste nell'invasione, per via ematogena, da parte di cellule ematiche della serie leucocitaria, di tipo variabile a seconda della fase e della causa del processo infiammatorio; per es., granulociti neutrofili nella fase acuta e linfociti e mononucleati in quella cronica delle infezioni batteriche; linfociti e plasmacellule perivascolari nelle infezioni virali ecc. Indipendentemente dall'origine del processo infiammatorio, entro 24-48 ore dal suo inizio, si attivano le cellule microgliali: queste migrano verso il sito della lesione, si moltiplicano per mitosi, assumono una forma tondeggiante, fagocitano corpi estranei e i resti dei tessuti in disfacimento e il loro citoplasma appare ripieno di materiale lipidico (cellule schiumose) e/o di pigmenti ematici. Il modo in cui le cellule ripiene di materiale fagocitato abbandonano il cervello non è chiaro. Un'intensa proliferazione della microglia in forma di elementi a bastoncello (microglia a bastoncello) viene considerata tipica delle encefaliti e del danno cerebrale subacuto. Focolai di cellule microgliali (noduli microgliali), macrofagi e spesso cellule giganti multinucleate, si riscontrano frequentemente nell'encefalite dovuta a infezione dei virus (HIV-1 e 2) responsabili della sindrome d'immunodeficienza acquisita (AIDS); i gruppi di cellule microgliali attivate si trovano spesso in prossimità di neuroni lesi o morti.
e) Processi oligodendrogliali. Lo spettro di reazioni dell'oligodendroglia a eventi lesivi è limitato. I processi di significato certamente patologico sono rappresentati dalle inclusioni nucleari virali (specialmente nella panencefalite sclerosante subacuta) e di materiale d'accumulo nei deficit enzimatici lisosomiali. Devono essere ricordate, tuttavia, la tossicità diretta sugli oligodendrociti di vari composti chimici (isoniazide; 6-aminonicotinamide; esaclorofene), che si manifesta inizialmente con la vacuolizzazione della guaina mielinica e poi con la morte dell'oligodendrocita, e la vulnerabilità degli oligodendrociti alle radiazioni ionizzanti, che si evidenzia con degenerazione e morte cellulare tardiva.
f) Processi neoplastici. Modificazioni in senso neoplastico sono note per tutti i tipi cellulari del sistema nervoso centrale. Esse consistono nella modificazione o perdita dei meccanismi di controllo e/o regolazione della differenziazione, della proliferazione e dell'accrescimento cellulare, in seguito all'attivazione di geni oncogeni e alla disattivazione, concomitante o non, di geni oncosoppressori. La proliferazione incontrollata di una cellula comporta, in un tempo più o meno breve, la formazione di lesioni occupanti spazio formate da elementi cellulari atipici (neoplasie) o da elementi cellulari normalmente differenziati, di origine embrionale o non (cisti, teratomi, amartomi). I tumori sono distinti in: primari, originati da elementi cellulari propri del sistema nervoso; secondari, originati da elementi extranevrassiali. I tumori causano danno alle strutture del sistema nervoso principalmente attraverso un'azione meccanica, compressiva (effetto massa). I tumori primari del sistema nervoso più frequenti sono quelli di origine gliale.
1.
Il sistema nervoso periferico, che è formato dai nervi cranici, dalle radici spinali, dai nervi spinali e dalle loro diramazioni, o nervi periferici, può essere definito anatomicamente come l'insieme delle strutture nervose nelle quali i neuroni e i loro prolungamenti periferici sono rivestiti dalle cellule di Schwann.
2.
I nervi cranici sono 12 paia, numerate in ordine progressivo secondo la sequenza rostrocaudale. A parte il I e il II paio di nervi, che data la loro costituzione anatomica non possono essere considerati propriamente nervi periferici ma piuttosto estroflessioni cerebrali, gli altri nervi cranici sono tutti tributari di colonne nucleari situate nel tronco encefalico. Tutti fuoriescono dalla superficie ventrale e laterale del tronco dell'encefalo, a eccezione del nervo trocleare (IV), che emerge dalla superficie dorsale. Le componenti funzionali dei nervi cranici sono divise in: fibre sensitive somatiche generali, che convogliano stimoli dalla cute e dalle mucose a livello del capo; fibre sensitive somatiche speciali, che convogliano stimoli acustici e dai canali semicircolari; fibre sensitive viscerali generali, che convogliano stimoli dalla porzione posteriore della lingua, da faringe, laringe, trachea, esofago, visceri toracici e addominali; fibre sensitive viscerali speciali, che convogliano stimoli gustativi; fibre motorie somatiche generali per i muscoli striati; fibre motorie viscerali generali per i muscoli lisci e per le ghiandole lacrimali e salivari; fibre motorie viscerali speciali per la muscolatura di origine branchiale (muscoli sternocleidomastoideo e trapezio, muscoli della fonazione, della deglutizione, facciali e della masticazione).
a) Nervo olfattorio (I paio). È costituito dall'insieme di filamenti che recano al bulbo olfattorio gli stimoli ricevuti a livello della mucosa nasale. Dalle cellule olfattorie, che rappresentano i neuroni sensoriali primari e sono localizzate a livello della mucosa delle fosse nasali, si distaccano sottilissimi assoni amielinici, che si raccolgono in filuzzi nervosi e si portano al bulbo olfattorio, attraverso la lamina cribrosa dell'etmoide. Da qui partono le fibre che trasmettono gli impulsi olfattori a livello centrale (neurone sensoriale secondario), costituite da assoni che originano dalle cellule mitrali e che formano il tratto olfattorio, suddiviso nelle strie olfattorie mediale e laterale che si portano alla corteccia olfattoria primaria, rappresentata dalla corteccia del giro ippocampale e dai nuclei amigdaloidei.
b) Nervo ottico (II paio). È formato dall'unione di numerose fibre nervose provenienti dalle cellule della retina, che convergono in corrispondenza della papilla ottica a formare il nervo. La retina è costituita da cellule nervose divise in 10 strati. Le cellule sensoriali sono rappresentate dai coni e dai bastoncelli: i coni, che provvedono alla visione diurna e sono responsabili dell'acuità visiva, si trovano isolati a livello della fovea centralis; i bastoncelli, che provvedono alla visione crepuscolare, sono molto più numerosi dei coni e si trovano nella parte restante della retina. Coni e bastoncelli sono connessi con le cellule bipolari e queste, a loro volta, con le cellule gangliari. Gli assoni delle cellule gangliari convergono verso la papilla ottica, dove si rivestono della guaina mielinica, prodotta dagli oligodendrociti, e danno origine al nervo ottico. I due nervi ottici percorrono il pavimento della fossa cranica anteriore e si scambiano fibre a livello del chiasma ottico, situato nella regione della sella turcica, sulla tenda dell'ipofisi. A livello del chiasma ottico s'incrociano le fibre, provenienti dalle metà nasali delle retine, responsabili della visione dei due emicampi temporali. Il chiasma ottico si continua poi posteriormente nei tratti ottici. Ciascun tratto ottico risulta quindi costituito dall'insieme delle fibre provenienti dalla metà nasale della retina controlaterale e da quelle provenienti dalla metà temporale della retina dello stesso lato. Il tratto ottico connette il chiasma con il corpo genicolato laterale, da cui hanno origine le radiazioni ottiche che si estendono fino alla corteccia occipitale (area striata o area 17).
c) Nervo oculomotore (III paio). È composto di fibre motrici somatiche e di un piccolo contingente di fibre motrici viscerali. Le fibre motrici somatiche originano dai nuclei mesencefalici dell'oculomotore e si portano a innervare la maggior parte dei muscoli estrinseci dell'occhio. Le fibre motrici viscerali hanno origine dal nucleo di Edinger-Westphal e innervano i due muscoli intrinseci dell'occhio, il muscolo costrittore della pupilla (che provvede alla costrizione pupillare) e il muscolo ciliare (responsabile dell'accomodazione). Il nervo oculomotore ha origine nella regione paramediana del mesencefalo, attraversa il nucleo rosso e la substantia nigra ed emerge nella fossa interpeduncolare. Nella fossa cranica posteriore il nervo decorre tra l'arteria cerebrale posteriore e l'arteria cerebellare superiore, attraversa la parete laterale del seno cavernoso e penetra nell'orbita attraverso la fessura sfenoidale superiore insieme al nervo trocleare (IV), all'abducente (VI) e alla prima branca del trigemino (V), dividendosi in due branche: quella superiore, che è la più piccola, incrocia il nervo ottico e si divide in due rami che si distribuiscono al muscolo retto superiore e al muscolo elevatore della palpebra superiore; quella inferiore, più voluminosa, si divide in tre rami per i muscoli retto mediale, retto inferiore e obliquo inferiore, e invia rami al ganglio ciliare, da cui partono le fibre per l'innervazione dei muscoli intrinseci dell'occhio (fibre pupillomotorie). Il nervo oculomotore presiede pertanto alla maggior parte dei movimenti del globo oculare: adduzione, abbassamento, innalzamento e rotazione. Controlla inoltre la costrizione pupillare e l'accomodazione.
d) Nervo trocleare o patetico (IV paio). È un nervo motore somatico, formato da fibre che hanno origine nel mesencefalo dal nucleo trocleare e si distribuiscono al muscolo obliquo superiore dell'occhio. Il nervo trocleare è l'unico nervo cranico che emerge caudalmente dal tronco encefalico e si incrocia con le fibre del lato opposto nel tetto del mesencefalo. Da qui si porta in avanti, percorre lo spazio subaracnoideo della base, raggiunge la parete laterale del seno cavernoso e penetra nell'orbita attraverso la fessura sfenoidale superiore. Innerva il muscolo obliquo superiore, la cui funzione è quella di abbassare il globo oculare addotto e di farlo ruotare internamente.
e) Nervo trigemino (V paio). È il più voluminoso dei nervi cranici e deve il suo nome al tipo di distribuzione periferica che ha luogo attraverso tre branche: oftalmica, mascellare e mandibolare. È un nervo misto formato da un'esile radice motoria (portio minor) e da una grossa radice sensitiva (portio maior). Provvede all'innervazione dei muscoli masticatori e all'innervazione sensitiva della cute della faccia, della congiuntiva, della mucosa buccale e nasale. Il contingente sensitivo ha origine dal ganglio semilunare di Gasser, posto all'apice della rocca petrosa nel cavo di Meckel; i neuroni pseudounipolari del ganglio inviano i loro prolungamenti centrali ai nuclei sensitivi, costituiti dal nucleo sensitivo principale (pontino), dal nucleo spinale (bulbospinale) e dal nucleo mesencefalico. Il contingente motorio, che innerva i muscoli masticatori, prende origine dal nucleo motore (nucleo masticatorio) posto nel ponte, fuoriesce con la radice motoria che si accolla alla radice sensitiva e raggiunge la branca mandibolare.
La prima branca (oftalmica) nasce dalla parete interna del ganglio di Gasser e prosegue nello spessore della parete laterale del seno cavernoso. Poco prima di raggiungere la fessura disfenoidale superiore si divide nei rami lacrimale, frontale e nasociliare. Innerva il cuoio capelluto, la cute della fronte, della palpebra superiore e del dorso del naso, nonché la mucosa della congiuntiva e della cornea, dei seni sfenoidali, frontali ed etmoidali e della parte anteriore delle fosse nasali; le è annesso il ganglio ciliare, di natura parasimpatica, da cui hanno origine fibre che si portano ai muscoli intrinseci del globo oculare.
La seconda branca (mascellare) si stacca dalla convessità del ganglio semilunare, nel punto di mezzo tra le altre due branche del trigemino, decorre lungo la parete laterale del seno cavernoso e fuoriesce dal cranio attraverso il foro rotondo dello sfenoide. Entra nella fossa pterigopalatina e si immette nella cavità orbitaria, passando per la fessura orbitaria inferiore. Passa poi nel canale infraorbitario e si divide nei rami zigomatico, alveolare superiore e sfenopalatino. Il ramo terminale (nervo infraorbitario) giunge nella fossa canina del mascellare, dove si suddivide in numerosi rami cutanei. Il mascellare è un nervo sensitivo somatico che si distribuisce a un'estesa area cutanea della faccia e alla mucosa delle cavità nasali e della bocca; a esso è annesso il ganglio sfenopalatino, da cui si dipartono fibre per la ghiandola lacrimale e per le ghiandole della mucosa nasale e del palato; innerva la cute dell'ala del naso, della palpebra inferiore, della tempia, della guancia e del labbro superiore, la mucosa del setto e della parete posteriore delle fosse nasali, del seno mascellare, del palato superiore e della gengiva superiore.
La terza branca (mandibolare) è un nervo misto costituito da fibre motrici somatiche e sensitive somatiche. Abbandona la cavità cranica attraverso il foro ovale e si divide nei rami masticatore, auricolotemporale, linguale, buccale e alveolare inferiore. Il ramo terminale (nervo mentale) esce dal canale mandibolare e si dirige alla cute del mento e del labbro inferiore. La terza branca si distribuisce alla cute del labbro inferiore, del mento, della guancia, della tempia e dell'orecchio, alla mucosa della lingua, della guancia, del pavimento orale e della gengiva inferiore. Le fibre motorie innervano i muscoli della masticazione. Al nervo mandibolare sono annessi i gangli parasimpatici otico e sottomandibolare che innervano, rispettivamente, la ghiandola parotide e le altre due ghiandole salivari maggiori.
f) Nervo abducente od oculomotore esterno (VI paio). È un nervo motore somatico, le cui fibre hanno origine da un nucleo localizzato nella regione paramediana del ponte e provvedono all'innervazione del muscolo retto laterale dell'occhio. Emerge in corrispondenza del solco bulbopontino, giunge a livello dell'apice della rocca petrosa dove si immette nel seno cavernoso. Entra nella cavità orbitaria attraverso la fessura superiore e raggiunge la superficie del muscolo retto laterale, responsabile del movimento di abduzione del globo oculare.
g) Nervo facciale o faciale (VII paio). Comprende due nervi distinti, il facciale propriamente detto e l'intermedio (di Wrisberg): il primo è formato da fibre motrici somatiche che hanno origine dal nucleo motore situato nella porzione caudale del ponte e provvede all'innervazione di tutti i muscoli della faccia; il secondo comprende fibre sensitive somatiche per la conca del padiglione auricolare e la regione mastoidea e fibre sensitive viscerali per la sensibilità gustativa dei due terzi anteriori della lingua. Le fibre hanno origine dai neuroni pseudounipolari del ganglio genicolato, i cui prolungamenti centrali fanno capo al nucleo del fascicolo solitario (per la sensibilità gustativa) e al nucleo spinale del trigemino per la sensibilità generale. Il nervo facciale emerge dal tronco in corrispondenza della fossetta sopraolivare, tra bulbo e ponte; le fibre compiono un'ansa attorno al nucleo del nervo abducente, sotto il pavimento del quarto ventricolo (cosiddetto ginocchio del facciale), e fuoriescono dalla faccia ventrale del ponte. Il tronco del nervo attraversa l'angolo pontocerebellare e penetra nel canale del facciale, scavato tra le cavità dell'orecchio interno e dell'orecchio medio, tramite il foro acustico interno. Il nervo facciale propriamente detto percorre il canale, senza interruzione, e ne esce dal foro stilomastoideo, fornendo durante il percorso intrapetroso rami per il muscolo stapedio; poi attraversa a tutto spessore la parotide e si dirige verso il ramo posteriore della mandibola, dove si divide nei due rami terminali, il tronco temporofacciale che si distribuisce ai muscoli mimici della parte superiore del viso e il tronco cervicofacciale per i muscoli della parte inferiore (escluso l'elevatore della palpebra superiore e i muscoli masticatori). Il nervo intermedio, giunto a livello del primo ginocchio del canale del facciale, mette capo al ganglio genicolato. Dal ganglio le fibre sensitive procedono verso i distretti periferici, in parte confluendo nel nervo facciale stesso e in parte passando nel nervo grande petroso superficiale. Pertanto il nervo intermedio termina a livello del primo ginocchio del canale del facciale, mentre il nervo facciale propriamente detto prosegue e da nervo unicamente motorio diviene misto.
h) Nervo statoacustico (VIII paio). Emerge dal tronco a livello della fossetta retro-olivare, si dirige in avanti e raggiunge il meato acustico interno, dove si divide nei due nervi vestibolare e cocleare. Il nervo vestibolare trasporta stimoli correlati con la gravità e l'accelerazione lineare e angolare, connessi quindi con il senso dell'equilibrio; le sue fibre hanno origine dalle cellule bipolari del ganglio vestibolare (di Scarpa), situate nel meato acustico interno; i prolungamenti centrali raggiungono i nuclei vestibolari nel tronco encefalico, quelli periferici gli organi recettoriali, rappresentati dalle macule acustiche dell'utricolo e del sacculo e dalle creste ampollari dei canali semicircolari. Le cellule ciliate dell'epitelio sensoriale dell'utricolo e del sacculo sono coperte da una massa gelatinosa che contiene dei prismi di carbonato di calcio (otoliti), il cui movimento, in rapporto con i movimenti del capo (accelerazione lineare), rappresenta lo stimolo. Le cellule delle creste ampollari sono stimolate dai movimenti dell'endolinfa all'interno dei canali semicircolari, in seguito a movimenti di accelerazione angolare. I nuclei vestibolari sono quattro (superiore o di Bechterew, laterale di Deiters, mediale o di Schwalbe e inferiore di Roller), localizzati al di sotto del pavimento del quarto ventricolo, ai confini fra bulbo e ponte. Questi nuclei sono a loro volta connessi, in modo specifico, con quelli motori dei muscoli extraoculari, con il cervelletto e con il midollo spinale. In questo modo l'apparato vestibolare ha la funzione di mantenere l'equilibrio corporeo, di coordinare i movimenti del capo e del corpo e di far conservare agli occhi la fissazione di un punto dello spazio anche quando il capo si muove. Il nervo cocleare trasmette stimoli acustici raccolti dalle cellule bipolari del ganglio spirale (di Corti), situato nel modiolo della coclea. I prolungamenti periferici di tali cellule terminano nell'organo spirale di Corti, mentre il prolungamento centrale, formato dal nervo cocleare, percorre il condotto uditivo interno insieme al nervo vestibolare e raggiunge i nuclei cocleari ventrale e dorsale, posti ai confini fra bulbo e ponte. Dai nuclei cocleari originano le strie acustiche che proiettano al lemnisco laterale. La via acustica prosegue poi fino ai nuclei talamici, da dove originano poi le radiazioni acustiche che terminano nell'area acustica primaria (area 41 e 42), localizzata nella circonvoluzione temporale superiore.
i) Nervo glossofaringeo (IX paio). È un nervo misto. L'esiguo contingente di fibre motorie somatiche speciali ha origine dalla parte rostrale del nucleo ambiguo e si distribuisce al muscolo stilofaringeo e al muscolo costrittore superiore della faringe. Le fibre motorie viscerali generali nascono nel bulbo dal nucleo salivatorio inferiore e recano stimoli secretori per la ghiandola parotide e per le ghiandole salivari minori. Le fibre sensitive viscerali speciali originano da cellule situate nel ganglio petroso e trasmettono al nucleo del tratto solitario stimoli specifici raccolti dai recettori gustativi del terzo posteriore della lingua. Le fibre sensitive viscerali generali trasportano impulsi sensitivi dalla porzione posteriore della lingua, dalla regione tonsillare, dalla tuba di Eustachio, dalla porzione nasale e orale della faringe e del seno carotideo; le cellule di origine si trovano a livello del ganglio petroso e le proiezioni centrali si portano al nucleo del tratto solitario. Infine le fibre sensitive somatiche generali sono dei prolungamenti di neuroni posti nel ganglio petroso superiore e raccolgono stimoli provenienti dalla mucosa della cassa del timpano, della tuba uditiva e di un ristretto territorio del padiglione auricolare e li inviano alla radice discendente del trigemino. Questi contingenti di fibre si raggruppano ed emergono in corrispondenza del solco laterale posteriore del bulbo, dirigendosi verso il foro giugulare, a livello del quale confluiscono in un unico tronco che si pone medialmente al nervo vago (X paio) e al nervo accessorio (XI paio). Lungo il suo decorso il nervo incontra prima il ganglio superiore, poi il ganglio petroso. Si dirige poi in basso, fino a raggiungere la radice della lingua, nella quale penetra, formando un plesso di rami terminali.
l) Nervo vago o pneumogastrico (X paio). È un nervo misto, è il più lungo dei nervi cranici ed è di notevole importanza in quanto trasporta un notevole contingente di fibre motrici viscerali che innervano la maggior parte dei visceri del torace e dell'addome. A esso è associata la branca interna dell'accessorio (XI paio). Il nervo vago emerge in corrispondenza del solco laterale posteriore del bulbo, passa poi nel foro giugulare, in vicinanza dei nervi glossofaringeo e accessorio. Nel foro giugulare esso incontra i due gangli sensitivi giugulare e nodoso ed emette i rami auricolare e meningeo. Inizia quindi il suo percorso extracranico che lo porta attraverso il collo e il torace fino alla cavità addominale. Nel collo discende in una guaina comune con l'arteria carotide e la vena giugulare, formando il fascio vascolonervoso del collo ed emette i rami faringei e il nervo laringeo superiore. Passa poi a destra davanti all'arteria succlavia e a sinistra davanti all'arco aortico ed emette il nervo laringeo inferiore o ricorrente. All'entrata nel torace si avvicina progressivamente alla trachea e si dispone a ridosso della parete dell'esofago (posteriormente a destra e anteriormente a sinistra). Entra nella cavità addominale attraverso l'orifizio esofageo del diaframma. Le fibre motorie somatiche speciali originano nella porzione caudale del nucleo ambiguo, che è comune anche al glossofaringeo, e contribuiscono alla costituzione del plesso faringeo; si distribuiscono al palato molle, alla laringe e ai muscoli laringei. Le fibre motorie viscerali generali hanno origine dal nucleo motore dorsale e recano stimoli effettori al cuore, alla parete dell'aorta e dei suoi grossi rami, alle ghiandole e alla muscolatura liscia delle vie respiratorie, dell'apparato digerente e di una parte dell'apparato urinario. Le fibre sensitive somatiche generali originano dal ganglio giugulare, raccolgono stimoli sensitivi da un piccolo territorio cutaneo del padiglione auricolare e li inviano alla radice discendente del trigemino. Le fibre sensitive viscerali speciali nascono dal ganglio nodoso o inferiore e i loro prolungamenti periferici raccolgono stimoli specifici dai calici gustativi dell'epiglottide e della faringe. Le fibre sensitive viscerali generali hanno origine dal ganglio nodoso e i prolungamenti periferici raccolgono stimoli della sensibilità viscerale generale dal seno aortico e dal glomo aortico, oltre che dalla mucosa della laringe, della faringe, della trachea e dell'esofago.
m) Nervo accessorio o spinale (XI paio). È un nervo esclusivamente motorio. Il suo nucleo è costituito da due parti: una appartenente al nucleo ambiguo, che dà origine alle fibre accessorie del vago (radice cranica), e una accessoria spinale (radice spinale) che origina dal nucleo proprio, localizzato nelle corna anteriori del midollo cervicale da C1 a C5-C6. Il nervo fuoriesce fra le radici midollari anteriori e posteriori, entra nel cranio attraverso il forame occipitale e si unisce alla radice cranica del vago. Le due radici, spinale e craniale, escono dalla cavità cranica attraverso il foro giugulare. La radice cranica ritorna al vago, quella spinale discende nel collo, incrociando posteriormente la vena giugulare, penetra nel muscolo sternocleidomastoideo, al quale lascia dei rami, ne esce e raggiunge il muscolo trapezio, dove termina. In particolare, al trapezio giungono fibre della porzione caudale del nucleo spinale e allo sternocleidomastoideo fibre della porzione rostrale di tale nucleo.
n) Nervo ipoglosso (XII paio). È un nervo composto esclusivamente di fibre motorie che originano dal nucleo del nervo ipoglosso, posto nella parte dorsale del bulbo; innerva i muscoli della lingua e delle regioni sopra- e sottoioidea. Emerge dal bulbo a livello del solco laterale anteriore tra la piramide e l'oliva, e lascia il cranio attraverso il canale dell'ipoglosso o forame condiloideo. Uscito dal cranio, si dirige in basso, verso la radice della lingua e decorre poi dietro al fascio vascolonervoso del collo, raggiungendo la regione sopraioidea e formando un arco a convessità caudale; giunge così alla loggia sottolinguale, dove emette un ciuffo di rami terminali, i rami linguali, che si distribuiscono ai muscoli intrinseci della lingua (stiloglosso, ioglosso e genioglosso). Dei numerosi rami collaterali emessi dal nervo durante il suo decorso, alcuni sono rami motori per il muscolo genioioideo, altri sono rami anastomotici che lo connettono alle fibre del vago, del ramo linguale del trigemino e dei primi nervi cervicali, costituendo l'ansa dell'ipoglosso, da cui partono fibre per l'innervazione dei muscoli sottoioidei (sternoioideo, omoioideo, sternotiroideo, tiroioideo).
I nervi spinali hanno origine da ciascun lato del midollo spinale, sono 31 paia e vengono distinti in nervi cervicali (8 paia), toracici (12 paia), lombari (5 paia), sacrali (5 paia) e coccigei (1 paio). Ciascun nervo spinale si forma dall'unione, in corrispondenza del canale di coniugazione intervertebrale, della radice anteriore, motoria, e della radice posteriore, sensitiva: la prima è costituita da fibre motorie, i cui corpi cellulari sono localizzati nelle corna anteriori del midollo spinale; la seconda da fibre sensitive che originano dalle cellule T (o primo neurone sensitivo), situate nei gangli spinali annessi alle radici posteriori. Subito dopo, le due radici si uniscono per formare il nervo spinale, che all'uscita dal canale intervertebrale emette un ramo ricorrente o meningeo, il quale rientra nello speco vertebrale per innervare le meningi. Il nervo spinale si divide poi in due rami: il ramo primario posteriore, che si distribuisce alla parte dorsale del tronco e innerva la cute e i muscoli paravertebrali; il ramo primario anteriore, che si distribuisce ai muscoli della parte assiale dello scheletro, della regione del collo e degli arti superiori e inferiori. Il ramo primario anteriore si divide, inoltre, in un ramo laterale cutaneo, che si distribuisce alla cute della parte laterale del corpo, e in un ramo anteriore cutaneo, che raggiunge la superficie anteriore del corpo. Vi sono poi i due rami simpatici che permettono la comunicazione tra il ramo anteriore primario e i gangli del simpatico e sono detti rami comunicanti bianchi e grigi. Il nervo spinale è quindi un nervo misto, che contiene fibre motorie, sensitive e simpatiche. Mentre i rami posteriori si distribuiscono ai loro rispettivi territori di innervazione, conservando la propria individualità, i rami anteriori si intrecciano a formare dei complessi dispositivi anastomotici, denominati plessi. Fanno eccezione i rami anteriori dei nervi toracici, che decorrono isolatamente negli spazi intercostali (nervi intercostali). Ogni paio di nervi spinali con le sue radici corrisponde a un segmento midollare o metamero. L'area cutanea innervata da una singola radice posteriore, chiamata dermatomero, ha una distribuzione segmentaria, a forma di banda trasversale al torace e longitudinale agli arti. I territori di due radici contigue tendono però a sovrapporsi, sicché le fibre di una determinata radice sono frammiste alle fibre di radici soprastanti o sottostanti. Analogamente, ciascuna radice anteriore distribuisce le sue fibre motrici a un corrispondente distretto muscolare, denominato miomero o miotomo.
a) Plesso cervicale (C1-C4). Il plesso cervicale, costituito dai rami anteriori del 1°, 2°, 3° e 4° nervo cervicale, è situato profondamente nel collo, in uno spazio compreso tra i muscoli prevertebrali e i muscoli scaleno anteriore e medio ed elevatore della scapola. Ciascun ramo anteriore si divide in due rami che si uniscono ai corrispondenti rami dei nervi contigui a formare delle anse anastomotiche: le anse cervicali. Il plesso cervicale fornisce rami anastomotici, rami cutanei e rami muscolari: i rami anastomotici stabiliscono rapporti con la catena del simpatico, con il nervo vago e con il nervo ipoglosso; i cutanei trasportano informazioni della sensibilità della cute delle regioni sopra e sottoioidea, della regione occipitale, della regione mastoidea e della parte superiore del torace e della spalla; i muscolari forniscono fibre effettrici ai muscoli sternocleidomastoideo e trapezio, ai muscoli sottoioidei e al diaframma (nervo frenico).
b) Plesso brachiale (C5-T1). Il plesso brachiale, localizzato nella fossa claveare, è costituito dai rami primari anteriori dei segmenti spinali che vanno da C5 a T1, ed è caratterizzato da ripetute anastomosi e suddivisioni dei suoi nervi. Il ramo anteriore della radice C5 si unisce con il ramo C6 a formare il tronco primario superiore. Il ramo anteriore C7 rimane isolato e prende il nome di tronco primario medio. Il ramo anteriore di T1 si unisce a C8 e forma il tronco primario inferiore. Il ramo C5 può ricevere, talvolta, un'anastomosi da C4 e il ramo T1 frequentemente la riceve da T2. I tre tronchi primari si dirigono lateralmente verso il cavo ascellare e si dividono in rami anteriori e posteriori: i rami posteriori si fondono in un tronco unico detto tronco secondario posteriore, mentre i rami anteriori dei tronchi primari superiore e medio si uniscono a formare il tronco secondario laterale; il ramo anteriore del tronco primario inferiore resta isolato e prende il nome di tronco secondario mediale.
I rami collaterali del plesso brachiale, che si distribuiscono ai muscoli del cingolo scapolare e ad alcuni muscoli del dorso e del torace, sono rappresentati da: 1) nervo toracico lungo, che nasce dai rami primari anteriori di C5, C6 e C7 e si porta posteriormente a innervare il muscolo gran dentato; 2) nervo dorsoscapolare, che nasce dal segmento C5 e cede rami per il muscolo elevatore della scapola e per il muscolo romboide; 3) nervo succlavio, che deriva dai segmenti C5 e C6 e si porta al muscolo succlavio; 4) nervo soprascapolare, che nasce dal tronco primario superiore e va a innervare i muscoli sopra- e sottospinato; 5) nervo toracodorsale, che origina dal tronco secondario posteriore e si distribuisce al muscolo grande dorsale; 6) nervi sottoscapolari superiore e inferiore, che nascono dai segmenti spinali C5-C6 e hanno origine dal tronco secondario posteriore (il superiore si distribuisce al muscolo sottoscapolare, mentre l'inferiore innerva principalmente il muscolo grande rotondo, ma invia anche un ramo al muscolo sottoscapolare); 7) nervo ascellare o circonflesso, un grosso nervo che nasce nella cavità ascellare, dal tronco secondario posteriore e deriva dai segmenti spinali C5-C6, innerva il muscolo deltoide e la cute sovrastante, ed emette anche una piccola branca per il muscolo piccolo rotondo; 8) nervi toracici anteriori, che sono almeno due e si distribuiscono ai muscoli grande e piccolo pettorale. I rami terminali del plesso brachiale, elencati e descritti di seguito, originano nella cavità ascellare in diretta continuazione dei tronchi secondari e sono dei lunghi nervi che si distribuiscono alle parti prossimali e distali dell'arto superiore.
1) Il nervo muscolocutaneo (C5, C6, C7) è un nervo misto che origina nel cavo ascellare dal tronco secondario laterale ed, emerso dal plesso, attraversa l'ascella insieme al nervo mediano, dirigendosi in basso verso la loggia anteriore del braccio per raggiungere la piega del gomito, dove diviene sottocutaneo e prende il nome di nervo cutaneo laterale dell'avambraccio, distribuendosi alla cute delle regioni antero- e posterolaterale dell'avambraccio.
2) Il nervo mediano (C5, C6, C7, C8 e T1) è un nervo misto che nasce dall'unione di due radici che provengono rispettivamente dal tronco secondario laterale e dal tronco secondario mediale e si uniscono nella parte superiore del braccio per formare il nervo mediano propriamente detto. Quest'ultimo percorre la loggia anteriore del braccio, oltrepassa la piega del gomito, prosegue nell'avambraccio fino al polso dove si colloca nel canale del carpo, decorrendo tra le guaine del tendine del muscolo flessore lungo del pollice e dei tendini del muscolo flessore comune profondo delle dita. Emergendo da lì il nervo mediano si divide nelle sue branche terminali: il nervo dell'eminenza tenar, i nervi digitali palmari propri e i nervi digitali palmari comuni. Finché non ha raggiunto il gomito il nervo mediano non cede rami, mentre nell'avambraccio emette i suoi più importanti rami collaterali (nervo superiore del muscolo pronatore rotondo, rami muscolari e nervo palmare cutaneo), innerva essenzialmente i muscoli pronatori e flessori dell'arto superiore, distribuendosi a vari muscoli (pronatore rotondo, pronatore quadrato, flessore radiale del carpo, flessore ulnare del carpo, flessore superficiale delle dita, palmare lungo, flessore lungo del pollice, flessore profondo delle dita, abduttore breve del pollice, opponente del pollice, flessore breve del pollice, 1° e 2° lombricale). I nervi digitali palmari propri e comuni innervano la cute della superficie palmare del pollice, della metà laterale dell'indice, della parte distale della superficie dorsale di queste dita, la superficie palmare interna dell'indice, del medio e la metà laterale della superficie palmare dell'anulare.
3) Il nervo ulnare (C8-T1) è un nervo misto che origina dal tronco secondario mediale del plesso brachiale, attraversa la cavità ascellare, decorre nel braccio in posizione mediana discendendo verso il gomito; quindi entra in un canale osteofibroso che è formato dalla doccia epitrocleo-olecranica e da fasci fibrosi che passano a ponte da un margine all'altro della doccia stessa; nell'avambraccio decorre tra i capi omerale e ulnare del muscolo flessore ulnare del carpo e invia rami muscolari per il muscolo flessore ulnare del carpo e flessore profondo delle dita; arrivato al polso, passa tra l'osso pisiforme e l'uncinato nel canale di Guyon e si divide nei rami terminali, rappresentati dal ramo palmare superficiale della mano e dal ramo palmare profondo della mano. Questi si distribuiscono ai muscoli dell'eminenza ipotenar, ai muscoli interossei palmari e dorsali, al 4° e al 5° lombricale, al muscolo adduttore e al capo profondo del muscolo flessore breve del pollice, al muscolo abduttore, all'opponente e al flessore del mignolo. Innervano anche la cute dell'eminenza ipotenar, la superficie palmare mediale ed esterna del mignolo e quella palmare interna dell'anulare.
4) Il nervo radiale (C5, C6, C7, C8 e T1) è un nervo misto che origina dal tronco secondario posteriore, abbandona la cavità ascellare dirigendosi verso la loggia posteriore del braccio, fino al gomito, ed emettendo lungo il braccio rami collaterali per i muscoli tricipite (capo mediale e capo laterale), anconeo, brachioradiale ed estensore radiale lungo del carpo, e rami sensitivi che si distribuiscono alla cute della parte posteriore dell'avambraccio, fino al polso. Al gomito, il nervo si divide in due rami terminali: il ramo radiale profondo e il ramo radiale superficiale. Il primo è un ramo esclusivamente motore e si distribuisce ai muscoli estensore radiale breve del carpo, supinatore, estensore comune delle dita, estensore proprio del mignolo, estensore ulnare del carpo, abduttore lungo del pollice, estensore breve del pollice, estensore lungo del pollice ed estensore proprio dell'indice. Il secondo ramo è esclusivamente sensitivo e si distribuisce alla cute della metà laterale del dorso della mano e alla cute della superficie dorsale delle prime due dita e di parte del terzo.
5) Il nervo cutaneo mediale del braccio (T1) è un nervo sensitivo che origina dal tronco secondario mediale del plesso, nel braccio si fa sottocutaneo e scende lungo la sua superficie mediale fino all'epitroclea. Durante il suo decorso nel braccio fornisce numerosi rami per la cute della cavità ascellare e della superficie mediale del braccio.
6) Il nervo cutaneo mediale dell'avambraccio (C8-T1) è anch'esso un nervo sensitivo che ha origine nella parte alta della cavità ascellare, dal tronco secondario mediale; al terzo inferiore del braccio si divide in due rami, anteriore e posteriore. Si distribuisce alla cute della superficie mediale dell'avambraccio. c) Nervi intercostali. Originano dai rami anteriori dei nervi spinali a livello toracico; sono 12 paia e decorrono nei corrispondenti spazi intercostali, distribuendosi alla cute della regione anterolaterale del torace. I principali rami collaterali sono rappresentati dai rami comunicanti bianchi e grigi, che uniscono il nervo a un ganglio oppure a un tronco della catena paravertebrale del simpatico. I rami muscolari si distribuiscono invece ai muscoli sottocostali, ai muscoli intercostali e, a partire dal sesto nervo intercostale, ai muscoli della parete addominale.
d) Plesso lombare (L1-L4). Il plesso lombare è costituito dall'unione dei rami anteriori di L1, L2, L3 e L4 e ha una struttura molto più semplice del plesso brachiale. I rami anteriori delle prime tre radici lombari inviano un ramo anastomotico al nervo sottostante. Inoltre, il primo nervo lombare riceve un ramo anastomotico dal ramo anteriore di T12 e il quarto nervo lombare cede una branca al plesso sacrale. Ogni ramo anteriore del plesso si divide in tre rami, due dei quali si prolungano a formare i rami periferici, mentre il terzo si unisce come ramo anastomotico al ramo anteriore del nervo sottostante. Il ramo anteriore di L1 dà origine al nervo ileoipogastrico, al nervo ileoinguinale e alla prima branca anastomotica. Il ramo anteriore di L2 dà origine al nervo femorocutaneo laterale, al nervo genitofemorale e alla seconda branca anastomotica, da cui originano la radice superiore del nervo otturatorio e la radice superiore del nervo femorale. Il ramo anteriore di L3 dà origine alla radice media del nervo otturatorio, alla radice media del nervo femorale, ed emette infine la terza branca anastomotica. Il ramo anteriore di L4 dà origine alla radice inferiore del nervo femorale, alla radice inferiore del nervo otturatorio e alla quarta ansa anastomotica. Anche il plesso lombare riceve rami comunicanti grigi dalla catena simpatica. I nervi che hanno origine dal plesso lombare sono di seguito elencati.
1) Il nervo ileoipogastrico (T12-L1) è un nervo misto che nasce dal ramo anteriore di L1 e alcune volte dalla dodicesima radice toracica, attraversa il muscolo grande psoas, decorre davanti al muscolo quadrato dei lombi e raggiunta la cresta iliaca si pone tra i muscoli obliquo interno e trasverso. Giunto al di sopra del legamento inguinale, il nervo ileoipogastrico si divide in tre rami: un ramo genitale che si distribuisce alla cute dei genitali esterni; un ramo cutaneo anteriore che innerva la cute della regione ipogastrica; un ramo cutaneo laterale che si distribuisce alla cute della regione glutea. Il nervo ileoipogastrico cede rami muscolari ai muscoli obliquo interno e trasverso della parete addominale.
2) Il nervo ileoinguinale (L1) è anch'esso un nervo misto che origina dal ramo anteriore di L1, segue il tragitto del nervo ileoipogastrico, decorrendo tra i muscoli obliquo interno e trasverso, passa poi dentro il canale inguinale e giunge alla superficie attraversando l'anello inguinale superficiale. I rami muscolari sono diretti ai muscoli obliquo interno e trasverso, mentre i rami cutanei si distribuiscono alla cute della parete addominale anteriore, alla cute della parte superiore dello scroto (o del grande labbro) e alla cute della faccia mediale della coscia.
3) Il nervo genitofemorale (L1-L2) è un nervo misto che origina dall'unione di due radici provenienti dai rami anteriori di L1 e L2, si porta in basso attraversando il muscolo grande psoas, fino ad arrivare a livello del legamento inguinale dove si divide nei suoi due rami terminali: il ramo genitale e il ramo femorale. Il ramo genitale (o nervo spermatico esterno) entra nel canale inguinale e termina nel muscolo cremastere e nella cute dello scroto (o del grande labbro); il ramo femorale si distribuisce alla cute della regione anterosuperiore della coscia.
4) Il nervo femorocutaneo laterale (L2-L3) è un nervo puramente sensitivo che origina da due radici provenienti da L2 e L3. Attraversa il muscolo psoas, si porta verso il basso, abbandona la cavità pelvica, e giunto nella coscia diviene sottocutaneo e si divide in due rami terminali: il ramo gluteo che si distribuisce alla cute della superficie superoesterna della natica, e il ramo femorale che si distribuisce alla cute della regione anterolaterale della coscia fino al ginocchio.
5) Il nervo otturatorio (L2-L4) è un nervo misto che si forma dall'unione di tre radici (superiore, media e inferiore) provenienti dai rami anteriori di L2, L3 e L4; esse si riuniscono in basso in un tronco unico che decorre nello spessore del muscolo psoas. Il nervo scende nella cavità pelvica, attraversa il forame otturatorio e raggiunge la coscia, dove si divide in due rami terminali: il ramo anteriore e il ramo posteriore. Il ramo anteriore si distribuisce ai muscoli adduttori lungo e breve e al muscolo gracile, e cede inoltre rami per l'innervazione della cute della regione inferomediale della coscia. Il ramo posteriore innerva i muscoli otturatorio esterno e grande adduttore.
6) Il nervo femorale (L2-L4) è il più grande del plesso lombare. È un nervo misto che ha origine dall'unione di tre radici (superiore, media e inferiore) provenienti dai rami anteriori di L2, L3 e L4; queste, in corrispondenza della quinta vertebra lombare, si fondono in un tronco unico che emerge a lato del muscolo psoas. Il nervo femorale scende poi nel bacino, fino al legamento inguinale, al di sotto del quale si divide in numerosi rami: il nervo muscolocutaneo laterale che porta fibre motrici per il muscolo sartorio e fibre sensitive per la cute della faccia anteriore della coscia; il nervo muscolocutaneo mediale che innerva il muscolo pettineo e adduttore lungo e si distribuisce alla cute della faccia superomediale della coscia; il nervo per il muscolo quadricipite che si divide in quattro rami per i quattro capi del muscolo (retto femorale, vasto laterale, vasto mediale e vasto intermedio). Il nervo femorale si continua poi in un unico ramo terminale, il nervo safeno, esclusivamente sensitivo, che giunge in basso fino al piede e innerva la cute della faccia mediale e posteromediale della gamba, del malleolo mediale nonché del margine mediale del piede.
e) Plesso sacrale (L4-S3). Situato nella cavità pelvica, è formato dall'unione dei rami anteriori di L4, L5, S1, S2 e S3. Il ramo anteriore di S2 si divide in due rami secondari, di cui uno più piccolo concorre a costituire il plesso pudendo, così come S3 che cede solo poche fibre al plesso sacrale, mentre tutte le altre si dirigono verso il plesso pudendo. Le radici del plesso sacrale si riuniscono in un tronco comune, dal quale originano il nervo sciatico e numerosi rami collaterali. I rami collaterali vengono distinti in anteriori e posteriori. I rami anteriori si distribuiscono ai muscoli gemello superiore, otturatorio interno, gemello inferiore e quadrato del femore, mentre i rami posteriori sono costituiti dai nervi glutei (superiore e inferiore) che si dirigono ai muscoli glutei, e da rami sensitivi che si suddividono alla cute della faccia posteriore della coscia, della regione perineale e della faccia posteriore della gamba.
Il nervo sciatico è l'unico ramo terminale del plesso sacrale ed è il più lungo e voluminoso del corpo. È un nervo misto che lascia la pelvi attraverso il grande foro ischiatico, si porta posteriormente nella regione glutea e scende verso il basso, nella regione posteriore della coscia, fino al cavo popliteo dove diviene superficiale e si divide nei suoi due rami terminali: il nervo tibiale (sciatico popliteo interno) e il nervo peroneo comune (sciatico popliteo esterno). Il nervo tibiale scende nella gamba portandosi in basso verso il malleolo mediale della tibia, cede rami muscolari per il muscolo popliteo, per i muscoli posteriori superficiali della gamba (gemelli, soleo e plantare gracile) e per i muscoli posteriori profondi (tibiale posteriore, flessore lungo delle dita e flessore lungo dell'alluce). Tra i rami sensitivi, quelli di maggior rilievo sono il nervo calcaneale interno, il nervo cutaneo plantare per la cute del calcagno e il nervo cutaneo mediale della sura. Quest'ultimo contrae anastomosi con il nervo cutaneo laterale della sura, che origina dal nervo peroneo comune, e forma il nervo surale, che scende verso il malleolo laterale e arriva sul dorso del piede distribuendosi alla cute della regione posterolaterale del terzo inferiore della gamba, alla superficie laterale del calcagno, al bordo laterale del piede e alla superficie esterna del quinto dito. Giunto sul lato mediale del calcagno, il nervo tibiale si divide nei suoi due rami terminali: il nervo plantare mediale e il nervo plantare laterale. Il nervo plantare mediale cede rami al muscolo abduttore dell'alluce, al flessore breve delle dita e al 1° e al 2° lombricale, e rami sensitivi per la cute della faccia plantare e dell'estremità dorsale delle prime tre dita e di parte del quarto. Il nervo plantare laterale si divide a sua volta in due rami: superficiale e profondo. Il ramo superficiale si distribuisce alla cute del quarto e del quinto dito (margine laterale, superficie plantare e dorsale) e invia inoltre rami muscolari ai muscoli flessore breve e opponente del quinto dito. Il ramo profondo cede rami per i muscoli 3° e 4° lombricale, il muscolo adduttore dell'alluce e il muscolo flessore breve dell'alluce.
Il nervo peroneo comune origina dal nervo sciatico, in corrispondenza della losanga poplitea. Si porta verso il basso a circondare il collo del perone e, giunto sulla faccia esterna della gamba, si divide in due rami: il nervo peroneo superficiale e il nervo peroneo profondo. Il primo è il ramo di divisione più laterale, si porta verso il basso e nel terzo inferiore della gamba dà origine ai nervi cutaneo dorsale laterale e cutaneo dorsale mediale, che provvedono all'innervazione della cute della parte anteriore e laterale della gamba e della superficie dorsale dell'alluce e delle prime quattro dita del piede; durante il suo decorso cede rami ai due muscoli peronei (breve e lungo). Il nervo peroneo profondo è il ramo mediale di divisione del nervo peroneo comune; ha origine al di sotto della testa del perone, si porta nella regione anteriore della gamba e scende in basso fino al dorso del piede distribuendosi alla cute del dorso delle prime due dita del piede; nella gamba cede rami per tutti i muscoli estensori, in particolare ai muscoli tibiale anteriore, estensore lungo delle dita, peroniero anteriore, estensore lungo dell'alluce, estensore breve delle dita ed estensore breve dell'alluce.
f) Plesso pudendo (S2-S4). È costituito dall'unione del ramo anteriore di S3 e da una piccola parte dei rami di S2 e S4. Emette un unico grosso ramo terminale, il nervo pudendo, e provvede all'innervazione degli organi genitali, della parte terminale del tubo gastroenterico e delle vie urinarie, oltre che dei muscoli e della cute del perineo. Tra i rami collaterali si possono distinguere rami viscerali, diretti alle pareti della vescica, del retto e della vagina, rappresentati soprattutto da fibre pregangliari parasimpatiche, rami muscolari diretti al muscolo elevatore dell'ano, al muscolo ischiococcigeo e al muscolo sfintere esterno dell'ano, e infine rami cutanei diretti alla cute dell'ano e della regione glutea. Il nervo pudendo è un nervo misto che origina dai rami S2, S3 e S4 e comprende anche fibre parasimpatiche pregangliari. Dal suo punto di origine, si porta verso il basso, esce dal bacino attraverso il grande foro ischiatico, circonda la spina ischiatica e raggiunge il perineo attraverso il piccolo foro ischiatico. Qui si divide nei suoi due rami terminali: il nervo perineale e il nervo dorsale del pene (o del clitoride). Il nervo perineale si divide a sua volta in due rami, uno superficiale che si distribuisce alla cute del perineo, allo scroto e alla faccia inferiore del pene (o alle grandi labbra) e uno profondo che si distribuisce ai muscoli ischiocavernoso e bulbocavernoso. Il nervo dorsale del pene (o del clitoride) si distribuisce, nell'uomo, al glande, ai corpi cavernosi e alla cute. Nella donna, il nervo termina distribuendosi al clitoride, al prepuzio e a parte delle piccole labbra.
g) Plesso coccigeo (S3-S5 e Co). Il plesso coccigeo è formato dall'unione di esili componenti di S3, S4, S5 e dal nervo coccigeo. È costituito da rami anteriori viscerali, formati da fibre parasimpatiche pregangliari, che si recano al plesso ipogastrico, e da rami posteriori (nervi anococcigei) che si distribuiscono al muscolo coccigeo e alla cute della regione coccigea.
1.
Il sistema nervoso autonomo (denominato anche vegetativo, involontario) è deputato al controllo delle funzioni viscerali dell'organismo ed è profondamente coinvolto nelle manifestazioni comportamentali. La sua contrapposizione al sistema nervoso somatico, volontario, è in parte arbitraria, dal momento che fra la componente autonoma e quella somatica esistono una profonda compenetrazione e un'interdipendenza anatomica e funzionale. Il primo a identificare i nervi che si distribuiscono ai visceri fu Galeno (2° secolo d.C.): egli suggerì che essi conducessero le 'simpatie', cioè le reazioni visceroemozionali proprie dell'uomo. Bisogna tuttavia arrivare al 17° e 18° secolo prima che l'anatomia macroscopica del sistema vegetativo venga descritta con accuratezza da Th. Willis e da J.-B. Winslow. Spetta infine a J.N. Langley, alla fine del 19° secolo, la definizione del sistema nervoso autonomo come un sistema efferente dal cervello e dal midollo spinale, avente una divisione toracolombare o simpatica e una craniosacrale o parasimpatica. Come il sistema somatico, anche il sistema autonomo consta di una sezione efferente (motrice), di una sezione afferente (sensitiva) e di una sezione associativa e integrativa posta nell'asse cerebrospinale.
2.
La sezione efferente rappresenta, da un punto di vista anatomico, la sezione predominante del sistema autonomo, tanto che, tuttora, quando si parla di sistema autonomo si allude soprattutto a essa. È costituita schematicamente, cioè prendendo in considerazione una sola sua unità funzionale, da due neuroni susseguentisi dal centro verso la periferia. Il neurone prossimale ha la sua cellula di origine nel sistema nervoso centrale, il neurone distale in un ganglio periferico, dove le fibre pregangliari, sottili fibre mieliniche, si articolano sinapticamente con le fibre postgangliari, fibre amieliniche. In base a criteri anatomici, fisiologici e biochimici, la sezione efferente del sistema autonomo viene suddivisa in due grandi branche: branca simpatica (od ortosimpatica, toracolombare) e branca parasimpatica (o craniosacrale). Le cellule di origine delle fibre pregangliari simpatiche sono situate nelle corna laterali del midollo spinale nel tratto che va da T1 a L3. Le fibre fuoriescono dal midollo con le radici anteriori e s'interrompono o nei gangli vertebrali, o nei gangli prevertebrali o, infine, in gangli terminali. I gangli vertebrali (22 paia) sono posti ai lati della colonna vertebrale, all'esterno del rivestimento peritoneale, e sono collegati tra loro mediante tronchi nervosi longitudinali e con i nervi spinali mediante i rami comunicanti bianchi (fibre pregangliari mieliniche); forniscono l'innervazione ai vasi della pelle e dei muscoli, alle ghiandole sudoripare e ai muscoli pilomotori. I gangli prevertebrali, di cui i più importanti sono il ganglio celiaco e i due gangli mesenterici, superiore e inferiore, sono posti nell'addome e nella pelvi dinanzi alla colonna vertebrale; innervano muscolatura liscia e cellule secernenti degli organi dell'addome e della pelvi. I gangli terminali, scarsi, sono strettamente addossati agli organi a cui distribuiscono le loro fibre postgangliari (vescica, prostata, utero). Il ganglio cervicale superiore e il ganglio stellato sono da considerarsi come risultanti dalla fusione di gangli vertebrali e prevertebrali; forniscono al capo, al collo e al torace nervi sia cutanei sia viscerali. Le fibre nervose che si distribuiscono alle cellule cromaffini della midollare surrenale sono pregangliari. L'anomalia è facilmente spiegabile quando si consideri che queste cellule in realtà non sono altro che cellule gangliari modificate. Fatta questa apparente eccezione, tutti gli altri organi effettori sono, come già si è detto, innervati da fibre postgangliari.
L'avere stabilito il decorso delle fibre simpatiche e il punto delle loro sinapsi è merito di Langley, che nelle sue ricerche si è servito dell'applicazione topica di nicotina, alcaloide che ha la capacità di bloccare selettivamente la trasmissione sinaptica tra fibre pregangliari e fibre postgangliari, permettendo così di localizzare con esattezza il sito sinaptico, in base alla risposta, positiva o negativa, dell'organo effettore periferico alla stimolazione delle fibre pregangliari. Si è così visto che le fibre pregangliari simpatiche non si articolano obbligatoriamente con le fibre postgangliari a livello dei gangli vertebrali dello stesso segmento toracolombare da cui sono emerse, ma possono viaggiare in alto e in basso, lungo i tronchi nervosi longitudinali, per vari segmenti, entrando poi in sinapsi con il neurone postgangliare in gangli prevertebrali o terminali. Il rapporto numerico fra fibre pre- e postgangliari può variare ampiamente nei vari gangli: è risultato di 1 a 2 nel ganglio ciliare, ma di 1 a 10-30 nel ganglio cervicale superiore. L'intero sistema simpatico costituisce un tutt'uno e può agire simultaneamente nella sua totalità. La branca parasimpatica risulta costituita da tre emissioni di fibre pregangliari originantisi, rispettivamente, dal mesencefalo, dal bulbo e dal midollo sacrale, e dalle rispettive fibre postgangliari. L'emissione mesencefalica o tettale consta di fibre provenienti dal nucleo dell'oculomotore comune e si interrompe nel ganglio ciliare, mentre le fibre postgangliari innervano lo sfintere dell'iride e il muscolo ciliare. L'emissione bulbare comprende le fibre parasimpatiche del VII paio o facciale (corda del timpano: fibre secretorie e vasomotrici alle ghiandole salivari) e del IX paio, o glossofaringeo (innervazione motoria e secretoria della mucosa nasale, orale e faringea), nonché tutto il X paio, che forma l'importantissimo nervo vago o pneumogastrico, destinato a innervare tutti i visceri del torace e la maggior parte di quelli dell'addome. L'emissione sacrale, infine, consta di fibre che si originano dal 2°, 3° e 4° segmento sacrale del midollo spinale e costituiscono il nervo pelvico, destinato a distribuirsi alle ultime porzioni dell'intestino e agli organi del bacino.
La sinapsi tra fibre pregangliari e fibre postgangliari del parasimpatico avviene in gangli situati a ridosso (III, VII, IX paio) o addirittura all'interno (X paio) degli organi effettori. Le singole fibre pregangliari simpatiche si mettono generalmente in rapporto, nel ganglio, con più neuroni postgangliari; ciò assicura una scarica di impulsi vivace e diffusa. Il numero delle fibre postgangliari parasimpatiche sembra invece essere, con importanti eccezioni (plesso di Auerbach dell'intestino), all'incirca corrispondente a quello delle fibre pregangliari e ciò comporta una scarica di impulsi discreta e limitata. Quasi tutti gli organi viscerali ricevono una duplice innervazione autonoma, simpatica e parasimpatica. Ciò, tuttavia, non significa che ogni cellula debba ricevere da ciascuno dei due sistemi: avviene infatti che alcuni elementi cellulari vengono innervati solo dal simpatico e altri soltanto dal parasimpatico. Per di più, non tutti gli elementi cellulari di un organo effettore (per es. le fibrocellule muscolari lisce) ricevono impulsi dalle fibre nervose.
In generale, il sistema simpatico e il sistema parasimpatico esplicano funzioni antagoniste: dove l'uno eccita, l'altro inibisce, e viceversa. La maggioranza dei visceri riceve, come si è già detto, una duplice innervazione autonoma. È evidente che in questo caso la situazione funzionale del viscere in un dato momento non rappresenterà altro che la somma algebrica delle due influenze antagoniste alle quali risulta sottoposto. L'azione di una determinata branca del sistema autonomo potrà pertanto essere esaltata non solo da eccitazione di questa branca, ma anche da paralisi della branca antagonista. Frequentemente il sistema simpatico si scarica in blocco, specialmente quando si provano rabbia e spavento: in questo caso tutte le strutture autonome dell'organismo rispondono contemporaneamente. Il sistema parasimpatico è invece organizzato per scariche localizzate e moderate e non per risposte massive. Le sue varie emissioni sono largamente indipendenti; sarebbe fisiologicamente improprio e rischioso se esse agissero all'unisono. Le conoscenze attuali sulla fisiologia del sistema autonomo hanno avuto un fondamentale, straordinario sviluppo in seguito all'accantonamento, dal 1920 in poi, di un enorme numero di dati sperimentali che hanno portato alla formulazione della teoria, ormai universalmente accettata, della trasmissione chimica dell'impulso nervoso. Secondo questa teoria, l'impulso nervoso provoca la risposta da parte dell'organo effettore mediante la liberazione di una o più sostanze chimiche ben definite. Il rapporto funzionale fra terminazione nervosa autonoma e organo effettore non è quindi più considerato, come lo era in passato, diretto, immediato (propagazione di una corrente elettrica attraverso la sinapsi), ma solo indiretto, in quanto attuantesi appunto attraverso 'mediatori' chimici (v. neurotrasmettitore). Giova peraltro ricordare, per completezza, che una vera e propria trasmissione elettrica dell'informazione tramite le 'giunzioni a lacuna' esiste nel sistema nervoso centrale e che tale trasmissione potrebbe anche influire sulla scarica dei neuroni autonomi periferici.
Una volta dimostrato che la trasmissione dell'impulso nervoso dalle fibre autonome postgangliari all'organo effettore avveniva attraverso un meccanismo umorale, ci si è naturalmente subito chiesti come la fibra pregangliare trasmetta l'impulso all'interno dei gangli vegetativi ed, esorbitando dal sistema autonomo, come avvenga la trasmissione all'interno dello stesso asse cerebrospinale, in corrispondenza delle infinite sinapsi interneuronali. Non a tutte queste domande si è potuta dare una risposta definitiva, ma un certo numero di fondamentali dati di fatto può ormai considerarsi stabilmente acquisito: 1) la trasmissione dell'impulso nervoso tra fibre pregangliari e fibre postgangliari avviene nel ganglio vegetativo sempre attraverso una mediazione acetilcolinica (tutti gli impulsi nervosi pregangliari, quindi, sia simpatici sia parasimpatici, liberano lo stesso mediatore); 2) la trasmissione dell'impulso nervoso tra fibre pregangliari simpatiche e cellule cromaffini avviene nella midollare surrenale (omologabile, come si è visto, a un ganglio vegetativo) attraverso una mediazione acetilcolinica; 3) l'acetilcolina è anche il mediatore tramite cui si attua la trasmissione dell'impulso motore dal nervo somatico al muscolo scheletrico; 4) è sicuro l'intervento dell'acetilcolina e delle catecolamine (dopamina, noradrenalina e adrenalina) anche nella trasmissione sinaptica dell'impulso nervoso in vaste aree del sistema nervoso centrale.
La dimostrazione che la trasmissione acetilcolinica dell'impulso nervoso esorbita largamente dal confine del classico parasimpatico ha reso opportuna l'adozione di una nuova classificazione delle fibre nervose, che fosse basata non più su criteri anatomici ma su criteri biochimici. Devono essere considerate fibre colinergiche tutte quelle che liberano acetilcolina dalle loro terminazioni; fibre adrenergiche tutte quelle che liberano noradrenalina e adrenalina. Sono colinergiche tutte le fibre pregangliari sia simpatiche sia parasimpatiche, le fibre postgangliari parasimpatiche, le fibre splancniche dirette alla midollare surrenale, le fibre simpatiche dirette alle ghiandole sudoripare e a certi vasi sanguigni, infine tutte le fibre motrici somatiche dirette al muscolo scheletrico. Sono, invece, adrenergiche soltanto le fibre postgangliari simpatiche, a eccezione delle fibre sudoripare e di alcune fibre vasali. La trasmissione neuroumorale presuppone, ovviamente, l'esistenza non soltanto sulla membrana della cellula effettrice (membrana postsinaptica), ma spesso anche sulla membrana della terminazione nervosa (membrana presinaptica) di siti di legame, recettori, atti ad agganciare il mediatore liberato nella fessura giunzionale. Neurotrasmettitore e recettore costituiscono un binomio necessario e inscindibile: se il neurotrasmettitore manca il recettore è inutile, e viceversa. Per l'acetilcolina è classica la distinzione in recettori muscarinici e nicotinici, così denominati in base alla loro selettiva capacità di legare i due alcaloidi muscarina e nicotina. I recettori muscarinici posti sulla membrana degli organi effettori autonomi periferici (muscoli lisci, cuore, ghiandole) possono, in base alla selettività di legame con certi agenti agonisti e antagonisti, essere divisi in due sottotipi, M1 e M2. Tutti gli effetti muscarinici vengono bloccati dall'atropina. Un numero limitato di recettori muscarinici è presente anche nei gangli vegetativi e nelle cellule cromaffini della midollare surrenale, insieme a un numero assai maggiore e fisiologicamente più rilevante di recettori nicotinici. Questi costituiscono l'unica popolazione recettoriale della placca motrice del muscolo scheletrico. Nel sistema nervoso centrale, non di rado, uno stesso neurone può portare popolazioni recettoriali colinergiche miste, muscariniche e nicotiniche.
Sulla base dell'osservazione che, in dipendenza delle varie cellule effettrici, la noradrenalina può esercitare azioni di volta in volta eccitanti o inibenti e che i recettori dell'amina, adrenocettori, possono avere differenti affinità di legame, sia per i diversi agenti agonisti, simpaticomimetici sia per i diversi agenti antagonisti, simpaticolitici, si è giunti alla conclusione che esistono vari tipi e sottotipi di adrenocettori. Attualmente si distinguono tre tipi di recettori α (α₁, α₂, α₃) e due tipi di recettori β (β₁, β₂). L'attivazione dei recettori α₁, tipicamente postsinaptici, porta a risposte di tipo prevalentemente eccitatorio; l'attivazione dei recettori α₂, prevalentemente presinaptici, inibisce con meccanismo a feedback negativo la ricaptazione della noradrenalina liberata nella fessura giunzionale dall'eccitamento nervoso. L'attivazione dei recettori β postsinaptici induce risposte inibitorie, fatta eccezione per il cuore, che risponde con stimolazione: di qui la distinzione in recettori β₁ (cuore) e β₂ (bronchi, vasi ecc.), distinzione avvalorata anche dalla importante identificazione di antagonisti selettivi per i recettori β₁ e β₂. Oltre che sulla membrana postsinaptica, recettori β₂ esistono anche sulla membrana presinaptica ove, con meccanismo a feedback positivo, favoriscono la ricaptazione della noradrenalina liberata nella fessura giunzionale. Infine i recettori α₃, prevalentemente localizzati sulle cellule adipose, condizionano l'effetto della noradrenalina sul metabolismo lipidico. Dai recettori adrenergici devono essere distinti i recettori dopaminergici, specifici per la dopamina, modicamente presenti in periferia, ma riccamente distribuiti in certe aree del sistema nervoso centrale. Anche i recettori dopaminergici devono essere distinti in base a criteri farmacologici e biochimici, nei due sottotipi D₁ e D₂. L'attivazione dei primi (presenti nel sistema nervoso centrale, nelle ghiandole paratiroidi, nei vasi renali) porta a stimolazione dell'attività dell'adenilatociclasi e vasodilatazione renale; l'attivazione dei secondi (presenti nel sistema nervoso centrale, nell'ipofisi e in certi nervi autonomi e periferici) a inibizione dell'adenilatociclasi e liberazione di prolattina. I farmaci antipsicotici di più frequente utilizzo (fenotiazine, quali flufenazina e tioridazina, e butirrofenoni, quali aloperidolo) sono potenti inibitori dei recettori D₂.
3.
La sezione afferente (sensitiva) del sistema autonomo integra gli archi riflessi del sistema, che passano tutti, a eccezione di quelli concernenti i riflessi assonici, attraverso il sistema nervoso centrale. Consta di fibre, generalmente amieliniche, che, partendo dalle strutture viscerali, giungono all'asse cerebrospinale per mezzo del nervo pelvico, del nervo splancnico, del vago (l'80% delle fibre vagali sono sensitive), del glossofaringeo e di altri nervi vegetativi. I corpi cellulari di queste fibre giacciono o nei gangli spinali o nei gangli sensitivi di certi nervi cranici. La sezione afferente del sistema autonomo è ancora, nel suo insieme, meno conosciuta di quella efferente. Per rendersi conto della sua importanza, basta considerare che di essa fanno parte anche quelle fibre centripete che, partendo dalle zone presso- e chemosensibili del glomo, del seno carotideo e dell'arco dell'aorta, hanno un ruolo di notevole rilievo nel controllo della pressione, dell'attività cardiaca e del respiro. Fibre autonome afferenti sono anche quelle responsabili del dolore viscerale (per es., dolori colici, dolore anginoso, da infarto ecc.). Gli agenti neuroumorali che mediano la trasmissione dell'impulso nervoso da parte delle fibre sensitive autonome non sono ben noti, ma una trasmissione peptidergica sembra predominante. Fra i peptidi maggiormente coinvolti vi sono la bombesina, la colecistochinina, le encefaline e la sostanza P. Questi due ultimi gruppi di peptidi, largamente presenti nelle fibre afferenti, nei gangli e nel corno dorsale del midollo spinale, sembrano coinvolti nella propagazione degli impulsi nocicettivi dalla periferia ai centri.
4.
Nel sistema nervoso centrale esistono larghissime ramificazioni del sistema autonomo, comprendenti non soltanto i neuroni associativi, che mettono direttamente in rapporto tra loro la sezione afferente con quella efferente, in uno stesso segmento dell'asse e in segmenti scaglionati a diversa altezza, ma altresì veri e propri centri di controllo e di integrazione delle funzioni vegetative periferiche, sia simpatiche sia parasimpatiche. Basta pensare al bulbo (controllo del respiro e del circolo), all'ipotalamo, considerato il principale centro di integrazione del sistema autonomo (fucina di elaborazione di ormoni, soprattutto peptidici, centro di controllo della termoregolazione, dello stato di sonno e di veglia, dei riflessi sessuali, del metabolismo dell'acqua, dei grassi, degli idrati di carbonio ecc.) e al sistema limbico (centro di integrazione dello stato emozionale con attività motrici e viscerali) per renderci ragione dell'impatto funzionale centrale del sistema autonomo. Le ramificazioni centrali di questo sistema si spingono evidentemente sino nella corteccia, poiché è lì che avvengono soprattutto le correlazioni fra le funzioni somatiche e quelle vegetative, tanto nel campo sensitivo quanto in quello motorio. La base, per es., dei riflessi condizionati, dell'organizzazione delle reazioni comportamentali e delle modificazioni viscerali connesse con le emozioni sta appunto in queste correlazioni funzionali fra i due sistemi. Da qualcuno viene anche postulato che varie espressioni e caratteristiche dell'invecchiamento dell'organismo trovino la loro causa nel progressivo logoramento dell'efficienza del sistema autonomo centrale. La mediazione umorale nelle aree vegetative centrali viene attuata, ancora una volta, oltre che da amine e aminoacidi, anche da numerose molecole peptidiche, simili a quelle individuate nel sistema autonomo periferico. Anche nel sistema nervoso centrale, quindi, accanto alla trasmissione aminergica e aminoacidergica vanno acquistando sempre maggiore rilievo e spazio la trasmissione e la modulazione peptidergica. Vero è che la continua scoperta, nei neuroni centrali e periferici, di nuove molecole peptidiche, appartenenti a famiglie diverse, pone enormi difficoltà interpretative, in larga misura insolute, sul significato funzionale dei singoli peptidi e sulle interrelazioni esistenti, a livello delle infinite sinapsi neuronali, fra peptidi, amine e aminoacidi. Molti risultati sperimentali inducono a ritenere che l'atteggiamento mentale e lo stato emozionale possono influenzare l'equilibrio fra stato di salute e malattia. Si pensa che, in generale, le emozioni negative siano un'attivazione del sistema immunitario. I circuiti modulatori, esistenti bidirezionalmente fra sistema immune e sistema nervoso, comprendono vie endocrine (asse ipotalamo-ipofisi-surrene) e vie nervose autonome (nervi a timo, linfoghiandole, midollo osseo ecc.).
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