Sistema reticolare ascendente
di Frédéric Bremer
SOMMARIO: 1. Introduzione. □ 2. I dati anatomici: a) organizzazione strutturale della formazione reticolare del tronco dell'encefalo; b) afferenze ed efferenze reticolari. □ 3. Proprietà fisiologiche del sistema reticolare ascendente: a) l'attività reticolare spontanea; b) potenziali evocati e reazioni reticolari unitarie. □ 4. Significato funzionale del sistema reticolare ascendente: a) considerazioni sulle influenze reticolari discendenti; b) influenze reticolari ascendenti; c) formazione reticolare e comportamento emozionale; d) azione della stimolazione reticolare sui potenziali evocati sensoriali; e) influenze reticolari sui processi percettivi; f) meccanismo dell'azione degli impulsi reticolari ascendenti. □ 5. Controllo del sistema reticolare ascendente. □ 6. Farmacologia della formazione reticolare. □ 7. Conclusioni generali. □ Bibliografia.
1. Introduzione.
La struttura nervosa centrale, designata, in ragione del suo aspetto istologico di rete, con il nome di ‛formazione reticolare' (FR; v. fig. 1), costituisce nel cervello dei Mammiferi il prolungamento di un sistema molto antico di cellule e di fibre che, nel midollo spinale, riempie gli spazi lasciati liberi dai raggruppamenti di neuroni motori e di interneuroni specializzati. Questa formazione reticolare del tronco dell'encefalo conserva certi caratteri strutturali arcaici che fecero paragonare la sua istologia a quella del nevrasse dei Vertebrati inferiori (v. Ramon-Moliner e Nauta, 1966). L'interpretazione del suo significato funzionale non era facile in un'epoca - la fine del secolo scorso - in cui la teoria del neurone continuava a incontrare vive resistenze e le tecniche a disposizione della sperimentazione neurofisiologica erano ancora molto imperfette. Infatti per questo studio era necessario provocare stimolazioni focali e lesioni precise del tessuto nervoso, la cui corretta esecuzione doveva attendere l'introduzione di quel prezioso strumento che è l'apparecchio stereotassico inventato da Horsley e Clarke. Dovevano anche esser messe in luce e analizzate le modificazioni sottili dovute all'elettrogenesi spontanea e reattiva del cervello, cosa che fu possibile solo grazie all'amplificazione elettronica dei potenziali bioelettrici e alla loro registrazione fedele ottenuta per mezzo dell'oscillografo catodico.
Tuttavia, ben prima che si verificassero questi progressi tecnici, la dimostrazione che la formazione reticolare era strettamente connessa con i grandi sistemi afferenti del nevrasse aveva fatto sì che alcuni neuroanatomisti, e in particolare Kohnstamm e Quensel (v., 1908), prospettassero l'ipotesi che questa rete, in apparenza inestricabile, di fibre e di cellule nervose rappresentasse un centrum receptorium preposto alle correlazioni funzionali che sono alla base di integrazioni comportamentali fondamentali nei Vertebrati terrestri.
Una volta stabilita la nozione di formazione reticolare del tronco dell'encefalo, le caratteristiche istologiche e le connessioni del sistema con il resto del nevrasse furono svelate progressivamente, sia studiando le degenerazioni neuroniche che fanno seguito alla sezione di fasci di fibre nervose, sia sulla base di lavori utilizzanti il metodo di Golgi e i suoi derivati di impregnazione cromo-argentica delle cellule nervose di mammiferi neonati, il cui cervello, data la sua semplicità strutturale, facilita l'interpretazione delle immagini istologiche, come aveva così ben dimostrato Ramón y Cajal (v., 1909). Una prima nozione che si ricavò da questi lavori è che gli agglomerati neuronici nei quali si condensa il tessuto reticolare non hanno limiti precisi e differenziazioni strutturali tali da svelare un evidente piano d'organizzazione. Si fu allora tentati di considerare la FR come una rete nervosa conduttrice all'incirca isotropa, l'attivazione della quale non permetteva che delle previsioni statistiche.
Questa concezione stocastica del funzionamento reticolare dovette essere riconsiderata quando le immagini di impregnazione con il metodo di Golgi pubblicate da Scheibel e Scheibel (v., 1958 e 1967) rivelarono l'esistenza di strutture istologiche molto caratteristiche all'interno della matrice reticolare fondamentale.
Le prime ricerche sperimentali furono effettuate per chiarire le funzioni della formazione reticolare del tronco dell'encefalo; esse riguardavano la suddivisione di quella che fu in seguito qualificata ellitticamente come formazione reticolare ‛discendente' in ragione della preponderante direzione rostro-caudale delle sue efferenze. A questi lavori sono legati i nomi di Thiele, di C. S. Sherrington, di Graham-Brown, di R. Magnus, di De Kleyn, di F. Henng. Ma il vero debutto dell'era reticolare nella neurofisiologia dei Mammiferi deve essere fatto risalire ai lavori di Ranson e collaboratori (Ingram e altri, 1932), che descrissero e analizzarono la reazione tegmentale evocata dalla stimolazione della FR nell'animale non anestetizzato, e a quelli di Magoun e Rhines (v., 1946), che rivelarono la straordinaria potenza degli effetti facilitatori e inibitori esercitati nell'animale anestetizzato dalla stimolazione elettrica di regioni bulbari ben definite, reperite stereotassicamente, su tutte le attività del nevrasse spinale. La dimostrazione a opera di Moruzzi e Magoun (v., 1949), in un lavoro ormai classico, dell'effetto di risveglio (arousal) cerebrale provocato dalla stimolazione del tegmento mesencefalico segnò la scoperta del ‛sistema reticolare ascendente'. Essa era stata preparata da ricerche sperimentali, il cui significato per la formazione reticolare non era stato a quel tempo rilevato, che avevano portato alla descrizione e all'interpretazione fisiologica di preparati detti ‛cervello isolato' ed ‛encefalo isolato' (v. Bremer, 1935, 1936 e 1937). Questi esperimenti avevano rivelato il contrasto che esiste fra i sintomi cerebrali determinati, nel gatto, da una sezione del mesencefalo e quelli determinati da una sezione alta del midollo spinale. Mentre la sezione al di sotto del bulbo non produceva che una leggera depressione funzionale dell'encefalo così isolato dal resto del nevrasse, la sezione mesencefalica del tronco dell'encefalo aveva come conseguenza immediata una trasformazione profonda dell'attività elettrica di tutte le strutture centrali situate anteriormente al piano della sezione e, allo stesso tempo, una sindrome oculo-pupillare molto simile a quella di un sonno profondo. La sincronizzazione a bassa frequenza e la modulazione regolare dell'ampiezza dell'elettrogenesi corticale avevano portato a concludere che la sezione mesencefalica avesse un effetto fondamentalmente depressivo sulle attività del telencefalo; questa modificazione funzionale era attribuita alla caduta di un ‛tono' centrale riflesso, conseguenza della riduzione massiva del flusso incessante di impulsi sensoriali ascendenti, la cui azione dinamogenica continua si supponeva costituisse la condizione immediata della veglia del cervello. Come è noto, spettò a J. D. French, D. B. Lindsley, Starzl e H. Magoun (v. Magoun, 19632; v. Rossi e Zanchetti, 1957; v. French, 1960) di dimostrare che gli impulsi ascendenti attivatori che mantengono il tono corticale hanno la loro origine principale nella formazione reticolare del tronco dell'encefalo e conservano essenzialmente la loro capacità di provocare un risveglio cerebrale dopo una sezione intracranica di tutte le vie classiche di senso che lasci integre le strutture centrali reticolari. Lo scopo di questo scritto è quello di esporre e analizzare il grande movimento di idee che prese l'avvio da queste scoperte.
2. I dati anatomici.
a) Organizzazione strutturale della formazione reticolare del tronco dell'encefalo.
Le popolazioni neuroniche che costituiscono la formazione reticolare sono state identificate, al pari delle loro connessioni efferenti, per mezzo di tecniche istologiche classiche e con metodi elettrofisiologici. Lo studio, eseguito principalmente da A. Brodal e da W. J. H. Nauta e dai loro collaboratori (v. Brodal, 1957; v. Nauta e Kuypers, 1958), delle degenerazioni anterograde (assoniche) e retrograde (cellulari; v. fig. 2) che fanno seguito a lesioni cerebrali sperimentali adeguatamente localizzate ha dimostrato che i neuroni reticolari che emettono assoni ascendenti sono mescolati lungo tutta l'estensione del nevrasse bulbomesencefalico a neuroni ad assone discendente, con le sole restrizioni di una concentrazione speciale dei primi nel tegmento mesencefalico e di una ripartizione più uniforme dei secondi (v. fig. 3). È possibile confermare questi dati anatomici mediante stimolazioni elettriche focali utilizzando l'attivazione elettrocorticale di risveglio come segno dell'eccitazione di assoni ascendenti e, come prove dell'eccitazione di assoni reticolari discendenti, le facilitazioni e le inibizioni spinali (v. Moruzzi e Magoun, 1949; v. Magoun e Rhines, 1946).
La mescolanza nel tegmento mesencefalico di due categorie fisiologiche di neuroni, come pure l'esistenza (v. fig. 4) di cellule il cui assone si dicotomizza immediatamente in una branca ascendente e in una branca discendente, facevano prevedere la solidarietà funzionale delle due suddivisioni del sistema reticolare. Gli studi sulla fisiologia del sonno, pur confermando questa solidarietà, hanno nondimeno reso possibile localizzare in una regione molto ristretta del tegmento mesencefalico, là dove questo si unisce con il ponte, il più importante contingente di neuroni reticolari implicati nel processo dell'attivazione reticolare della veglia. Questa conclusione si basa tuttavia, come si vedrà, su un'argomentazione molto complessa che tiene conto della presenza di una struttura ipnogena nella reticolare bulbare.
L'organizzazione istologica della reticolare è stata oggetto di studi approfonditi nei quali si è largamente ricorso, come è già stato detto, al metodo di Golgi. Queste ricerche hanno indotto Scheibel e Scheibel (v., 1958 e 1967) a mettere in dubbio l'esistenza di cellule reticolari ad assone corto del tipo Golgi II - il cui numero, come è noto, aumenta progressivamente nella neocorteccia lungo la scala filogenetica dei Mammiferi - e a suggerire l'importanza funzionale di neuroni di grande dimensione le cui vaste arborizzazioni dendritiche sono orientate perpendicolarmente all'asse del tronco dell'encefalo e i cui assoni si estendono su distanze considerevoli lungo il medesimo asse (v. fig. 4). La proporzione elevata di cellule reticolari di dimensione media o piccola nelle regioni laterali della reticolare resta tuttavia un fatto del quale non si può non tenere conto. Da queste cellule ad assone lungo l'eccitazione reticolare può essere propagata rapidamente a grande distanza in direzione rostrale, caudale o rostro-caudale. Gli impulsi trasmessi dalle abbondanti collaterali che si distaccano ad angolo retto da questi assoni a lungo decorso reclutano senza dubbio al passaggio degli elementi simili mentre, contemporaneamente, irradiano l'eccitazione in una rete neuronica di piccole cellule che formano microcircuiti riverberativi in grado di assicurare il prolungamento dell'attivazione iniziale della FR. Per quel che riguarda la suddivisione ascendente della FR, questa organizzazione istologica si conforma al duplice ruolo che si tende ad assegnare al sistema: modulazione delle risposte del cervello ai messaggi che lo raggiungono e azione continua, principalmente dinamogenica, sui meccanismi reattivi del diencefalo e del telencefalo.
b) Afferenze ed efferenze reticolari.
La reticolare del tronco dell'encefalo riceve numerosissime fibre afferenti d'origine spinale, cerebellare, nucleare locale, diencefalica e corticale. Le fibre spinali sono raggruppate nei cordoni anterolaterali. Si tratterebbe principalmente, se non esclusivamente (v. Bowsher, 1961), di fibre spinoreticolari dirette terminanti specialmente nelle regioni mediali della FR. È significativo che tale zona coincida con la principale regione di origine delle fibre ascendenti lunghe. Bisogna anche sottolineare l'assenza apparente di connessioni reticolari dei cordoni posteriori del midollo e di loro prolungamenti nei lemnischi mediali che trasmettono informazioni con un alto grado di specificità topologica o modale. Lo stesso avviene per i loro omologhi rappresentati dalle fibre che originano nel nucleo principale del trigemino, in contrasto con quelle del nucleo della radice discendente del trigemino che hanno abbondanti connessioni con la reticolare. A queste afferenze spinali si aggiungono fibre cerebelloreticolari che originano principalmente nei nuclei fastigiali. Anche in questo caso si riscontra che le regioni dove queste fibre terminano coincidono con quelle da cui provengono le fibre reticolo-cerebellari. Quanto alle connessioni diencefaloreticolari, le più importanti sono quelle che collegano l'ipotalamo e i corpi mammillari con la reticolare e che si distribuiscono soprattutto nelle sue suddivisioni mesencefalica e pontina superiore. Bisogna anche menzionare, tra le afferenze reticolari, quelle che originano nelle diverse strutture nucleari incluse nel tronco dell'encefalo, in particolare nel collicolo superiore, nei nuclei vestibolari e nel nucleo del lemnisco laterale. Vi sono infine importantissime connessioni corticoreticolari che originano sia nell'archicorteccia dell'ippocampo sia nel mantello neocorticale. Le suddivisioni bulbopontine della reticolare, e specialmente i loro nuclei gigantocellulari, sono quelle che ricevono il contingente maggiore di fibre di origine neocorticale. Fibre che originano da aree corticali differenti convergono verso medesime regioni reticolari.
Le fibre efferenti del sistema reticolare discendente (v. fig. 3) hanno la loro origine principale nelle parti mediali dei due terzi posteriori della reticolare. Esse constano principalmente degli assoni delle cellule di grandi dimensioni, la cui presenza caratterizza queste zone reticolari. Le fibre reticolospinali raggiungono nel midollo spinale i cordoni anterolaterali. Le reticolocerebellari sono emesse da tre agglomerati nucleari, tra i quali il nucleo reticolare laterale, che si differenziano dagli altri nuclei della reticolare per la loro organizzazione citoarchitettonica, per la stretta limitazione delle loro proiezioni al cervelletto e per la terminazione di queste proiezioni in aree cerebellari ben definite. Esse, insieme con le afferenze reticolari di origine cerebellare che a loro corrispondono, costituiscono un sistema speciale. Anche il collicolo superiore, al pari dei nuclei sensitivi e motori del tronco dell'encefalo, riceve importanti contingenti di fibre di origine reticolare.
Le efferenze reticolari ascendenti hanno parimenti costituito l'oggetto di lavori sistematici nei quali la causa d'errore, consistente nel confonderle con fibre di passaggio di origine extrareticolare, è stata eliminata da controlli basati sulla ricerca di degenerazioni cellulari retrograde. Brodal e Rossi (v., 1955) riferiscono che le efferenze reticolari ascendenti si dividono in due gruppi principali a livello della congiunzione fra mesencefalo e diencefalo. Un primo gruppo comprende fibre di origine principalmente bulbopontina che terminano nel centro mediano, nei nuclei talamici della linea mediana e degli spazi intralaminari, e anche nei nuclei talamici di relé e di associazione che si distinguono dai precedenti per le loro proiezioni corticipete abbondanti e dirette. L'esistenza di queste connessioni reticolotalamiche ‛specifiche', che era già stata individuata in seguito a esperienze fisiologiche, è stata confermata con il metodo di impregnazione neuronica di Golgi (v. fig. 14). Vi sono dati a favore dell'esistenza di connessioni reticolocorticali dirette, che dovrebbero rappresentare il 10% dell'insieme delle efferenze reticolari ascendenti. Un secondo insieme di fibre, apparentemente meno omogeneo, raggruppa proiezioni ascendenti che hanno la loro origine principale nel tegmento mesencefalico. Esse si distribuiscono alle regioni ipotalamiche laterali, preottica, settale, striale e, per mezzo di loro intermediari, all'archicorteccia dell'ippocampo. Tutte queste proiezioni reticolari ascendenti sono sia ipsilaterali sia controlaterali, in accordo con i dati elettrofisiologici che saranno descritti più avanti. L'identificazione biochimica delle fibre reticolari efferenti è stata argomento di importanti lavori con l'elegante metodo della fluorescenza di Falck (v., 1962). Queste ricerche, significativamente esemplificate dal lavoro di Hole e altri (v., 1976), sono ancora in corso.
3. Proprietà fisiologiche del sistema reticolare ascendente.
a) L'attività reticolare spontanea.
1. Aspetti elettrofisiologici. - Il significato funzionale delle proiezioni ascendenti della reticolare è strettamente legato alle proprietà fisiologiche intrinseche delle popolazioni neuroniche che la costituiscono.
Una di queste proprietà, peraltro abbastanza banale, è l'esistenza di un'attività continua delle cellule reticolari. Gli aspetti di questa attività, messi in evidenza per mezzo di registrazioni microelettrodiche di potenziali neuronici unitari, sono evidentemente più informativi di quelli dell'attività spontanea di massa registrata con elettrodi meno fini, che captano la somma dei potenziali di migliaia di cellule. Per ragioni di facilità tecnica questi tracciati microelettrodici sono stati registrati per la maggior parte nella reticolare bulbare; tuttavia, si possiedono sufficienti registrazioni da zone pontine e mesencefaliche per poter affermare che non esistono differenze essenziali nell'ambito dell'elettrogenesi dei differenti livelli della reticolare. Non è quindi possibile, nella maggior parte dei casi, attribuire le attività unitarie osservate all'uno piuttosto che all'altro dei due grandi sistemi reticolari; ciò è stato invece possibile, in qualche caso fortunato, sulla base di correlazioni funzionali. In tutta l'estensione della formazione reticolare si osservano potenziali d'azione unitari con le stesse caratteristiche abituali di successione, a volte continua e irregolare con bassa frequenza (v. fig. 5), a volte eccezionalmente regolare con frequenze in questo caso varianti fra 50 e 100/s. Questa continuità delle scariche reticolari unitarie, caratterizzata dall'assenza del raggruppamento in salve dei potenziali di azione che le compongono, le distingue nettamente da quelle dei neuroni dei nuclei talamici dove questo raggruppamento è la regola.
2. Suoi fattori di mantenimento umorali e nervosi. - L'importanza di queste condizioni umorali è indicata da un esperimento di Bonvallet e altri (v., 1956) che hanno dimostrato che una sezione di tessuto mesencefalico privata di tutte le afferenze nervose continua a manifestare, nel caso che la sua vascolarizzazione non sia stata compromessa dall'intervento, un'attività bioelettrica la cui intensità e le cui caratteristiche elettrofisiologiche non differiscono fondalmentalmente da quelle della reticolare intatta. Si può mettere in rapporto questo dato sperimentale con l'osservazione del fatto che quando la sezione di tessuto mesencefalico contiene i nuclei del III paio di nervi cranici, la suddivisione pupillomotoria di questi nuclei mantiene uno stato di contrazione tonica della muscolatura iridea.
È legittimo qualificare come autoctona, termine che non pregiudica il suo determinismo, l'attività reticolare spontanea osservata in queste condizioni sperimentali. D'altra parte, questo attributo di autoctona non esclude, ben inteso, un importante contributo di fattori umorali e neurogeni al mantenimento del ‛tono' reticolare. L'attività reticolare spontanea s'è dimostrata sensibile ai medesimi fattori umorali che condizionano quella dei neuroni dei centri respiratori, vasomotori e cardioregolatori bulbari. Le variazioni della pO2 e della pCO2 arteriose hanno su tutte queste popolazioni neuroniche effetti molto simili (v. Dell, 1958). I neuroni reticolari si sono rivelati appena meno sensibili dei neuroni respiratori alle variazioni della pCO2. La sensibilità della formazione reticolare ascendente a queste influenze umorali è indicata in modo indiretto anche dalle modificazioni dell'elettrocorticogramma, nel senso, secondo il caso, di un'attivazione di risveglio o di una sincronizzazione di sonno, che si mettono in evidenza sul preparato ‛encefalo isolato' senza la causa di errore che risulterebbe da reazioni motorie o circolatorie generali (v. fig. 6). Queste modificazioni sperimentali dell'elettrogenesi corticale non si osservano più, o sono molto attenuate, quando le connessioni ascendenti della reticolare vengono interrotte da una sezione del tronco dell'encefalo (preparato ‛cervello isolato'). D'altra parte, questi effetti devono essere attribuiti all'azione diretta della composizione del mezzo interno sui neuroni reticolari, poiché essi non sono modificati dalla denervazione del glomo carotideo o da una sezione prebulbare che impedisca tutte le influenze dei chemocettori del glomo sulla reticolare pontomesencefalica (v. Dell, 1958). Anche il fatto che i neuroni reticolari vengono attivati da livelli ematici di adrenalina molto bassi (v. fig. 7) è stato interpretato da Dell e altri (v., 1954) come una prova della adrenorecettività di questi neuroni. Questa interpretazione è stata messa in dubbio (v. Capon, 1960; Baust e Niemczyk, 1964), anche se questa incertezza non è di natura tale da diminuire l'interesse pragmatico dei dati sperimentali che concernono questo fattore umorale.
La ricchezza dell'innervazione reticolare afferente fa prevedere l'importanza dei fattori neurogeni della sua attività tonica. La valutazione del ruolo dell'arrivo incessante di impulsi afferenti ai neuroni della reticolare ascendente nel mantenimento di questa attività è resa difficile dal fatto che questo afflusso reticulopeto è costituito verosimilmente da un insieme di impulsi eccitatori e inibitori. L'importanza di questi ultimi diverrà manifesta quando verranno discussi e interpretati gli esperimenti di sezione mediopontina del tronco dell'encefalo. Bisogna citare, a sostegno di una partecipazione efficace di un afflusso sensitivo al mantenimento del tono reticolare ascendente, l'esperimento fatto da Roger, Rossi e Zirondoli (1956); questi autori constatarono infatti che un elettrocorticogramma sincronizzato diffuso, simile a quello del sonno ‛sincronizzato' (SS), appariva nell'‛encefalo isolato' di gatto a seguito di una sezione bilaterale del nervo trigemino. Tra le afferenze dei nervi cranici le trigeminali sembrano avere un'importanza particolare per il mantenimento della vigilanza cerebrale, nell'ipotesi della sua dipendenza dal livello del tono reticolare. È stato mostrato che anche le afferenze olfattive, visive, uditive, vestibolari e somestetiche contribuiscono al tono corticale vigile (Claes, 1939; Arduini e Hirao, 1959; Jung, 1960; Bizzi e Spencer, 1962; Roger e altri, 1956; Söderberg, 1958; Andersson e Volpov, 1964; Andersen e Andersson, 1968). In alcuni di questi casi si tratta verosimilmente di influenze dinamogeniche dirette dell'afflusso sensoriale continuo sui nuclei talamici di collegamento e sulle aree di proiezione corticale, senza la mediazione della FR ascendente.
Impulsi di origine corticale si sono rivelati importanti anche per il mantenimento dell'attività continua della reticolare ascendente. È stato dimostrato che la stimolazione elettrica di numerose aree corticali esercita sul sistema reticolare ascendente una forte azione eccitatrice messa in evidenza dalle sue ripercussioni sull'elettrogenesi corticale e sul comportamento del gatto. Questo effetto, che fu osservato inizialmente nel preparato ‛encefalo isolato' di gatto (v. Bremer e Terzuolo, 1954), è stato confermato e precisato in esperimenti su gatti e scimmie liberi di muoversi e con elettrodi impiantati, corticali e reticolari (Segundo e altri, 1955; French e altri, 1955; French, 1958 e 1960). Sembra che nel gatto le aree corticali più attive siano quelle parasensoriali (v. Fangei e Kaada, 1960).
Esperimenti di Bonnet e Briot (1972) hanno rivelato che una singola salve di impulsi corticipeti può suscitare una potente reazione corticoreticolare. Un singolo stimolo applicato al nucleo genicolato laterale provoca una lunga scarica della reticolare ascendente, che non compare più dopo la paralisi da perfrigerazione delle aree visive omolaterali. Le caratteristiche del fenomeno permettono una controreazione positiva, responsabile della facilitazione tardiva del potenziale evocato visivo negli esperimenti di stimolazione accoppiata. Deve anche esser tenuta presente la possibilità che sulla reticolare si esercitino controreazioni inibitrici d'origine corticale a seguito di sue attivazioni prolungate (v. Dell, 1963; v. Bonvallet, 1966).
Il carattere tonico dell'influenza essenzialmente dinamogenica esercitata dalla corteccia sulla formazione reticolare diviene evidente quando la reticolare è improvvisamente e totalmente privata del sostegno corticale (Zernicki e altri, 1970; v. anche Buser e altri, 1969).
b) Potenziali evocati e reazioni reticolari unitarie.
Le risposte dei neuroni reticolari a brevi salve di impulsi afferenti si dividono, da un punto di vista descrittivo formale, in reazioni di massa e reazioni unitarie; le une e le altre possono essere di natura eccitatoria, inibitoria o mista. Anche in questo caso sarà spesso difficile, se non impossibile, attribuire la risposta osservata in un caso particolare all'una piuttosto che all'altra delle due grandi suddivisioni anatomofunzionali della reticolare.
Secondo i metodi di registrazione utilizzati, le reazioni di massa della reticolare a una salve di impulsi afferenti possono essere descritte come ‛potenziali evocati', che rappresentano la somma dei potenziali d'azione di una popolazione neuronica di limitata estensione spaziale, o come ‛potenziali di campo', che esprimono le modificazioni simultanee, nell'una o nell'altra direzione, della polarizzazione della membrana neuronica di vasti insiemi cellulari che reagiscono sinergicamente.
È stato osservato che la FR risponde alla stimolazione elettrica di fibre di radici spinali o di nervi periferici, come anche a brevi stimoli sensitivi e sensoriali (pressioni tattili, lampi luminosi, stimoli acustici brevi). Questi ‛potenziali evocati' si distinguono in generale da quelli che vengono registrati dalle vie di senso agli stessi livelli del tronco dell'encefalo perché hanno un periodo di latenza e una durata più lunghi e anche perché offrono minor resistenza alla reiterazione rapida dello stimolo. Allorché le risposte reticolari sono registrate come ‛potenziali di campo', si può vedere che esse sono costituite dalla successione di una breve deflessione positiva, di un potenziale negativo, che è espressione di depolarizzazioni reattive più o meno sincrone dei neuroni che si trovano nel campo dell'elettrodo registrante, e di una deflessione positiva meno costante che può esprimere un processo d'inibizione dell'attività reticolare spontanea. I potenziali evocati suscitati da impulsi elettrici singoli applicati in diversi punti della corteccia cerebrale si sono rivelati della stessa forma e durata dei potenziali reticolari sensoriali, ma le loro latenze sono in genere più brevi di quelle di questi ultimi. Il ‛potenziale di campo' di polarità positiva suscitato dalla stimolazione di una struttura ipnogena sarà descritto in seguito (v. cap. 5).
La convergenza neuronica di impulsi afferenti di origini molto distanti o rientranti in modalità sensoriali differenti, già messa in evidenza da registrazioni macrofisiologiche (v. Bremer e Terzuolo, 1954; v. Magoun, 19632; v. French, 1960), è una delle caratteristiche della reattività reticolare (v. fig. 8). Queste risposte unitarie sono state analizzate in maniera particolarmente approfondita da Moruzzi e dai suoi collaboratori (v. Moruzzi, 1954; v. Rossi e Zanchetti, 1957), da Katsuki (1958), da Yoshii e Ogura (v., 1960), da Amassian e altri (v., 1961), da Bell e altri (v., 1964) e da Phillips e Olds (v., 1969).
Esse sono caratterizzate da vasti campi recettivi (in modo particolare retinici e somatici), dall'ampia gamma delle frequenze sonore che le attivano, dal loro lento adattamento, e infine dalla loro sensibilità particolare alla novità e alle proprietà motivazionali dello stimolo applicato. Si sono frequentemente osservati effetti inibitori che si manifestano sotto forma di rallentamento o di cessazione di un'attività spontanea. La stimolazione elettrica (per polarizzazione anodica) del lobo anteriore del cervelletto (v. fig. 5) si è rivelata particolarmente efficace nel produrre questa risposta inibitoria che interessa verosimilmente cellule appartenenti al sistema reticolare discendente. Questa stessa stimolazione del lobo anteriore può esercitare anche un effetto eccitatorio; l'associazione di questo effetto con una desincronizzazione corticale, come nel caso del tracciato della fig. 9, si deve allora attribuire a un'attivazione del sistema reticolare ascendente. Non è stato generalmente possibile mettere chiaramente in evidenza in questi esperimenti una sistematizzazione delle unità reticolari che fosse in rapporto con l'origine spaziale o la modalità sensoriale degli impulsi afferenti messi in gioco o con le caratteristiche formali della risposta unitaria.
4. Significato funzionale del sistema reticolare ascendente.
a) Considerazioni sulle influenze reticolari discendenti.
Prima di trattare i problemi posti dal significato funzionale delle proiezioni ascendenti della formazione reticolare, forse non è inutile esaminare brevemente i problemi che riguardano il significato delle sue proiezioni discendenti, quelle bulbospinali. Come è stato già detto nell'introduzione di questo articolo, numerosi lavori sono stati dedicati, alla fine del XIX secolo e agli inizi del nostro, allo studio delle correlazioni riflesse sopraspinali che sono organizzate nelle strutture reticolari del tronco dell'encefalo. Che si tratti dei riflessi di raddrizzamento e della ‛reazione di sostegno', della coordinazione del tono muscolare posturale, delle reazioni oculari e somatiche alla stimolazione dei recettori vestibolari, delle risposte respiratorie alla distensione polmonare, delle interrelazioni di un centro ‛pneumo-tassico' e di un centro ‛apneustico', in definitiva è sempre questione di reazioni soprasegmentarie integrative, precise e complesse, per la maggior parte già presenti nel corredo neurofisiologico dei vertebrati primitivi. La concezione funzionale derivata logicamente da questo insieme di dati fisiologici sembrò essere messa in dubbio allorché Magoun e Rhines (v., 1946), studiando gli effetti facilitatori e inibitori di stimolazioni focali del tegmento bulbare nel gatto barbiturizzato, scoprirono l'importantissimo fatto che l'intera muscolatura scheletrica, senza distinzione tra flessori o estensori, si comportava in questi esperimenti come un insieme indifferenziato. La scomparsa globale del tono muscolare nel corso di una breve faradizzazione bulbare e l'inibizione simultanea di reazioni con significato funzionale tanto diverso, come il riflesso corneale e i riflessi tendinei, costituiscono un quadro veramente impressionante per chi ha avuto l'occasione di osservarlo. Così non è sorprendente che tutto ciò abbia fatto sì che si attribuisse alla formazione reticolare bulbare un ruolo funzionale differente da quello di un apparato soprasegmentario di coordinazioni riflesse, e consistente in una regolazione d'insieme della reattività e dell'attività tonica del nevrasse bulbospinale. Questa nozione trovò una conferma indiretta allorché furono rivelate le influenze diffuse esercitate dalla suddivisione ascendente della reticolare sul diencefalo e sul telencefalo. Ma lo studio del 1953 di Sprague e Chambers (v. Sprague, 1967) sulle risposte di animali non narcotizzati e liberi di muoversi a stimoli elettrici della FR, così come l'analisi delle sindromi motorie che fanno seguito a sue lesioni focali, ha confermato il significato originalmente attribuito alla FR di apparato arcaico soprasegmentario, organizzatore di correlazioni fra sistemi somatici e neurovegetativi. In questa prospettiva, l'eventuale violazione della regola dell'innervazione reciproca dei muscoli antagonisti può essere spiegata dal ruolo che avrebbero le attività reticolari, come pure quelle del paleocervelletto nel quale si è osservata la stessa deroga (v. Bremer, 1935), nella stabilizzazione delle articolazioni e nell'assunzione di posture in armonia con i movimenti volontari comandati dal telencefalo (v. Gernandt e altri, 1957). Questa interpretazione è in accordo con la nozione di una stretta associazione funzionale fra i due sistemi reticolari. L'innervazione reciproca degli antagonisti riprenderebbe tutti i suoi diritti nelle reazioni della formazione reticolare quando questa sia chiamata - questo non è che un esempio tra numerosi altri - a rinforzare la risposta di retroazione di un arto suscitata da una stimolazione nocicettiva locale (v. Hugelin, 1964).
b) Influenze reticolari ascendenti.
1. Manifestazioni elettroencefalografiche e comportamentali dell'attivazione reticolare. - Moruzzi e Magoun (v., 1949) furono i primi a osservare il risveglio cerebrale provocato dalla stimolazione elettrica del tegmento reticolare mesencefalico su gatti precedentemente sottoposti a una sezione del nevrasse a livello della giunzione bulbospinale. Questo preparato ‛encefalo isolato', quando vengono sezionati anche i nervi vaghi, offre il doppio vantaggio di permettere lo studio di attività cerebrali non perturbate dalla narcosi e di eliminare gli effetti circolatori e motori periferici delle stimolazioni reticolari. D'altra parte, la tendenza del cervello alla sonnolenza facilita la dimostrazione degli effetti del risveglio. È stato rilevato che quando la frequenza di ripetizione dei singoli stimoli elettrici sorpassa 50/s sono sufficienti stimolazioni di lieve intensità e di breve durata per rendere evidenti questi effetti.
Il risveglio così provocato si manifesta con una sintomatologia oculare ed elettrocorticale molto simile a quella del risveglio naturale. A intensità leggermente sopraliminari dello stimolo reticolare si ha una reazione d'attenzione, che si esprime con apertura degli occhi, raddrizzamento o deviazione coniugata dei globi oculari, movimenti di esplorazione dello sguardo, dilatazione moderata della pupilla (per inibizione del nucleo pupillomotore mesencefalico), senza alcuna reazione facciale che metta in evidenza uno stato emozionale. Questo effetto di risveglio si osserva qualunque sia la posizione degli elettrodi nella FR, dal tegmento mesencefalico rostrale sino al bulbo rachideo, anche se è stata notata una sensibilità speciale del compartimento mediale che contiene il maggior numero di neuroni ad assone lungo.
In esperimenti ‛cronici' sull'animale con il nevrasse intatto sul quale sono impiantati degli elettrodi, anche la risposta comportamentale alla stimolazione reticolare può essere mantenuta nei limiti di una reazione d'orientamento e di moderata esplorazione, che si presta allo studio degli aspetti psicofisiologici delle influenze reticolari ascendenti. Il risveglio da eccitazione reticolare è molto simile, nei suoi aspetti elettrofisiologici (v. fig. 10) e comportamentali, a quello provocato da una stimolazione sensitiva. Questo vale anche per il risveglio determinato dall'eccitazione di strutture centrali che hanno connessioni reticulopete o che sono situate sulle vie ascendenti della FR. Al primo gruppo appartengono, come si è già visto, un gran numero di regioni neocorticali, il collicolo superiore e il lobo anteriore del cervelletto. Il secondo gruppo comprende l'ipotalamo (v. Murphy e Gellhorn, 1945) e i nuclei talamici intralaminari e della linea mediana, che formano insieme il sistema talamico ‛non specifico' di Jasper (v., 1949 e 1960). Deve essere considerata la possibilità che la stimolazione di una di queste strutture coinvolga connessioni discendenti talamoreticolari, come hanno dimostrato Schlag e Chaillet (1958). Sembra infatti che il risveglio corticale provocato dalla stimolazione dei nuclei talamici mediani sia essenzialmente una conseguenza dell'attivazione di vie ascendenti del sistema reticolare di cui questi nuclei costituirebbero un collegamento. La situazione è complicata dal fatto che una stimolazione di bassa frequenza, circa 7/s, determina la comparsa, nell'insieme del mantello corticale, di potenziali la cui ampiezza è dapprima regolarmente crescente, il che indica un processo iniziale di reclutamento neuronico, poi decrescente. Queste risposte di ‛reclutamento' (v. Morison e Dempsey, 1942) sono sostituite da una desincronizzazione e da un'accelerazione dei potenziali corticali allorché la frequenza di stimolazione talamica si avvicina a 50/s. L'attivazione elettrocorticale così suscitata non differisce da quella provocata dalla stimolazione della FR, sia per il suo aspetto formale, sia per la sua diffusione spaziale, la sua bilateralità e, come si vedrà, la facilitazione dei potenziali evocati talamici e corticali. Di qui la nozione, comunemente accettata, secondo cui questi nuclei talamici appartenenti al sistema ‛non specifico' costituiscono un prolungamento della FR ascendente nel diencefalo, e il termine di ‛sistema talamico reticolare' che esprime questo concetto. A prescindere dalla legittimità di questa terminologia, le vie e i meccanismi degli effetti della stimolazione talamica mediana sono ancora lontani dall'essere completamente chiariti. Sembra che l'esistenza di due effetti, l'uno di sincronizzazione talamocorticale eventualmente accompagnata da un'azione ipnogena, l'altro di desincronizzazione elettrocorticale e di risveglio comportamentale, non debba essere messa in rapporto al fatto che sono implicati due sistemi distinti anatomicamente e funzionalmente, ma che dipenda dal gioco di fattori essenzialmente dinamici. Il determinismo delle risposte di ‛reclutamento' comporta l'intervento nei nuclei talamici specifici di processi d'inibizione e di rimbalzo (v. Purpura e Shofer, 1963; Andersen e Andersson, 1968). Questi sono sostituiti da una depolarizzazione di membrana, con aumento dell'eccitabilità neuronica, allorché la stimolazione dei nuclei talamici della linea mediana viene eseguita a frequenza sufficientemente elevata.
Sembra, d'altra parte, che nella mediazione degli effetti di attivazione del sistema talamico aspecifico, due nuclei talamici giochino un ruolo determinante di trasmissione e trasformazione, il nucleus reticularis e il nucleus ventralis anterior (v. Jasper, 1960). Sembra, infine, che la formazione reticolare diencefalica si distingua per un abbozzo di organizzazione topografica delle sue proiezioni corticali, che per alcuni dei suoi nuclei, come il nucleo centromediano (Totibadze e Moniava, 1969), potrebbero essere dirette.
Qualunque sia il modo in cui è provocato, il risveglio cerebrale è dunque caratterizzato, su tutta l'estensione del mantello neocorticale (v. fig. 10), da un'accelerazione della frequenza ritmica e da una riduzione dell'ampiezza, che arriva sino alla scomparsa sia dei potenziali spontanei di numerose strutture sottocorticali, sia dei potenziali di superficie del mantello neocorticale, designati impropriamente con il nome di onde cerebrali; è stato infatti dimostrato (Creutzfeldt e altri, 1966) che questi potenziali sono costituiti essenzialmente da potenziali postsinaptici eccitatori, e che la loro successione regolare con frequenza di circa 10/s (la cosiddetta frequenza ‛alfa') è mantenuta dall'attività ritmica di tutti i nuclei talamici che hanno connessioni dirette e focali con la corteccia (Andersen e Eccles, 1962; Andersen e Andersson, 1968). L'antecedente causale immediato di queste onde cerebrali sarebbe rappresentato dalle scariche di impulsi corticipeti emesse periodicamente dai nuclei talamici ‛specifici' e associate esse stesse a rimbalzi postinibitori dei loro neuroni di proiezione. I nuclei talamici appartenenti al sistema ‛non specifico' giocherebbero, secondo questa concezione, il ruolo di meccanismo complementare di sincronizzazione diffusa dell'elettrogenesi corticale attraverso la mediazione del nucleus reticularis del talamo (Andersen e Andersson, 1968; v. Schlag, 1970; v. Bremer, 1970).
La reazione elettrocorticale di ‛risveglio' osservata nell'animale (v. fig. 10) è descritta sovente con il termine interpretativo di reazione di desincronizzazione. Le registrazioni microfisiologiche non lasciano alcun dubbio sulla natura fondamentalmente eccitatoria dei processi che accompagnano la desincronizzazione delle elettrogenesi unitarie. Quest'interpretazione è confermata anche dall'associazione alla reazione di risveglio di un'accelerazione della circolazione cerebrale risultante verosimilmente dall'azione vasodilatatrice di metaboliti liberati localmente in conseguenza dell'attivazione delle popolazioni neuroniche interessate (v. Ingvar, 1958; v. Meyer e altri, 1969). Nelle registrazioni transcraniche dell'elettroencefalografia umana, il fenomeno che mette maggiormente in evidenza l'attivazione desincronizzante diffusa della corteccia è la scomparsa delle onde ‛alfa' a 8-12 c/s che caratterizzano la vigilanza cerebrale rilassata. Questa reazione di blocco, che fu scoperta nel 1929 da H. Berger, è, per ragioni che non sono ancora chiare, più facilmente provocata da stimolazioni luminose diffuse e anche dalla semplice apertura degli occhi (v. fig. 11). Allorché i potenziali corticali sono derivati direttamente dalla corteccia cerebrale messa a nudo e lo stimolo sensoriale, privo di carica emozionale, attiva un'area di proiezione corticale ben definita, la reazione di blocco presenta un netto massimo d'intensità in quest'area. Il fatto è stato osservato da Jasper e Penfield per quel che concerne il ritmo beta rolandico ed è stato confermato da Morrell (1968) per il blocco alfa occipitale. L'aspetto focale che può avere la reazione desincronizzatrice di risveglio era già stato osservato da Ectors (1936) nel suo studio dell'elettrocorticogramma del coniglio sveglio e libero di muoversi.
Il risveglio suscitato dall'attivazione diretta o indiretta della FR ha nell'archicorteccia dell'ippocampo un aspetto molto diverso da quello che presenta nelle aree neocorticali. È caratterizzato (v. fig. 10) dalla comparsa di onde ritmiche di grande ampiezza che si succedono regolarmente a frequenze da 4 a 7/s e costituiscono il ritmo detto ‛teta'. Questo contrasto di due aspetti elettroencefalografici del risveglio cerebrale deriva senza dubbio da differenze d'organizzazione istologica delle due cortecce e da fattori dinamici associati a queste differenze (v. Noda e altri, 1969). Particolarmente chiaro nei Mammiferi inferiori, il ritmo ‛teta' si ritrova in questi animali nel sonno detto ‛desincronizzato'. Bisogna infine menzionare che le manifestazioni corticali e sottocorticali del risveglio del cervello, come quelle dei suoi stadi di sonno, si osservano bilateralmente, con una simmetria che sottolinea la solidarietà funzionale dei due emisferi cerebrali ai differenti livelli della vigilanza.
2. Carattere tonico delle influenze reticolari ascendenti. - La dimostrazione, a opera di Magoun e dei suoi collaboratori (v. Magoun, 19632; v. French, 1960), di questo funzionamento tonico sul piano comportamentale ha stabilito definitivamente l'importanza fisiologica del sistema reticolare attivatore. Gli esperimenti di questi autori consistevano nella distruzione elettrolitica della parte centrale, reticolare, del tronco dell'encefalo, e in operazioni di controllo. Le conseguenze della soppressione funzionale del sistema reticolare si rivelavano impressionanti (v. fig. 12). Alla cessazione della narcosi chirurgica la condizione dell'animale è quella di un sonno profondo. Coricato sul fianco, il gatto resta immobile, gli occhi chiusi, insensibile a ogni stimolazione sensoriale. Questa condizione si mantiene all'incirca immutata durante una sopravvivenza di parecchie settimane. La prostrazione letargica della scimmia è ancora più profonda. L'elettrocorticogramma caratteristico della distruzione reticolare nel gatto è molto simile a quello del cervello ‛isolato' per mezzo di una sezione mesencefalica del tronco dell'encefalo (v. fig. 13). Esso è costituito dalla successione monotona di treni d'onde di frequenza da 7 a 12 c/s nell'ambito del singolo treno, che presentano una modulazione caratteristica della loro ampiezza, il che conferisce al profilo della curva la forma di un fuso. Tra questi fusi, separati da intervalli di lunghezza proporzionale alla depressione funzionale dell'attività talamocorticale spontanea, s'inseriscono delle onde lente la cui abbondanza ha lo stesso significato. Durante i primi giorni che seguono all'elettrolisi reticolare questo tracciato corticografico non è modificato da alcuna stimolazione sensoriale. Più tardi, una reazione molto fugace di desincronizzazione rivela nel gatto una tendenza al recupero che non sarà mai molto accentuata. Magoun e i suoi collaboratori hanno verificato d'altra parte che deafferentazioni cerebrali molto estese, causate dalla sezione delle vie di senso cerebrali laterali e mediali, alla quale si aggiunge, nelle esperienze acute, la sezione bilaterale dei nervi ottici e olfattivi, non alterano sensibilmente la condizione di vigilanza dell'animale, nei suoi aspetti comportamentali ed elettroencefalografici. È stato anche dimostrato che la sindrome letargica del ‛cervello isolato' deve essere attribuita principalmente all'interruzione di vie reticolari ascendenti piuttosto che a quella di vie di senso specifiche. La nozione fondamentale di ‛tono' corticale (e diencefalico) mantenuto da una corrente di impulsi ascendenti resta valida anche dopo questi esperimenti; deve tuttavia essere fatta una importante precisazione restrittiva: infatti, nel determinismo del mantenimento della vigilanza comportamentale, gli impulsi ascendenti provenienti dal sistema reticolare attivatore, che si distribuiscono in modo diffuso al diencefalo e alla corteccia, hanno un significato funzionale molto più grande di quello degli impulsi sensoriali che raggiungono direttamente i nuclei talamici di collegamento e le aree di proiezione corticale. È possibile, tuttavia, che l'importanza di questi impulsi sensoriali diretti per il mantenimento del tono corticale sia stata un po' sottovalutata.
Il ruolo di apparato del risveglio assegnato al sistema reticolare ascendente a seguito di questi esperimenti è risultato essere d'altronde in completo accordo con alcune osservazioni anatomo-cliniche. Tra queste osservazioni merita una menzione particolare quella che è stata pubblicata da Ingvar e Sourander (v., 1970). Essa riguarda un uomo di 60 anni che visse per tre anni in uno stato di coma completo in seguito alla distruzione emorragica della parte rostrale della sostanza reticolare mesencefalica. Il confronto dello stato istologico della corteccia cerebrale con quello che era stato osservato in una biopsia praticata 18 mesi prima del decesso rivelò una progressione delle lesioni atrofiche corticali, che gli autori attribuiscono alla prolungata riduzione del flusso sanguigno cerebrale e del consumo di ossigeno, non attribuibile allo stato circolatorio generale. D'altra parte è stato varie volte osservato (v. Jefferson, 1958) che la compressione meccanica della regione di giunzione del tronco dell'encefalo con il diencefalo produce uno stato di incoscienza simile al sonno, che scompare al cessare della compressione. Diderot aveva già descritto questo impressionante fenomeno, riportando, nel Rêve de D'Alambert, un'osservazione del chirurgo Fr. G. Lapeyronie.
c) Formazione reticolare e comportamento emozionale.
Questo aspetto della fisiologia del sistema reticolare si è rivelato strettamente legato ai quesiti posti dal carattere tonico dei suoi impulsi attivatori ascendenti. Il suo studio è stato possibile grazie a un approccio sperimentale basato sull'analisi dei fenomeni della falsa rabbia e, più generalmente, delle reazioni definite pseudo-affettive che caratterizzano il comportamento del gatto che abbia subito l'asportazione del telencefalo e il cui diencefalo venga, pertanto, privato di un controllo inibitore normalmente molto efficace. Le ricerche di Bard (1939) e di Bard e Mountcastle (1948) avevano portato a localizzare nella parte posteroinferiore del diencefalo talamoipotalamico le strutture centrali nelle quali s'integrano le reazioni di falsa rabbia del gatto decorticato. Questa conclusione è stata confermata nel suo insieme dagli esperimenti di stimolazione elettrica eseguiti nell'animale intatto (gatto e scimmia) da Hess (1949), Masserman (1943), Delgado (1955), Hunsperger (1956), Roberts e Kus (1964); (per una bibliografia sull'argomento si veda la rassegna di Zanchetti, 1967). Le reazioni di attacco o di fuga provocate da queste stimolazioni, senza essere completamente prive di proprietà motivazionali, hanno anch'esse i caratteri di reazioni pseudo-affettive, perché malgrado la loro veemenza lasciano solo tracce mnemoniche fugaci o incerte.
La partecipazione della reticolare mesencefalica (ivi compresa la grisea centralis) al determinismo di queste reazioni fu provata con certezza allorché fu dimostrato (Zanchetti, 1963 e 1967) che la sua distruzione ha come effetto la soppressione istantanea della tendenza agli accessi di rabbia spontanei e riflessi del gatto decorticato, pur lasciando persistere le loro manifestazioni quando l'ipotalamo viene stimolato elettricamente, come se le efferenze motrici responsabili dell'espressione della falsa rabbia fossero attivate direttamente. Il mantenimento di uno stato eccitatorio centrale del diencefalo per mezzo di un flusso continuo di impulsi reticolari ascendenti è dunque una condizione necessaria per lo scatenamento degli accessi di falsa rabbia del gatto decorticato, così come per la modulazione dell'intensità delle tensioni emozionali nell'animale intatto (v. Lindsley, 1958).
d) Azione della stimolazione reticolare sui potenziali evocati sensoriali.
L'attivazione reticolare può in principio influenzare una risposta sensoriale elementare a tutti gli stadi della sua elaborazione, dagli estesioneuroni recettori alle aree corticali associative che si suppone siano la sede dell'integrazione percettiva. La modificazione del processo iniziale di recezione a opera degli impulsi di origine reticolare sembra a prima vista non essere in rapporto con la fisiologia del sistema attivatore ascendente. Ma dato che i sistemi ascendente e discendente sono funzionalmente associati, come è chiaramente suggerito dall'esistenza di neuroni reticolari giganti con assoni bipolari, è giustificato prendere in esame questi processi periferici.
Numerose sono le osservazioni che fanno concludere in favore dell'esistenza di un controllo della sensibilità dei recettori sensoriali da parte della formazione reticolare; tale controllo avrebbe un ruolo importante nei processi di selezione e di restrizione messi in gioco nell'attenzione sensoriale. Ma i dati sperimentali sui quali venivano basate queste conclusioni si sono rivelati di diverso valore dimostrativo. Le osservazioni di Granit e Kaada (1952) e di Eldred, Granite Merton (v., 1953) sul controllo sopraspinale dei fusi neuromuscolari (v. fig. 14) non lasciano posto all'incertezza. Questo non si può dire, per differenti ragioni, delle esperienze che attribuiscono alla formazione reticolare i comandi di filtraggio selettivo a livello dei recettori acustici e visivi. La forte influenza esercitata sulla sensibilità dei recettori cocleari a opera degli influssi trasmessi dalle fibre olivococleari del fascio di Rasmussen non sembra abbia origine o sia collegata alla formazione reticolare. L'area corticale silviana in cui essa sarebbe elaborata, nel gatto, secondo Desmedt e Mechelse (v., 1959), la trasmetterebbe direttamente ai nuclei olivari. L'esistenza nei Mammiferi di fibre centrifughe retinopete parrebbe dubbia. Infine, sembra che gli esperimenti tendenti a mettere in evidenza il controllo dei recettori cocleari e visivi a opera di impulsi centrifughi generati dalla reticolare non abbiano sempre tenuto sufficientemente conto della causa di errore che risulta dal gioco di reazioni periferiche (come la contrazione dei muscoli dell'orecchio medio e la modificazione del diametro pupillare) che controllano il flusso di energia che eccita i recettori. Queste riserve non intendono tuttavia diminuire l'interesse presentato, da un punto di vista pragmatico, dalle osservazioni elettrofisiologiche, in particolare quelle di Hernández-Peón (1958), che hanno messo in evidenza nell'animale sveglio le modificazioni di ampiezza che subiscono i potenziali d'azione sensoriali sotto l'influenza dei processi d'attenzione selettiva, di condizionamento associativo e del fenomeno dell'abituazione, che si può descrivere come un apprendimento ‛negativo' inibitore (v. condizionamento, meccanismo del). In un altro tipo di esperimenti, iniziati da Hagbarth e Kerr nel 1953, si è cercato di dimostrare l'esistenza di un controllo reticolare della trasmissione degli impulsi sensoriali a livello dei loro collegamenti nucleari infracerebrali. Queste esperienze, che hanno richiesto la registrazione simultanea dei potenziali d'azione pre- e postsinaptici nelle strutture esaminate, hanno messo in evidenza un'influenza assai netta, più spesso sotto forma d'inibizione, della stimolazione della formazione reticolare del tronco dell'encefalo sulla trasmissione degli impulsi sensitivi somestetici a livello bulbare e anche già a livello spinale. Il controllo reticolare potrebbe realizzare cosi un filtraggio selettivo degli impulsi sensitivi a vantaggio dei messaggi momentaneamente più significativi (v. somatoestesia).
L'intervento della formazione reticolare - si tratta ora certamente della sua porzione ascendente - nel controllo dei processi percettivi a livello delle loro prime tappe cerebrali sembra essere molto differente. Qui, un intervento reticolare si è rivelato capace di influenzare fortemente la trasmissione degli impulsi sensoriali e sensitivi - visivi, acustici e somestetici - nei nuclei talamici di collegamento così come nelle corrispondenti aree di proiezione corticale. Questa azione si svolge essenzialmente sotto forma di sensibilizzazione delle trasmissioni sinaptiche messe in gioco, e s'inserisce dunque nel quadro generale della funzione ‛energizzante' della reticolare. Gli esperimenti di Dumont e Dell (v., 1960) e di Bremer e Stoupel (v., Facilitation et..., 1959), che hanno messo in evidenza questo aspetto funzionale del sistema reticolare attivatore, sono stati eseguiti sul gatto in preparati ‛encefalo isolato'. Nel dispositivo sperimentale illustrato nella fig. 15 uno stimolo d'intensità liminare, applicato al corpo genicolato laterale, è preceduto a intervalli variabili da uno stimolo reticolare. Il potenziale evocato dell'area corticale 18 (area visiva II) viene registrato contemporaneamente a quello di un'area associativa, come il giro soprasilviano medio. All'intervallo ottimale di 60 secondi fra lo stimolo condizionante e lo stimolo test l'aumento di voltaggio delle differenti componenti della risposta dell'area visiva è spettacolare. Questo aumento si accompagna alla comparsa di una risposta nell'area associativa prima silente. Osservazioni paragonabili a questa sono state fatte per l'area uditiva e per l'area somatosensitiva.
La dinamogenesi reticolare comporta simultaneamente una facilitazione delle trasmissioni sinaptiche nel nucleo talamico di collegamento e nell'area corticale di proiezione, la cui durata, nell'ambito della stessa esperienza, coincide con quella dell'attivazione elettrocorticale. Ma il fenomeno si osserva ancora, sebbene con ampiezza minore, allorché sotto l'influenza di un'azione farmacologica l'elettrocorticogramma è costituito da un tracciato di onde lente corticali refrattarie all'effetto d'attivazione desincronizzante della FR. D'altra parte, un'iniezione di d-anfetammina, che agisce come un potente stimolante chimico sulla formazione reticolare attivatrice, può sostituire in modo efficace la sua stimolazione elettrica, mentre la sua depressione funzionale per mezzo di una narcosi barbiturica, anche leggera, abolisce l'effetto di dinamogenesi. La stimolazione elettrica di un nucleo appartenente al sistema talamico aspecifico si è dimostrata altrettanto efficace di quella della reticolare mesencefalica (v. i contributi di Bremer e Stoupel, 1959).
Si deve a Courtois e Cordeau (v., 1969) l'importante osservazione che, quando nel gatto ‛encefalo isolato' la stimolazione elettrica reticolare è prolungata (oltre una decina di secondi), la facilitazione della risposta dell'area visiva corticale allo stimolo test applicato a intervalli regolari alle ‛radiazioni ottiche' (cioè alle fibre talamocorticali) s'affievolisce, per poi sparire ed essere sostituita da un effetto inverso di depressione. Sembra che tutto avvenga come se la sensibilizzazione a opera degli impulsi reticolari ascendenti delle trasmissioni sinaptiche intracorticali, a differenza di quella delle trasmissioni intratalamiche, sia un aspetto della reazione pavloviana ‛d'orientamento', reazione fugace per definizione. Si vedrà che i dati d'osservazioni psicofisiologiche ben s'accordano con questa interpretazione. D'altra parte, nel caso dei potenziali evocati della corteccia motoria del gatto suscitati da uno stimolo test applicato alle fibre talamocorticali, la facilitazione reticolare della risposta manca del tutto ed è sostituita da un effetto inibitore. Questa particolarità dell'influenza reticolare sulla reattività corticale è stata interpretata da Stériade.(v., 1969) come la manifestazione di una pausa di attesa che prepara l'attività motrice.
Altri aspetti inibitori (v. Stériade, 1970) dell'influenza del sistema reticolare ascendente sul telencefalo sono stati descritti sulla base di argomentazioni indirette, a volte molto discutibili. È questo, in particolare, il caso dell'ipotesi basata sulla minor frequenza globale di scarica di unità neuroniche corticali durante la veglia in confronto con il sonno sincronizzato (SS). Adesso si sa che questa differenza dev'essere attribuita all'elevatissima frequenza di scarica delle unità che partecipano alle salve di potenziali d'azione, intervallate da pause, che caratterizzano il SS e sono la manifestazione di fenomeni di rimbalzo postinibitorio, il cui determinismo è essenzialmente ricorrenziale assonico. Questo fatto illustra bene tutta la complessità dei dati microfisiologici che segnano il passaggio dal sonno al risveglio, complessità che è stata giustamente sottolineata da Jasper (v., 1958).
Sul piano microfisiologico una modulazione reticolare, più spesso facilitatoria, delle risposte cellulari unitarie del nucleo genicolato laterale e della corteccia visiva a brevi stimoli fotici è stata osservata nel gatto e nella scimmia (v. Creutzfeldt e Grüsser, 1959; v. Bartlett e altri, 1970). L'effetto facilitatorio era più netto allorché le trasmissioni sinaptiche talamiche e corticali erano inizialmente depresse a causa della disattenzione o della sonnolenza dell'animale. Questi esperimenti hanno messo in evidenza anche il fatto che le stimolazioni reticolari potevano provocare da sole una risposta di unità neuroniche corticali. Questa scarica di neuroni corticali sensoriali in risposta a una stimolazione reticolare diretta o a un'attivazione reticolare di risveglio può spiegare, sulla base di un effetto di ‛occlusione' competitiva, la riduzione d'ampiezza delle risposte sensoriali corticali che si osserva sovente allorché queste risposte sono provocate dalla stimolazione di recettori periferici (v. Bremer e Stoupel, Facilitation et..., 1959). Quando gli impulsi sensoriali sono ben sincronizzati per mezzo della ripetizione ritmica della stimolazione periferica questo effetto di ‛mascheramento' reticolare è sostituito da una facilitazione (v. flg. 16).
In esperimenti eseguiti su gatti con elettrodi impiantati, Jane e altri (v., 1962) hanno compiuto osservazioni interessanti riguardo al ruolo del processo d'occlusione sopra menzionato e anche alla selettività dell'effetto facilitatorio esercitato dalla FR. La stimolazione diretta di questa veniva sostituita da uno stimolo ‛distraente' (la vista o lo squittio di un topo) che risvegliava fortemente l'attenzione visiva o uditiva dell'animale. È stato dimostrato che la modificazione, nel senso di una facilitazione o di una inibizione, dei potenziali corticali uditivi o visivi dipendeva dallo stato d'attivazione corticale esistente al momento dell'applicazione dello stimolo test. Contrariamente a quanto ci si sarebbe aspettato da un processo d'attenzione sensoriale, nessuna azione selettiva agente sull'una o sull'altra delle due modalità esplorate fu osservata nelle risposte sensoriali delle due aree corticali le cui attività venivano registrate simultaneamente.
Citiamo infine - senza insistervi poiché la questione sarà trattata più diffusamente nell'articolo sonno - la nettissima corrispondenza degli effetti facilitatori cerebrali esercitati da stimolazioni reticolari con le modificazioni che si osservano per le trasmissioni talamiche nel risveglio naturale, così come nel ‛sonno desincronizzato' (SD), rispetto alle risposte dei medesimi nuclei di collegamento registrate nel corso d'una fase di sonnolenza o di sonno sincronizzato (SS).
e) Influenze reticolari sui processi percettivi.
La varietà e l'intensità delle manifestazioni comportamentali prodotte dalla stimolazione della formazione reticolare nei Mammiferi e che fanno seguito alla sua soppressione funzionale indicano l'importanza dei controlli esercitati dai suoi impulsi ascendenti sulle attività nervose superiori che coinvolgono il telencefalo. A esse devono corrispondere modificazioni caratteristiche dei processi percettivi e associativi, suscettibili d'essere analizzate e quantificate con i metodi della psicologia sperimentale. Ricerche simili avrebbero evidentemente fornito informazioni più ampie se avessero potuto essere eseguite sull'uomo. Ma queste osservazioni, che richiederebbero l'inserimento intracerebrale di elettrodi di stimolazione e di registrazione, non sono realizzabili per evidenti ragioni d'etica medica. Si è dunque obbligati a ricorrere agli esperimenti sull'animale completando per quanto possibile le ricerche eseguite sul gatto con osservazioni condotte sui Primati superiori. Gli studi di questo tipo sono ancora assai scarsi. Essi richiedono infatti, oltre all'impianto di elettrodi nel tegmento mesencefalico ed eventualmente in altre strutture cerebrali, complessi addestramenti dell'animale per ottenere l'esecuzione di fini discriminazioni sensoriali, la misura esatta dei tempi di reazione, l'elaborazione statistica dei risultati. Gli esperimenti sulla scimmia di Fuster e Uyeda (v., 1962) rispondono a queste esigenze. Essi consistevano nello studio delle modificazioni della capacità di percepire segnali visivi presentati per un breve tempo, prodotte da stimolazioni reticolari; il successo della prestazione tachistoscopica veniva premiato ogni volta da una ricompensa alimentare. L'intensità e la durata (10 s) della faradizzazione reticolare condizionante erano inferiori a quelle che facevano comparire modificazioni del diametro pupillare o manifestazioni comportamentali di una reazione di orientamento. I suoi effetti si deducevano sia da un aumento della percentuale di risposte corrette sia da una netta diminuzione del tempo di reazione dell'animale. La durata dell'azione facilitante, misurata a partire dall'inizio della stimolazione condizionante, variava tra 4 e 8 secondi. Esperimenti di controllo hanno dimostrato che l'effetto è in rapporto con la posizione corretta degli elettrodi nel tronco dell'encefalo. Il determinismo del fenomeno potrebbe comportare due fattori distinti. Un aumento della nettezza dell' ‛immagine' corticale degli oggetti renderebbe conto dell'aumento della percentuale di identificazioni corrette, mentre la diminuzione del tempo di reazione risulterebbe da un'accelerazione dei processi intermediari cerebrali messi in gioco nel passaggio dalla percezione all'azione. Osservazioni simili sono state descritte da Mahut (1964) in esperimenti di stimolazione dei nuclei talamici della linea mediana nel gatto.
Va ricordato che questi effetti sono stati ottenuti grazie all'utilizzazione di stimolazioni reticolari appena sopraliminari. Come le manifestazioni emozionali sopradescritte facevano prevedere, si è osservato che una diminuzione delle prestazioni in prove di abilità in gatti e scimmie con elettrodi impiantati consegue a stimolazioni ipotalamiche o reticolari più intense, i cui effetti, che a questo stadio rientrano nel dominio dell'inibizione paralizzante, corrispondono ad atteggiamenti di sorpresa e di paura.
Nell'uomo, nel quadro degli effetti psicofisiologici attribuiti verosimilmente all'attivazione del sistema reticolare ascendente, si può citare l'aumento dell'intensità soggettiva della sensazione provocata da una stimolazione d'intensità costante e la diminuzione del tempo di reazione visivo (v. Lindsley, 1958), allorché lo stimolo sensoriale veniva preceduto da un segnale che risvegliava l'attenzione del soggetto.
La relazione della formazione reticolare ascendente con i processi fisiologici che sono alla base dei riflessi condizionati è stata oggetto di numerosi lavori sperimentali e teorici. La sua partecipazione a questi processi parrebbe giustificata a priori dalla sua qualità di sensorium commune che ne fa l'equivalente funzionale, nei Vertebrati inferiori, del ganglio cefalico d'un sistema nervoso gangliare di Invertebrato. Era dunque plausibile pensare che la FR avesse mantenuto nei Mammiferi superiori la capacità di discriminazioni sensoriali apprese di un livello poco elevato, e che, una volta integrata nel funzionamento dei meccanismi nervosi più complessi che hanno la loro sede nel neotalamo e nel telencefalo, giocasse ancora un ruolo importante nei fenomeni di condizionamento ai quali queste strutture partecipano. Il suo attributo di meccanismo non specifico di dinamogenesi cerebrale implicato nei processi di attenzione e di motivazione, così importanti nel determinismo dei condizionamenti associativi, sarebbe un'altra ragione del suo intervento in questi ultimi. Di queste due modalità di partecipazione della formazione reticolare ai processi di condizionamento riflesso che chiamano in causa la corteccia cerebrale, finora è stato possibile mettere chiaramente in evidenza solo la seconda.
Da numerosi lavori sembra infatti emergere la conclusione che l'integrità della formazione reticolare mesencefalica, così come quella dei nuclei talamici mediani, non sono essenziali per lo stabilirsi di riflessi condizionati di difesa nel gatto. La loro abolizione transitoria coincideva, negli esperimenti di distruzione reticolare parziale di Doty e collaboratori (1959), con il periodo postoperatorio di depressione della vigilanza cerebrale (Mahut, 1958; v. Chow e altri, 1966). Tuttavia, questa conclusione negativa si applica solo al caso dei riflessi condizionati di ‛fuga', perché l'abolizione di un riflesso condizionato salivare di tipo pavloviano, negli esperimenti di Hernández-Peón (1958), si è verificata nel cane in conseguenza di lesioni relativamente poco estese della formazione reticolare mesencefalica (v. condizionamento, meccanismo del).
Sembra che l'elettroencefalografia possa offrire prospettive migliori per la soluzione del problema. In effetti, i processi cerebrali dei condizionamenti associativi sono accompagnati da modificazioni di reazione dell'EEG, che si stabiliscono progressivamente ma sono già rilevabili prima dell'acquisizione di un riflesso condizionato motorio. Queste modificazioni sono caratterizzate in primo luogo dalla limitazione della desincronizzazione corticale inizialmente diffusa all'area di proiezione dello stimolo condizionato, e quindi dalla capacità dello stimolo condizionato di far comparire in quest'area potenziali con la medesima configurazione - e più precisamente la medesima frequenza ritmica - di quelli prodotti dallo stimolo incondizionato utilizzato. La conoscenza di questi aspetti elettrofisiologici del fenomeno offriva la possibilità di sottoporre a una verifica sperimentale l'ipotesi della partecipazione attiva della formazione reticolare all'acquisizione e all'estinzione dei riflessi condizionati classici. L'ipotesi di questa partecipazione diventerebbe assai plausibile se si potesse dimostrare che uno stimolo condizionato, privo di ogni struttura, alla fine di un condizionamento associativo può suscitare elettivamente nella formazione reticolare una risposta elettrica con la medesima configurazione di quella provocata dallo stimolo incondizionato nell'area di proiezione di quest'ultimo. Di fatto, lo studio dei condizionamenti sensori-sensoriali, che utilizza nel gatto un ‛tono puro' come stimolo condizionato (SC) e una luce intermittente di bassa frequenza come stimolo incondizionato (SI), dimostra che, quando lo SC uditivo evoca nell'area visiva una successione di onde lente aventi la frequenza ritmica dello SI fotico, è possibile registrare onde simili nella formazione reticolare mesencefalica. Ma ben presto si è visto che queste onde ‛indotte' compaiono ugualmente in altre strutture sottocorticali, in particolare nell'ippocampo e nei nuclei dell'amigdala (Morrell e Jasper, 1956; Yoshii e Hockaday, 1958; v. Morrell, 1967), e che le manifestazioni elettrocorticografiche dell'associazione tra l'area di proiezione dello SC e quella dello SI sono soppresse dalla distruzione di quest'ultima o dalla sezione delle sue connessioni con l'area di proiezione dello SC, ma non vengono alterate dalla distruzione della FR o di altre strutture sottocorticali (v. Chow e altri, 1966).
La modificazione della scarica di un'unità reticolare pontina, come conseguenza dell'associazione ripetuta della stimolazione provocante questa scarica con una stimolazione dipendente da un'altra modalità sensoriale (v. fig. 17), è stata interpretata da Yoshii e Ogura (v., 1960) come la manifestazione d'un fenomeno di condizionamento autentico e come una prova in più a sostegno dell'ipotesi da loro formulata, che assegna alla FR una preminenza causale nei processi di condizionamento associativo. Questa argomentazione non può più essere ammessa, poiché modificazioni reattive simili sono state descritte e analizzate con grande precisione da Morrell (v., 1967) in uno studio delle reazioni unitarie dell' area visiva 19 del gatto a combinazioni di stimoli visivi, acustici e somestetici, certamente non agenti per mezzo della mediazione della FR ascendente.
Lo studio dei condizionamenti del tipo pavloviano o strumentale sembra più indicato per mettere in evidenza il ruolo delle strutture sottocorticali nel determinismo dei processi associativi (v. John, 1967). Qualunque esso sia, non è ancora possibile trarre da questi esperimenti, che sono talora di difficile interpretazione, conclusioni a favore di un ruolo operativo della formazione reticolare nel meccanismo dei condizionamenti associativi. I ritmi elettrici indotti in diverse strutture sottocorticali nel corso di un processo di condizionamento indicano apparentemente la tendenza generale delle popolazioni neuroniche cerebrali a registrare engrammi riproducenti più o meno fedelmente la configurazione dello stimolo incondizionato primario o secondario. Il fatto che la formazione reticolare si distingua spesso per l'ampiezza particolare dei suoi potenziali ‛indotti' potrebbe esser dovuto alla molteplicità delle scariche di impulsi d'origine diencefalica e telencefalica che convergono nelle sue reti neuroniche, e non rappresenterebbe in questo caso che un epifenomeno del collegamento associativo. Secondo le nostre conoscenze attuali il solo ruolo che, nel determinismo complesso di questo collegamento, si può assegnare alla FR, quando questa mette in gioco il telencefalo, sembra essere quello che di fatto possiede per la sua funzione generale di apparato di facilitazione delle trasmissioni sinaptiche cerebrali e, in correlazione, di consolidamento dei tracciati di queste trasmissioni.
f) Meccanismo dell'azione degli impulsi reticolari ascendenti.
I dati elettrofisiologici e psicofisiologici che sono stati esposti hanno dimostrato l'esistenza e la potenza delle influenze reticolari che si esercitano sul telencefalo. Per quel che concerne le relazioni della reticolare con le strutture dell'archicorteccia ippocampale, con la frangia di paleocorteccia che circonda quest'ultima e con i nuclei dell'amigdala, le informazioni sono invece ancora frammentarie e incerte. Così la discussione dei problemi del meccanismo si limiterà ai processi reattivi che hanno la loro sede nelle popolazioni neuroniche del mantello neocorticale e dei nuclei talamici che proiettano alla corteccia.
Anche recentemente è stata avanzata l'ipotesi che i nuclei talamici intralaminari, considerati con i nuclei della linea mediana come il prolungamento della formazione reticolare del tronco dell'encefalo, assicurino la mediazione delle influenze di questa sulle attività del telencefalo. Sembrerebbe ora che un ruolo importante in questa mediazione vada attribuito all'innervazione dei nuclei talamici di collegamento sensoriale a opera degli assoni ascendenti derivanti dalla reticolare. I lavori di Brodal e Rossi (1958), Nauta e Kuypers (v., 1958), Scheibel e Scheibel (v., 1958) non lasciano alcun dubbio a questo riguardo. Le immagini di impregnazione con il metodo di Golgi di neuroni reticolari giganti pubblicate da questi ultimi autori dimostrano particolarmente bene l'esistenza di queste connessioni reticolotalamiche dirette, verosimilmente oligosinaptiche. Persiste invece l'incertezza riguardo al modo di trasmissione alla corteccia degli impulsi ascendenti che passano attraverso i nuclei appartenenti al sistema talamico ‛aspecifico', poiché i circuiti che mediano questa trasmissione sono complicati e ancora non bene conosciuti (v. Purpura e altri, 1966; v. Schlag, 1970). Ottenere più dettagliate informazioni sulle loro terminazioni corticali sembrerebbe tanto più necessario in quanto, sulla base di lavori elettrofisiologici, Jasper e collaboratori (v. Jasper, 1958 e 1960; v. Morrell, 1958) hanno assegnato a queste proiezioni corticali una ripartizione topologica contrastante con la diffusione spaziale delle influenze reticolari ascendenti. Questa organizzazione topologica sarebbe responsabile della capacità di una precisa messa a fuoco dell'attenzione in piccoli segmenti selezionati dei campi sensoriali.
Il problema fisiologico che si pone è dunque quello del meccanismo dell'influenza esercitata dalle scariche d'impulsi reticolari ascendenti sull'attività elettrica e sulla sensibilità reattiva dei nuclei talamici e della corteccia. Le più evidenti manifestazioni di questa influenza sono, come si è visto, da una parte la desincronizzazione e l'accelerazione dell'elettrogenesi spontanea, dall'altra l'aumento della reattività delle popolazioni neuroniche che costituiscono queste strutture. I dati sperimentali consentono di mettere in rapporto questi due fenomeni, che sono normalmente associati, alla depolarizzazione reattiva delle cellule talamiche e corticali prodotta dagli impulsi reticolari attivatori. Questa depolarizzazione della membrana neuronica avrebbe, secondo una regola generale illustrata nei tracciati di Purpura e Shofer (v., 1963) riprodotti nella fig. 18, un effetto sottoliminare facilitatore in conseguenza dell'avvicinamento del livello di scarica delle cellule nervose.
Un altro effetto della depolarizzazione neuronica a livello talamico è quello di porre fine alla successione regolare del processo di iperpolarizzazione e di scariche corticipete per rimbalzo postinibitorio, da cui dipende, come si è visto, il mantenimento dell'attività ritmica sincronizzata dei nuclei talamici specifici e, per correlazione, quella della neocorteccia. Di qui l'azione disinibente e desincronizzante delle attivazioni reticolari dirette e indirette e un fattore contributivo al risveglio cerebrale (v. Bremer, 1970). La lenta oscillazione negativa di potenziale indotta su un'ampia area corticale da una stimolazione elettrica ad alta frequenza della formazione reticolare mesencefalica, come anche dalla stimolazione (a frequenza un po' più bassa) dei nuclei talamici mediali (Arduini e altri, 1957; Brookhart e altri, 1957; v. Arduini, 1958), è apparentemente la manifestazione della depolarizzazione diffusa degli strati superficiali della corteccia. Le lente oscillazioni di potenziale della corteccia correlate con il risveglio naturale, osservate nel ratto libero di muoversi (v. Caspers, 1961), potrebbero rappresentare lo stesso fenomeno.
Il meccanismo inizialmente proposto per spiegare le azioni facilitatorie esercitate dalla formazione reticolare attivatrice sulle trasmissioni sinaptiche all'interno dei nuclei talamici di collegamento e delle aree di proiezione corticali fa dunque appello all'ipotesi di una sommazione eterosinaptica d'impulsi afferenti di ineguale potenza eccitatoria. Questa ipotesi potrebbe fondarsi sulle registrazioni intracellulari di neuroni talamici e corticali pubblicate da Purpura e altri (v., 1966), che hanno dimostrato che le salve d'impulsi reticolari ascendenti provocate da una stimolazione della FR del tronco dell'encefalo suscitano in questi neuroni potenziali postsinaptici eccitatori (PPSE) di piccola ampiezza, raramente accompagnati da scariche assoniche e dunque funzionalmente infraliminari.
Secondo questa interpretazione la facilitazione reticolare deriverebbe da una sensibilizzazione per depolarizzazione diretta dei neuroni di senso talamocorticali. Una partecipazione di questo meccanismo al processo di dinamogenesi non può essere esclusa. Ma nel caso del nucleo genicolato laterale è stato dimostrato dalle registrazioni intracellulari di Singer e collaboratori (v. Singer, 1977) che la facilitazione reticolare delle trasmissioni sensoriali corticipete è essenzialmente il risultato della soppressione inibitrice del controllo esercitato sulle trasmissioni sinaptiche da parte di un sistema complesso di interneuroni e quindi, in ultima analisi, di un processo di ‛disinibizione'. Questo meccanismo di facilitazione era già stato messo in evidenza da Purpura e collaboratori (v., 1966) nel caso della facilitazione dei potenziali evocati talamocorticali che caratterizza il fenomeno detto ‛reclutamento'. Lo studio delle interazioni eccitatorie e inibitorie nel nucleo genicolato laterale ha dimostrato che le funzioni integrative di questo nucleo - e verosimilmente quelle di altri nuclei di collegamento - sono basate su connessioni inibitorie. Le disinibizioni sono talvolta globali (nel caso del risveglio reticolare), talvolta specifiche per la modalità (nel caso dell'attenzione sensoriale). Una fine regolazione, che si potrebbe definire analitica, si sovrappone a questo controllo per mezzo di influenze discendenti dalle aree visive corticali. Non si sa ancora se il sistema visivo mesencefalopulvinarcorticale, la cui importanza funzionale, parallela a quella del sistema genicolocorticale, è stata dimostrata dai lavori di Sprague e altri (v., 1977), sia sottoposto a un simile controllo reticolare. D'altra parte l'esistenza di un effetto muscarinico dell'acetilcolina che deprime i neuroni degli strati più superficiali della corteccia, e la dimostrazione dell'attivazione di questo sistema soppressivo da parte della stimolazione della formazione reticolare (Jordan e Phillis, 1972) suggeriscono che la facilitazione reticolare dei potenziali evocati corticali potrebbe, anche in questo caso, mettere in gioco un processo di disinibizione situato a livello degli strati profondi della corteccia (Stériade e Deschènes, 1973; Krnjevic, 1975).
5. Controllo del sistema reticolare ascendente.
L'ipotesi secondo la quale gli impulsi nervosi derivanti da uno o da più centri ‛ipnogeni' esercitano un controllo inibitorio episodico o continuo sul sistema reticolare ascendente è una conseguenza logica della scoperta di questo sistema. Ma essa è stata precisata e chiaramente formulata solo quando fu dimostrata nel gatto, da Moruzzi e dai suoi collaboratori, nel 1959 (v. Batini e altri, 1959; v. Moruzzi, 1963), l'esistenza di una struttura reticolare bulbare, vicina al nucleo del fascio solitario, la cui eliminazione funzionale (per distruzione elettrolitica, paralisi narcotica o sezione mediopontina del tronco dell'encefalo) provoca una sindrome corticografica e oculare di veglia permanente (v. sonno). Si citano qui molto brevemente, nei limiti del tema del controllo inibitorio della FR, i dati sperimentali relativi a questa importante scoperta.
Il preparato cerebrale mediopontino pretrigeminale, nel quale si realizza nel modo più completo l'eliminazione del sistema inibitorio bulbare, presenta caratteristiche funzionali completamente differenti da quelle del ‛cervello isolato', realizzato con una sezione mesencefalica intercollicolare o precollicolare (v. fig. 19). Il suo corticogramma, che è del tipo desincronizzato di veglia vigile, indica una condizione di vigilanza cerebrale. Questa è confermata da un insieme di sintomi oculari concordanti: assenza di miosi; attenzione visiva indicata da una dilatazione pupillare; possibilità di condizionamento associativo di questa midriasi d'attenzione; accomodazione visiva per gli oggetti vicini; movimenti di sguardo verticali (i soli ancora anatomicamente possibili). Questa sindrome elettrocorticografica e comportamentale di risveglio è sostituita subito dalla sindrome letargica del preparato ‛cervello isolato' (v. fig. 19) dopo una sezione prepontina eseguita in aggiunta alla sezione mediopontina iniziale. Aggiungiamo che esistono chiare indicazioni, basate su dati farmacologici e anatomopatologici, dell'esistenza di un centro ipnogeno con la medesima localizzazione bulbopontina nell'uomo (Alema e altri, 1966).
Esperimenti di stimolazione elettrica bulbare compiuti sul gatto nella preparazione ‛encefalo isolato' (v. Magnes e altri, 1961; v. Moruzzi, 1963) hanno d'altra parte messo in evidenza l'esistenza d'una struttura ‛sincronizzatrice' nella reticolare caudale e hanno permesso di situarla nella vicinanza immediata del nucleo del fascio solitario (v. fig. 1), cioè nel nucleo bulbare verso il quale convergono numerose afferenze viscerali. A condizione che sia eseguito su un preparato che presenta una tendenza spontanea alla sonnolenza e che la frequenza di stimolazione sia relativamente bassa, l'eccitazione di questa regione provoca regolarmente una sindrome elettrocorticografica di sonno sincronizzato che può persistere per qualche secondo dopo la fine della stimolazione.
Un insieme di dati sperimentali di cui si troverà l'indicazione bibliografica nelle rassegne di Moruzzi (v., 1963) e di Bonvallet (v., 1966) è venuto a completare il quadro, già così suggestivo, delle caratteristiche funzionali del centro ipnogeno bulbare, con la dimostrazione: 1) dell'aumento considerevole della durata dell'effetto di risveglio di brevi stimolazioni reticolari in seguito a distruzione o paralisi del centro ipnogeno bulbare (v. Bonvallet e Bloch, 1961); 2) dell'attivazione di neuroni reticolari della regione del fascio solitario all'inizio del sonno spontaneo (Caspers, 1962) e al momento dell'addormentamento provocato dalla stimolazione a bassa frequenza di fibre cutanee del gruppo II nel gatto (Pompeiano e Swett, 1962 e 1963); 3) dell'effetto ipnogeno immediato della stimolazione elettrica di fibre afferenti di largo diametro del tronco vagoaortico, osservato indipendentemente da tutti gli effetti cardiovascolari di questa stimolazione (esperienze di Dell e Padel, 1964 e 1965; v. Dell e Murilland, 1966), che conferma l'effetto ipnogeno (Koch, 1932) della stimolazione fisiologica di barocettori senocarotidei.
La dimostrazione nella regione preottica basale di un'altra struttura ipnogena e soppressiva del comportamento (Hess, 1949; Hernández-Peón e Chavez-Ibarra, 1962; v. i contributi di Sterman e Clemente, 1962; v. Wyrwicka e altri, 1962; v. Clemente e Sterman, 1967) offre la possibilità di una verifica dell'ipotesi secondo cui un antecedente causale immediato del sonno sincronizzato (SS) potrebbe essere un'intensificazione dell'azione inibitoria esercitata tonicamente (v. McGinty e Sterman, 1968) da questa struttura preottica sulla formazione reticolare ascendente del tronco dell'encefalo. In effetti, questa regione preottica basale offre al ricercatore il vantaggio di un facile accesso stereotassico. D'altra parte, grazie alla sua localizzazione distante dal sistema reticolare attivatore, è possibile, come hanno dimostrato Clemente e Sterman (v., 1967), provocare con la sua eccitazione elettrica, anche a rapida frequenza, un sonno con manifestazioni sia comportamentali sia elettroencefalografiche.
È stato visto che la stimolazione dell'area preottica basale con impulsi elettrici isolati o accoppiati determina la comparsa, in tutta l'estensione della reticolare mesencefalica e dei nuclei che la prolungano nel diencefalo, d'un potenziale di campo di segno positivo (onda P), le cui proprietà rendono possibile considerarlo la manifestazione di un'iperpolarizzazione inibitoria della popolazione neuronica esplorata (v. Bremer, 1970 e 1973). Come indica la fig. 20, spesso questo stimolo preottico suscita un contemporaneo potenziale corticale di superficie senza localizzazione precisa. I limiti spaziali della regione la cui stimolazione suscita quest'onda P reticolare coincidono con quelli che erano stati trovati da Sterman e Clemente, e anche da Hernández-Peón e Chavez-Ibarra, per la struttura ipnogena preottica. Questa potrebbe identificarsi con il sistema anatomico descritto da Nauta (1960), che mette in relazione strutture limbiche del telencefalo con il mesencefalo.
Queste osservazioni elettrofisiologiche portano dunque alla conclusione che la struttura preottica esercita la sua azione ipnogena per il tramite di una inibizione attiva della formazione reticolare ascendente. Se si dimostrasse che un meccanismo inibitorio simile è messo in gioco nel caso della struttura ipnogena bulbare scoperta da Moruzzi e collaboratori, bisognerebbe ancora accertare la possibilità che il sistema reticolare attivatore e le regioni la cui stimolazione esercita un'azione inibitoria su di esso siano reciprocamente associati con meccanismi di retroazione positiva o negativa. L'esistenza di un feedback positivo per il cui effetto ogni riduzione spontanea dell'attività reticolare ascendente risultasse intensificata potrebbe rendere conto dell'addormentamento, del suo progressivo rinforzo e del suo mantenimento. Il sonno nei Mammiferi superiori sarebbe così il risultato della rottura di un equilibrio dinamico tra i sistemi reciprocamente antagonisti della veglia e del sonno. A sostegno di questa ipotesi, formulata da Moruzzi (v., 1972), esistono attualmente dati sperimentali (v. Bremer, 1977).
A prescindere da queste possibilità cibernetiche, una dimostrazione dell'antagonismo funzionale della formazione reticolare ‛attivante' e della regione ipnogena preottica è stata fornita da esperimenti di Sterman e Fairchild (v., 1966) sul gatto. Mentre la stimolazione della FR mesencefalica aumentava la rapidità di una prestazione motoria (in un condizionamento alimentare), quella della regione preottica la diminuiva. La stimolazione simultanea delle due strutture produceva la scomparsa delle loro rispettive influenze, dimostrata dalle normali velocità di prestazione. Alle intensità degli stimoli reticolari e preottici che davano risultati opposti, non si accompagnava, in applicazioni isolate, nè desincronizzazione nè sincronizzazione elettrocorticale.
Il determinismo del sonno ‛desincronizzato' (SD) - le cui caratteristiche elettrofisiologiche e comportamentali sono state scoperte da Aserinski e Kleitman (v., 1953) e da Dement e Kleitman (v., 1957) nell'uomo, e da Dement (v., 1958) nell'animale, e sono state analizzate da Jouvet e altri (1959), Rossi e altri (v., 1961), Jouvet (v., 1962 e 1967) e Pompeiano (v., 1967) - comporta apparentemente l'intervento di strutture reticolari mediali del tronco dell'encefalo a vari livelli, sulla localizzazione dei quali non si è ancora giunti a un accordo. Le attivazioni e le inibizioni combinate di queste strutture determinano, nel SD, sia una elettrogenesi corticale rapida che, sul piano psicofisiologico, causa la comparsa di fantasmi della immaginazione onirica, sia una sconnessione funzionale (sensoriale e motrice) della corteccia cerebrale che la distacca dal mondo esterno. La liberazione intracerebrale di monoammine o di loro precursori parrebbe giocare un ruolo importante nel determinismo immediato di questa fase ipnica (v. sonno).
6. Farmacologia della formazione reticolare.
L'interesse dei clinici per i progressi dei metodi d'anestesia generale e per la chemioterapia delle psicosi doveva stimolare le ricerche dedicate allo studio delle proprietà farmacologiche della formazione reticolare. Le tecniche microfisiologiche, basate sulla registrazione dell'attività unitaria dei neuroni reticolari e sull'applicazione elettroforetica cellulare di farmaci, devono fronteggiare la difficoltà di riconoscere con certezza l'appartenenza della cellula nervosa isolata all'uno piuttosto che all'altro dei due sistemi reticolari. Ma l'osservazione simultanea delle manifestazioni comportamentali ed elettroencefalografiche provocate dalla somministrazione di farmaci ad animali (gatti e scimmie), in precedenza sottoposti sia a una sezione spinale alta, sia a una sezione trasversale mesencefalica del tronco dell'encefalo, ha permesso di raccogliere rapidamente informazioni che hanno orientato le ricerche analitiche. Negli esperimenti di Bradley ed Elkes (v. Bradley, 1958) la localizzazione reticolare dell'azione dell'anfetammina, che è ancora molto netta nel preparato ‛encefalo isolato', fu dimostrata dall'assenza dell'effetto di risveglio esercitato dal farmaco nel preparato ‛cervello isolato' in contrasto con ciò che avviene nell'animale intatto, oltre che dall'abolizione di tale effetto da parte dei barbiturici e della clorpromazina. Si è osservato che l'azione dell'LSD 25 (dietilammide dell'acido d-lisergico), anch'essa essenzialmente reticolare, è caratterizzata dalla dipendenza dall'ambiente, che agisce come una somma di stimoli sensoriali. Lo studio degli agenti colinergici e colinolitici su animali intatti mette in evidenza la diversità degli effetti sull'elettroencefalogramma e sul comportamento. Le osservazioni sulla fisostigmina (v. fig. 10) illustrano bene questa discordanza.
Lo stesso contrasto si osserva (v. Longo, 1965) nel caso dell'atropina e di altri alcaloidi colinolitici della stessa famiglia, la cui azione rallentante molto marcata (a dosi elevate) sul corticogramma coincide con il mantenimento di uno stato ‛vigile' dell'animale o con un leggero effetto sedativo (v. Rougeul e altri, 1966).
Misure comparative della soglia del risveglio provocato dalla stimolazione elettrica diretta della reticolare mesencefalica o da una stimolazione sensoriale hanno permesso a Bradley ed Elkes (v. Bradley, 1958) di confermare e di precisare la differenza delle modalità d'azione della simpamina e dell'LSD. Mentre la simpamina determinava un abbassamento marcato della soglia del risveglio per le due modalità di attivazione reticolare, solo la soglia del risveglio sensoriale presentava un abbassamento nel caso dell'LSD. La misura delle soglie ha dimostrato anche che la fisostigmina determina un forte abbassamento della soglia del risveglio EEG senza modificare la soglia del risveglio comportamentale, mentre l'atropina innalza fortemente la soglia del risveglio EEG senza modificare quella del risveglio comportamentale; e che, per contro, la bulbocapnina, che determina uno stato catalettico dell'animale con un rallentamento dell'EEG, non modifica affatto la soglia del risveglio EEG (v. Doty, 1958). Infine, l'osservazione comparativa delle soglie di risveglio sotto l'influenza del pentobarbital e della clorpromazina ha confermato la nozione già nota (French e altri, 1953; Arduini e Arduini, 1954) della sensibilità elettiva della formazione reticolare ascendente all'azione depressiva dei barbiturici.
La facilitazione reticolare delle risposte delle aree sensoriali corticali (v. figg. 15 e 16 per l'area visiva) è stata oggetto di ricerche che hanno contribuito alla conoscenza delle proprietà farmacologiche del sistema ascendente. Gli esperimenti di Nakai e Domino (v., 1969) hanno dimostrato la discordanza che può esistere tra gli effetti sull'ampiezza dei potenziali evocati della corteccia e sul processo della loro facilitazione reticolare esercitati da diversi farmaci aventi azione deprimente sul sistema nervoso centrale. Nel caso del pentobarbital, le due azioni deprimenti del narcotico evolvono all'incirca parallelamente. Questo parallelismo è meno completo nel caso dell'alcool etilico, e non esiste affatto in quello della clorpromazina, in cui si osserva una conservazione all'incirca completa della facilitazione reticolare del potenziale evocato corticale ridotto dall'azione del farmaco.
Bisogna anzitutto concludere che questi diversi dati confermano la sensibilità speciale della formazione reticolare all'azione depressiva dei barbiturici. Nel caso dei depressori centrali, come il cloralosio e l'atropina a forti dosi che non possiedono questo particolare tropismo reticolare, il mantenimento dell'effetto facilitatorio della stimolazione reticolare sulle risposte dell'area visiva corticale in assenza d'attivazione elettrocorticale (v. Dumont e Dell, 1960; v. Bremer e Stoupel, Étude pharmacologique..., 1959) può trovare una spiegazione nel fatto che questa dinamogenesi deriva principalmente da un'azione sulle trasmissioni sinaptiche al livello del nucleo talamico di collegamento. Va ricordata un'ultima nozione riguardo all'azione dei barbiturici sul sistema visivo centrale. Si tratta del fatto che, nell'animale a retina intatta, la depressione indotta dal pentobarbital della risposta dell'area visiva a un impulso elettrico applicato al tratto ottico, scompariva a dosi più elevate della droga, corrispondenti a quelle della narcosi chirurgica. Questo fatto paradossale può spiegarsi (v. Nakai e Domino, 1969) con l'esistenza di un'inibizione tonica esercitata normalmente dall'attività retinica spontanea sulle risposte dei centri visivi, inibizione che sarebbe abolita a dosi elevate di narcotico. La ricomparsa d'ampi potenziali evocati corticali rappresenterebbe dunque un fenomeno di ‛disinibizione', paragonabile a quello determinato dall'ischemia retinica sperimentale.
Un aspetto particolarmente importante della farmacologia reticolare concerne le sostanze la cui azione potrebbe essere interpretata nel senso di una colinorecettività o di una adrenorecettività dei neuroni del sistema reticolare e delle strutture diencefaliche e telencefaliche che esso influenza. Si tratta di problemi molto complessi, la cui difficoltà è stata sottolineata da Eccles (1964) in un commento agli esperimenti d'applicazione elettroforetica d'acetilcolina a diversi neuroni cerebrali. Egli vi presentava un'interessante ipotesi: ‟Probabilmente, le reazioni molto lente di questi recettori di tipo muscarinico consentono loro di avere una funzione facilitatoria di fondo". In quest'ordine di idee è significativa la dimostrazione che l'acetilcolina influenza in modo particolare (v. Bonnet e Bremer, Action du..., 1937; v. Krnjevic e Phillis, 1963) o addirittura in modo esclusivo (v. Bonnet e Bremer, 1937) la scarica postuma dei potenziali evocati centrali. Si può senz'altro far rientrare nella fisiologia della reticolare ascendente il fatto, scoperto da Mclntosh e Oborin (1953) e confermato da Celesia e Jasper (v., 1966), da Collier e Mitchell (v., 1967) e da Szerb (v., 1967), della liberazione continua di acetilcolina all'interno delle reti neuroniche corticali e della riduzione considerevole di questa liberazione, così come di quella dell'acido glutammico, allorché la corteccia si trova in uno stato di depressione funzionale in conseguenza di narcosi, di sonno lento o di una sezione mesencefalica del tronco dell'encefalo (v. Jasper e altri, 1965; v. Celesia e Jasper, 1966). Al contrario, si è visto che il risveglio cerebrale è caratterizzato da un aumento della liberazione intracorticale di ACh e di acido glutammico, soprattutto di quest'ultimo, e contemporaneamente da una diminuzione di quella dell'acido gamma-amminobutirrico (GABA), come anche da una riduzione dell'attività della aspartato-transaminasi (v. Jasper e Koyama, 1968; Stériade e altri, 1969).
L'anfetammina, a concentrazioni non ipertensive, esercita sulla formazione reticolare ascendente effetti molto simili a quelli della sua stimolazione elettrica. D'altra parte, le dosi di acetilcolina che, per introduzione intraarteriosa mirata, producono un'intensa attivazione elettrocorticale nel gatto non anestetizzato, sono dell'ordine di una frazione di microgrammo (v. Bonnet e Bremer, Action du..., 1937).
Il confronto di questi due fatti suggerisce che i circuiti neuronici implicati nel risveglio reticolare comprendano contemporaneamente elementi adrenocettivi e colinocettivi. Questa coesistenza - peraltro messa in evidenza dalle osservazioni microfisiologiche di Desmedt e Schlag (v., 1957), Yoshii e Ogura (v., 1960) e Cordeau e altri (1962) sul prolungamento da parte della fisostigmina della durata della facilitazione reticolare del potenziale evocato dell'area visiva corticale (v. Bremer e Stoupel, Étude pharmacologique..., 1959) - mostra la difficoltà d'interpretazione di un dato farmacologico quando l'azione di un farmaco è centrale. Se si fa l'ipotesi che la facilitazione suddetta è causata da una sensibilizzazione dei neuroni di collegamento del genicolato da parte delle fibre reticolari ascendenti, l'azione della fisostigmina porterebbe a concludere che queste fibre sono colinergiche. Se invece la facilitazione è causata, come sembra, direttamente, in quanto su questi stessi neuroni di collegamento viene a cessare l'inibizione tonica normalmente esercitata da interneuroni a loro volta controllati da interneuroni inibitori, l'effetto della fisostigmina confermerebbe la natura colinergica di questi ultimi, come indicato dagli esperimenti di Ben-Ari e altri (v., 1976).
Il problema posto dalla possibilità di dissociare i sintomi elettrocorticografici da quelli comportamentali dopo somministrazione di un farmaco è già stato ricordato. La sua importanza teorica giustifica che lo si esamini ancora brevemente. Due caratteristiche degli effetti elettrocorticali della fisostigmina potrebbero chiarire la questione. La sua azione, a differenza di quella dell'amfetammina, è la stessa sia che essa venga somministrata a un preparato cerebrale come l'‛encefalo isolato', in possesso di tutto il suo sistema reticolare, sia al preparato ‛cervello isolato' il cui sistema reticolare ascendente è sconnesso dal telencefalo. D'altra parte, le modificazioni dell'elettrocorticogramma determinate dalla fisostigmina sembrano attribuibili all'inattivazione nella corteccia di una pseudo-(butirro) colinesterasi e non all'acetilcolinesterasi (v. Desmedt e La Grutta, 1957).
L'assenza di risveglio comportamentale che caratterizza l'azione della fisostigmina potrebbe dunque dipendere dall'azione marcata del farmaco preminentemente diretta sul telencefalo, escludendo il sistema reticolare ascendente il cui intervento sarebbe necessario per le manifestazioni comportamentali (v. Desmedt e Franken, 1959).
7. Conclusioni generali.
La formazione reticolare ascendente occupa un posto singolare nell'ambito dell'organizzazione nervosa centrale dei Mammiferi. Le popolazioni neuroniche che essa riunisce nella zona centrale del tronco dell'encefalo costituiscono un sistema ben definito sul piano funzionale, al quale però non corrisponde un'entità anatomica discernibile. Esse sono intimamente frammiste a quelle di un altro sistema reticolare, filogeneticamente molto più antico, identificato da molto tempo grazie al raggruppamento in fasci nel midollo spinale dei suoi assoni efferenti.
Si era creduto che la distribuzione terminale degli impulsi del sistema ascendente nella corteccia cerebrale si realizzasse interamente con la mediazione del sistema diffuso di proiezione costituito dai nuclei talamici mediani e intralaminari inglobati nel sistema talamico ‛non specifico'. Si sa ora che i nuclei che trasmettono gli impulsi corticipeti delle grandi vie sensoriali sono anch'essi raggiunti dagli assoni di cellule della formazione reticolare del tronco dell'encefalo. Assoni reticolari potrebbero anche raggiungere la corteccia e su questa esercitare influenze dirette.
L'influenza esercitata dagli impulsi reticolari ascendenti sulle attività cerebrali era apparsa nei primi lavori di Moruzzi e Magoun come essenzialmente di natura eccitatoria. Ulteriori ricerche hanno ampiamente confermato questa conclusione. Questa interpretazione, senza dubbio troppo schematica, è stata parzialmente corretta, e soprattutto meglio precisata da alcuni dati microfisiologici. È stato così possibile stabilire che la facilitazione delle risposte sensoriali talamocorticali, così caratteristica del risveglio reticolare, è in parte, se non del tutto, dovuta al fatto che viene a mancare l'inibizione a causa del blocco da parte di impulsi reticolari ascendenti d'interneuroni inibitori; questa facilitazione rappresenta dunque una disinibizione dei nuclei talamici di collegamento. Qualunque sia questo meccanismo operativo, le proprietà rivelate dalle reazioni di neuroni reticolari, in particolare l'enorme estensione delle convergenze neuroniche che caratterizzano queste risposte e la loro dipendenza dalla novità dello stimolo, non parrebbero conciliabili con l'ipotesi secondo la quale la formazione ascendente sarebbe la sede di processi discreti di decodificazione e di sintesi percettiva, giustificanti la dignità psicofisiologica che le è stata qualche volta accordata. Si deve dunque provvisoriamente assegnarle la funzione di meccanismo di risveglio, di mantenimento della recettività cerebrale che è la condizione di veglia attenta e anche, grazie alla bilateralità delle sue connessioni con il telencefalo, il ruolo di un sostegno fisiologico dell'unità comportamentale. Il ruolo della formazione reticolare nel determinismo del sonno nei Mammiferi è stato discusso da Moruzzi (v., 1972 e 1975) e da Bremer (v., 1977).
Si è visto che l'attività continua della formazione reticolare ascendente è mantenuta grazie a un bombardamento incessante delle sue popolazioni cellulari da parte di impulsi nervosi, gli uni di origine periferica, gli altri di origine cerebrale, in particolare corticale. L'importanza di questi ultimi, divenuta preponderante nei Mammiferi superiori e in particolare nei Primati (v. fig. 21), sottolinea la stretta associazione funzionale della reticolare e della neocorteccia. La complessità dei processi di analisi e di sintesi che si svolgono nelle reti neuroniche corticali ha richiesto apparentemente per queste attività superiori il sostegno di una dinamogenesi e di una modulazione adattate alle circostanze e realizzantisi per mezzo di impulsi ascendenti che facilitano il passaggio dall'informazione alla decisione e all'azione. Nello stesso tempo, il sistema reticolare ancestrale metteva la sua organizzazione e le sue connessioni efferenti discendenti al servizio del telencefalo.
Allo stadio attuale delle tecniche elettrofisiologiche non è ancora possibile cogliere realmente il gioco di questa sinergia nel caso concreto di un processo percettivo o di una reazione comportamentale. Ma si può sperare che questa situazione sia del tutto provvisoria. Sarebbe particolarmente interessante poter mettere in evidenza, a livello di singoli neuroni, senza ambiguità, le retroazioni positive e negative con le quali la corteccia cerebrale, resa vigile dagli impulsi reticolari, trasmette le sue istruzioni alla formazione del tronco dell'encefalo che le ha emesse, nello stesso tempo che essa rinforza o modera, secondo il caso, l'influenza dinamogenica di risveglio del sistema reticolare ascendente.
Conviene infine notare che la formazione reticolare del tronco dell'encefalo, con i suoi prolungamenti talamici, non è il solo sistema ‛non specifico' che si è sviluppato nel corso dell'ascensione filogenetica dei Mammiferi. Un rinencefalo primitivamente preposto ad attività d'ordine olfattivo si è gradualmente aggregato certe strutture, come in particolare i nuclei dell'amigdala, alle quali le ricerche di questi ultimi vent'anni (v. Gloor, 1960) hanno conferito un ruolo di modulazione selettiva dei comportamenti, i cui effetti si esprimono con i termini psicologici di motivazione, di attitudine, di umore, di pulsione. I disturbi nervosi che conseguono alla lesione di queste strutture rinencefaliche sono sicuramente gravi. Ma la loro gravità non è neppure lontanamente paragonabile a quella della catastrofe provocata dalla distruzione della formazione reticolare del tegmento pontomesencefalico. Per il fisiologo la distruzione di tutta la vita di relazione conseguente all'eliminazione funzionale di alcuni milioni di cellule nervose, situate molto lontano dai centri motori, in un cervello che ne conta ancora miliardi e che è rimasto in possesso delle sue connessioni afferenti ed efferenti, resta motivo di stupore. Ed è anche soggetto di meditazione, perché rivela la nostra ignoranza dei principi dinamici dell'organizzazione nervosa centrale, la cui ricerca è stata forse trascurata da un'analisi troppo strettamente connessionistica.
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