Sistemi vetrosi: fenomeni di non equilibrio
di Silvio Franz
SOMMARIO: 1. Introduzione. 2. La formazione dei vetri strutturali. 3. Il congelamento nei vetri di spin. 4. Fenomeni di invecchiamento e dinamica lenta. 5. Modelli disordinati: a) sistemi vetrosi di tipo I; b) sistemi vetrosi di tipo II. Bibliografia.
1. Introduzione.
È noto e ben compreso dal punto di vista teorico che la materia in equilibrio si può presentare sotto forma solida, liquida o gassosa. I liquidi e i gas di cui abbiamo esperienza quotidiana, preparati in stati arbitrari e successivamente isolati, tendono in genere a rilassare, più o meno rapidamente, verso stati finali stazionari (stati di equilibrio termodinamico) dipendenti dalle condizioni esterne di temperatura e di pressione. Anche i solidi cristallini si trovano in stati di equilibrio; tuttavia, in molti sistemi il raggiungimento dello stato di equilibrio cristallino è assai difficile ed estremamente lento. Molti dei corpi solidi che ci circondano non sono cristalli, ma vetri (più precisamente vetri strutturali) che possono rimanere lontani dall'equilibrio termodinamico per tempi lunghissimi (infiniti a tutti gli effetti pratici). La vetrificazione è una proprietà osservata in molti sistemi: alcuni sono monoatomici (vetri di fosforo, zolfo e selenio), altri, più numerosi, sono molecolari, ossidi (ad esempio gli ossidi di silicio che formano i vetri dell'esperienza quotidiana), miscele binarie, nitrati, leghe organiche, sistemi polimerici, metalli, ecc. Nelle condizioni di temperatura e pressione in cui si osservano i vetri, lo stato di equilibrio termodinamico è in genere cristallino. Nei cristalli, gli atomi oscillano intorno ai 'nodi' di reticoli spaziali ideali. I vetri, sebbene incapaci di fluire e dunque meccanicamente solidi, si presentano, dal punto di vista strutturale, come materiali amorfi. Le posizioni spaziali degli atomi appaiono – a parte piccole fluttuazioni locali – come congelate nello spazio, in conformazioni simili (e altrettanto disordinate) a quelle del liquido ad alta densità da cui possono derivare per raffreddamento.
Non bisogna pensare che i fenomeni vetrosi si limitino al congelamento delle posizioni degli atomi in liquidi ad alta densità. Esistono materiali in cui le variabili che subiscono congelamento hanno natura molto diversa. I vetri di spin, ad esempio, sono magneti amorfi in cui i fenomeni vetrosi riguardano il congelamento dei momenti magnetici o spin del sistema. Essi sono diventati esempi paradigmatici di sistemi a dinamica lenta e con dipendenza dalla storia termica delle grandezze termodinamiche osservate, e costituiscono forse i fenomeni di non equilibrio più caratteristici dello stato vetroso. Altri esempi comprendono vetri di vortici nelle fasi disordinate nei superconduttori di tipo II, vetri dipolari nei sistemi di momenti elettrici, ecc.
La natura di non equilibrio dello stato vetroso non permette di studiarne il comportamento nell'ambito della termodinamica classica, e pertanto ha a lungo rappresentato e in parte ancora rappresenta una difficoltà per la comprensione teorica fondamentale della natura dello stato vetroso. Negli ultimi decenni lo studio sperimentale e teorico dei fenomeni di rilassamento lenti ha messo in evidenza leggi di scala dinamiche e comportamenti universali che fanno intravedere la possibilità di riuscire a descrivere gli stati vetrosi in termini fisico-statistici, così come accade per la descrizione degli stati di equilibrio.
Nella discussione che segue ci concentreremo su vetri stutturali e vetri di spin, che presentano fenomenologie a cui molti altri tipi di vetri sembrano ricondursi. Gran parte della fenomenologia di non equilibrio dei sistemi vetrosi può essere descritta nell'ambito della fisica classica.
2. La formazione dei vetri strutturali.
Alcune proprietà dei vetri strutturali possono essere comprese sulla base della loro formazione a partire dalla fase liquida (v. Zarzycki, 1982; v. Angell, 1995). In natura esistono sia liquidi che cristallizzano, sia liquidi che, più o meno facilmente, formano vetri. Questa proprietà è in genere associata alla natura dei costituenti elementari del sistema: più le unità sono semplici – ad esempio i sistemi monoatomici – più il sistema avrà facilità a formare uno stato cristallino; più le unità sono complesse – ad esempio i sistemi polimerici – più la cristallizzazione sarà difficile e il sistema tenderà a formare stati vetrosi.
Se, raffreddando un liquido, il punto di transizione allo stato cristallino viene attraversato abbastanza rapidamente, la cristallizzazione può essere evitata e il sistema rimane in uno stato di equilibrio metastabile di liquido sottoraffreddato che, a parte differenze quantitative di densità, viscosità, energia interna, ecc., mantiene proprietà qualitative della fase liquida.
Con l'abbassamento della temperatura, lo stato di liquido sottoraffreddato diventa più denso e viscoso. Sia la viscosità, η, che il tempo di rilassamento strutturale, τ, cioè il tempo necessario affinché la forma del sistema si adatti alle sollecitazioni esterne, crescono molto rapidamente al diminuire della temperatura. La loro dipendenza dalla temperatura è ben descritta da un andamento di tipo Vogel-Fulcher, cioè
formula (1)
dove T è la temperatura, e D e T0 sono parametri fenomenologici variabili da materiale a materiale. Nella vicinanza di una temperatura caratteristica Tg (detta temperatura di transizione vetrosa, maggiore di T0 di circa il 10 ÷ 15%), il tempo di rilassamento è maggiore del tempo di osservazione, che può variare a seconda degli esperimenti da poche ore a molti anni. In tale condizione il sistema non riesce ad adeguare il suo stato alle sollecitazioni esterne e si comporta dal punto di vista meccanico come un solido; il sistema esce quindi dallo stato di liquido metastabile e 'cade' in uno stato congelato che per alcuni materiali può durare anche tempi geologici. Il valore della viscosità che separa convenzionalmente lo stato liquido da quello vetroso è pari a 1013 Poise, valore corrispondente a un tempo di rilassamento di alcune ore. La legge di Vogel-Fulcher descrive bene i dati sperimentali fino alla temperatura Tg, punto al di sotto del quale il tempo di rilassamento all'equilibrio diventa troppo grande per poter essere misurato. Rimane aperta la questione se questa legge sia valida anche a temperature più basse di Tg, per le quali predice un tempo di rilassamento divergente alla temperatura finita T0.
Il valore della temperatura di congelamento Tg dipende debolmente, ma percettibilmente, dalla velocità di raffreddamento e risulta tanto più basso quanto più il raffreddamento è lento. Tale dipendenza dimostra come la transizione vetrosa sia un fenomeno di non equilibrio. Nella fase vetrosa, il sistema si trova in stati metastabili con una vita propria lunga: grandezze fisiche come ad esempio l'energia interna e la densità cessano di essere 'funzioni di stato' (dipendenti cioè soltanto da parametri come temperatura e pressione esterne), ma sono determinate anche dalla 'storia termica', cioè dal percorso che ha portato ai valori dei parametri di stato del sistema.
Il passaggio dalla fase liquida al vetro, sebbene non comporti cambiamenti qualitativi nella disposizione microscopica degli atomi nello spazio, implica cambiamenti nelle proprietà fisiche macroscopiche come energia, calore specifico, compressibilità, ecc., simili a quelli osservati nelle transizioni di fase di equilibrio (v. transizioni di fase, vol. VIII). Per temperature comprese entro uno stretto intervallo intorno a Tg, il calore specifico e la compressibilità subiscono bruschi 'salti', da valori caratteristici delle fasi liquide a valori più bassi, caratteristici delle fasi solide (v. fig. 1). Questo fenomeno trae origine dal congelamento strutturale, che avviene intorno alla transizione vetrosa. Nella fase liquida ad alta densità, al di sopra di Tg si formano strette 'gabbie' in cui gli atomi sono imprigionati dai propri vicini. Si può ipotizzare che per T >Tg il rilassamento sia conseguenza di due processi, attivi su scale di tempo molto diverse: moti veloci di agitazione termica all'interno delle gabbie e moti lenti di diffusione che coinvolgono molti atomi in movimenti collettivi e portano all'apertura delle gabbie. Mentre i moti veloci riescono ad adattarsi rapidamente ai cambiamenti della temperatura esterna, i moti diffusivi diventano via via più lenti, fino a che al di sotto della temperatura di transizione vetrosa risultano a tutti gli effetti congelati.
Pertanto è possibile interpretare il salto del calore specifico nell'ambito della termodinamica. Grazie alla separazione appena descritta tra le scale di tempo dell'agitazione termica locale e la diffusione, è possibile separare i due corrispondenti contributi nell'entropia: l'entropia vibrazionale e l'entropia configurazionale. Mentre la prima è disponibile per scambi di calore, seguendo la prima legge della termodinamica, per temperature sia superiori che inferiori a quella di transizione, al di sotto della transizione l'entropia configurazionale cessa di essere disponibile a causa del congelamento dei corrispondenti gradi di libertà.
Secondo l'interpretazione statistica dell'entropia, la parte configurazionale corrisponde a una molteplicità esponenziale di possibili stati vetrosi microscopicamente differenti ma con analoghe proprietà macroscopiche. Essa è una funzione crescente della temperatura (v. fig. 2) ed estrapolazioni al di sotto di Tg suggeriscono che possa annullarsi a una temperatura finita TK, detta temperatura di Kauzmann. Secondo alcuni modelli teorici tale temperatura corrisponderebbe a un punto di transizione vetrosa termodinamica ideale e coinciderebbe con la temperatura T0 dell'equazione (1). La transizione vetrosa osservata in laboratorio per velocità di raffreddamento finite sarebbe allora un riflesso di questa transizione ideale. Purtroppo, malgrado tale scenario sia di notevole interesse, è difficile verificarne l'attendibilità, perché, a causa del forte aumento del tempo di rilassamento, risulta impossibile misurare l'entropia del liquido per temperature vicine alla temperatura TK stimata. È degno di nota che nei modelli disordinati con interazioni a lungo raggio (v. cap. 5) la transizione vetrosa avvenga con un meccanismo di crisi entropica analogo a quello sopra menzionato. Rimane aperta per la ricerca futura la questione se la transizione ideale possa esistere nei vetri reali.
Non bisogna credere che lo stato di non equilibrio raggiunto alla transizione vetrosa persista perfettamente immutato nel corso del tempo. Processi di rilassamento strutturale, impercettibili su scale di tempo brevi ma misurabili su scale di tempo opportunamente lunghe, tendono ad avvicinare il sistema a stati di minore energia. Così quantità 'a un tempo', come l'energia interna, la densità, ecc., evolvono lentamente, mentre quantità 'a due tempi', come le funzioni di correlazioni tra quantità fisiche a tempi successivi e le funzioni di risposta ritardata a perturbazioni esterne, mostrano comportamenti di rilassamento di non equilibrio (v. cap. 4). Questi processi sono sia di notevole importanza pratica, quando si devono scegliere materiali vetrosi in base alle loro caratteristiche fisiche, sia di fondamentale interesse teorico, per il ruolo centrale che hanno assunto in tempi recenti nella comprensione fisica dello stato vetroso.
3. Il congelamento nei vetri di spin.
La vetrificazione dei liquidi ha un analogo magnetico nei vetri di spin. I sistemi magnetici sono materiali solidi in cui i gradi di libertà fondamentali sono le orientazioni spaziali dei momenti magnetici degli atomi, o spin. Essi interagiscono a coppie mediante le cosiddette interazioni di scambio. I vetri di spin sono sistemi magnetici amorfi in cui i momenti magnetici occupano posizioni aleatorie all'interno di materiali non magnetici (v. Fischer e Hertz, 1991; v. Mydosh, 1993). Questi materiali sono in un certo senso intermedi tra i ferromagneti, dove le interazioni di scambio sono positive e tendono a orientare gli spins nella medesima direzione, e gli antiferromagneti, dove le interazioni sono negative e tendono a orientarli in direzioni opposte. Nei vetri di spin le interazioni oscillano e assumono valori sia positivi che negativi in funzione della distanza tra gli spins.
La presenza di interazioni di segno opposto può portare a 'frustrazione', cioè all'impossibilità di trovare configurazioni degli spins che soddisfino tutte le interazioni (v. fig. 3). In presenza di disordine e frustrazione, il raggiungimento di stati di bassa energia risulta essere un complicato problema di ottimizzazione. Il sistema fisico deve risolvere tale problema secondo una ricerca di tipo 'locale', esplorando configurazioni vicine per tempi vicini, e risulta ostacolato da vari tipi di 'barriere' o di 'strettoie' energetiche. Accenniamo al fatto che questa difficoltà di termalizzazione, che in ultima analisi rappresenta l'origine del comportamento vetroso, è alla base di profonde e feconde analogie tra i sistemi vetrosi e alcuni problemi di ottimizzazione combinatoria.
I vetri di spin, che hanno proprietà paramagnetiche ad alta temperatura, mostrano comportamento vetroso a bassa temperatura, con il congelamento degli spins in orientazioni aleatorie. Qui, a differenza dei vetri strutturali, la transizione vetrosa assume i caratteri di una transizione termodinamica. In confronto alle corrispondenti quantità dei vetri strutturali, le quantità a un tempo dei vetri di spin mostrano effetti di dipendenza dalla storia termica molto più deboli. Fissata la temperatura al valore finale, queste quantità sembrano rilassare, sebbene lentamente, verso valori indipendenti dalla storia termica e identificabili con i valori di equilibrio. Il processo di congelamento viene abitualmente rivelato dallo studio della risposta a un piccolo campo magnetico applicato. Questo induce una magnetizzazione M, cioè un'orientazione media degli spins, in direzione del campo secondo la seguente relazione,
M = χ∞h, (2)
valida per campi sufficientemente piccoli, dove la costante χ∞, detta suscettività lineare statica, è una funzione della temperatura. Essa mostra un comportamento singolare con una cuspide (v. fig. 4) a una temperatura caratteristica Tg. Questa temperatura risulta essere riproducibile in esperimenti corrispondenti a diverse storie termiche e a diversi campioni della stessa sostanza. Alla stessa temperatura la suscettività non lineare, che descrive il termine successivo nello sviluppo della magnetizzazione come funzione del campo, mostra una divergenza con legge di potenza nella maniera caratteristica delle transizioni di fase del secondo ordine (v. transizioni di fase, vol. VIII). Nell'ipotesi che esista un equilibrio termico sia al di sopra che al di sotto della temperatura di transizione Tg, la teoria della risposta lineare permette di interpretare la cuspide nella suscettività come un congelamento dei momenti magnetici locali. Infatti, denotando con le parentesi angolari 〈•〉 la media termica e considerando per semplicità il caso di spins con due possibili orientazioni Si = ± 1 (variabili di Ising), nei vetri di spin la suscettività magnetica χ∞ verifica la relazione:
formula (3)
dove N è il numero di spins del sistema, T la temperatura, kB la costante di Boltzmann; inoltre abbiamo posto per semplicità uguale a 1 il fattore di proporzionalità tra spins e momenti magnetici. Ad alta temperatura, i valori medi locali degli spins sono nulli < Si > = 0 e la suscettività segue la legge di Curie formula.
Deviazioni da tale andamento sono conseguenza di valori medi non nulli. Il punto di cuspide in fig. 4 corrisponde alla temperatura al di sotto della quale i valori medi < Si > prendono valori diversi da zero. Le direzioni intorno alle quali gli spins si congelano non corrispondono ad alcun tipo di ordine a lungo raggio, in particolare la magnetizzazione globale formula
è nulla in tutta la regione di bassa temperatura. La fluttuazione media della magnetizzazione (parametro di Edwards-Anderson) formula
può essere considerata il parametro d'ordine che caratterizza la transizione, nullo nella fase di alta temperatura e non nullo nella fase vetrosa.
4. Fenomeni di invecchiamento e dinamica lenta.
Sia nei vetri strutturali, per i quali la transizione vetrosa è un fenomeno di non equilibrio, sia nei vetri di spin, per i quali la transizione ha carattere termodinamico, lo studio di quantità dinamiche rivela il perdurare di processi di rilassamento di non equilibrio nella fase congelata. Descriveremo ora i protocolli sperimentali classici usati per rivelare tali processi nel caso dei vetri di spin (v. Young, 1998). Gli stessi protocolli sono usati, mutatis mutandis, per altri tipi di vetro (v. Struik, 1978).
Le procedure prevedono un raffreddamento rapido, idealmente istantaneo, da una temperatura iniziale maggiore di Tg a una temperatura finale minore di Tg. Il sistema viene in seguito lasciato rilassare liberamente per un tempo di attesa, o età, tw e a tempi successivi t > tw vengono effettuate misure di risposta lineare rispetto a variazioni di un campo magnetico esterno. Due versioni complementari sono comunemente considerate. Negli esperimenti ZFC (Zero Field Cooled) il campione viene raffreddato e lasciato rilassare liberamente in assenza di campo. Dopo un tempo di attesa tw, un piccolo campo h viene istantaneamente introdotto e, in tempi successivi t, viene osservato il rilassamento della magnetizzazione MZFC(t,tw) = hχZFC(t,tw) verso il suo valore asintotico diverso da zero. Negli esperimenti TRM (Thermo-Remanent Magnetization) il campione viene raffreddato e lasciato rilassare in presenza di un debole campo magnetico h che induce una magnetizzazione non nulla. Al tempo tw, il campo viene rimosso e viene studiato il rilassamento temporale della magnetizzazione MTRM(t,tw) = hχTRM(t,tw) verso il valore nullo. Il tempo tw è normalmente scelto sufficientemente lungo in modo che nell'esperimento ZFC la magnetizzazione M sia ben stabilizzata vicino al valore asintotico M(h) = χ∞h. La complementarità degli esperimenti è espressa dalla relazione tra le suscettività dinamiche χZFC (t,tw) + χTRM(t,tw) = χ∞ valida in regime di risposta lineare.
Se il sistema fosse capace di raggiungere l'equilibrio, o se restasse rigorosamente bloccato in uno stato metastabile, in condizioni di equilibrio per tw sufficientemente grande ci si attenderebbe un comportamento stazionario invariante per traslazioni temporali: i valori misurati della magnetizzazione dovrebbero dipendere esclusivamente dal tempo intercorso, t - tw, dalla rimozione (esperimenti TRM) o dall'introduzione (esperimenti ZFC) del campo magnetico. Questo è quello che accade al di sopra della temperatura Tg; per temperature inferiori a Tg si riscontra il 'fenomeno dell'invecchiamento', lo stato del sistema è cioè in lenta evoluzione e dipende dall'età tw. Nella magnetizzazione si osserva dipendenza sia da t - tw che da tw. In fig. 5 è mostrato il comportamento della suscettività χZFC(t,tw) in un tipico esperimento di invecchiamento a bassa temperatura in funzione di t - tw. Le curve mostrano una forte dipendenza dal tempo di attesa tw. Il rilassamento della risposta è tanto più lento quanto più il tempo di attesa è lungo. Si possono identificare due regimi distinti nella dinamica. Il primo regime corrisponde a differenze di tempi t - tw piccole rispetto a tw. In tale regime, il rilassamento risulta invariante per traslazioni, indipendente cioè da tw. Nel secondo regime, valido all'incirca per tempi t - tw dello stesso ordine di grandezza di tw, l'invarianza per traslazioni temporali è manifestamente violata.
L'analisi dei dati sperimentali mostra che in quest'ultimo regime si ha invarianza di scala: le curve di rilassamento corrispondenti a tempi di attesa diversi possono essere messe in relazione le une con le altre riscalando le differenze t - tw secondo un opportuno 'tempo di rilassamento efficace' τ(tw) crescente con il tempo di attesa tw e apparentemente divergente con esso. Per tempi fino ai quali è stato possibile effettuare esperimenti, il tempo di rilassamento efficace segue una 'legge di potenza' τ(tw) ~ twα, con valori tipici di α = 0,8 – 0,9. Simili fenomeni, e analoghi comportamenti di scala, sono comunemente osservati in altri tipi di vetro. Ad esempio, nei vetri polimerici lo stesso tipo di comportamento si riscontra in misure di deformazione indotte da sforzi tensili, nei vetri dipolari in misure di polarizzazione elettrica, ecc. In questi sistemi le leggi di scala suggeriscono che i fenomeni di invecchiamento possano persistere indefinitamente, rallentando continuamente senza mai fermarsi. Sono anche noti sistemi, ad esempio le onde di densità di carica, per i quali il tempo di rilassamento efficace tende al valore finito del tempo di rilassamento di equilibrio e l'effetto di invecchiamento diminuisce nel tempo fino all'instaurarsi dell'equilibrio.
La violazione dell'invarianza per traslazioni temporali ha condotto alla ricerca di altri 'segnali' capaci di chiarire la natura della dinamica di non equilibrio. In condizioni di equilibrio la suscettività χTRM(t,tw) è legata alla funzione di correlazione temporale tra le fluttuazioni spontanee della magnetizzazione in assenza di campo C(t – tw) = N <M(t)M(tw) > dal teorema fluttuazione-dissipazione (v. Kubo e altri, 19912): formula.
Violazioni di tale relazione, originariamente messe in evidenza mediante simulazioni di modelli tridimensionali (v. Andersson e altri, 1992) sono state di recente osservate sperimentalmente e, come vedremo (v. cap. 5), hanno assunto una grande importanza nella teoria dello stato vetroso.
Gli esperimenti finora descritti, basati su un improvviso raffreddamento del campione sperimentale, mettono in evidenza nel modo più semplice la dipendenza dalla storia termica e il perdurare di processi di rilassamento nella fase di bassa temperatura. L'utilizzo di protocolli sperimentali più elaborati, con storie termiche più complesse, permette di studiare effetti di 'memoria' e 'ringiovanimento' che esulano dallo scopo di questo articolo.
Secondo molti ricercatori una corretta descrizione dell'invecchiamento, uno dei fenomeni più caratteristici dello stato vetroso, potrebbe fornire la chiave per capirne la natura. Molto impegno è stato profuso per la sua comprensione e diversi approcci sono stati proposti (v. Young, 1998). Tra questi citiamo il modello fenomenologico a trappole (trap model) in cui la dinamica del sistema è assimilata al moto di un punto materiale in un paesaggio a trappole. Scegliendo opportunamente le caratteristiche delle trappole è possibile riprodurre le leggi di scala caratteristiche dell'invecchiamento. Una diversa teoria, il modello a gocce per i vetri di spin (droplet model), assimila i fenomeni di invecchiamento alla competizione tra domini di fasi di equilibrio in crescita lenta, in analogia con la dinamica di separazione di fase. Descriveremo nel prossimo capitolo un altro approccio, basato sull'analisi di modelli disordinati di campo medio.
5. Modelli disordinati.
Per descrivere la difficoltà dei sistemi vetrosi a raggiungere l'equilibrio è spesso utilizzata la metafora del paesaggio di energia potenziale. Si possono pensare le configurazioni di un sistema fisico, sia esso composto da particelle, da spins, o da gradi di libertà di altra natura, come punti in uno spazio, chiamato 'spazio delle configurazioni', in cui a ogni grado di libertà corrisponde una diversa coordinata, e in cui il valore dell'energia potenziale viene raffigurato come un'elevazione da un livello di terra arbitrario. Un paesaggio energetico 'liscio' o 'levigato', formato ad esempio da una regione concava con un unico minimo, non presenta impedimenti alla termalizzazione. I sistemi di questo tipo sono ergodici, cioè capaci di esplorare liberamente tutto il paesaggio nel corso dell'evoluzione temporale.
Al contrario, un paesaggio 'complesso', con molte valli, barriere, strettoie (v. fig. 6) presenta ostacoli all'esplorazione dello spazio e può dare luogo a fenomeni vetrosi. Tali asperità possono impedire o fortemente rallentare il rilassamento, fino a indurre fenomeni di violazioni dell'ergodicità, per cui porzioni di paesaggio sono dinamicamente inaccessibili le une alle altre.
L'analisi teorica dei paesaggi di sistemi realistici, sia nel caso di vetri strutturali, sia in quello di vetri di spin, risulta tecnicamente proibitiva con i metodi attualmente disponibili. I modelli di campo medio per i vetri di spin utilizzano strutture semplificate del paesaggio complesso, accessibili a uno studio analitico sia per le proprietà di equilibrio (v. Mézard e altri, 1987; v. Fischer e Hertz, 1991), sia per la dinamica di non equilibrio (v. Young, 1998). La semplificazione maggiore dei modelli di campo medio, peraltro correntemente usati in molti campi della fisica, consiste nel trascurare l'organizzazione geometrica degli spins nello spazio tridimensionale. Fondamento dell'applicabilità di tali modelli è l'idea che la similarità dei fenomeni vetrosi in vari materiali rifletta proprietà universali comuni a un gran numero di sistemi differenti. La validità di tale ipotesi è correntemente dibattuta all'interno della comunità scientifica e i dati a favore di essa sono principalmente di carattere fenomenologico.
Dalla teoria di campo medio emerge un quadro coerente dei fenomeni vetrosi e della dinamica di invecchiamento. Le simulazioni su sistemi più realistici, permettendo lo studio di quantità di interesse teorico e di non facile accesso sperimentale, risultano una guida importante per ottenere conferme degli scenari proposti. Schemi teorici approssimati per sistemi realistici, come ad esempio la teoria dei modi accoppiati (Mode Coupling Theory; v. Götze, 1991) o la cosiddetta approssimazione HNC (Hyper-Netted Chain; v. Mézard e Parisi, 2000) danno, in ambito dinamico e di equilibrio, rispettivamente, descrizioni teoriche analoghe a quelli dei vetri di spin di campo medio.
Il modello di riferimento nella teoria di campo medio dei vetri di spin considera sistemi di N spins con interazioni aleatorie a p corpi descritte dalla seguente funzione energia (hamiltoniana):
formula (4)
le costanti di accoppiamento Ji1,…,ip, considerate fissate durante il moto degli spins, sono variabili casuali indipendenti con media nulla. Gli spins Si vengono comunemente considerati come variabili di Ising Si = ± 1, o come variabili reali soggette al vincolo sferico ΣiSi2 = N. Il caso p = 2 coincide con il modello originariamente introdotto da David Sherrington e Scott Kirkpatrick (v., 1975), noto come 'modello SK' dalle iniziali dei loro nomi, per descrivere il comportamento dei vetri di spin (v. Mézard e altri, 1987). Per p ≥ 3 il modello viene chiamato modello a p-spin (p-spin model) e, come mostrato da Theodore Kirkpatrick e Devarajan Thirumalai (v., 1995) e da Peter Wolynes in una serie di lavori, fornisce un punto di partenza per lo studio dei vetri strutturali. Si può mostrare che due tipi di fenomenologia sono possibili, a seconda che il valore di p sia maggiore di due o uguale a due. Denoteremo rispettivamente i due casi come di tipo I e di tipo II.
Entrambe le classi manifestano comportamenti vetrosi a bassa temperatura con un quadro fenomenologico complesso, in cui le violazioni dell'ergodicità all'equilibrio che emerge dalla soluzione di equilibrio scoperta da Giorgio Parisi (v., 1979; v. Mézard e altri, 1987), e i fenomeni di invecchiamento, trovati originariamente da Leticia Cugliandolo e Jorge Kurchan (v., 1993; v. Young, 1998), sono aspetti complementari.
Nello scenario risultante, le leggi di scala dinamiche sono descrivibili mediante temperature efficaci, che a loro volta riflettono le proprietà statistiche delle porzioni di paesaggio accessibili. Il carattere generale di tale descrizione prescinde dalla particolarità dei modelli e si propone come una teoria dei sistemi vetrosi in generale.
a) Sistemi vetrosi di tipo I.
L'equilibrio di questi sistemi è caratterizzato da tre fasi: una fase paramagnetica (o liquida), di alta temperatura, e due fasi congelate, a bassa temperatura. Partendo dalla regione ad alta temperatura, dove il sistema è ergodico ed esplora liberamente lo spazio delle configurazioni, si incontra una prima transizione a una temperatura Tc, in corrispondenza della quale le configurazioni di equilibrio possono essere raggruppate in un numero esponenzialmente grande, exp(+ NΣ) di stati metastabili mutualmente inaccessibili e con tempo di vita infinito. La quantità Σ è identificata con l'entropia configurazionale di cui abbiamo parlato nel cap. 2: essa è decrescente per temperature decrescenti e si annulla a una seconda temperatura di transizione Ts minore di Tc secondo uno scenario simile a quello della transizione allo stato di vetro ideale (v. cap. 2; v. anche fig. 1). Coerentemente con tale scenario, alla temperatura Ts l'energia libera mostra una singolarità, con un salto nel calore specifico. Nell'ottica dell'universalità sopra menzionata, è possibile ipotizzare che un'analoga struttura di stati metastabili sussista nei vetri strutturali. Questi, a causa di effetti dovuti al carattere tridimensionale dello spazio fisico, avrebbero un tempo di vita finito, tanto maggiore quanto minore è la loro energia libera. In tal modo è possibile spiegare la dipendenza della temperatura di transizione vetrosa dal tasso di raffreddamento: tanto più grande è il tempo lasciato al sistema per rilassare liberamente, tanto più bassa l'energia libera degli stati raggiunti. Tale suggestivo argomento resta al momento da verificare e la descrizione degli stati metastabili in sistemi realistici rimane un problema aperto per la ricerca futura.
La dinamica di non equilibrio viene studiata simulando teoricamente un raffreddamento istantaneo partendo da alta temperatura. Mentre al di sopra di Tc il sistema trova lo stato di equilibrio in un tempo finito, al di sotto di questa temperatura il sistema cade in uno stato di non equilibrio con dinamica lenta e con fenomeno di invecchiamento. Il carattere della dinamica può essere valutato, in prima approssimazione, dalle quantità a un tempo, che nel limite asintotico tendono a valori stazionari, corrispondenti a una famiglia di stati metastabili di soglia, con energia libera più elevata di quella degli stati di equilibrio. È notevole che dinamicamente il salto del calore specifico tipico della transizione vetrosa venga osservato alla temperatura Tc.
Più interessante è il comportamento delle quantità a due tempi, dal quale si deduce che il sistema, sebbene rallenti costantemente durante la sua evoluzione, in realtà non si ferma mai in nessuno degli stati metastabili. Lo studio della funzione di correlazione a tempi diversi, C(t,tw) = formula
e della funzione di risposta coniugata in esperimenti ZFC, χZFC(t,tw), ha messo in evidenza una dinamica di non equilibrio caratterizzata da due regimi distinti e validi per tempi di invecchiamento tw lunghi. Il primo è un regime di equilibrio locale, valido per t – tw << t,tw, nel quale la dinamica appare stazionaria, C(t,tw) ≈ Cst(t – tw), e la suscettività soddisfa la relazione di equilibrio del teorema fluttuazione-dissipazione formula.
In questo regime le correlazioni decrescono da C(0) = 1 a un valore qEA > 0, mentre la suscettività ZFC cresce da zero al valore formula.
Il secondo è un regime di invecchiamento che presenta invarianza di scala temporale e nel quale formula
e le correlazioni decrescono a partire da qEA. Il tempo di rilassamento efficace τ(tw) è una funzione crescente di tw, divergente per grandi tempi di attesa e, allo stato di sviluppo attuale della teoria, non è stato ancora determinato teoricamente. I comportamenti delle correlazioni sono stati osservati in molti studi numerici su sistemi realistici.
Una delle previsioni più notevoli della teoria riguarda le violazioni della relazione di fluttuazione-dissipazione, che in questo regime risulta modificata in: formula.
X dipende dalla temperatura, verifica 0 ≤ X < 1 ed è indipendente dal tempo per tempi grandi. Il sistema risponde in maniera 'normale', cioè secondo la relazione di equilibrio, su scale di tempo breve, ma in maniera 'anomala', cioè violando la relazione di equilibrio, nel regime di invecchiamento. Di notevole importanza teorica è il fatto che la stessa costante governa il rapporto tra correlazione e risposta corrispondenti a diverse quantità osservabili. Essa è infatti legata alla crescita dell'entropia in funzione dell'energia libera dalla relazione X/T = δΣ/δf, la quale generalizza la relazione termodinamica che lega temperatura, energia ed entropia ed è intimamente connessa alla possibilità di considerare il rapporto T/X una 'temperatura efficace' che governa gli scambi di calore su scale di tempo comparabili all'età del sistema (v. Cugliandolo e altri, 1997). La validità di tale relazione è alla base di una dettagliata descrizione statistica della dinamica nello stato vetroso (v. Franz e Virasoro, 2000) e suggerisce relazioni termodinamiche modificate per le quali tutta la dipendenza delle quantità osservabili dalla storia termica è riassunta nel valore della temperatura efficace (v. Nieuwenhuizen, 2000).
Dato l'interesse di tale descrizione, molti studi numerici hanno affrontato il problema della determinazione di possibili temperature efficaci a partire dalla relazione fluttuazione-dissipazione, e quello della sua relazione con l'entropia configurazionale. Gli esperimenti in questo campo sono al momento agli inizi e conferme o confutazioni sono attese in futuro.
b) Sistemi vetrosi di tipo II.
In questi sistemi si ha un'unica temperatura di transizione, Tc, a cui sia la dinamica di non equilibrio che la statica subiscono una transizione del secondo ordine. La suscettività magnetica statica esibisce in questo punto una singolarità a cuspide indice di congelamento (v. cap. 3), analogamente a quanto avviene nel caso dei vetri di spin reali. L'equilibrio prevede molteplici stati ergodici, ma l'entropia configurazionale è nulla in tutta la fase di bassa temperatura. L'organizzazione degli stati nello spazio delle configurazioni appare obbedire a un ordine gerarchico (ultrametricità) in cui le componenti ergodiche possono essere messe in corrispondenza ai punti terminali di un diagramma ad albero.
Nella dinamica di non equilibrio, diversamente da quanto accade nei sistemi di tipo I, le quantità a un tempo tendono, per tempi lunghi, ai valori di equilibrio. Questo, tuttavia, non è indice sufficiente del raggiungimento dell'equilibrio, poiché anche in questo caso il rapporto tra correlazione e risposta mette in evidenza fenomeni di invecchiamento, i quali generalizzano i comportamenti descritti nel precedente paragrafo. Come in quel caso, infatti, è possibile identificare un regime dinamico di equilibrio locale, a tempi t – tw piccoli rispetto a tw, per i quali la relazione fluttuazione-dissipazione è valida e la correlazione decresce da 1 a qEA, e un regime non omogeneo di invecchiamento valido per tempi lunghi, per i quali la correlazione decresce al di sotto di qEA e la relazione di fluttuazione-dissipazione è violata. A differenza dei sistemi di tipo I, tuttavia, l'invecchiamento non può essere parametrizzato in termini di un'unica scala di tempo efficace τ(tw). Piuttosto, si trovano un'infinità di scale di tempo gerarchicamente organizzate. Se denotiamo con τ(q,tw) il tempo t che la correlazione impiega per decrescere dal valore C(tw,tw) = 1 a un valore C(t,tw) = q, il confronto tra τ(q,tw) e τ(q′,tw) per valori della correlazione q′ 〉 q mostra che τ(q,tw) è molto maggiore di τ(q′,tw). Più precisamente, il rapporto τ(q′,tw)/τ(q,tw) tende a zero per grandi tw. Inoltre, non abbiamo in questo caso un'unica temperatura efficace, ma a ogni scala di tempo corrisponde asintoticamente una diversa temperatura T/X(q). La relazione tra risposta ZFC e correlazione può essere scritta come:
formula (5)
con la convenzione che, per q ≥ qEA, X(q) = 1. È diventato abituale descrivere le violazioni della relazione di fluttuazione-dissipazione rappresentando χZFC(t,tw) in funzione di C(t,tw) in grafici parametrici. La pendenza di tali curve fornisce, per tw grandi, il rapporto X(q)/T. La funzione X(q) è associata a un'analoga funzione che descrive le correlazioni tra le molteplici componenti ergodiche; la gerarchia tra scale di tempo trova così un corrispettivo nelle relazioni ultrametriche tra stati di equilibrio.
Questa relazione tra invecchiamento e molteplicità di componenti ergodiche di equilibrio non è limitata ai modelli di campo medio, ma trae origine, più in generale, dalla teoria della risposta lineare per sistemi le cui quantità a un tempo sono vicine all'equilibrio (v. Franz e altri, 1999).
Il rapporto formula
per tw fissati e tempi t tali che C(t,tw) = q può essere assunto come definizione di una funzione X(q,tw)/T che si può determinare sperimentalmente mediante misure simultanee di correlazione e risposta. Si può ipotizzare che il suo valore nel limite asintotico sia equivalente a una misura delle correlazioni tra componenti ergodiche. Simulazioni numeriche nei modelli di vetro di spin in dimensione finita avvalorano l'ipotesi dell'esistenza di una funzione X(q) non banale (v. fig. 7). Recenti misure di X(q,tw) in materiali di vetro di spin reale mostrano un buon accordo qualitativo con la forma predetta dalla teoria (v. Hérisson e Ocio, 2002). Purtroppo non si osserva sufficiente stabilità della funzione X(q,tw) per poterne estrarre il comportamento asintotico. Ulteriori approfonditi studi sono attesi in futuro per chiarire l'esistenza di temperature efficaci nei vetri di spin sperimentali.
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