Sistema solare
Il Sistema solare è costituito da un astro centrale, il Sole, da 8 pianeti, oltre 160 satelliti, 3 pianeti nani con quattro lune e una pletora di piccoli corpi. Quest'ultima categoria include gli asteroidi, le comete, i meteoroidi e la polvere interstellare. La terminologia è stata aggiornata dalle delibere dell'International Astronomical Union (IAU), che nel corso dell'assemblea generale dell'agosto 2006 ha stabilito una nuova classificazione e nomenclatura dei corpi del Sistema solare.
Si definisce pianeta ogni corpo con moto di rivoluzione intorno al Sole dotato di massa sufficiente per essere approssimativamente sferico e autogravitante e che abbia ripulito lo spazio circostante dalla presenza di oggetti di piccole dimensioni tramite cattura gravitazionale. Un pianeta nano è invece ogni corpo che si muove attorno al Sole dotato di massa sufficiente per essere un corpo approssimativamente sferico e autogravitante, ma con massa non sufficiente a catturare i corpi circostanti. Ogni corpo che non può essere classificato né come pianeta né come pianeta nano appartiene alla categoria dei piccoli corpi del Sistema solare, che comprende tutti gli asteroidi, con l'eccezione di Cerere (il più grande degli asteroidi), i centauri (piccoli corpi ghiacciati presenti nella parte esterna del Sistema solare), gli oggetti transnettuniani, compresi quelli appartenenti alla cintura di Kuiper, ma con l'esclusione di Plutone e di Eris (un corpo che si trova oltre la cintura di Kuiper nella parte del Sistema solare detta del disco diffuso) e infine tutte le comete. Sulla base di queste definizioni, Plutone viene declassato a pianeta nano, insieme a Cerere e a Eris. Un altro corpo di dimensioni tali da poter essere incluso nella categoria dei pianeti nani è Sedna, ma soltanto quando su base osservativa si potrà confermare la sua forma sferica.
Le orbite di gran parte dei componenti del Sistema solare giacciono su un piano parallelo all'equatore solare (piano dell'eclittica). L'asse di rotazione dei pianeti interseca questo piano con angoli variabili, con la sola eccezione di Urano, il cui asse di rotazione è inclinato di circa 98o. Per un osservatore posto idealmente al di sopra del polo nord solare gran parte dei corpi orbita intorno al Sole in senso antiorario. Secondo le leggi della meccanica celeste, i pianeti con orbite più interne si muovono più velocemente di quelli con orbite più ampie ed esterne: pertanto Mercurio ha una velocità orbitale molto maggiore di quella di Nettuno. Le orbite hanno forma ellittica, con il Sole in uno dei fuochi; il punto dell'orbita più vicino al Sole è detto perielio, quello più lontano afelio.
Il Sistema solare si divide in zone. La zona interna si estende dall'orbita di Mercurio fino alla cintura asteroidale e comprende Mercurio, Venere, la Terra, Marte e la cintura stessa. La zona esterna si estende, grossolanamente, al di là della cintura asteroidale fino alla cintura di Kuiper e contiene i cosiddetti giganti gassosi: Giove, Saturno, Urano e Nettuno. La cintura di Kuiper copre una zona dello spazio che va dalle 30 U.A. (Unità Astronomica, corrispondente alla distanza media Terra-Sole), orbita di Nettuno, alle 50 U.A. di distanza dal Sole. Gli oggetti appartenenti a questa zona sono definiti oggetti transuranici e comprendono anche i corpi presenti nel disco diffuso, così come gli ipotetici oggetti che formano la nube di Oort.
Il Sistema solare si trova all'interno della Via Lattea, una galassia a spirale che contiene almeno altri 200 miliardi di stelle, pianeti, migliaia di ammassi e nebulose tra cui quasi tutti gli oggetti di Messier che non siano a loro volta galassie. La Via Lattea ha una massa compresa tra 750 e 1000 miliardi di masse solari e un diametro di circa 100.000 anni luce. Ricerche radioastronomiche sulla distribuzione delle nubi di idrogeno hanno rivelato che la nostra galassia è del tipo Sb o Sc nella classificazione di Hubble. Non è ancora chiaro se abbia o no una struttura barrata (nel caso sarebbe di tipo SB). La Via Lattea appartiene al Gruppo Locale ‒ che comprende 3 grandi galassie e oltre 30 piccole ‒ nel quale occupa la seconda posizione per dimensioni ma la prima per massa.
Non esiste ancora una teoria universalmente accettata circa l'origine del Sistema solare. Molti aspetti delle teorie più diffuse sono in una fase di congettura e devono ancora essere verificati sperimentalmente. Tuttavia la regolarità con cui molte caratteristiche si ripetono, come il fatto che le orbite planetarie giacciono tutte sullo stesso piano, oppure il fatto che, escludendo Venere e Urano, tutti i pianeti hanno un moto di rotazione e rivoluzione nello stesso senso, hanno fatto ritenere, già fin dal 1700, che tutti i corpi abbiano avuto la stessa origine.
Una delle teorie di formazione più accreditate è quella della nebulosa primordiale, un'immensa nube di gas e polvere in rotazione dalla quale si sarebbero formati il Sole e i pianeti, mantenendo lo stesso moto di rotazione della nube. Questa teoria è sostanzialmente quella formulata da Immanuel Kant (1755) e Pierre-Simon de Laplace (1796): la nube di gas e polveri, sotto l'azione della gravità, tende a collassare.
Il Sistema solare ebbe origine, circa 4,6 miliardi di anni fa (secondo evidenze di tipo chimico e geologico), dalla di una tale nube di gas e polvere, che diede luogo a una condensazione centrale, da cui si formò il Sole, e a una nebulosa solare, composta di tutto il materiale residuo. Si ipotizza che i pianeti si formino attraverso la progressiva aggregazione del gas e della polvere contenuti in un disco di materia che circonda una stella. All'interno di questo disco si originarono i cosiddetti planetesimi, cioè i nuclei di formazione dei pianeti. Altre teorie, quasi del tutto abbandonate, ipotizzano la formazione dei pianeti in seguito a un evento catastrofico, come la collisione tra il Sole e un'altra stella o una cometa e il successivo distacco di materiale dal Sole, dal quale si sarebbero poi formati i pianeti. La probabilità di un tale scontro è estremamente bassa, cioè pari a circa un evento ogni 10 miliardi di anni, data l'enorme distanza tra le stelle nei dintorni del Sole; inoltre, questo meccanismo non riesce a giustificare la conservazione del momento angolare del sistema, ossia il mantenimento della rotazione sul proprio asse dei pianeti e della loro rivoluzione intorno al Sole.
È anche vero, tuttavia, che con la concentrazione della grande maggioranza della massa del disco al suo centro, anche il momento angolare avrebbe dovuto concentrarsi allo stesso modo. La velocità di rotazione del Sole è invece inferiore a quanto previsto dal modello teorico e i pianeti, pur rappresentando meno dell'1% della massa del Sistema solare, contribuiscono a oltre il 90% del momento angolare totale. Una possibile spiegazione è che la rotazione del nucleo centrale della nebulosa sia stata rallentata dall'attrito con gas e polveri e dall'effetto combinato del campo magnetico e del .
Anche alcune proprietà dei pianeti pongono problemi. L'ipotesi della nebulosa prevede che tutti i pianeti si formino esattamente sul piano dell'eclittica, invece le orbite dei pianeti presentano, seppur piccole, inclinazioni rispetto a tale piano. Inoltre si prevede che l'asse di rotazione dei pianeti giganti sia perpendicolare al piano dell'eclittica, mentre la maggior parte dei pianeti giganti ha un'apprezzabile inclinazione assiale (Urano addirittura di 98°, il che significa che questo pianeta 'rotola' praticamente sul piano dell'eclittica).
Secondo la teoria nebulare, infatti, la formazione di un sistema solare è la naturale conseguenza della formazione delle stelle, e quindi i sistemi solari sarebbero diffusi ovunque, non solo nella nostra galassia, ma in tutto l'Universo. L'incontro di due stelle è invece un evento raro e occasionale e la formazione di un sistema solare sarebbe raro, se non addirittura unico, nell'Universo. Le recenti osservazioni di svariati sistemi solari attorno ad altre stelle danno ragione alla teoria di Kant-Laplace.
A grandi linee lo scenario della formazione del Sistema solare, come pure di eventuali altri sistemi planetari, può essere quindi il seguente: una nube fredda molto estesa di gas interstellare, composta di idrogeno, elio e una piccola parte di elementi pesanti aggregati in forma di polveri, si contrae per effetto della propria forza gravitazionale. Il meccanismo di contrazione può essere spontaneo, oppure stimolato dal passaggio di un'onda d'urto (per es., dovuta all'esplosione di una ) attraverso la nube. Durante questa contrazione, che dura diversi milioni di anni, la nube comincia a ruotare sempre più velocemente e assume, a causa della forza centrifuga, la forma appiattita di un disco, con uno spessore di circa 0,75 U.A. e un diametro di circa 100 U.A.
Nel centro della nube si accumula una grande quantità di gas e la contrazione gravitazionale lo riscalda da una temperatura di circa −270 oC fino a circa 2000 oC: si è formata una protostella. Il gas che ruota attorno alla protostella forma lentamente un , fino a quando, dopo poche migliaia di anni, s'innesca un flusso di gas dalla protostella verso l'esterno (il vento stellare), che trasferisce parte del momento angolare di quest'ultima al gas del disco. In questa fase si osservano eruzioni solari sotto forma di getti energetici ‒ con dimensioni paragonabili a quelle del Sistema solare stesso ‒ che contribuiscono a un ulteriore trasferimento di momento angolare.
Le condizioni fisiche della nube primordiale sono molto diverse procedendo dal nucleo verso l'esterno. Al centro si registrano le temperature e le pressioni più elevate e, spinte dalla maggior forza di gravità, le particelle più grandi e pesanti. Verso la periferia, la forza di gravità e la temperatura decrescono, il gas è più rarefatto, i grani solidi più piccoli e leggeri.
Processi di condensazione locale danno origine alla formazione di innumerevoli planetesimi caratterizzati da orbite caotiche. Le continue perturbazioni subite dalle orbite dei planetesimi innescano una serie di collisioni non distruttive che danno origine a corpi di dimensioni sempre più grandi, detti protopianeti.
I corpi che raggiungono una certa massa attraggono i gas e le polveri contenute nella zona gassosa, accrescendosi sino allo stato attuale. La radiazione prodotta dal Sole nascente arresta il processo di accrescimento dei pianeti eliminando il gas della nube residua.
Dopo qualche decina di milioni di anni, gli ultimi planetesimi ancora presenti si disgregano per collisione e il sistema di stella e pianeti diviene dinamicamente stabile, formando un sistema planetario. Dalla contrazione iniziale della protonube a questa fase sono trascorsi all'incirca 100 milioni di anni. Al termine del processo si hanno così due famiglie nettamente distinte di pianeti, secondo la loro composizione: quelli simili alla Terra (composti principalmente da roccia), chiamati pianeti terrestri, o pianeti rocciosi, e quelli composti per lo più da materiale gassoso, come Giove, chiamati pianeti gioviani, o giganti gassosi.
Il periodo di rotazione di Mercurio, primo pianeta del Sistema solare in ordine di distanza dal Sole, è di 58,646 giorni terrestri, pari a 2/3 del suo periodo orbitale: ciò significa che ogni tre rotazioni sul proprio asse il pianeta compie due orbite attorno al Sole. Quello di Mercurio è stato il primo esempio di risonanza 2:3 nel Sistema solare a essere stato scoperto.
Il giorno solare di Mercurio, cioè l'intervallo di tempo fra due passaggi consecutivi del Sole sullo stesso meridiano, è pari a 176 giorni terrestri. Si noti come il giorno solare di Mercurio sia maggiore del suo anno siderale, cioè del suo periodo di rivoluzione intorno al Sole: una particolarità unica fra i pianeti.
Mercurio è un pianeta roccioso di dimensioni modeste, con un diametro inferiore alla metà di quello terrestre; ha una superficie pesantemente craterizzata, anche a causa della mancanza di un'atmosfera apprezzabile che possa attutire gli impatti meteoritici, e per questo il suo aspetto ricorda quello della Luna. Si è individuata un'atmosfera transiente, dominata dalla presenza di potassio, di sodio, idrogeno, elio, calcio e ossigeno, che in parte vengono rimossi dalla superficie dal vento solare.
Mercurio ha una densità difforme da quella degli altri pianeti terrestri; infatti, quando la sua densità viene corretta per la compressione provocata dalla gravità, diventa la più alta in assoluto del Sistema solare. In altre parole, poiché la gravità dipende dalla massa, corpi di massa maggiore hanno gravità maggiore; quest'ultima comprime la materia all'interno del pianeta, cosicché corpi con la stessa composizione, ma differente massa, presentano differenti densità. Questo è un concetto fondamentale nella deduzione delle composizioni chimiche degli interni planetari quando si ha a disposizione soltanto una stima della densità. La densità non compressa di Mercurio, liberata cioè dall'effetto della compressione per gravità, è di 5,3 g∙cm‒3.
La sonda della NASA, Mariner 10, ha inviato nel corso dei sorvoli avvenuti a metà degli anni Settanta i dati più interessanti riguardanti il pianeta, fotografando circa la metà della superficie di Mercurio: l'aspetto ricorda quello della Luna, con crateri di tutte le dimensioni che dominano il paesaggio. Un'osservazione attenta rivela comunque alcune sottili differenze: dato che la forza di gravità di Mercurio è due volte quella della Luna, il materiale espulso dagli impatti è ricaduto più vicino ai crateri e quindi potrebbero ancora esistere tratti di crosta originaria non ricoperti dai detriti. Inoltre anche le montagne risultano essere più basse ed esistono diversi bacini da impatto con un diametro superiore a 200 km; il più grande di tutti è Caloris, con un diametro di 1300 km. Circondato da un anello di montagne alte 2 km, ricorda i bacini lunari Mare Imbrium e Mare Orientale e sembra essere stato riempito di lava subito dopo la sua formazione. Le spiccate somiglianze con la Luna fanno ritenere che i due corpi abbiano avuto una storia simile: a un intenso bombardamento primordiale, durato fino a 3,9 miliardi di anni fa, sarebbero seguiti degli episodi di vulcanismo effusivo. Le numerose scarpate che attraversano tutta la superficie del pianeta indicano un collasso della crosta dovuto a una contrazione del raggio valutabile in 3-4 km e probabilmente dovuta a un raffreddamento rapido del mantello.
Venere è considerata il vero pianeta gemello della Terra, per le sue dimensioni e per la presenza di una densa atmosfera caratterizzata da una dinamica intensa.
Della superficie di Venere possediamo attualmente pochissime immagini, inviate a Terra dalle sonde sovietiche Venera tra il 1975 e il 1980. Il paesaggio mostrato nelle fotografie è desertico, ricco di rocce magmatiche effusive (basalti) derivanti dalla solidificazione della lava vulcanica; si stima che circa l'85% della superficie del pianeta sia costituito da colate laviche solidificate. L'ultimo grande periodo di diffusa attività vulcanica risale a 800 milioni di anni fa anche se si sospetta che sporadiche attività siano ancora in corso. Le immagini radar della superficie di Venere mostrano il volto di un pianeta che ha subito un'evoluzione geologica profonda caratterizzata da una forte attività vulcanica e tettonica che ha dato luogo alla formazione delle Planitiae, bassopiani di origine vulcanica, e delle Tesserae, altopiani risultato della deformazione tettonica. Le Planitiae ricoprono circa l'80% della superficie del pianeta e sembrano essersi formate in un lasso di tempo di circa 500 milioni di anni. Tante strutture vulcaniche e tettoniche sono, all'apparenza, molto giovani, confortando i dati sul rinnovamento del vapor acqueo atmosferico che richiede un pianeta geologicamente attivo. Secondo alcune teorie geofisiche il pianeta potrebbe aver subito un cataclisma geologico che avrebbe cancellato il 90% della precedente storia geologica.
La caratteristica prominente di Venere è la sua densa e impenetrabile atmosfera, che possiamo dividere, per facilità di approccio, in tre fasce sovrapposte: (a) la bassa atmosfera compresa tra il suolo e 60 km di quota; (b) la media atmosfera, compresa tra 60 e 100 km d'altitudine; (c) l'alta atmosfera, che si estende fino a circa 200 km di quota. La composizione dell'atmosfera venusiana è dominata dall'anidride carbonica (CO2), anche se sono chiaramente individuabili l'azoto, il vapore acqueo e vari composti dello zolfo, tra cui l'acido solforico. Si suppone che gli strati inferiori dell'atmosfera siano però dominati dalla decomposizione termica dell'acido solforico (H2SO4).
Il monossido di carbonio (CO) è molto abbondante in tutta la parte alta dell'atmosfera venusiana, a causa della dissociazione dell'anidride carbonica da parte della radiazione solare ultravioletta. Si è notata inoltre una concentrazione di questo gas in corrispondenza dei poli. Alcune teorie, suffragate da frammentarie osservazioni, sostengono che il CO si sposti dai poli all'equatore formando un'enorme cella convettiva, la cosiddetta cella di Hadley, caratterizzata da moti ascensionali all'equatore e moti discendenti ai poli con conseguente aumento del CO nelle basse zone atmosferiche polari. Uno dei fenomeni più rilevanti dell'atmosfera di Venere è, senza dubbio, la presenza di uno strato di nubi completamente impenetrabile alle osservazioni ottiche. Le nubi, osservate nel visibile, hanno l'apparenza del tipico grigiore invernale. Osservazioni nell'ultravioletto mostrano, però, alcune strutture facilmente identificabili come fenomeni circolatori a larga scala. Sappiamo che le nubi sono principalmente formate da goccioline (aerosol) di acido solforico che si produce in base a reazioni fotochimiche sugli strati più alti delle nubi. Il processo di formazione chimico-fisico e la ragione dell'enorme stabilità nel tempo della coltre di nubi è lungi dall'essere compreso.
L'altissima temperatura superficiale di Venere (ca. 735 K, ossia 498 °C) è dovuta all' combinato delle nubi di acido solforico (H2SO4), dell'anidride carbonica (CO2), del vapore acqueo (H2O) e del biossido di zolfo (SO2). Una peculiarità di Venere è la bassissima temperatura che caratterizza l'alta atmosfera, altresì detta termosfera. Infatti, al di sopra di 140 km di quota sono state misurate, dalla missione Pioneer Venus della NASA, temperature minori di 300 K nell'emisfero diurno, mentre nell'emisfero notturno le temperature crollano a valori dell'ordine di 110 K. Il forte gradiente termico tra i due emisferi dovrebbe provocare nella termosfera il formarsi di venti caratterizzati da velocità dell'ordine di 1500 km/h.
La Luna, insieme a Venere, è il corpo celeste più esplorato del Sistema solare. È anche l'unico corpo celeste dalla cui superficie siano stati riportati a terra molti campioni di roccia e polvere. Tuttavia il dibattito scientifico sull'origine della Luna è ancora aperto. Qui di seguito vengono riassunte le teorie più diffuse sull'origine del nostro satellite.
Secondo la teoria della cattura, la Luna si sarebbe formata in un'altra zona del Sistema solare e sarebbe poi stata catturata dalla gravità terrestre. Un evento del genere è, in linea di principio, possibile ma è estremamente improbabile. Il programma Apollo ha inferto a questa teoria il colpo di grazia, poiché l'analisi dei campioni lunari ha permesso di scoprire che la Terra e la Luna contengono quantità uguali dei vari isotopi dell'ossigeno, indice che i due corpi si sono formati nella stessa zona del Sistema solare.
La teoria della nascita contemporanea afferma che la Terra e la Luna hanno avuto un'origine simultanea in zone limitrofe dello spazio. Se così fosse la Terra e la Luna dovrebbero avere composizioni e densità globali molto simili. Sappiamo invece che la Luna ha una densità media inferiore a quella del nostro pianeta; in particolare sembra essere molto piccolo, o addirittura assente, un nucleo ferroso, presente invece nel centro della Terra. Non si capisce come mai i materiali metallici pesanti, quali il ferro, siano finiti in gran parte in un solo nucleo.
La teoria della fissione è stata considerata per molto tempo quella più credibile e affidabile. Fu proposta per la prima volta dall'astronomo inglese George H. Darwin, figlio di Charles Darwin. Secondo questa teoria la Luna si sarebbe staccata dalla Terra per effetto della forza centrifuga generata dalla forte velocità di rotazione del nostro pianeta all'alba dei tempi. La bassa densità della Luna viene giustificata dal fatto che essa avrebbe origine dai materiali provenienti dagli strati superficiali della Terra, meno densi di quelli presenti nel nucleo. La grossissima difficoltà consiste nel fatto che per poter espellere in quel modo la Luna, la Terra avrebbe dovuto avere un'altissima velocità di rotazione risultante in una durata del giorno dell'ordine delle due ore. Questo valore è decisamente troppo piccolo e inoltre non è stato individuato nessun meccanismo che possa consentire alla Terra primordiale di ruotare così rapidamente.
Le missioni Apollo, e molto recentemente la missione SMART-1 dell'ESA, hanno dimostrato che la composizione chimica e mineralogica della superficie sono completamente diverse da quella delle rocce terrestri, mettendo fine a tutte le teorie circa una formazione comune della Terra e della Luna.
La teoria dell'impatto, formulata da William K. Hartmann nel 1975, si basa su un'idea semplice, in grado di risolvere i problemi che affliggono le teorie precedenti: la nascita della Luna è avvenuta in seguito a un gigantesco impatto fra la Terra primordiale e un corpo celeste di notevoli dimensioni; l'urto ha provocato il distacco e la messa in orbita del materiale che in seguito si è condensato per formare il nostro satellite.
Questa teoria spiega molte cose. La Luna non ha un nucleo metallico in quanto composta dai detriti più esterni del corpo impattante, mentre il resto di questo corpo si è fuso con la Terra. La somiglianza fra Terra e Luna per quanto riguarda gli isotopi dell'ossigeno si spiega supponendo che il corpo incidente si possa essere formato nella stessa regione del Sistema solare nella quale si è formata la Terra. Le differenze di composizione chimica trovano soluzione nel fatto che la Luna può essersi formata principalmente con il materiale del corpo responsabile dell'impatto. Inoltre si può spiegare l'aridità totale delle rocce lunari con l'evaporazione dell'acqua avvenuta al momento dell'impatto, caratterizzato da temperature elevatissime.
I dati sulla chimica e sulla mineralogia della Luna provengono in gran parte dall'analisi delle rocce lunari raccolte nel corso delle missioni Apollo. L'ossigeno, il silicio e l'alluminio hanno un'abbondanza percentuale simile a quella riscontrabile sulla Terra. Il ferro e il titanio (forse provenienti dal corpo impattante descritto in precedenza) sono più abbondanti sulla superficie lunare che su quella terrestre, mentre il carbonio, l'azoto e i metalli alcali sono abbastanza rari. L'idrogeno presente nella polvere superficiale proviene esclusivamente dal vento solare.
I primi minerali a formarsi nell'oceano magmatico lunare furono i silicati di ferro e di magnesio, le olivine e i pirosseni, che a causa della loro densità sedimentano ben presto verso l'interno del satellite. In una fase avanzata della cristallizzazione dell'oceano magmatico si ha la formazione di minerali meno densi, i quali danno origine a una crosta anortositica di circa 50 km di spessore. Il processo di cristallizzazione continua per circa 100 milioni di anni, sebbene delle sacche profonde di magma possano essere rimaste attive per più di un miliardo di anni concentrandosi in particolare nell'Oceanus Procellarum e nel bacino Imbrium. Quest'ultimo testimonia il fatto che l'ultimo bombardamento meteoritico pesante ha avuto luogo circa 3,85 miliardi di anni fa, come evidenziato dalle datazioni di campioni lunari prelevati nella coltre di materiali espulsi nel corso dell'implantazione di Imbrium dalle missioni Apollo.
Le strutture morfologiche dominanti la superficie della Luna sono i crateri e i bacini d'impatto, depressioni e vallate riempite di magma, piccole colline e qualche edificio vulcanico di modeste dimensioni. Una distinzione geomorfologica immediata dei terreni lunari risulta dalla colorazione scura dei basalti che ricoprono i Maria, enormi bacini da impatto, e da quella più chiara delle anortositi, rocce ignee comunissime nella crosta terrestre, che compongono gli antichissimi altopiani lunari.
Marte, il pianeta rosso, ha soltanto un decimo della massa terrestre e una distanza dal Sole di 1,5 U.A., una tenue atmosfera di anidride carbonica, comparabile in pressione alla stratosfera terrestre, due calotte polari, enormi vulcani, una marcata differenziazione emisferica e una mancanza quasi totale di umidità superficiale.
L'esplorazione di Marte ha inizio negli anni Sessanta con le sonde Mariner della NASA, ma è soltanto verso la fine del decennio che, grazie alla missione dei Viking della NASA, Marte comincia a svelare la sua natura di pianeta caratterizzato da un'evoluzione geologica, mineralogica e geofisica complessa. Più recentemente una nuova fase esplorativa condotta dalla NASA e dall'ESA, sia tramite osservazioni orbitali sia in situ con piccole piattaforme semoventi (rover), ha svelato un nuovo volto di Marte: quello di un pianeta meno secco del previsto, caratterizzato da improvvisi eventi idrologici, con temperature superficiali indicative di una vita geologica ancora attiva che si manifesta anche con continui scambi di volatili tra il sottosuolo e l'atmosfera. Sembra oramai chiaro che Marte sia stato per i primi 700 milioni di anni della sua storia un pianeta geologicamente attivo, caratterizzato dall'insediamento di enormi edifici vulcanici, da una tettonica di scala planetaria e soprattutto da un'atmosfera abbastanza densa da permettere la presenza di abbondante acqua allo stato liquido sulla sua superficie. Se mai vita si sviluppò su Marte, fu questo il periodo più favorevole al suo insediamento a livello planetario. Attualmente, la maggior parte dell'acqua è presente nelle zone periglaciali, sotto forma di permafrost, e ovviamente nelle calotte polari sotto forma di ghiaccio. Ulteriore conferma dell'antica presenza di acqua sulla superficie di Marte è stata fornita dalle immagini e analisi del lander della NASA Opportunity che ha mostrato nei pressi del cratere Eagle, nel Meridiani Planum, chiari segni di sedimentazione, di erosione e la presenza di sferule di ematite, un ossido del ferro, che si produce in presenza simultanea di ossigeno libero nell'atmosfera e di un'idrosfera.
L'emisfero settentrionale di Marte manifesta una crosta di riformazione, dominata da ampie distese di materiali effusivi riversatisi in tempi recenti dagli strati subcrostali. L'attività endogena del pianeta è resa palese dalla presenza di altopiani di natura plutonica, le cui rocce si sono cioè formate all'interno della crosta (dorsali di Elysium e Tharsis). Su questi altopiani si sono formati molteplici edifici vulcanici a scudo, la cui imponenza (Olympus Mons, il maggiore, misura 570 km di diametro di base e raggiunge 26 km di quota) lascia comprendere che le formazioni si sono mantenute e accresciute per tempi prolungati, forse fino a 100 milioni d'anni or sono, prima di venir estinte dai movimenti tettonici. La crosta che ricopre l'emisfero sud appare di origine più antica, in quanto le tracce del bombardamento meteoritico primordiale sopravvivono in un ricco assortimento di crateri e di bacini d'impatto, il più vasto dei quali, Hellas, ha un diametro di 2000 km. Al confine tra i due emisferi che giace lungo un cerchio inclinato di circa 30° rispetto all'equatore, sono presenti tracce di antichissime fratture. Il sistema di fratture inizia a ridosso della dorsale di Tharsis, in zona equatoriale, con l'intrico di Labyrinthus Noctis sfociante verso est nel Tithonius Chasma e nel Coprates, canyon profondi alcune migliaia di metri e larghi fino a 75 km. La faglia prosegue nella cosiddetta Valles Marineris, impressionante frattura che si estende per oltre 4500 km con larghezze fino a 120 km e profondità di 6000 m. Si conosce poco dell'interno di Marte. La mancanza di evidenze di una indica che la crosta deve essere molto più spessa di quella terrestre. Data la bassa gravità del pianeta si stima che lo spessore della crosta necessario a fornire la pressione responsabile della fuoriuscita di magma dai vulcani sia almeno di 20 km. Marte non è dotato di un campo magnetico globale di tipo dipolare come la Terra, ma sono presenti una serie di campi magnetici locali distribuiti sulla superficie del pianeta. La maggior parte delle sorgenti del campo magnetico si trova nelle regioni altamente craterizzate dell'emisfero sud, mentre le pianure dell'emisfero nord ne contengono molte di meno. Non è stata trovata nessuna correlazione fra sorgenti e crateri da impatto, così come nessun campo magnetico è stato rilevato nelle regioni di Tharsis, Elysium, Valles Marineris e sui grandi edifici vulcanici. Neanche i bacini da impatto di Hellas e Argyre (la cui età è stimabile in ca. 3,9 miliardi di anni) presentano sorgenti di campi magnetici. Questi campi magnetici locali, per certi aspetti, sono l'analogo delle anomalie magnetiche terrestri ed è logico pensare che i campi magnetici sulla superficie di Marte siano i residui della magnetizzazione della crosta fusa del pianeta all'inizio della sua storia. La mancanza di uno scudo magnetico e di relative fasce di radiazione, ivi intrappolate, sono un ulteriore motivo per la mancanza di tracce evidenti di presenze biologiche sulla superficie di Marte. Gli esperimenti dei Lander Viking 1 e 2 avevano già mostrato, almeno nei punti di atterraggio, la presenza di un terreno sterile. La ricerca della vita su Marte si concentrerà, nel futuro, su zone protette e umide, nicchie ecologiche forse presenti nel sottosuolo, senza escludere la ricerca di tracce di vita fossile.
Tra le orbite di Marte e di Giove, in una regione compresa quindi tra le 2,06 e 3,27 U.A., si trova la più alta concentrazione di orbite di asteroidi del Sistema solare. Questa zona, anche detta cintura principale, per distinguerla da altre zone del Sistema solare che presentano concentrazioni di corpi minori, contiene il 98,5% degli asteroidi repertoriati. Quest'ultimi sono all'incirca 100.000, anche se si suppone che il loro numero sia di quasi dieci volte superiore. Gli asteroidi più conosciuti sono quelli per i quali è stato operato un sorvolo satellitare: Gaspra, Ida, Dactyl, Mathilde, Eros e, più recentemente, Itokawa. La scoperta del primo asteroide fu fatta dall'astronomo italiano Giuseppe Piazzi, che lo chiamò con il nome della dea del grano, Cerere. Negli anni immediatamente successivi vennero scoperti tre altri piccoli corpi (Pallade, Vesta e Giunone). Alla fine del XIX sec. se ne conoscevano già diverse centinaia. Le dimensioni degli asteroidi sono comprese tra i 1000 km di diametro di Cerere e diametri inferiori al chilometro. Più di 200 corpi hanno diametri superiori a 100 km.
La cintura asteroidale può essere considerata come una testimonianza del passato remoto del Sistema solare, sebbene molti fenomeni fisici contribuiscano alla sua trasformazione: riscaldamenti interni per i corpi di dimensioni maggiori, fusioni e fratture provocate da impatti, erosione superficiale dovuta al bombardamento di microparticelle.
Stime recenti sulla massa totale degli asteroidi della cintura principale forniscono un valore di circa il 4% della massa della Luna. Questo valore prende in considerazione anche la massa di nuclei cometari presenti nella stessa zona di cattura gravitazionale. Gli asteroidi della cintura principale sono stati raggruppati in gruppi e famiglie in funzione dei loro parametri orbitali.
Al di là della cintura asteroidale troviamo i pianeti più massicci, ma di densità bassissime, essendo composti in larga misura di gas: Giove, Saturno, Urano e Nettuno. La loro massa complessiva rappresenta il 99% della massa totale dei corpi del Sistema solare, con l'esclusione del Sole.
Quinto pianeta in ordine di distanza dal Sole e primo come dimensioni tra quelli del Sistema solare, Giove ha un volume 1400 volte maggiore di quello della Terra, e una massa che è doppia della massa totale di tutti gli altri pianeti, o anche 320 volte quella della Terra. Orbita attorno al Sole a una distanza media di circa 780 milioni di km (5,2 U.A.), compiendo una rivoluzione completa in 11,9 anni. Il suo rapido periodo di rotazione di 9,9 ore produce uno schiacciamento ai poli. La composizione di Giove è molto simile a quella del Sole, essendo composto al 90% di ossigeno, al 10% di elio, con tracce di metano, ammoniaca e acqua. La parte solida di Giove è costituita da un nucleo circondato da molti strati atmosferici la cui densità diminuisce dall'interno verso l'esterno. Una caratteristica saliente dell'interno di Giove è uno spesso strato di idrogeno compresso a una pressione di circa 4 milioni di bar. A questa pressione l'idrogeno è liquido e si comporta come un conduttore, ed è perciò detto idrogeno metallico. Quest'ultimo è anche responsabile della generazione dell'intenso campo magnetico gioviano, da cui deriva una gigantesca che si estende per ben 650 milioni di km all'esterno del pianeta.
Gli strati più esterni dell'atmosfera di Giove sono composti di idrosolfiti di ammoniaca e da un misto di acqua e cristalli di ghiaccio. I colori vivi che caratterizzano questi strati, e che quindi determinano l'aspetto di Giove, sono dovuti a reazioni chimiche dello zolfo stimolate dal calore interno e dalla radiazione ultravioletta solare. Un enorme ciclone rossastro (la grande macchia rossa), grande come due volte la Terra, è presente nell'atmosfera di Giove da almeno 300 anni, da quando, cioè, fu scoperto dall'astronomo Gian Domenico Cassini. L'atmosfera di Giove è per il resto molto turbolenta e strutturata in zone chiare e cinture più scure al confine delle quali si trovano correnti a getto con punte di velocità dell'ordine di 600 km/h. Una tale struttura è dovuta al fatto che la differenza di temperatura tra poli ed equatore è piuttosto bassa e al fatto che gran parte del calore viene rilasciata dal nucleo, che sotto l'effetto di pressioni enormi può raggiungere temperature dell'ordine di 20.000 °C. Il trasporto orizzontale del calore avviene tramite l'innumerevole numero di cicloni e turbolenze che popolano le bande atmosferiche longitudinali.
Giove è circondato da anelli molto tenui e da una popolatissima corte di 63 satelliti: i 4 scoperti da Galileo nel 1610 (Io, Europa, Ganimede e Callisto), 23 scoperti nel 1979 dalla sonda Voyager, con dimensioni che non superano 200 km di diametro, e gli altri, di dimensioni molto ridotte, scoperti recentemente. Non è detto che il numero di satelliti non possa aumentare ancora nel corso di future esplorazioni in situ. La descrizione dettagliata dei satelliti di Giove ha bisogno di una trattazione separata. Ci limiteremo a menzionare il vulcanismo esplosivo di Io, la cui vicinanza da Giove fa sì che l'attrazione mareale provochi continue contrazioni e dilatazioni di 100 m di ampiezza ‒ quelle terrestri, provocate dall'azione congiunta di Luna e Sole, sono dell'ordine di pochi centimetri ‒, con un conseguente riscaldamento dell'interno del corpo. All'opposto geologico e chimico di Io troviamo Europa, le cui dimensioni sono vicine a quelle della Luna, e che è caratterizzata, secondo alcune teorie, da una superficie ghiacciata di circa 100 km di spessore al di sotto della quale si potrebbe trovare un oceano globale di 50÷100 km di profondità.
La caratteristica principale di Saturno è il sistema di anelli, osservato per la prima volta da Galileo nel 1610 e descritto correttamente dall'astronomo olandese Christiaan Huygens. Gli anelli sono stati nominati nell'ordine in cui sono stati scoperti e, dall'interno verso l'esterno, sono noti come D, C, B, A, F, G, ed E. Essi si allungano fino a una distanza di 136.200 km dal centro di Saturno, ma in alcuni punti sono spessi solo 5 m. Sono probabilmente composti da aggregati di rocce, gas ghiacciati e cristalli di ghiaccio d'acqua di piccole dimensioni. Nell'apparente separazione tra gli anelli A e B, osservata da Cassini, si trovano cinque deboli anelli, ripresi per la prima volta dalle sonde Voyager della NASA. Gli ampi anelli B e C si sono forse formati da centinaia di anelli sottili, alcuni leggermente ellittici, che mostrano piccole variazioni di densità, provocate dall'interazione gravitazionale tra gli anelli e piccoli satelliti detti 'pastore', per la loro funzione di contenimento.
Saturno è costituito essenzialmente da gas e la sua densità media è circa un ottavo di quella terrestre. L'enorme peso dell'atmosfera fa sì che la pressione aumenti rapidamente verso l'interno del pianeta, tanto da rendere l'idrogeno da gassoso a liquido. Al centro di Saturno gli elementi pesanti sono probabilmente concentrati in un piccolo nucleo solido, che ha temperatura prossima a 15.000 °C.
L'atmosfera di Saturno è costituita prevalentemente da idrogeno (88%) ed elio (11%), ma sono presenti anche piccole quantità di metano e di ammoniaca, e tracce di altri gas come etano, etilene e fosfina. Le immagini delle sonde spaziali hanno mostrato vortici di nubi situati negli strati profondi dell'atmosfera. La temperatura alla sommità di queste nubi è intorno a −176 °C. I movimenti delle nubi mostrano che il periodo di rotazione dell'atmosfera vicino all'equatore del pianeta è di circa 10 ore e 11 minuti, mentre le emissioni radio indicano che il corpo di Saturno e la sua magnetosfera ruotano con un periodo di 10 ore, 39 minuti e 25 secondi. La differenza, di circa 28 minuti e mezzo, tra questi due periodi suggerisce che i venti equatoriali di Saturno abbiano velocità prossime a 1700 km/h.
Saturno possiede una gran quantità di satelliti, il cui numero preciso sarà difficilmente quantificabile, perché i frammenti ghiacciati che compongono i suoi anelli potrebbero, almeno teoricamente, essere considerati tali, ed è difficile porre una linea arbitraria di distinzione tra satelliti minori e grandi frammenti ghiacciati. Lo studio della struttura e del comportamento dinamico degli anelli fa supporre la presenza di numerosi altri satelliti al loro interno, sebbene non siano ancora stati individuati. A oggi sono stati repertoriati 60 satelliti, molti dei quali scoperti di recente. Tra questi, 12 precedentemente sconosciuti orbitano a grande distanza dal pianeta, essendo probabilmente frammenti catturati dalla gravitazione del pianeta in un'operazione di ripulitura gravitazionale post accrescimento.
Un cenno particolare va dedicato alla luna Titano, recentemente esplorato dalla sonda Huygens dell'ESA. Oltre a essere il maggiore tra i satelliti di Saturno, è il secondo in assoluto del Sistema solare; è l'unico tra i satelliti di Saturno a possedere un'atmosfera e il solo corpo noto nel Sistema solare la cui superficie sia almeno parzialmente coperta da liquidi (idrocarburi). Con un diametro di 5150 km, Titano è più grande di Mercurio e del pianeta nano Plutone, ed è caratterizzato da una densità media di 1,88 g/cm3; ciò implica una composizione al 50% di acqua e al 50% di materiali rocciosi. La densa atmosfera di Titano è composta al 98,4% di azoto e all'1,6% di metano e altri idrocarburi gassosi, quali l'etano, il propano, e così via. A causa della bassissima temperatura superficiale, che non permette né la presenza di vapor acqueo né la sublimazione di ghiacci superficiali, l'atmosfera di Titano è totalmente priva di umidità, e le nubi in alta quota sono formate da aerosol organici. La pioggia su Titano è quindi composta da gocce di metano liquido e di altri composti organici. La superficie è piuttosto piatta, senza orogenesi spiccata, e caratterizzata da ampie distese su cui si alternano terreni chiari e scuri. Molto di recente, sulla base di osservazioni radar sono stati identificati una serie di laghi nelle zone polari, mentre si è accertato che la zona di atterraggio della sonda ESA Huygens è coperta da una specie di sabbia di cristalli di ghiaccio.
Urano fu scoperto nel 1781 dall'astronomo William Herschel, che gli diede il nome di Georgium Sidus in onore di re Giorgio III d'Inghilterra; il nome Urano, che venne proposto dall'astronomo tedesco Johann Elert Bode, entrò in uso alla fine del XIX secolo. Urano ha diametro di 52.200 km, densità di circa 1,2 g/cm3, distanza media dal Sole di 2,87 miliardi di km e periodo di rivoluzione di 84 anni; compie una rotazione attorno a un asse inclinato di 98° rispetto al piano dell'orbita, con periodo di 17 ore e 15 minuti. È anch'esso circondato da una piccola corte di anelli, scoperti nel 1977, che formano una cintura che si estende fino a 51.300 km dal centro del pianeta; altri quattro anelli vennero scoperti nel 1986 dalla sonda spaziale Voyager 2. Urano ha 27 satelliti (da 10 km di diametro di Mab e Cupid a 1578 km di Titania), che orbitano sul piano equatoriale e si muovono nello stesso verso di rivoluzione del pianeta.
L'atmosfera è spessa 7600 km ed è composta da idrogeno (83%), elio (15%), metano (2%), con tracce di acqua e ammoniaca. Il colore ciano del pianeta è dovuto all'atmosfera, composta prevalentemente di metano, che assorbe la luce rossa e riflette quella blu. La parte sottostante, più dell'80% della massa del pianeta, è formata da un liquido composto principalmente da materiali ghiacciati di acqua, metano e ammoniaca, mentre la parte centrale è formata da materiale più denso. ll campo magnetico di Urano non ha il suo centro nel nucleo del pianeta ed è inclinato di almeno 60° rispetto all'asse di rotazione ed è probabilmente generato dal movimento di masse fluide ionizzate a profondità relativamente basse. Nettuno ha un campo magnetico simile e, quindi, questa peculiarità non sembra essere dovuta all'inclinazione dell'asse di Urano. La magnetosfera, a causa del rotolare del pianeta sul piano dell'eclittica, ha una struttura spiraleggiante nella direzione antisolare.
Nettuno è l'ottavo e ultimo pianeta del Sistema solare, sebbene all'esterno della sua orbita vi sia una pletora di corpi minori di origine, composizione e dinamica molto diverse tra loro. Nettuno deve la sua scoperta grazie al disturbo gravitazionale che provoca all'orbita di Urano rendendola non conforme alle leggi di Newton. A causa della sua distanza dal Sole di circa 30 U.A. la conferma osservativa della sua esistenza si ebbe soltanto nel 1846 da parte dell'astronomo francese Johann G. Galle. Il periodo di rivoluzione di Nettuno è di 164 anni e 280 giorni, mentre il periodo di rotazione è di sole 17 ore e 52 minuti. L'asse di rotazione ha un'accentuata inclinazione di 28,31o rispetto al piano dell'eclittica, mentre l'asse magnetico ha un'inclinazione di ben 47o ed è spostato, rispetto al centro del pianeta, di 13.500 km.
Nettuno, il più piccolo dei giganti gassosi, ma più denso di Urano, dovrebbe avere un nucleo roccioso di 14.000 km di diametro, inviluppato, secondo alcune teorie, da uno strato liquido formato da una mistura di acqua, metano e ammoniaca. Il gas dominante nell'atmosfera è l'idrogeno, presente all'87%, l'elio al 15% e il metano al 2%.
L'alta atmosfera di Nettuno è dominata da venti violentissimi che possono raggiungere punte di velocità dell'ordine di 2000 km/h nei pressi di un grande ciclone di colorazione scura che domina le latitudini sud del pianeta in modo molto simile alla grande macchia rossa di Giove. Un'ulteriore somiglianza tra Urano e Nettuno consiste nella tenue corte di anelli, di difficile osservazione da Terra, la cui presenza è stata confermata dalle osservazioni della sonda Voyager.
Nettuno è circondato da 13 satelliti, dominati da Tritone con un diametro di 2706 km; i 4 satelliti scoperti nel 2002 e quello individuato nel 2003 sono ancora in attesa di nome.
Tra le 30 e le 50 U.A. di distanza dal Sole si trova un grande anello popolato di materiali primordiali, principalmente composti di ghiaccio, che ricorda, in grande, la cintura asteroidale. Secondo recenti teorie, tale anello (cintura di Kuiper) è il serbatoio delle comete di corto periodo, come la nota cometa di Halley, visitata dalla sonda Giotto dell'ESA. Sebbene la cintura di Kuiper ospiti in gran parte piccoli corpi, svariati suoi membri sono stati riclassificati come pianeti nani. Stime sulla popolazione della cintura di Kuiper fanno ammontare a più di 100.000 gli oggetti con un diametro superiore a 50 km, sebbene la loro massa totale sia probabilmente inferiore a quella della Terra.
Molti corpi di piccole dimensioni orbitano probabilmente attorno a corpi di dimensioni maggiori creando oggetti multipli, le cui orbite escono talvolta dal piano dell'eclittica. Una classificazione orbitale degli oggetti di Kuiper ci fornisce due sottoregioni: (a) la cintura risonante, popolata da oggetti le cui orbite sono legate a quella di Nettuno da rapporti di proporzionalità del loro periodo orbitale; (b) la cintura classica, popolata da oggetti con orbite non risonanti.
Plutone, fino a poco tempo fa considerato il più piccolo e lontano dei pianeti del Sistema solare, è stato riclassificato come pianeta nano della cintura di Kuiper. Anche il suo satellite Caronte è in via di riclassificazione come pianeta nano. Plutone e Caronte orbitano intorno a un baricentro e quindi possono essere considerati un sistema binario, anche se si è scoperto che due altri oggetti, Nix e Idra, orbitano anch'essi intorno a tale sistema e si devono quindi considerare come lune ufficiali del sistema Plutone-Caronte.
Le comete sono costituite da nuclei di ghiaccio misto a polveri interstellari, altresì denominato ghiaccio sporco, talvolta ricoperto da uno strato molto scuro di materiale organico che si sintetizza dai composti del carbonio esposti alla radiazione solare. Sono soggette a fenomeni di sublimazione esplosiva (i getti), quando, avvicinandosi al Sole, subiscono un repentino riscaldamento. Le code, di polvere e di plasma, che costituiscono la parte più visibile delle comete attive, cioè vicine al Sole, sono il risultato di tali sublimazioni.
Le comete si classificano, in funzione del loro comportamento dinamico, come comete di lungo e di corto periodo orbitale. Queste ultime, con periodo orbitale minore di 200 anni, si originano nella cintura di Kuiper; quelle di periodo superiore si pensa abbiano origine nella nube di Oort. In base alla nuova nomenclatura, le comete si considerano come piccoli corpi del Sistema solare.
Gli oggetti del disco diffuso sono corpi in origine appartenenti alla cintura di Kuiper le cui orbite sono state perturbate dall'influenza gravitazionale di Nettuno ed espulse verso zone ancora più remote del Sistema solare. Le loro orbite erratiche sono caratterizzate da perielio nei pressi della cintura di Kuiper e afelio fino a 150 U.A., con altissima inclinazione sul piano dell'eclittica. Un oggetto del disco diffuso ben studiato è Eris, che con il suo diametro di 2400 km è di circa il 5% più grande di Plutone e quindi il più grande dei pianeti nani. Dysnomia è la sola luna di Eris.
La classificazione di questo oggetto, scoperto nel 2003, è ancora in corso. La sua orbita, con perielio a 76 U.A. e afelio a 928 U.A., sembra essere troppo distante da Nettuno per essere stata influenzata dalla sua gravità; comunque, le sue dimensioni e il suo aspetto molto simile a Plutone lo avvicinano alla categoria dei pianeti nani.
La zona dello spazio in cui il vento solare domina sui venti stellari è detta eliosfera. L'eliosfera si estende fino a circa 95 U.A. dal Sole, ovvero tre volte oltre l'orbita di Plutone. La zona dello spazio in cui il vento solare urta contro il vento stellare e da quest'ultimo viene dominato e confinato è detta eliopausa. Questo fenomeno avviene a circa 230 U.A. di distanza dal Sole, che rappresenta la frontiera esterna del Sistema solare, al di là della quale esistono lo spazio interstellare e gli altri sistemi stellari.
Questa nube, ancora mai osservata, dovrebbe essere il luogo d'origine delle comete di lungo periodo, secondo l'idea dell'astronomo Jan H. Oort, da cui prende il nome. Dovrebbe inglobare tutto il Sistema solare a una distanza compresa tra 50.000 e 100.000 U.A., un quarto della distanza del sistema stellare più vicino. Un miliardo di miliardi di comete dovrebbero essere presenti nella nube di Oort, forse ancora debolmente legate alla gravità solare.
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