Sistemi di trasporto
Il fenomeno dello spostamento di persone e oggetti ha origine dalla specializzazione nello spazio delle attività umane. La concentrazione in luoghi determinati di attività (industriali, commerciali, di servizio e di svago) è dovuta all’esistenza di economie di scala, in grado di rendere i processi produttivi più efficienti una volta raggiunta una certa dimensione spaziale.
Fino all’inizio del XX sec., le produzioni erano essenzialmente agricole o artigianali e di conseguenza gli spostamenti della maggioranza della popolazione ridotti. Con il passare degli anni lo sviluppo tecnologico e la crescita del reddito hanno grandemente ridotto costi relativi e tempi del trasporto, accentuando il fenomeno e portando rilevanti benefici in termini di un più efficiente funzionamento del mercato del lavoro e di un incremento della mobilità delle persone. Questa tendenza ha permesso agli individui di scegliere le proprie residenze anche in luoghi relativamente distanti tra loro, permettendo di diminuire le rendite localizzate delle aree edificate. Tale fenomeno, di tipo circolare, ha tuttavia comportato un intenso sfruttamento del territorio, che spesso ha generato situazioni problematiche dal punto di vista paesaggistico e ambientale.
La domanda di spostamento delle merci ha origine analoga: dopo una fase in cui le attività agricole e minerarie (distinte da quelle di consumo) erano dominanti nel determinare la domanda di movimento delle merci, con lo sviluppo industriale e terziario sono le economie di scala (la concentrazione e la specializzazione delle attività produttive e di consumo nello spazio) che determinano la gran parte della domanda di spostamento delle merci.
La diminuzione dei costi relativi del trasporto ha anche generato importanti fenomeni quali la globalizzazione dei mercati su scala planetaria e la mobilità turistica di massa, anche su distanze intercontinentali.
Il peso delle diverse modalità di trasporto viene misurato in unità di traffico, ovvero in termini del carico utile trasportato (tonnellate di merci o persone) moltiplicato per la distanza percorsa. In Europa il trasporto stradale è dominante nel movimento di passeggeri e merci e con esso compete in termini quantitativi il solo trasporto marittimo (fig. 3). Per il trasporto dei primi è interessante notare che l’uso dei bus è percentualmente maggiore rispetto a quello della ferrovia, nonostante le politiche adottate a favore di quest’ultima.
Se poi si considera il valore del servizio, cioè il fatturato, il ruolo della strada risulta ancora più nettamente preponderante, a riprova di una elevatissima disponibilità a pagare (e quindi utilità economica) per questo modo di trasporto.
L’infrastruttura su cui si muovono i veicoli è la strada. A differenza degli altri modi di trasporto terrestre, quello stradale è un sistema aperto: l’accesso alla rete è governato da regolamenti di comportamento (per es. il Codice della strada) e in alcuni casi da tariffe a copertura dei costi di costruzione e gestione (strade o autostrade a pedaggio) o di efficienza (per es., accesso a pagamento ai centri storici per la riduzione della congestione e dell’inquinamento). La sola discriminazione riguarda il possesso di una patente di guida.
Le reti stradali sono, in Italia, gestite e mantenute dagli enti locali (strade comunali, provinciali e regionali), dall’agenzia nazionale ANAS (rete statale e circa il 10% della rete autostradale) e da numerosi concessionari autostradali (rete autostradale a pedaggio). Questi ultimi non hanno la proprietà della rete, ma (in generale) ne realizzano delle tratte e in seguito le gestiscono in concessione per periodi di lunghezza tale da permettere attraverso gli introiti tariffari la copertura delle spese sostenute. Questi concessionari (attualmente 25, il maggiore è Autostrade per l’Italia) sono società di diritto privato possedute da privati o da enti locali o anche società miste. L’ente concedente è la stessa ANAS, titolare delle strade statali. Le reti stradali e autostradali italiane, così come quelle dell’Europa occidentale, sono sostanzialmente infrastrutture mature: non esistono relazioni importanti o centri abitati significativi non serviti.
Come si può osservare nella fig. 4, la motorizzazione mondiale è esplosa dal secondo dopoguerra, mantenendo una costante ascesa fino ai nostri giorni. In circa quarant’anni la flotta automobilistica è quasi quadruplicata e, nello stesso periodo, la produzione di automobili è triplicata. Questo fenomeno non presenta segni di arresto e sembra al contrario essere destinato a crescere ulteriormente a causa del rapido sviluppo economico dei grandi paesi asiatici. Uno dei pochi fattori apparentemente capaci di incidere in modo negativo su questa tendenza potrebbe essere il crescente prezzo del petrolio.
L’automobile si presta alla produzione in grande serie e il fenomeno della motorizzazione di massa da essa innescato è quello che negli ultimi decenni più ha influito sull’economia e sull’assetto del territorio. Il successo del modo stradale non è dovuto solo a fattori di natura tecnica, bensì anche alla simbologia sociale che esso evoca. Non solo l’automobile è versatile nello spazio e nel tempo e garantisce un grado elevato di libertà personale, ma presenta anche caratteristiche e prezzi molto differenziati e assume quindi facilmente connotazioni di status.
Il successo del trasporto stradale non può, però, essere disgiunto da alcuni problemi da esso provocati. Tra essi, i principali sono le emissioni di gas di scarico che provocano danni alla salute della popolazione esposta e all’ambiente naturale e costruito, gli effetti di alterazione del clima su scala globale, l’incidentalità, gli effetti acustici, quelli intrusivi sul paesaggio, le inefficienze generate dalla congestione su parti della rete. Ancora più in generale, va considerato l’impatto strategico e geopolitico del consumo di fonti energetiche fossili limitate.
Il sistema ferroviario è un sistema chiuso, l’infrastruttura può essere percorsa solo da veicoli autorizzati e soggetti a regole e sistemi di controllo della marcia. Prima della liberalizzazione dell’accesso alle reti promosso dall’Unione europea con la Direttiva 440 del 1991, le linee ferroviarie potevano essere percorse solamente da veicoli dell’operatore ferroviario stesso o da esso autorizzati (tipicamente i servizi internazionali). Attualmente, al contrario, è in alcuni casi possibile l’accesso alle linee da parte di società terze.
La rete ferroviaria italiana è divisa tra il complesso delle ferrovie in concessione e la rete RFI. Quest’ultima è poi suddivisa tra rete principale e linee secondarie, su cui insiste una percentuale molto limitata del traffico totale. Le linee ad alta velocità, con l’esclusione della già esistente Firenze-Roma, sono in costruzione dalla metà degli anni Novanta e a opere completate avranno un’estensione totale di circa 1100 km. Nel tempo, l’Alta velocità ha assunto la denominazione Alta velocità/Alta capacità (AV/AC) per indicare come non sia esclusivamente dedicata ai servizi passeggeri ma costituisca di fatto un raddoppio veloce delle linee principali.
Per ovvie ragioni, i veicoli ferroviari hanno dimensioni, sagome e caratteristiche meccaniche strettamente standardizzate; vincoli sul carico massimo per asse sono inoltre imposti dalle caratteristiche tecniche dei binari. La lunghezza dei totale treni è limitata essenzialmente dalla lunghezza delle stazioni.
A partire dalla Seconda guerra mondiale anche in Italia si è assistito a un lento declino del modo ferroviario: la sua quota modale in relazione al trasporto stradale è precipitata fino a coprire oggi poco più del 5% della domanda nazionale. Le cause di tale fenomeno sono essenzialmente il cambio della struttura produttiva e degli usi del suolo, oltre che l’affermarsi della mobilità individuale. Tuttavia, la ferrovia riveste ancora una grande importanza relativa e potenziale in alcuni mercati, principalmente il trasporto regionale in aree dense, le relazioni intercity fino ad alcune centinaia di chilometri e, per le merci, il trasporto a lunga distanza di merci di basso valore unitario. Per il traffico passeggeri, la sua utilità appare difficilmente difendibile in aree non dense e su relazioni di lunga distanza, dove il modo aereo risulta imbattibile.
Al contrario del settore stradale, a livello mondiale lo sviluppo di quello ferroviario presenta rilevanti differenze nazionali (fig. 6). In particolare, in Nordamerica il trasporto su rotaia riguarda in prevalenza le merci a causa dell’importanza delle produzioni primarie (agricole e minerarie) e delle elevate distanze. In Europa il divario tra servizio passeggeri e servizio merci è meno netto, anche grazie ai rilevanti contributi pubblici a favore del primo. Il Giappone è un caso anomalo: l’entità del trasporto passeggeri è enorme e il servizio non è sussidiato, ma il territorio presenta uno sviluppo insediativo lineare e una densità di popolazione eccezionalmente elevata.
La crescita esplosiva del settore aereo dal secondo dopoguerra appare evidente dal grafico in fig. 7. Ciò è stato reso possibile da diversi fattori concomitanti, tra i quali ricordiamo lo sviluppo di nuove tecnologie sempre più sicure e meno costose, l’aumento della domanda dovuto anche all’incremento del reddito pro-capite e del valore del tempo e infine l’accresciuta apertura dei mercati aerei alla concorrenza. Quest’ultimo fenomeno, in particolare, ha avuto come conseguenza l’ingresso sul mercato di compagnie low cost (che si appoggiano a sistemi aeroportuali point to point) in grado di offrire voli a prezzi molto inferiori a quelli delle compagnie aeree di bandiera, che si appoggiavano a grandi aeroporti nazionali (modello Hub and Spokes).
L’infrastruttura di riferimento per il trasporto marittimo e fluviale è il porto. Esso è di tipo puntuale, localizzato solo nei punti di carico e scarico ed è costituito da un lato mare e da un lato terra.
Il lato mare è organizzato essenzialmente in un sistema di ripari con frangiflutti naturali o artificiali, un bacino di manovra che a volte funge anche da area di attesa protetta e infine da un’area di attracco formata da diverse banchine che deve presentare lunghezze e pescaggi adeguati alle dimensioni delle navi servite. La tendenza al gigantismo navale, sia per le navi mercantili che per quelle da crociera, ha sempre più spesso costretto a garantire artificialmente il pescaggio (che oggi supera anche i 15 metri) attraverso operazioni di dragaggio.
Il lato terra è composto da attrezzature di movimentazione delle merci, costituite da diverse tipologie di gru, nastri trasportatori o condotte per il prodotti liquidi, da aree di movimentazione composte da banchine con terminali stradali e ferroviari e da aree di stoccaggio o magazzinaggio. Queste ultime appaiono particolarmente rilevanti per la movimentazione dei container, tanto da dar luogo a paesaggi artificiali di forte impatto visivo e di grande estensione. Il movimento passeggeri con navi da crociera e traghetti ha esigenze infrastrutturali più modeste, anche perché oggi è quasi scomparso.
Al porto sono connessi servizi essenziali: rimorchiatori e guide, stoccaggio dei carburanti per le navi (detto bunkeraggio) e servizi doganali e di controllo della sicurezza. La funzione tradizionale dei fari è stata quasi interamente sostituita da tecnologie radio e radar.
Questo modo di trasporto, con i suoi bassissimi costi, è uno dei supporti maggiori alla globalizzazione dell’economia. Mostra una crescita rilevante, perturbata solo da eventi bellici (per il petrolio, la prima guerra del Golfo). Le merci trasportate via mare presentano di norma un basso valore per unità di peso e un elevato volume: il fattore tempo è dunque relativamente poco influente. Dal 1970 si tratta soprattutto di prodotti petroliferi o containers di varia natura ma anche i minerali ferrosi, seguiti dal carbone e dai prodotti cerealicoli, rappresentano una percentuale rilevante (fig. 9).
La strada è normalmente caratterizzata da una complessità di progettazione e costruzione estremamente ridotta. I veicoli commerciali sono inoltre in grado di percorrere infrastrutture minime, piste o sentieri, costituite da una semplice regolarizzazione del suolo. Molto diffuse in passato e tuttora comuni in aree remote sono le strade in macadam, o terreno stabilizzato con acqua, bitume o catrame. Esse presentano una superficie regolare e ridotta polverosità.
Le strade oggi più diffuse e adatte a un sostenuto traffico veicolare sono costituite da più strati di inerti, miscelati a leganti di varia natura. Il numero, lo spessore e i materiali utilizzati variano in funzione del tipo di strada, delle tradizioni costruttive e della normativa applicata. In Italia, per esempio, è dominante l’uso di bitume come legante per gli strati superiori e le caratteristiche tecniche e geometriche delle strade (come le dimensioni) sono definite per legge.
Esistono diverse tipologie di veicoli stradali, oggi tutti con ruote gommate per il sostegno e la guida. Le autovetture sono le più diffuse, con un parco circolante in Italia di circa 34 milioni di unità. Vi sono poi circa 4 milioni di motoveicoli e 5 milioni di veicoli di altro tipo. Tra essi vi sono gli autobus per il trasporto passeggeri e i camion per il trasporto merci. Altre tipologie di veicolo hanno diffusione sensibilmente minore.
I motori più diffusi sono a ciclo Otto (alimentati a benzina) o Diesel (alimentati a gasolio). Più raramente si fa uso anche motori a gas, elettrici o ibridi.
I mezzi più piccoli sviluppano potenze da pochi kW, ma nel caso dei camion si giunge spesso ad alcune centinaia. La potenza dei motori garantirebbe velocità massime largamente superiori a quelle imposte dalla normativa per motivi di sicurezza e regolarità della circolazione. Infatti, in assenza di guide materiali (come il binario ferroviario) la tenuta e la guida sono possibili per effetto dell’attrito laterale della ruota gommata col piano di rotolamento: maggiore è la velocità, maggiori sono i problemi di tenuta.
Le dimensioni dei veicoli, infine, sono standardizzate sia dalle tecniche costruttive sia per vincoli dovuti alla circolazione e alla dimensione delle infrastrutture.
L’infrastruttura ferroviaria minima è costituita da una coppia di rotaie (il binario) mantenute solidali e allineate da traverse e appoggiate su un corpo costituito solitamente da frammenti lapidei. Tale corpo, detto massicciata, ha funzioni di sostegno del binario nel contatto con il terreno e di drenaggio.
Il complesso di binario e massicciata si dipana sul terreno (in piano, rilevato o trincea) o su opere d’arte (ponti, viadotti e gallerie). Essendo la ferrovia un sistema con marcia strumentale, la linea deve essere dotata di sistemi di segnalamento, come i semafori o le boe per la comunicazione a bordo treno. Le linee elettrificate sono anche dotate di una linea aerea per la distribuzione dell’energia elettrica ai treni, oltre che da apparati per l’abbassamento della tensione (sottostazioni elettriche). La tensione utilizzata in Italia è di 3 kV per le linee convenzionali e 25 kV per le linee AV/AC, le uniche per le quali si è raggiunto uno standard continentale.
Le stazioni sono il punto di accesso per viaggiatori e merci ai veicoli ma hanno anche la funzione di gestione del traffico, essendo gli unici luoghi dove può avere luogo un incrocio (per linee a semplice binario) o un sorpasso. Le comunicazioni tra binari avvengono per mezzo di scambi (o deviatoi). Una linea ferroviaria a binario unico ha una capacità indicativa massima di 80÷90 treni al giorno, una a doppio binario può ospitarne fino a 220÷240. La capacità teorica è ridotta se i binari sono utilizzati da treni con velocità molto diverse (per es., locali e a lunga percorrenza) e a causa di eventuali limiti di capacità delle stazioni o nodi.
A differenza della strada, dove vige la marcia a vista, il sistema ferroviario si basa sulla marcia strumentale. La regolazione in questo caso avviene attraverso gli impianti di blocco, la cui funzione è assicurare che in un determinato tratto di linea (sezione) non possa entrare un treno prima dell’uscita del precedente. I sistemi di marcia strumentale richiedono un’affidabilità totale, ottenuta attraverso la loro ridondanza e l’applicazione del concetto di fail safe: in caso di guasto, i sistemi sono progettati per passare automaticamente a uno stato più sicuro (per es., ponendosi a via bloccata). Il sistema oggi più comune è il blocco elettrico automatico, che utilizza segnali luminosi a bordo linea e sezioni di blocco o blocchi conta-assi per rilevare la posizione dei treni. Esiste la possibilità di ripetizione dei segnali a bordo, per aumentarne la sicurezza. Il sistema oggi più moderno e in via di installazione anche sulla rete italiana è il Sistema di controllo marcia treno (SCMT). In corrispondenza del passaggio su un punto informativo (boa) del rotabile il sistema comunica a esso le informazioni necessarie alla marcia, automaticamente recepite dal controllo a bordo.
I veicoli ferroviari possono essere locomotori (veicolo motore per il traino di vagoni) o elettrotreni e automotrici (convogli con motori elettrici o diesel distribuiti). Vi sono poi vagoni passeggeri o merci di vari tipi che vengono composti in convogli e trainati da locomotori.
I motori utilizzati per le locomotive e i treni in composizione bloccata sono oggi esclusivamente elettrici oppure diesel-elettrici, con vari tipi di trasmissione. Le locomotive a vapore sono praticamente scomparse, i diesel a trasmissione meccanica sono utilizzati solo per piccole potenze e infine le applicazioni di motori lineari (treni a lievitazione magnetica) sono limitate. Le potenze dei treni italiani vanno da circa 100 kW a 6000 kW. Se serve molta potenza, come per le tratte alpine, esiste la possibilità di accoppiare più locomotori in serie per lo stesso convoglio o treno. Le velocità massime raggiungibili da un veicolo ferroviario, oltre 500 km/h, sono limitate da problemi di interazione tra ruota e rotaia e tra pantografo e linea aerea. In realtà, i vincoli di natura economica sono più stretti sia per problemi di consumi che di capacità della linea. Le velocità commerciali massime vanno tra i 140 km/h e i 300 km/h per l’Alta velocità.
L’aeroporto è il luogo di partenza e arrivo dei collegamenti aerei, che si effettuano poi lungo delle vie immateriali dette aerovie. L’aeroporto è la sede di tutti i servizi per i passeggeri e le merci, di tutte le funzioni di movimento e sicurezza a terra, del controllo del traffico aereo in prossimità dell’aeroporto.
L’attività aeroportuale si divide tradizionalmente in due sottosistemi: il landside e l’airside. Il confine tra i due è il gate, ovvero il banco dove si effettua il controllo dei documenti di viaggio e di sicurezza prima dell’imbarco.
Del landside (area passeggeri) fanno parte tutte quelle funzioni dedicate all’utenza, relative sia alle attività di trasporto che ad altre ausiliarie, come i servizi commerciali o alle persone. Essi comprendono le strutture per l’emissione dei biglietti, aree di attesa, banchi di accettazione e imbarco, aree di consegna e ritiro bagaglio, sistemi di movimentazione dei bagagli e delle merci, dogane, spazi commerciali, servizi, ma anche tutti gli accessi terrestri all’aeroporto come parcheggi, strade interne, fermate di taxi e autobus, stazioni ecc.
Tali funzioni sono generalmente contenute in un edificio unico detto terminal o, se l’aeroporto ha dimensioni importanti, a più strutture dedicate ciascuna a singole compagnie aeree.
L’airside (area velivoli) è tutto ciò che permette il movimento degli aerei ed è scarsamente visibile ai passeggeri. È composta da tre sottosistemi: le piste, i piazzali e la torre di controllo. Inoltre, vi sono tutta una serie di altri servizi logistici necessari al movimento degli aerei, come il rifornimento di carburante, la pulizia, la manutenzione, il de-icing, il catering ecc. Le piste sono la superficie attraverso la quale l’aereo decolla, atterra o si muove nell’aeroporto e possono essere di numero variabile; ognuna può consentire decolli o atterraggi ogni due minuti circa. Sono superfici, generalmente in asfalto, con talvolta alcune parti in cemento, come per esempio le testate. Con piste si intendono sia le runway (piste di decollo e atterraggio) che le taxiway (piste di rullaggio). Queste ultime, che non esistono negli aeroporti minori, connettono i piazzali con le runway e nella fase di decollo fungono anche da zona di accumulo in caso di traffico molto intenso. Su di essi sono anche installati una serie di dispositivi di sicurezza, come i segnali a terra.
La lunghezza delle piste dipende dalle caratteristiche del vento e della quota dell’aeroporto ma soprattutto dalla dimensione degli aerei che le devono utilizzare: per il traffico commerciale vanno da un minimo di 800 m a oltre 3000 m. I piazzali, o aeree di sosta, sono le aree destinate al parcheggio, al ricovero notturno e alle operazioni di imbarco e sbarco di passeggeri e merci. I piazzali possono essere molto piccoli e semplici (una superficie asfaltata) oppure, nel caso di grandi aeroporti, essere specializzati in aree, dotati di rampe di attracco diretto (dette airbridge), punti interrati di rifornimento ecc. Infine, la torre di controllo si occupa sia del controllo dei movimenti a terra degli aeromobili che delle procedure di decollo, atterraggio e avvicinamento. Una volta in volo, il controllo passa ai centri di controllo del traffico a scala generalmente nazionale (ATC).
Per raggiungere in sicurezza la velocità di sostentamento, i velivoli ad ala fissa hanno necessità di piste di lunghezza diversa a seconda del peso del velivolo, della potenza motrice e della portanza generata dal flusso asimmetrico dell’aria sulle superfici alari, che sono sagomate in modo da presentare una superficie superiore più bombata di quella inferiore. In fase di decollo e atterraggio tale differente bombatura è ottenuta con superfici mobili specifiche (flap, elevons), mentre alle elevate velocità di crociera in quota essa è molto ridotta e scarsamente visibile.
La gran parte dell’energia necessaria a un viaggio aereo è spesa per portare il velivolo a una quota ottimale dal punto di vista della densità dell’aria (cioè del rapporto tra portanza e resistenza all’avanzamento). Tale quota è oggi variabile tra 8000 e 10.000 m per i voli di linea con aviogetti e di poco inferiore per i moderni turboelica, mentre non supera la metà per gli aerei con motori a scoppio. Quote elevate presentano il vantaggio aggiuntivo di non essere esposte a perturbazioni atmosferiche.
I consumi energetici per unità di carico specifici dei velivoli, pur avendo fatto progressi notevoli nei decenni passati, rimangono elevati e paragonabili a quelli di un’automobile: un litro di combustibile ogni dieci passeggeri per chilometro. Il combustibile per motori a turbina è il kerosene e presenta un grado modesto di raffinazione, non dovendo essere sottoposto a sollecitazioni particolari come nel caso della miscelazione e dello scoppio. La tipologia dominante dei motori è la turboventola pluriasse, ovvero un turboreattore che fa agire un’elica intubata in un condotto anulare esterno che configura l’aspetto tozzo dei motori moderni. Le potenze dei motori, misurate generalmente in spinta statica per quelli a getto, variano da alcune centinaia a molte migliaia di chilogrammi e consentono velocità comprese generalmente tra i 300 e i 900 km/h.
I materiali costruttivi dei velivoli tradizionali sono leghe molto leggere di alluminio e magnesio, con alcune parti strutturali in acciaio. Attualmente sta crescendo la diffusione dell’uso di materiali compositi, come carbonio e kevlar, sempre per ragioni di peso.
La tecnologia del trasporto via acqua è caratterizzata da alcuni elementi costitutivi stabili ormai da quasi un secolo: gli scafi in acciaio, i motori diesel e, sempre più raramente, la turbina a gas. Le potenze installate risultano abbastanza uniformi dati i vincoli di velocità imposti dalle leggi idrodinamiche, funzione a loro volta dell’allungamento dello scafo e della stazza lorda della nave.
Per il trasporto merci le tipologie si differenziano moltissimo, con tre categorie nettamente dominanti: navi portacontainer navi petroliere o assimilate e navi portarinfuse. Per tutte, il gigantismo sembra essere divenuto una tendenza costante con il crescere degli scambi internazionali al fine di sfruttare le economie di scala, accrescere l’automatizzazione di molte funzioni e ridurre gli equipaggi a poche unità.
Le navi portacontainer presentano un castello poppiero o comunque arretrato e, caratteristica peculiare, accumulano il carico sia in stiva che sul ponte grazie alla protezione dagli agenti atmosferici garantita dai container stessi.
Le navi petroliere presentano un castello poppiero e un rilevante numero di compartimenti stagni per ragioni di stabilità del carico e di sicurezza. A tal proposito sono dotate anche di impianti antincendio e, più recentemente, di obbligo di doppio scafo per impedire in caso di incidenti la dispersione del carico in mare.
Le navi portarinfuse presentano anch’esse cabine posteriori e stive multiple con portelloni di carico visibili sul ponte. Alcune tipologie hanno impianti di carico e scarico autonomi grazie alla dotazione di gru a bordo per garantire l’attracco anche in porti non attrezzati.
Le navi traghetto presentano stive attrezzate per la salita autonoma degli automezzi per passeggeri e merci, sia a prua che a poppa. A questa categoria può essere assimilata una tipologia oggi in rapida espansione, costituita dalle navi Ro-Ro (roll-on roll-off), specializzate nel trasporto di camion di grandi dimensioni o più spesso di semirimorchi. Questa tecnica, nonostante accusi il peso di una tara più elevata, riduce grandemente i problemi di rottura di carico che caratterizzano il trasporto navale.
Le navi da crociera possono essere considerate veri e propri alberghi galleggianti dati l’aspetto esteriore, i servizi che offrono e gli equipaggi di molte centinaia di persone.
Le tecniche ingegneristiche costruttive sono necessarie alla realizzazione e alla gestione di veicoli e infrastrutture. Ve ne sono altre, più specifiche e recenti, in grado di ottimizzare le interazioni tra infrastrutture, spesso pubbliche, e mezzi, spesso privati, nonché quelle tra i diversi modi di trasporto.
Il settore pubblico comprende le infrastrutture, alcuni servizi di trasporto collettivo di persone e la pianificazione e la gestione pubblica delle reti e dei servizi. Esso si appoggia in modo crescente a sistemi informatizzati di simulazione e previsione.
I modelli di simulazione, che in passato si limitavano al movimento dei veicoli, delle merci e delle persone (appoggiandosi ad approcci analogici calibrati con opportuni algoritmi su dati di traffico rilevati), sono oggi integrati con modelli economici e di uso del suolo in grado di simulare nessi causali più diretti tra i comportamenti degli utenti e i flussi rilevati e prevedibili. In particolare, possono mettere in luce le relazioni dinamiche tra sviluppo economico (reddito, demografia, produzione ecc.) e la mobilità di merci e persone al fine di migliorare le capacità previsionali e di ottimizzare le scelte pubbliche degli investimenti infrastrutturali, i quali, per loro natura, postulano orizzonti temporali estesi.
Ancora più recentemente sono stati sviluppati modelli di microsimulazione del traffico capaci di rappresentare il comportamento specifico dei flussi veicolari in tempo reale, fino al dettaglio dei singoli veicoli e con rappresentazione tridimensionale.
L’ottimizzazione economica delle scelte pubbliche si avvale di un approccio noto come analisi dei costi e dei benefici, che consente di confrontare strategie e soluzioni tecniche alternative in funzione di obiettivi resi tra loro dimensionalmente omogenei (valore dei tempi di viaggio, aspetti distributivi ecc.). Queste tecniche recentemente sono state arricchite della dimensione ambientale con la misurazione, simulazione e valutazione socio-economica delle emissioni e degli impatti.
Nella sfera dei trasporti privati, la tecnica specifica sviluppatasi maggiormente è quella della logistica, concernente principalmente, anche se non in esclusiva, il trasporto merci. Il peso della logistica, intesa come l’organizzazione integrata e ottimizzata delle funzioni di immagazzinaggio e di trasporto degli input e degli output della produzione, è divenuto recentemente dominante. Infatti, al crescere del valore aggiunto delle produzioni industriali nei paesi sviluppati, è emerso come fattore competitivo essenziale la minimizzazione delle giacenze e la tempestività delle consegne, anche per rispondere alla rapida evoluzione tecnologica (o di immagine) dei prodotti.
La tecnica più nota, che meglio riassume la natura del problema delle produzioni moderne, prende in nome di trasporto just in time. Esso si appoggia a elementi sia modellistici che gestonali complessi, ottimizzati per le singole filiere produttive, e spesso si fonda sull’integrazione di diversi modi di trasporto al fine di assicurare sia la minimizzazione dei costi complessivi (magazzino, movimentazione, trasporto) che quella dei tempi di consegna.
Infine, le tecnologie informatiche e di comunicazione (ICT) trovano applicazioni crescenti nella gestione dei traffici passeggeri e merci, nell’esazione dei pedaggi (trasponder) e nella localizzazione in tempo reale dei veicoli (GPS).
Le tendenze innovative dei trasporti stradali mirano essenzialmente a un rilevante progresso atteso nel settore della propulsione: motori a consumi più ridotti, con sistemi di combustione ibridi; celle a combustibile e idrogeno; biocarburanti a ridotto impatto sui cambiamenti climatici. Per il settore della sicurezza si punta a dispositivi radar e laser anticollisione.
I trasporti ferroviari tendono a una diffusione dei sistemi veicolo-infrastruttura ad alta velocità per i servizi passeggeri e a tecniche intermodali per i servizi merci.
Il trasporto aereo indirizza invece le proprie innovazioni alle ulteriori riduzioni di pesi e consumi degli aerei ed eventualmente a un uso di biocombustibili, anche se il volo supersonico sembra scoraggiato dai costi crescenti dei combustibili fossili. Sono auspicati anche miglioramenti nei sistemi di controllo della sicurezza e del pilotaggio, grazie l’uso estensivo del GPS.
Infine, per il trasporto merci navale – già molto efficiente – continuerà la corsa al gigantismo, anche se con un ritmo necessariamente più ridotto.
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