Sistemi dinamici e sistemi caotici
Definizioni ed esempi
La teoria dei sistemi dinamici è uno dei campi della matematica che più si è sviluppato in questi ultimi cinquant’anni e che promette di essere trainante anche nel nuovo secolo. Ha influenzato e sta influenzando tutte le discipline scientifiche, economiche e sociali, fornendo nuovi paradigmi per lo studio e la descrizione del mondo naturale e dell’evoluzione dei sistemi sociali, finanziari ed economici. Le idee introdotte hanno dato spunto a riflessioni filosofiche sostanziali sui concetti di caso, caos e determinismo; e le tecniche sviluppate hanno trovato un fertile connubio con l’informatica, permettendo la simulazione numerica e grafica di fenomeni che altrimenti sarebbero rimasti fuori dalle possibilità umane di studio.
Un sistema dinamico è un sistema che evolve nel tempo seguendo una legge ben precisa. Consiste quindi di due parti: l’insieme S (usualmente chiamato spazio delle fasi), in cui avviene l’evoluzione del sistema, e la legge che descrive questa evoluzione. A sua volta, questa legge può essere continua o discreta (e si parla, dunque, di sistema dinamico continuo o di sistema dinamico discreto). Per un sistema dinamico continuo, la legge è descritta da un campo di velocità sull’insieme S: a ogni punto p dell’insieme è associato un vettore X(p) che determina la direzione e la velocità di movimento del sistema nell’istante in cui passa da p. Indicando con x(t) la traiettoria (o orbita) seguita da un oggetto posto al tempo 0 nel punto iniziale p0=x(0), il vettore tangente (la velocità) x′(t) alla traiettoria al tempo t sarà dato da X[x(t)], che rappresenta il valore del campo di velocità nel punto x(t) attraversato dalla traiettoria all’istante t. La natura della traiettoria seguita non dipende dall’oggetto ma soltanto dal campo X e dal punto iniziale p0: in questo senso, il campo X determina un’evoluzione dello spazio delle fasi secondo la legge x′(t)=X[x(t)], che è un’equazione differenziale ordinaria, oggetto matematico ben noto fin dal 17° secolo. Come si vedrà, la novità della teoria dei sistemi dinamici non consiste negli oggetti che studia, ma nel tipo di domande che si pone su essi.
Il problema degli n corpi
L’esempio paradigmatico di sistema dinamico continuo è un sistema di n corpi soggetti soltanto alla reciproca attrazione gravitazionale, come, per es., il Sistema solare. Il problema degli n corpi consiste nel descrivere l’evoluzione nel tempo di questo sistema. Ciascun corpo ha una posizione e una velocità, entrambe descritte da tre coordinate, una per ciascuna dimensione spaziale. Una singola configurazione iniziale, quindi, è descritta da 6n coordinate, per cui lo spazio delle fasi (che può essere pensato come l’insieme delle possibili configurazioni del sistema che si vuole studiare) è uno spazio a 6n dimensioni. La legge della gravitazione universale fornisce il campo X che descrive l’evoluzione di un punto dello spazio delle fasi, cioè la variazione nel tempo di posizione e velocità degli n corpi a partire da una data configurazione iniziale. Risultati generali della teoria delle equazioni differenziali ordinarie assicurano che, data la configurazione iniziale, il sistema evolve in modo unico: in altre parole, lo stato iniziale determina completamente l’evoluzione futura del sistema. Risolvere il problema degli n corpi consiste nel descrivere questa evoluzione conoscendo la configurazione iniziale.
Il problema dei 2 corpi fu una delle motivazioni principali per lo sviluppo del calcolo infinitesimale da parte di Isaac Newton e Gottfried W. Leibniz, e la sua soluzione una chiara testimonianza della potenza dei loro metodi. Il problema dei 3 corpi si rivelò, invece, molto più complesso. Nonostante la scoperta di alcune soluzioni particolari da parte di Joseph-Louis Lagrange e di altri matematici nel 18° sec., i casi più generali e interessanti rimasero fuori dalla portata di matematici e fisici del 18° e 19° sec., fino al fondamentale lavoro di Jules-Henri Poincaré del 1890 (Sur le problème des trois corps et les équations de la dynamique, «Acta matematica», 1890, 13, pp. 1-270). L’idea cruciale di Poincaré, che segnò la nascita della teoria moderna dei sistemi dinamici, fu chiedersi: cosa vogliamo veramente sapere del problema dei 3 corpi? Fino a quel momento, risolvere questo problema aveva voluto dire trovare soluzioni esplicite e quantitative: formule che permettessero di predire con precisione il comportamento del sistema in qualsiasi istante futuro. Poincaré evidenziò, invece, l’importanza dello studio qualitativo e a lungo termine delle soluzioni. Piuttosto che puntare a descrivere il comportamento preciso di qualsiasi soluzione, bisogna capire se le soluzioni generiche, superato un eventuale periodo transitorio iniziale, si assestano su orbite periodiche o meno, se il sistema continua a evolvere per sempre oppure è sconvolto da catastrofi (quali collisioni fra pianeti o fughe all’infinito in tempo finito), se, infine, il sistema è stabile, nel senso che piccole perturbazioni della configurazione iniziale o della descrizione del sistema non ne modificano il comportamento qualitativo (domanda cruciale per le applicazioni, in quanto i sistemi reali non sono mai noti con precisione assoluta e sono sempre soggetti a piccole perturbazioni casuali). Quindi l’obiettivo diventa descrivere il comportamento qualitativo asintotico della maggior parte delle orbite, identificando in particolare quelle stabili.
Lo sviluppo delle tecniche e dei concetti necessari per poter seguire la strada indicata da Poincaré richiese buona parte della prima metà del Novecento, per cui (a parte alcune rare eccezioni, quali i lavori di George D. Birkhoff, Heinz Hopf e la dinamica olomorfa sviluppata da Gaston Julia e Pierre Fatou intorno al 1920) la teoria moderna dei sistemi dinamici iniziò a svilupparsi davvero soltanto alla fine degli anni Cinquanta. I risultati ottenuti hanno confermato la fondatezza delle intuizioni di Poincaré sia per i sistemi dinamici in generale sia per lo studio del problema degli n corpi e, in particolare, del Sistema solare.
Sistemi dinamici discreti
Non tutti i sistemi che si evolvono nel tempo si prestano a essere descritti da un sistema dinamico continuo. Un tipico esempio è dato dalle popolazioni. Prendiamo una colonia di cellule. In condizioni ideali, le cellule si riproducono per scissione dopo un tempo determinato t0: se partiamo con N0 cellule, al tempo t0 ce ne sono 2N0, al tempo 2t0 ce ne sono 4N0 e, in generale, al tempo nt0 ce ne sono 2nN0. Il numero di cellule cambia a intervalli di tempo discreti, seguendo una legge ben precisa.
Un sistema dinamico discreto evolve a intervalli di tempo discreti. Formalmente questo vuol dire che sullo spazio delle fasi S (i cui punti rappresentano tutti i possibili stati del sistema) è definita una funzione f che associa a qualsiasi punto di S un altro punto f(p) sempre di S che individua la sua evoluzione dopo un intervallo discreto di tempo. L’orbita (o traiettoria) di p in questo caso è l’insieme di punti p, f(p), f[f(p)],…, fn(p),…, dove fn è la n-esima iterata di f, cioè la funzione che si ottiene applicando f per n volte di seguito. Anche stavolta, l’oggetto del sistema dinamico (una funzione) è ben noto e studiato in altri contesti; la discriminante è il tipo di domande che ci si pone. Come nel caso continuo, non si è interessati a una formula esplicita che permetta di calcolare tutte le iterate di f; l’interesse è rivolto al comportamento qualitativo e a lungo termine delle orbite generiche e alla stabilità del comportamento rispetto a perturbazioni dell’orbita o della funzione.
Nell’esempio riportato in precedenza, lo spazio delle fasi è l’insieme ℕ dei numeri naturali e la funzione f è la moltiplicazione per due: f(N)=2N. In particolare, fn(N)=2nN, per cui tutte le orbite (tranne quella che comincia in N=0) divergono all’infinito: la popolazione di cellule cresce senza limiti. Chiaramente, questo non è un comportamento realistico. Modelli migliori prevedono l’esistenza di una soglia limite per la popolazione e possono essere rappresentati da funzioni quadratiche della forma f(q)=kq(2−q), dove q indica la percentuale di popolazione rispetto alla soglia e k è una costante che rappresenta l’attitudine alla sopravvivenza delle cellule. Contrariamente al caso precedente, non è possibile né utile trovare una formula esplicita per il calcolo di fn; inoltre, il comportamento qualitativo delle orbite dipende da k, e semplici simulazioni al calcolatore rivelano fenomeni molto più complessi (e realistici) di quelli presenti nel modello banale. La teoria dei sistemi dinamici discreti permette di prevedere, in funzione di k e della percentuale iniziale q0, il destino a lungo termine della popolazione di cellule.
Sistemi dinamici continui e discreti sono spesso due facce di una stessa medaglia. A ogni sistema dinamico continuo è naturalmente associato un sistema dinamico discreto: basta seguire l’evoluzione del sistema a intervalli di tempo discreti. L’osservazione a intervalli regolari di tempo di un fenomeno naturale è una procedura intrinseca al metodo scientifico occidentale; lo studio delle serie temporali associate a un fenomeno è spesso un passo cruciale per la comprensione dei meccanismi che ne regolano l’evoluzione. Ma, oltre a essere di interesse teorico, è anche fondamentale per lo studio e la simulazione su computer dei sistemi dinamici continui. I calcolatori operano, infatti, intrinsecamente in termini di unità di tempo discrete, per cui per rappresentare in essi un sistema dinamico continuo (un’equazione differenziale ordinaria) occorre approssimarlo con un sistema dinamico discreto (uno schema iterativo). Questa possibilità è stata essenziale per lo sviluppo recente dei sistemi dinamici e delle loro applicazioni, in quanto ha permesso di simulare su computer l’evoluzione di sistemi anche molto complessi, offrendo la possibilità di confrontare l’andamento del modello con l’evoluzione dei fenomeni reali e di testare ipotesi teoriche su ampie classi di sistemi dinamici. Le tecniche informatiche e di analisi numerica sviluppate per approssimare efficacemente un sistema dinamico continuo con uno discreto sono molto sofisticate; e devono esserlo, perché qualsiasi approssimazione introduce un errore e, come vedremo, i sistemi dinamici possono essere estremamente sensibili agli errori.
Comportamenti complessi
I sistemi dinamici non sono sempre interessanti; tipicamente, quelli lineari (in cui la variazione del fenomeno è proporzionale alla variazione dello stimolo) non lo sono, in quanto il comportamento delle orbite di sistemi lineari è molto semplice e, nella maggior parte dei casi, non può descrivere realisticamente sul lungo periodo un fenomeno naturale o sociale. Invece, sistemi dinamici non lineari anche semplici presentano spesso comportamenti complessi. Ribaltando quest’asserzione, si trova uno dei principali motivi dell’importanza dei sistemi dinamici: comportamenti complessi possono essere rappresentati da sistemi dinamici (non lineari) anche molto semplici. La complessità è indotta dalla ripetizione della funzione che genera il sistema e non dalla complessità intrinseca della funzione stessa. Questo risponde anche a un principio di economicità spesso presente in natura: un fenomeno complesso è generato ripetendo azioni elementari, per cui è sufficiente che il sistema naturale o sociale sia in grado di generare azioni elementari a livello microscopico per ottenere comportamenti complessi a livello macroscopico.
Fra i possibili comportamenti delle orbite di un sistema dinamico, uno dei più semplici è quello dei punti periodici, la cui orbita torna al punto di partenza dopo un tempo finito. Esistono varie categorie di punti periodici: attrattivi, che attraggono tutte le orbite sufficientemente vicine; repulsivi, che invece respingono tutte le orbite sufficientemente vicine; iperbolici, che attraggono le orbite lungo alcune direzioni e le respingono lungo altre; ellittici, che intrappolano le orbite vicine impedendo loro di allontanarsi ma senza farle avvicinare troppo; e altri ancora che generano comportamenti locali particolarmente complessi. Questa classificazione è basata sul comportamento locale delle orbite vicino ai punti periodici; ma tale comportamento ha spesso conseguenze sull’evoluzione globale del sistema dinamico, anche lontano dal punto periodico considerato. La dialettica locale/globale è una delle più fruttuose nello studio dei sistemi dinamici.
All’opposto nello spettro dei comportamenti possibili delle orbite si trovano i punti con orbita densa, cioè con un’orbita che giunge arbitrariamente vicino a qualsiasi altro punto dello spazio delle fasi; un sistema dinamico con un’orbita densa è detto topologicamente transitivo. Le orbite dense sono piuttosto comuni nei sistemi dinamici e, talvolta, è possibile suddividere uno di essi in sottosistemi indipendenti ognuno dei quali topologicamente transitivo. Più precisamente, diremo che un sottoinsieme T dello spazio delle fasi è invariante se contiene l’orbita di qualsiasi suo punto, chiuso se contiene qualsiasi punto che può essere arbitrariamente approssimato da punti di T. Un sottoinsieme invariante chiuso che contiene un’orbita densa coincide necessariamente con l’intero spazio delle fasi, per cui un sistema dinamico topologicamente transitivo è, da questo punto di vista, composto da un solo pezzo. Vedremo che sistemi dinamici importanti possono essere decomposti in un numero finito di sottoinsiemi invarianti chiusi topologicamente transitivi e, quindi, dinamicamente indecomponibili e indipendenti l’uno dall’altro.
Le orbite dense sono un esempio estremo di ricorrenza: un punto p è ricorrente se la sua orbita torna arbitrariamente vicino a p. I punti periodici e i punti con orbita densa sono ricorrenti, ma esistono molte altre forme di ricorrenza. Diremo che un punto p è vagante se l’orbita di tutti i punti abbastanza vicini a lui si allontana senza mai tornare indietro, è non vagante negli altri casi. I punti ricorrenti sono non vaganti; inoltre, la dinamica a lungo termine dei sistemi è concentrata vicino al sottoinsieme dei punti non vaganti dello spazio delle fasi. Per questo motivo, spesso lo studio di un sistema dinamico può essere ricondotto a capire cosa accade vicino all’insieme dei punti non vaganti.
I sistemi dinamici più interessanti sono quelli in cui coesistono punti periodici e orbite dense. Da un lato, si ha una singola orbita che approssima arbitrariamente bene qualsiasi punto dello spazio delle fasi e, dall’altro, si trova un punto periodico arbitrariamente vicino a qualsiasi punto. In altre parole, vicino a qualsiasi punto dello spazio si trovano orbite con comportamenti diametralmente opposti. Di conseguenza, un tale sistema è sensibile alle condizioni iniziali: cambiando arbitrariamente poco il punto di partenza dell’orbita, il comportamento sul lungo periodo di essa può mutare drasticamente.
La sensibilità alle condizioni iniziali è il principale tratto distintivo dei sistemi dinamici caotici, così chiamati proprio perché hanno orbite dal comportamento apparentemente caotico. Si tratta di un caos deterministico e non di un’evoluzione casuale del sistema. Se si possedesse un’informazione completa sul punto di partenza dell’orbita e sulla legge che descrive il sistema dinamico, si sarebbe comunque in grado di predire con esattezza l’evoluzione dell’orbita. Tuttavia, usualmente si conosce il punto di partenza soltanto con una certa, per quanto alta, approssimazione e, in tal caso, la sensibilità alle condizioni iniziali vanifica qualsiasi tentativo di predire il comportamento dell’orbita sul lungo periodo: l’approssimazione iniziale è amplificata fino a rendere in apparenza casuale il comportamento dell’orbita. Invece di essere una debolezza, questa caratteristica dei sistemi dinamici caotici ne amplia l’applicabilità. Sistemi fisici, biologici ed economici sono spesso soggetti a perturbazioni piccole ma casuali che influenzano poco, ma in modo (apparentemente) non predicibile, l’evoluzione del sistema. Ciò sembrerebbe rendere difficile l’uso in questi contesti di modelli deterministici quali i sistemi dinamici che si stanno trattando. Invece, un risultato cruciale, il lemma di pedinamento (o shadowing lemma), valido per diversi sistemi dinamici caotici (per es., quelli iperbolici, per i quali v. oltre Oltre l’iperbolico), mostra come tali sistemi siano un modello appropriato.
Il lemma di pedinamento asserisce che arbitrariamente vicino a qualsiasi successione di stati del sistema, ottenuta applicando a ogni iterazione una piccola perturbazione casuale, possiamo trovare una vera orbita del sistema dinamico deterministico non perturbato. In altre parole, in mancanza di precisione assoluta, il comportamento di un sistema perturbato casualmente è indistinguibile da quello di un sistema deterministico; in assenza di precisione assoluta non si è in grado di distinguere un sistema soggetto a piccole perturbazioni casuali da un sistema dinamico caotico completamente deterministico. Quindi per studiare questi fenomeni è possibile usare modelli sia stocastici sia deterministici. Un’ulteriore conseguenza positiva di questo fenomeno è la possibilità di usare tecniche probabilistiche e statistiche nello studio dei sistemi dinamici, che ha portato a una teoria dinamica probabilistica, la teoria ergodica. L’interazione dei sistemi dinamici con altre branche della matematica (e della scienza) è stata una costante nello sviluppo della teoria, e uno dei motivi che rendono questo campo di ricerca così interessante, un vero campo di frontiera interdisciplinare.
La sensibilità alle condizioni iniziali pone però un problema. Si è detto che una caratteristica importante dei sistemi dinamici è la possibilità di simularli su un computer. Tuttavia, la simulazione introduce alcuni piccoli errori, e la sensibilità alle condizioni iniziali li amplifica: come fidarsi, quindi, dei risultati della simulazione? Una prima risposta a tale questione è fornita dal lemma di pedinamento il quale assicura che orbite approssimate sono arbitrariamente vicine a orbite vere; ma non è l’unica. I sistemi dinamici possono contenere attrattori, ossia sottoinsiemi dello spazio delle fasi che attirano tutte le orbite che partono vicine: un esempio è costituito dalle orbite periodiche attrattive, ma esistono attrattori (detti attrattori strani) con una struttura geometrica molto più complessa, spesso frattale. Storicamente, gli attrattori strani sono stati alla base della nascita della teoria dei sistemi dinamici caotici. Esperimenti numerici effettuati da Edward N. Lorenz negli anni Cinquanta del 20° sec. con un semplice modello dinamico non lineare dell’atmosfera terrestre rivelarono il fenomeno della sensibilità alle condizioni iniziali: punti di partenza lievemente diversi davano origine a orbite macroscopicamente diverse che, però, si accumulavano tutte su uno stesso sottoinsieme dello spazio delle fasi, la cui struttura geometrica rivelava nuovi dettagli a ogni ingrandimento (tipico fenomeno frattale). Un altro importante modello, questa volta discreto, con caratteristiche analoghe a quello di Lorenz fu introdotto qualche anno dopo da Michel Hénon.
La presenza di un attrattore (strano o meno) permette di controllare il comportamento a lungo termine delle orbite anche in presenza di sensibilità alle condizioni iniziali. Tuttavia, le simulazioni numeriche possono soltanto suggerire l’esistenza di un attrattore strano ma non dimostrarne l’effettiva presenza; l’attrattore potrebbe, infatti, essere un artefatto creato dalle approssimazioni numeriche e non esistere nel sistema dinamico originale. Le simulazioni numeriche offrono risultati significativi quando il sistema studiato è strutturalmente stabile: variando di poco il sistema, la dinamica qualitativa non cambia (in particolare, l’attrattore persiste). La classe principale di sistemi dinamici strutturalmente stabili è quella dei sistemi iperbolici introdotti da Stephen Smale e Dmitrij Anosov nei primi anni Sessanta; l’identificazione di classi più ampie di sistemi con caratteristiche stabili e la comprensione dei fenomeni che rompono la stabilità sono due dei problemi principali della teoria dei sistemi dinamici su cui ci sono stati significativi progressi negli ultimi anni. Fra questi, si segnala la dimostrazione trovata da Warwick Tucker nel 2002 (A rigorous ODE solver and Smale’s 14th problem, «Foundations of computational mathematics», 2002, 2, 1, pp. 53-117) dell’esistenza effettiva dell’attrattore strano di Lorenz, ottenuta seguendo la linea tracciata dai fondamentali risultati di Michael Benedicks e Lennart Carleson sull’attrattore strano di Hénon (The dynamics of the Hénon map, «Annals of mathematics», 1991, 133, 1, pp. 73-169).
La complessità della geometria degli attrattori, e più in generale dell’evoluzione delle orbite, ha portato alla necessità di misurarne la significatività e l’influenza e di quantificarne la complessità. Nel caso degli attrattori, una misura molto importante è la dimensione di Hausdorff. Nella geometria usuale, un punto ha dimensione zero, una curva dimensione uno, una superficie dimensione due e un volume dimensione tre. La dimensione si riflette sulla crescita della misura degli insiemi: un disco bidimensionale ha area che cresce come il quadrato del raggio, mentre una palla tridimensionale ha volume che cresce come la terza potenza del raggio. Insiemi complessi quali gli attrattori strani hanno misure che crescono come potenze intermedie del raggio; questa potenza è, appunto, la dimensione di Hausdorff dell’insieme ed è spesso un numero non intero (la dimensione di Hausdorff dell’attrattore di Lorenz è stimata essere circa 2,06, maggiore di quella di una superficie, ma minore di quella di un volume). Più alta è la dimensione di Hausdorff, più complesso è l’attrattore e maggiore è la sua influenza sul sistema dinamico; alcuni fenomeni possono avvenire soltanto in presenza di attrattori di specifica dimensione di Hausdorff.
La complessità delle orbite è, invece, misurata tramite l’entropia di Kolmogorov-Sinai. Ispirata dalla teoria dell’informazione di Shannon e dall’omonimo concetto presente in meccanica statistica, tale entropia misura la quantità d’informazione necessaria per descrivere il comportamento a lungo termine delle orbite generiche: maggiore è l’entropia, più complesse sono le orbite. Nei sistemi dinamici caotici, l’entropia è sempre positiva; i sistemi a entropia zero sono tipicamente i più semplici da studiare.
Comportamenti generici
La complessità e la varietà dei comportamenti possibili impediscono la descrizione a lungo termine di tutte le orbite del sistema. D’altra parte, per avere un’idea sensata del comportamento del sistema può essere sufficiente conoscere quello della maggior parte delle orbite, escludendo soltanto eventuali eccezioni poco significative. Per indicare un tale insieme di orbite significative si usa il termine tecnico generico che, nella teoria moderna dei sistemi dinamici, ha assunto due significati diversi, uno topologico e uno probabilistico. Si dice che una classe di orbite è topologicamente generica se tali orbite passano arbitrariamente vicino a qualsiasi punto dello spazio delle fasi (più precisamente, se i punti delle orbite della classe formano un insieme residuale, cioè ottenuto come intersezione numerabile di aperti densi, una condizione più forte della semplice densità). Si dice, invece, che una classe di orbite è probabilisticamente generica se un punto preso a caso dello spazio delle fasi appartiene a un’orbita della classe. Queste due nozioni di genericità sono diverse: ci sono classi di orbite topologicamente generiche che non sono probabilisticamente generiche e viceversa. Inoltre, ci sono comportamenti che sono topologicamente generici senza esserlo probabilisticamente e viceversa; i risultati forniti dai due approcci sono distinti e complementari.
Il concetto di genericità va applicato anche ai sistemi dinamici nel loro complesso. Di nuovo, il programma di descrivere il comportamento a lungo termine di tutti i sistemi dinamici è impraticabile: sono troppi, e troppo diversi. Un obiettivo più realistico è allora quello di descrivere il comportamento a lungo termine dei sistemi dinamici generici, con i comportamenti più tipici, escludendo le eccezioni. Negli anni Sessanta si sperava che i sistemi strutturalmente stabili fossero generici; la scoperta negli anni Settanta del fenomeno di Newhouse della genericità locale di sistemi non strutturalmente stabili con infinite orbite periodiche attrattive ha infranto questa speranza, aprendo però la strada allo studio di sistemi più generali che ha avuto frutti molto significativi negli ultimi anni. In questo contesto, il concetto di generico dipende fortemente dal tipo di sistemi che si considerano. Per es., sistemi dinamici conservativi (che preservano l’area o, in termini fisici, l’energia) sono altamente non generici. D’altra parte, lo studio di questi sistemi è estremamente interessante e importante per le applicazioni: tutti i sistemi hamiltoniani, e più in generale simplettici, sono conservativi. Quindi, ha senso tentare di classificare i sistemi dinamici conservativi generici, anche se mostrano comportamenti molto diversi da quelli di un sistema dinamico generico qualsiasi.
Misure ergodiche
Fin dai pionieristici lavori di Birkhoff, ispirati da Poincaré, si è visto come sia spesso possibile associare a un sistema dinamico misure invarianti di probabilità che descrivono le proprietà statistiche delle orbite. Particolarmente importanti sono le misure ergodiche, per le quali vale il teorema di Birkhoff: il tempo medio che quasi ogni orbita trascorre in una determinata regione dello spazio delle fasi è pari alla misura della regione (e, più in generale, la media temporale di una funzione osservabile è pari alla sua media spaziale rispetto alla misura ergodica). Non tutti i sistemi dinamici possiedono misure ergodiche. L’esistenza di una misura ergodica implica che il sistema è, dal punto di vista probabilistico, costituito da un unico pezzo: un sottoinsieme invariante o ha misura zero oppure ha un complementare di misura zero. In un certo senso, l’ergodicità è l’equivalente probabilistico della transitività topologica. Curiosamente, la dimostrazione completa dell’ergodicità del modello statistico paradigmatico di sistema ergodico, il gas ideale rappresentato da sfere rigide con collisioni, proposto nel 1880 da Ludwig Boltzmann e formalizzato matematicamente da Yakov G. Sinai nel 1963, è stata ottenuta soltanto nel 2004 da Nándor Simányi (e solo per gas generici), nonostante questo modello abbia ispirato e guidato la meccanica statistica per più di un secolo. In aggiunta alle misure ergodiche si hanno le misure fisiche (o di Sinai-Ruelle-Bowen), ossia quelle per cui il teorema di Birkhoff vale, se non per tutte, almeno per un insieme di orbite di volume positivo, il bacino della misura. Una misura fisica descrive le proprietà statistiche di un insieme consistente, anche se non generico, di orbite; l’equivalente probabilistico della decomposizione topologica in insiemi invarianti chiusi topologicamente transitivi è l’esistenza di un numero finito di misure fisiche i cui bacini comprendano quasi ogni punto dello spazio delle fasi. Sono state identificate vaste classi di sistemi che ammettono una decomposizione di questo tipo, in cui la dinamica statistica è descritta da un numero finito di misure fisiche.
Quelle illustrate finora sono soltanto alcune delle caratteristiche più importanti della teoria dei sistemi dinamici; in seguito verranno descritti alcuni degli sviluppi recenti più significativi, prendendo in esame principalmente la teoria matematica ma non escludendo applicazioni particolarmente suggestive in fisica, economia e biologia.
Oltre l’iperbolico
I sistemi dinamici uniformemente iperbolici introdotti da Smale e Anosov sono tra i più studiati. In questi sistemi la dinamica si concentra in un insieme limite invariante (detto insieme iperbolico) ove lo spazio tangente può essere decomposto in direzioni (uniformemente) contratte e direzioni (uniformemente) espanse. Un’orbita periodica iperbolica è un esempio di insieme iperbolico, ma in generale gli insiemi iperbolici possono essere geometricamente molto più complicati. L’esempio paradigmatico di sistema uniformemente iperbolico, il ferro di cavallo di Smale, ha un insieme iperbolico frattale costituito dal prodotto di due insiemi di Cantor (una sorta di pulviscolo così concentrato da non avere punti isolati e da possedere una dimensione di Hausdorff maggiore di 1); se l’insieme iperbolico coincide con l’intero spazio delle fasi, il sistema dinamico si chiama sistema di Anosov. Se l’insieme iperbolico coincide con l’insieme dei punti non vaganti (è il caso più interessante), si dice che il sistema soddisfa l’assioma A di Smale.
A ogni punto p di un insieme iperbolico possiamo associare l’insieme Ws(p), detto varietà stabile, dei punti dello spazio delle fasi la cui orbita converge nel futuro all’orbita di p e l’insieme Wu(p), detto varietà instabile, dei punti la cui orbita converge nel passato (cioè per tempi negativi) all’orbita di p. Le varietà stabili sono uniformemente contratte dal sistema dinamico, mentre le varietà instabili sono uniformemente espanse. Inoltre, l’insieme iperbolico si decompone (decomposizione spettrale di Smale) nell’unione di un numero finito di componenti invarianti, detti insiemi basici, su cui il sistema è topologicamente transitivo, in cui i punti periodici sono densi (in particolare, un sistema dinamico uniformemente iperbolico è caotico) e per cui esiste una misura ergodica (in particolare, le proprietà statistiche del sistema dinamico sono completamente descritte da un numero finito di misure fisiche). Infine, la dinamica sullo spazio delle fasi è essenzialmente determinata dal comportamento delle varietà stabili e instabili dei punti dell’insieme iperbolico.
I sistemi dinamici uniformemente iperbolici sono strutturalmente stabili. La congettura di Smale e Palis, che fu dimostrata, nel caso discreto, da Clark Robinson e Ricardo Mañe nel 1987 e, nel caso continuo, da Shuhei Hayashi dieci anni dopo, asserisce che la stabilità strutturale è equivalente all’iperbolicità dell’insieme dei punti non vaganti assieme alla trasversalità delle intersezioni fra varietà stabili e instabili. Invece, i sistemi uniformemente iperbolici, contrariamente a quanto auspicato inizialmente da Smale, non sono generici. Infatti, Sheldon E. Newhouse negli anni Settanta realizzò esempi di sistemi dinamici con infinite orbite periodiche attrattive che impediscono la genericità dei sistemi uniformemente iperbolici (che possono avere soltanto un numero finito di orbite periodiche attrattive); inoltre, Vadim Kaloshin nel 2000 ha mostrato come il numero di orbite periodiche in sistemi generici possa crescere più che esponenzialmente (mentre nei sistemi uniformemente iperbolici cresce al massimo esponenzialmente).
Per identificare comportamenti generici bisogna indebolire l’ipotesi di uniforme iperbolicità. Sempre negli anni Settanta Yakov B. Pesin introdusse la nozione di iperbolicità non uniforme: invece di richiedere una decomposizione uniforme in direzioni contratte e direzioni espanse, si richiede che la contrazione/espansione avvenga soltanto per tempi molto grandi e solamente per quasi ogni punto dell’insieme iperbolico. Il grado di contrazione/espansione è misurato da un numero finito di invarianti, gli esponenti di Lyapunov; l’iperbolicità non uniforme corrisponde ad avere esponenti di Lyapunov tutti non nulli. I sistemi iperbolici non uniformi godono di molte delle proprietà dei sistemi uniformemente iperbolici (per es., esistenza di varietà stabili e instabili, lemma di pedinamento, decomposizione spettrale in una quantità eventualmente numerabile di insiemi basici); diversi sistemi dinamici importanti si sono rivelati iperbolici non uniformi, per es. gli attrattori di Hénon e di Lorenz già menzionati e loro analoghi multidimensionali (introdotti da Marcelo Viana nel 1997). In generale, i sistemi dinamici iperbolici non uniformi non ammettono una misura fisica; esistono però notevoli eccezioni, quali i sistemi con una sola direzione espansa (come mostrato da Bixiang Wang e Brigham Young nel 2001). Non è noto se i sistemi dinamici iperbolici non uniformi sono generici, anche se esistono a questo riguardo importanti risultati recenti ottenuti nel 2005 da Jairo Bochi e Viana (The Lyapunov exponents of generic volume preserving and symplectic systems, «Annals of mathematics», 2005, 161, 3, pp. 1423-85).
Per i sistemi conservativi, la situazione è più chiara: come hanno recentemente mostrato Bochi e Viana, in molti casi un sistema dinamico conservativo generico o è iperbolico non uniforme, oppure ha tutti gli esponenti di Lyapunov nulli, e quest’ultima situazione è più comune. Si ricorda che la nota teoria KAM (o di Kolmogorov-Arnold-Moser) predice l’esistenza di orbite quasi periodiche (cioè che sembrano periodiche se osservate con una precisione finita) stabili in sistemi conservativi, e queste orbite hanno esponenti di Lyapunov nulli.
Un’importante congettura sui sistemi dinamici generici è stata formulata nel 2000 da Jacob Palis: può un sistema dinamico qualsiasi essere approssimato arbitrariamente bene da un sistema dinamico con un numero finito di attrattori per quasi ogni orbita, che possiedono una misura fisica e sono stabili per perturbazioni? Questa congettura è stata dimostrata da Mikhail Lyubich nel 2002 per i polinomi reali quadratici; altri risultati sono stati ottenuti da Artur Ávila, Lyubich e Welington de Melo nel caso unidimensionale, e da Vitor Araújo in più dimensioni.
Un rilevante risultato di Enrique R. Pujals e Martín Sambarino ha chiarito la situazione in dimensione 2: un sistema dinamico generico o è uniformemente iperbolico oppure ha una tangenza omoclina (un punto in cui le varietà stabile e instabile di un punto periodico iperbolico sono tangenti). Per comprendere completamente la dinamica in dimensione 2 occorre quindi capire in profondità cosa accade in presenza di tangenze omocline; lo studio degli attrattori di Hénon ha aperto la strada alla comprensione dettagliata della dinamica di una vasta classe di sistemi non iperbolici (lavori di Viana, Benedicks, Palis, Jean-Christophe Yoccoz e altri). Inoltre, come mostrato da Anton Gorodetski e Kaloshin nel 2007 in dimensione 2 i sistemi con tangenza omoclina, benché generici da un punto di vista topologico, si verificano con probabilità zero: sulle superfici, un sistema dinamico generico preso a caso è uniformemente iperbolico.
Un’altra generalizzazione dell’iperbolicità uniforme si è rivelata importante. Si dirà che un insieme invariante ammette una decomposizione dominata se si può decomporre lo spazio tangente in due sottospazi invarianti E1 ed E2 in modo che il sistema espanda di più le direzioni in E1 rispetto a quelle in E2. Questo non vuol dire che le direzioni in E1 siano espanse, o quelle in E2 contratte; se però una di queste cose accade, il sistema è parzialmente iperbolico. L’importanza della condizione di decomposizione dominata è che implica l’esistenza di opportune varietà stabili e instabili che possono essere usate per controllare la dinamica nel resto dello spazio delle fasi.
Nel 2003, Christian Bonatti, Lorenzo J. Díaz e Pujals hanno dimostrato che insiemi basici stabili per perturbazioni (quali quelli della decomposizione spettrale nel caso uniformemente iperbolico, o gli attrattori della congettura di Palis) e, più in generale, sistemi dinamici stabilmente topologicamente transitivi ammettono sempre una decomposizione dominata. In seguito, Pujals e Sambarino hanno viceversa dimostrato che sulle superfici la decomposizione dominata implica una decomposizione dell’insieme dei punti non vaganti in un numero finito di componenti basiche. Infine, Flavio Abdenur, Bonatti e Sylvain Crovisier hanno dimostrato che in un sistema dinamico generico o l’insieme dei punti non vaganti si può decomporre in un numero finito di componenti basiche con una decomposizione dominata oppure il sistema ha un numero infinito di orbite periodiche attrattive; quindi il fenomeno di Newhouse è l’ostruzione alla genericità della decomposizione dominata. Quest’ultima entra anche in un altro aspetto della congettura di Palis: José F. Alves, Bonatti e Viana hanno dimostrato che in diversi casi la decomposizione dominata implica l’esistenza di un numero finito di misure fisiche i cui bacini comprendono quasi ogni punto. Un altro problema collegato riguarda la stabile ergodicità, ossia l’analisi delle condizioni sotto le quali un sistema dinamico ergodico rimane tale quando perturbato. Partendo da idee di Charles Pugh e Michael Shub, nel 2008 Keith Burns, Dmitrij Dolgopijat, Pesin e Mark Pollicott hanno dimostrato che in certi casi la parziale iperbolicità implica la stabile ergodicità. Viceversa, lavori di Dolgopijat, Amie Wilkinson, Bonatti, Carlos Matheus e Viana rivelano che la stabile ergodicità è generica nei sistemi dinamici conservativi parzialmente iperbolici che soddisfano qualche ipotesi tecnica.
Oltre il reale
Esiste un’ampia letteratura riguardante i sistemi dinamici olomorfi, cioè definiti sui numeri complessi anziché reali. Il primo lavoro in questo campo, dovuto a Gabriel Kœnigs, risale al 1884 (Recherches sur les intégrales de certaines équationes functionelles, «Annales scientifiques de l’École normale supérieure», 1884, 3, 1, pp. 3-41), quasi coevo ai risultati di Poincaré sul problema dei 3 corpi. Julia e Fatou, negli anni Venti del secolo scorso, posero le basi della teoria nel caso discreto in una dimensione, dimostrando diversi teoremi molto significativi e identificando i problemi principali del campo. Dopo lo sviluppo, negli anni Sessanta e Settanta, di alcuni strumenti tecnici essenziali, negli anni Ottanta la dinamica olomorfa si è riproposta e, negli anni Novanta, ha avuto inizio anche lo studio della dinamica olomorfa in dimensione maggiore di uno, anche nel caso continuo (foliazioni complesse).
La grande intuizione di Julia e Fatou fu di suddividere i punti dello spazio delle fasi in due insiemi invarianti: l’insieme di Fatou dei punti le cui orbite hanno un comportamento stabile (nel senso che punti vicini hanno orbite con comportamento simile) e il suo complementare, l’insieme di Julia. La dinamica sull’insieme di Fatou è regolare: le orbite o sono attratte da punti periodici oppure hanno un comportamento ellittico, paragonabile a una rotazione. La dinamica sull’insieme di Julia, invece, è caotica: punti periodici densi coesistono con singole orbite dense. Inoltre, gli insiemi di Julia sono esempi paradigmatici di insiemi frattali, insiemi che rivelano la stessa struttura a qualsiasi ingrandimento (autosimilarità). La facilità con cui sono generati e il fascino estetico delle loro rappresentazioni grafiche hanno grandemente contribuito alla diffusione e alla popolarità dei frattali anche al di fuori della matematica, dando origine a una vera e propria corrente artistica, l’arte frattale, sviluppatasi prepotentemente nei primi anni del 21° secolo.
Nonostante l’intenso studio condotto negli ultimi trent’anni sulla dinamica olomorfa in una variabile, rimangono ancora aperti problemi importanti. Il principale riguarda i polinomi quadratici uniformemente iperbolici sull’insieme di Julia: si congettura che siano generici nella famiglia di tutti i polinomi quadratici a coefficienti complessi. Questa congettura è equivalente a una proprietà puramente geometrica del noto insieme di Mandelbrot. Per studiare la dinamica dei polinomi quadratici è sufficiente limitarsi ai polinomi della forma pc(z)=z2+c, dove c è un numero complesso. L’insieme di Mandelbrot M è l’insieme dei c per cui l’insieme di Julia di pc è connesso (cioè composto da un solo pezzo). Nel 1984 Adrien Douady e John H. Hubbard hanno dimostrato che, nonostante le rappresentazioni grafiche sembrassero suggerire il contrario, l’insieme di Mandelbrot è connesso. La congettura della genericità dei polinomi quadratici iperbolici è, invece, equivalente alla locale connessione dell’insieme di Mandelbrot, cioè al fatto che M è costituito da un unico pezzo anche localmente vicino a ogni punto. È noto che M è localmente connesso quasi dappertutto; tuttavia, rimangono dei punti, detti infinitamente rinormalizzabili, che ancora sfuggono, nonostante alcuni recenti lavori di Curtis T. McMullen e Yunping Jiang.
Un risultato sorprendente del 2005, dovuto a Xavier Buff e Arnaud Chéritat, ha evidenziato ulteriormente la complessità della situazione. Gli insiemi di Julia o sono l’intero spazio delle fasi oppure non hanno interno: non possono contenere dischetti, non importa quanto piccoli. Nonostante ciò, Buff e Chéritat hanno costruito insiemi di Julia talmente intricati da avere area positiva (insiemi di Julia di dimensione di Hausdorff pari a 2 erano stati costruiti da Mitsuhiro Shishikura nel 1998). Ancora non esistono rappresentazioni grafiche significative di questi insiemi, nonostante i lavori di Ilia Binder, Mark Braverman e Michael Yampolsky suggeriscano che dovrebbe essere possibile ottenerle.
Negli ultimi vent’anni si è assistito anche a un prepotente sviluppo della dinamica olomorfa discreta in più variabili complesse. Le tematiche principali trattate sono state la dinamica degli automorfismi polinomiali dello spazio euclideo complesso n-dimensionale e la dinamica delle applicazioni razionali di varietà algebriche n-dimensionali.
Gli automorfismi polinomiali sono sia una generalizzazione dei polinomi di una variabile sia una versione complessa dei sistemi dinamici di Hénon cui si è già accennato. Eric Bedford e John Smillie negli ultimi quindici anni hanno condotto un profondo e dettagliato studio del caso bidimensionale, applicando tecniche derivate dalla dinamica complessa unidimensionale, dall’analisi complessa di più variabili e dalla dinamica iperbolica reale. In particolare, nel 2004 sono riusciti ad applicare i loro risultati anche allo studio degli attrattori di Hénon reali, chiarendo fenomeni che rimangono misteriosi se visti soltanto nell’ambiente reale. Inoltre, nel 2005 Nessim Sibony e Tien-Cuong Dinh hanno esteso alcuni dei principali risultati di Bedford e Smillie al caso n-dimensionale. Le applicazioni razionali di varietà algebriche n-dimensionali sono, invece, la generalizzazione delle funzioni razionali di una variabile complessa e sono state studiate ricorrendo soprattutto a tecniche probabilistiche e di teoria del potenziale. Partendo dalle idee innovative introdotte da John E. Fornaess e Sibony negli anni Novanta nel caso dello spazio proiettivo complesso n-dimensionale, negli ultimi anni Sibony e Dinh, Romain Dujardin, Bedford e Jeffrey Diller e altri hanno costruito misure invarianti che descrivono la statistica delle orbite dei punti; in particolare, la dinamica caotica è concentrata nel supporto di queste misure. Si tratta di misure caratterizzate da una struttura laminare (lo spazio delle fasi è ripartito in sottoinsiemi di dimensione inferiore invarianti, e la famiglia di questi sottoinsiemi ha una struttura molto debole ma sufficiente per lo studio dei fenomeni dinamici) che permette di identificare anche fenomeni dinamici non di dimensione massima.
Infine, la dinamica olomorfa ha trovato applicazioni anche al di fuori del dominio complesso: si citano, per es., i lavori di Edson de Faria, de Melo e Yampolsky sull’universalità di sistemi dinamici sulla circonferenza, e i risultati di Hubbard, Dierk Schleicher e Scott Sutherland sull’uso efficace del metodo di Newton per determinare radici di polinomi di grado qualsiasi.
Oltre la matematica
In quest’ultima parte della trattazione si descriveranno, come esempio e senza alcuna pretesa di completezza, tre applicazioni recenti della teoria dei sistemi dinamici in settori che si pongono al di fuori del campo specificamente matematico.
Economia e scienze sociali
Una delle teorie più diffuse sull’economia di mercato è che il sistema si autoregoli, secondo l’ipotesi formulata da Adam Smith nel 18 sec. della ‘mano invisibile’: lasciata a sé stessa, la dinamica dei prezzi tende in maniera naturale all’equilibrio ideale fra domanda e offerta, in cui il prezzo di ciascun bene offerto in vendita coincide con quanto gli acquirenti sono disposti a pagare per averlo. È naturale chiedersi se c’è un sostegno matematico a questa dottrina; la risposta, secondo Donald G. Saari, è negativa. Anche modelli economici molto semplici possono esibire un comportamento estremamente complesso, ben lontano dalla semplice evoluzione verso un punto di equilibrio, e più tendente a uno sviluppo caotico.
Un modello economico molto semplificato è composto da a persone con n tipi diversi di beni, in un’economia di puro baratto. Le preferenze di ciascuna persona risultano descritte da una funzione d’utilità che quantifica la volontà di possedere i beni disponibili. Conoscendo i prezzi p, la ricchezza e la funzione di utilità di ciascuna persona, una tecnica matematica standard (moltiplicatori di Lagrange) permette di determinare la lista delle unità di beni che la k-esima persona preferirebbe acquistare, compatibilmente con la propria ricchezza e con i prezzi in vigore in quell’istante. La differenza fra i beni desiderati e i beni posseduti è l’eccesso di domanda della persona k-esima ai prezzi p. Sommando gli eccessi di domanda di tutte le persone presenti nel modello si ottiene l’eccesso di domanda aggregato X(p), che dà informazioni su come si svilupperanno i prezzi. In particolare, il punto di equilibrio è quello per cui X(p) si annulla: la domanda è uguale all’offerta per tutti i beni. L’eccesso di domanda aggregata descrive dunque la variazione dei prezzi; in altre parole, l’evoluzione dei prezzi è guidata dall’equazione differenziale ordinaria p′=X(p). Il nostro modello economico è un sistema dinamico continuo e la dottrina della mano invisibile asserisce che questo tipo di sistema possiede punti fissi attrattivi che attraggono tutte le orbite del sistema.
Un’analisi degli eccessi di domanda aggregati che si possono ottenere con questa procedura conduce alle leggi di Walras. In termini matematici, esse affermano che lo spazio delle fasi di questo sistema dinamico è una sfera (n−1)-dimensionale o, più precisamente, il sottoinsieme della sfera (n−1)-dimensionale dei punti di coordinate non negative. I sistemi dinamici sulla sfera sono stati ampiamente studiati, e possono avere comportamenti molto complessi e caotici. È raro che tutte le orbite si dirigano verso i punti d’equilibrio; anzi, punti fissi attrattivi potrebbero proprio non esistere. È stato dimostrato che, non appena il numero a delle persone coinvolte supera il numero n dei beni disponibili, qualsiasi sistema dinamico sulla sfera (n−1)-dimensionale può essere ottenuto come eccesso di domanda aggregato a partire da un’opportuna scelta di funzioni di utilità e ricchezze iniziali. Quindi i prezzi possono avere uno sviluppo caotico quanto si vuole, e non è affatto detto che tendano a un punto di equilibrio, contro l’ipotesi di Smith.
I risultati di Saari rivelano che questa situazione permane anche con modelli della dinamica dei prezzi molto più generali e raffinati di quello descritto qui. Non solo: anche comportamenti perfettamente regolari dei prezzi, convergenti al punto di equilibrio, possono essere distrutti semplicemente ritirando o aggiungendo un singolo bene alla contrattazione. Saari fornisce un esempio di sistema con quattro beni e comportamento regolare che, ritirando dalla contrattazione un bene, si trasforma in un sistema caotico con un attrattore strano di dimensione di Hausdorff 1+(1/5)1/2.
La portata di questi risultati è ulteriormente dimostrata da studi condotti a partire dal 2000 da Saari e da suoi collaboratori che applicano queste tecniche alla teoria delle elezioni e delle decisioni. Usando i concetti di attrattore e di caos deterministico, Saari fornisce una spiegazione di alcuni apparenti paradossi presenti in sistemi elettorali e tecniche decisionali e suggerisce come procedere per costruire sistemi elettorali che rispondano a caratteristiche scelte a priori.
Neurobiologia
Negli ultimi anni si sono diffuse tecniche di cura di malattie neurologiche (quali l’epilessia e il morbo di Parkinson) basate sull’impianto di stimolatori di aree cerebrali; di conseguenza è diventato importante capire la risposta di grandi popolazioni di neuroni a stimoli periodici esterni. Misha Tsodyks e i suoi collaboratori hanno osservato che, in certe condizioni, una stimolazione periodica esterna degli interneuroni inibitori nell’ippocampo può causare un’oscillazione sincrona in fase dei gruppi di neuroni inibitori ed eccitatori dell’ippocampo, nonostante il comportamento atteso sia di oscillazione in opposizione di fase fra neuroni inibitori e neuroni eccitatori. Si tratta di un fenomeno apparentemente paradossale; in un interessante lavoro del 2003, Benedict Pollina, Diego Benardete e Virginia W. Noonburg ne hanno fornito una spiegazione in termini dinamici. Il punto di partenza è un modello di Hugh R. Wilson e Jack D. Cowan per popolazioni di neuroni contenenti sia gruppi inibitori sia gruppi eccitatori, basato su un sistema di due equazioni differenziali ordinarie del primo ordine. Pollina, Benardete e Noonburg hanno osservato che ponendo una singola condizione sui quattro parametri che descrivono i feedback intra- e interneurali, il sistema di equazioni di Wilson e Cowan periodicamente forzato può essere ricondotto a una singola equazione differenziale ordinaria del primo ordine, cioè a un sistema dinamico continuo. Si tratta di una semplificazione tutt’altro che banale, dato che si stanno analizzando sistemi che contengono milioni di neuroni.
I parametri chiave del modello di Pollina, Benardete e Noonburg sono la soglia dei neuroni eccitatori e l’ampiezza del feedback inibizione-eccitazione. Lo spazio dei parametri è suddiviso in tre regioni stabili e in ognuna di queste sono presenti soltanto attrattori periodici iperbolici. Di solito l’attività dei gruppi di neuroni inibitori ed eccitatori oscilla in opposizione di fase come previsto, con un attrattore corrispondente a bassa attività e uno corrispondente ad alta attività. Tuttavia, se le ampiezze della stimolazione a bassa frequenza e del feedback inibizione-eccitazione sono abbastanza grandi, questi due attrattori diventano instabili e il sistema converge a una soluzione periodica attrattiva in cui i due gruppi di neuroni oscillano in fase fra stati di bassa e alta attività, esattamente come rilevato sperimentalmente da Tsodyks e dai suoi collaboratori. Il modello dinamico costruito da Pollina, Benardete e Noonburg non solo riesce a riprodurre, chiarendone l’origine, fenomeni apparentemente paradossali misurati sperimentalmente, ma può servire anche come guida per predire gli effetti di stimolazioni periodiche su grandi popolazioni di neuroni, suggerendo direzioni opportune per la ricerca di cure di malattie neurologiche.
Meccanica celeste
Si è visto che il campo dei sistemi dinamici è nato con il lavoro di Poincaré sul problema degli n corpi; si vuole ora descrivere brevemente i risultati recenti in quest’ambito, a cominciare da un lavoro che, in modo quasi paradossale, conferma la correttezza delle intuizioni di Poincaré. Nel 1991 Wang ha trovato una soluzione esplicita del problema degli n-corpi, nello spirito dei fisici dell’Ottocento. Questa soluzione è però espressa da una serie, cioè da una somma infinita di termini, che converge con estrema lentezza. Per ottenere un’approssimazione anche soltanto grossolana delle orbite bisogna sommare miliardi di addendi; approssimazioni significative richiedono un numero di addendi quasi inimmaginabile. La soluzione esplicita sognata dagli scienziati classici si è rivelata di nessuna utilità pratica.
La maggiore novità degli ultimi anni nello studio del problema degli n corpi è originata dal lavoro di Alain Chenciner e Richard Montgomery. Fra le possibili soluzioni del problema degli n corpi, le più importanti sono le orbite periodiche stabili, in quanto assicurano la sopravvivenza del sistema nel tempo (grazie alla periodicità) e rispetto a perturbazioni esterne (grazie alla stabilità). Il problema dei 2 corpi ammette soluzioni periodiche e stabili: le orbite ellittiche kepleriane. Nel 18° sec. Eulero e Lagrange trovarono due soluzioni periodiche stabili per il problema dei 3 corpi, una delle quali realizzata nel Sistema solare (si tratta del sistema formato da Sole, Giove e dall’asteroide Ceres). I due secoli successivi non offrirono quasi nient’altro: pur essendo state individuate tecniche che potevano in teoria permettere l’identificazione di configurazioni iniziali con orbite periodiche stabili, fino al 2000 non è stato possibile dimostrare l’assenza di collisioni fra i vari corpi. Chenciner e Montgomery, invece, partendo da evidenze numeriche dovute a Christopher Moore e da un’idea di Poincaré, hanno costruito una notevole soluzione periodica del problema dei 3 corpi, in cui 3 masse uguali si inseguono, senza collisioni, lungo una curva simile a un otto. Il metodo di Chenciner e Montgomery è stato poi utilizzato da Kuo-Chang Chen per costruire una soluzione periodica per il problema dei 4 corpi, oscillante fra una configurazione quadrata e una lineare. Christian Marchal e Chenciner hanno sviluppato ulteriormente la tecnica in modo da poterla applicare al problema degli n corpi; inoltre Davide L. Ferrario e Susanna Terracini hanno introdotto nuove idee di origine algebrica e topologica per costruire famiglie di soluzioni periodiche con vari gradi di simmetria.
Fra i sistemi fisici a n corpi, quello più interessante, e di cui si vuole analizzare la stabilità, è chiaramente il Sistema solare. I lavori di Jacques Laskar e dei suoi collaboratori, basati anch’essi su idee di Poincaré, hanno permesso di calcolare numericamente con grande precisione le orbite dei pianeti del Sistema solare per miliardi di anni e di giungere alla conclusione che il Sistema solare è caotico, altamente non periodico e (soprattutto per i pianeti interni) tendenzialmente instabile. Gli effetti caotici si evidenziano soprattutto sull’obliquità dell’orbita, ossia l’angolo fra l’equatore di un pianeta e il piano della sua orbita. L’obliquità della Terra è attualmente stabile grazie alla presenza della Luna; invece l’obliquità di Marte ha subito in tempi geologici variazioni caotiche da circa 0º a circa 60º, provocando drastici cambiamenti climatici. L’orbita di Mercurio è particolarmente instabile: le simulazioni numeriche effettuate suggeriscono che il pianeta possa sfuggire dal Sistema solare o collidere con Venere in meno di 3,5 miliardi di anni. L’immagine odierna dell’evoluzione del Sistema solare è ben diversa da quella posseduta dai matematici del Settecento, sostanzialmente convinti della stabilità dell’orbita dei pianeti; le intuizioni di Poincaré, insieme alla potenza di calcolo dei computer odierni, ci hanno portato a una visione più realistica e affascinante, anche se forse meno rassicurante, dell’Universo.
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