SISTO da Siena
SISTO da Siena. – Nacque a Siena nel 1520. L’informazione che discendesse da una famiglia di ebrei e che avesse ricevuto il battesimo da piccolo (Piò, 1613, II, col. 261; Quétif - Échard, 1723, II, p. 206; Tiraboschi, 1809, p. 393) è stata accettata per lungo tempo, anche se in proposito non si hanno testimonianze attendibili, soprattutto dai documenti del convento genovese in cui finì i suoi giorni (Parente, 1986, pp. 225 s.).
Fausto Parente (2003, p. 381) ha citato una fonte inedita come il II volume dell’Etruria francescana di Nicolò Papini Tartagni (post 1797, Biblioteca di Santa Croce, Basilica di S. Croce, Firenze), dove si riporta la notizia che Sisto alla tenera età di otto anni sarebbe stato affidato al convento senese dei frati minori conventuali per esservi educato cristianamente; ma non si hanno riscontri. Quel che è certo è che entrò piuttosto giovane nell’Ordine e, stando sempre a Papini Tartagni, completò la formazione Oltralpe, forse al seguito del domenicano senese Lancellotto Politi (Ambrogio Catarino), che fu in Francia dal 1532 a Parigi, a Toulouse e a Lione (Sisto lo avrebbe definito suo precettore nell’opera principale, Bibliotheca sancta, Venetiis 1566, VI, annotatio 268).
Finiti gli studi di teologia, intorno al 1540 iniziò a predicare in molte città del Nord Italia (Venezia, 1546; Vicenza, 1547-48?; Brescia, 1549; Ferrara, 1550), venendo in contatto con Pietro Aretino (con cui ebbe uno scambio epistolare) e con i gruppi eterodossi della penisola, in particolare con Ludovico Dolce, Paolo Crivelli e Orazio Brunetti, che gli indirizzò anche due epistole sul rapporto tra retorica e predicazione religiosa (edite in O. Brunetti, Lettere, Venezia 1548, cc. 39r-55v). Le prediche ferraresi, inoltre, suscitarono scandalo e gli procurarono una prima denuncia al S. Uffizio romano (Archivio della Congregazione per la Dottrina della fede, S.O., Decreta 1, 1548-1558, 17 febbraio 1551) che rimase senza conseguenze perché Sisto scelse di abiurare facendo i nomi di alcuni dissidenti. A reintegrarlo nell’ufficio di confessore e di predicatore (4 marzo: non avrebbe potuto sermoneggiare a Roma, ma si sarebbe recato a Viterbo, Ferrara, Padova) fu il cardinale Rodolfo Pio da Carpi, protettore dell’Ordine e inquisitore (vedi l’atto pubblicato in Piccolomini, 1908, pp. 304 s.), anche se il tribunale non fu affatto convinto che avesse denunciato tutti i complici, anzi fu persuaso che «ne haveva taciuti molti», inviando a Venezia un formulario di quindici domande in latino e in volgare da rivolgere presso l’auditore del nunzio Ludovico Beccadelli a Stefano Taberio, un eretico in rapporto con Sisto (le risposte però non si sono conservate: Archivio di Stato di Venezia, S. Uffizio, b. 10, f. Sisto da Siena, cc. n.n., edito in Del Col, 1977, pp. 61-63).
Sempre nel 1552 il S. Uffizio ordinò a Scipione Rebiba, vescovo vicario di Napoli con incarichi inquisitoriali, di sorvegliare il ciclo di sermoni che Sisto avrebbe tenuto in città, nella chiesa di S. Lorenzo, durante la quaresima. Gli atti del processo napoletano, ispirato dalla denuncia dei gesuiti Nicolás Bobadilla e Andrés de Oviedo e iniziato il 16 marzo 1552 con l’interrogatorio dei testi e dello stesso Sisto, che rivendicò la propria ortodossia (26, 27 e 29 marzo; 4 aprile: Roma, Archivio della Congregazione per la Dottrina della fede, S. O., S.. S.. R 4-f, cc. 304r-334v), vennero trasmessi a Roma, dove – stando ai decreti del tribunale – dal 2 giugno iniziò l’istruttoria, basata sul fatto che l’imputato, che dal pulpito aveva pronunciato frasi dubbie sulla figliolanza di Cristo, sulla giustificazione, sul senso della Scrittura, sul limbo e sul purgatorio, non aveva rivelato i complici e si era reso altamente sospetto di eresia. Incarcerato e tradotto a Roma già in maggio (secondo le lettere dell’informatore senese Marcello Biringucci, che scrisse alla Signoria della sua città, da Napoli e da Roma, tra il 7 maggio e il 4 giugno: Piccolomini, 1910, pp. 30-35), Sisto – in favore del quale intervennero Fabio Mignanelli e Diego Hurtado de Mendoza – fu interrogato più volte a partire da settembre (Archivio della Congregazione per la Dottrina della fede, S. O., S.. S.. UV-12, cc. 1r-15r) e a quel punto, dopo un primo voto della congregazione del S. Uffizio in cui prevalse la scelta di rimetterlo al braccio secolare (25 ottobre 1552), il frate decise di denunciare gli ‘spirituali’ con cui aveva intrattenuto rapporti. Il 12 settembre 1553 la congregazione votò ancora una volta sulla sorte a cui destinarlo, ma sia il fiscale Pietro Belo sia il commissario Michele Ghislieri, che sarebbe diventato papa con il nome di Pio V, sia il generale dei domenicani Stefano Usodimare non ne proposero la condanna al rogo come eretico relapso. Anzi, dopo il decreto di condanna all’abiura pubblica e all’immuratio (28 novembre 1553: Parente, 2003, p. 404), il genovese Usodimare e Ghislieri, soddisfatti della delazione, gli accordarono un trattamento di favore, lo fecero diventare frate domenicano per metterlo sotto protezione (professò nel convento milanese di S. Maria delle Grazie il 16 marzo 1555: Tiraboschi, 1809, p. 394 nota) e gli imposero di trasferirsi nel convento di S. Maria di Castello di Genova. Nella lettera dedicatoria della Bibliotheca sancta (1566), Sisto avrebbe manifestato gratitudine per Ghislieri, affermando di essere incappato da giovane nell’errore di ritenere la dottrina sulla predestinazione di Politi del tutto ortodossa, prima di ravvedersi della sua colpa grazie all’intervento benevolo del Sacro tribunale. Il richiamo a Catarino, tuttavia, serviva a coprire, a distanza di anni, una passata adesione alla dissidenza che, alla luce dei documenti, appare assai più eterodossa.
Forse costretto alla carcerazione per breve tempo entro le mura del chiostro, Sisto ricominciò comunque a predicare e già nel 1556 tenne davanti alle autorità della Superba un sermone di forti sentimenti repubblicani che ebbe anche una circolazione a stampa prima in veste autonoma (Del modo per conservare la Republica. Predica fatta dal Padre F. Sisto Sanese all’Illustrissima Signoria di Genova, nella chiesa di San Lorenzo il 26. di Maggio, Genova, A. Bellone, 1557) e poi in una raccolta curata da Tommaso Porcacchi (Prima parte delle prediche di diversi illustri theologi, et catholici predicatori della parola di Dio [...] a commun benificio di qualunque si diletta d’intender sanamente le Scritture Sacre, Venezia, G. Cavalli, 1566, pp. 426-479). Inoltre collaborò con gli inquisitori del convento genovese almeno nella gestione del caso di Giacomo Paleologo (Zambelli, 1972, pp. 162 s.) e nel 1559, quando divenne pontefice Paolo IV Carafa, Ghislieri gli diede l’incarico di recarsi a Cremona in veste di vicario del Sacro tribunale, a fianco del frate Girolamo Franchi, per cooperare alla censura e alla distruzione dei libri ebraici. Fu così che venne assestato un duro colpo alla scuola talmudica aperta nella città da Giuseppe Ottolenghi con il favore del governatore di Milano. Del resto, Sisto cominciava a godere della fama di dotto ebraista grazie al fatto che nel convento genovese aveva avuto modo di leggere numerosi libri lasciati da Agostino Giustiniani, l’autore del Psalterium octaplum (1516), una versione poliglotta dei salmi biblici con un commento che ne evidenziava la matrice cabalistica, rimarcata dalle citazioni del Sefer ha-Zohar non ancora stampato. Non meraviglia dunque che a Cremona, secondo la sua stessa testimonianza, il frate salvasse dalle fiamme appiccate dai birri centinaia di copie dell’edizione di quest’opera, fatta l’anno prima da Vincenzo Conti con l’aiuto di Vittorio Eliano, ritenendola un libro utile per i cristiani (sarebbe stata condannata solo più tardi, nel 1593). Il commento di Giustiniani, insomma, aveva reso Sisto – nemico dichiarato del Talmud, di cui avrebbe elencato gli ‘errori’ e le ‘bestemmie’ nella Bibliotheca sancta (cit., pp. 485-487) – un lettore curioso di cabalistica, anche se di questa tradizione, nell’opera principale, avrebbe distinto la parte ‘vera’ da quella ‘falsa’.
Sebbene la storiografia più recente ridimensioni il sapere del frate senese, specie per quanto riguarda la produzione ebraistica, la citata Bibliotheca sancta (F. Francisci, 1566) costituisce un monumento dell’erudizione biblica del Cinquecento e la sola grande fatica che Sisto fece stampare in vita. Divisa in due tomi e ripartita in otto libri, colleziona commenti ed elenchi di testi divisi per materia. Il primo libro stabilisce il canone biblico cattolico; il secondo è un dizionario dei testi e degli autori menzionati nella Bibbia o di soggetto biblico; il terzo fornisce un’ermeneutica biblica (si tratta delle pagine più influenzate dalle letture cabalistiche, dove Sisto distingue i sensi della Scrittura ripartendoli in decine di categorie); il quarto mette a disposizione una lista degli autori che hanno scritto a proposito della Bibbia, dividendola in varie classi; il quinto è dedicato all’interpretazione di alcuni passi del Vecchio Testamento (è in questa sezione che Sisto testimonia della circolazione a stampa del perduto libro Adversus lamiarum inquisitorum di Agrippa von Nettesheim, polemizzando con le sue tesi contrarie alla realtà del sabba); il sesto ad alcuni passi del Nuovo Testamento; gli ultimi due a censurare le opinioni e i testi ereticali riguardanti la Scrittura.
Sisto difese la Vulgata come la sola versione biblica da cui partire, prendendo così una posizione più radicale di quella tridentina; tuttavia nelle sue pagine lascia trapelare interessi e letture non sempre in linea con i dettami teologici della Controriforma (si contano per esempio diverse citazioni da Lorenzo Valla e da Erasmo da Rotterdam). L’opera conobbe diverse edizioni, a partire da quella veneziana del 1574-1575, emendata sulla base del lavoro compiuto dall’autore prima di morire; ma manca ancora oggi un lavoro che compari le varianti testuali, che forse furono dettate dalle posizioni tenute dagli apparati censori romani negli anni di Pio V. In ogni modo la Bibliotheca fu ripubblicata a Francoforte (1575), Colonia (1576, 1586, 1626), Lione (1591, 1592) e Parigi (1610). Il terzo libro, inoltre, circolò separatamente con il titolo di Ars interpretandi S. Scripturas absolutissima (Colonia, Alectorium e Horst, 1577 e 1583). Lodata da Roberto Bellarmino nel De scriptoribus ecclesiasticis liber unus (Roma 1613), la Bibliotheca venne in parte criticata da Antonio Possevino, che conobbe Sisto personalmente, nell’Apparatus sacer (Venezia 1603, pp. 225-233). Il gesuita, infatti, ne mise in rilievo alcuni presunti errori e ne evidenziò le eccessive citazioni da Catarino e da autori rabbinici. Sul versante opposto, nel 1627 Leone da Modena compose una breve replica contro le pagine ostili al Talmud presenti nella Bibliotheca che è stata pubblicata da Clemente Ancona (1963-1964). La fama dell’opera comunque giunse fino alla fine del Seicento, e Richard Simon ne lodò l’erudizione convinto che l’autore fosse un ebreo convertito (Lettres choisies, Amsterdam 1700, p. 176, epistola del 12 novembre 1684). L’ultima edizione della Bibliotheca fu quella curata nel 1742 dal domenicano Pio Tommaso Milante, che premise al testo una biografia dell’autore (Napoli, ex Typographia Mutiana, I-II).
Non si ha notizia di alcune opere che Sisto disse di avere scritto e che forse eliminò prima di morire: il De usu concordantiarum; le Quaestiones astronomicae, geographicae, physicae et problematicae in varios Scripturae locos; un Compendium e delle Quaestiones scholasticae sull’epistola paolina ai Romani; varie raccolte di Homiliae tenute a Genova e il Sophias Monotessaron, seu ex quatuor libris sapientialibus Proverbiorum, Ecclesiastis, Sapientiae et Ecclesiastici liber unus Sapientiae, che – stando a un’errata testimonianza di Martin Lipenius nella Bibliotheca realis theologica (1685) – sarebbe stato pubblicato almeno due volte, così come il Compendium, dopo la morte di Sisto.
Si spense a Genova il 28 settembre 1569 nel convento di S. Maria di Castello, dove fu sepolto.
Fonti e Bibl.: Città del Vaticano, Archivio della Congregazione per la Dottrina della fede, S. O., S.. S.. R 4-f, cc. 304r-334v, UV-12, cc. 1r-15r; Archivio di Stato di Venezia, S. Uffizio, b. 10, f. S. da Siena, cc. n.n.; G.M. Piò, Delle vite de gli huomini illustri di S. Domenico, II, Pavia 1613, col. 261; J. Quétif - J. Échard, Scriptores Ordinis Praedicatorum recensiti, II, Paris 1723, pp. 206-208; G. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, VII, 1, Firenze 1809, pp. 393 s.; A. Vigna, I Domenicani illustri di Santa Maria di Castello, Genova 1886, pp. 43-47, 75 s., 386 s., 442 s.; M. Stern, Urkundliche Beiträge über die Stellung der Päpste zu den Juden (Mit Benutzung der päpstlichen Geheimarchivs zu Rom), II, Kiel 1893, pp. 128-130, 132-134; P. Piccolomini, Documenti vaticani sull’eresia in Siena durante il secolo XVI, in Bullettino senese di storia patria, XV (1908), pp. 304 s.; Id., Documenti del R. Archivio di Stato in Siena sull’eresia in questa città durante il sec. XVI, ibid., XVII (1910), pp. 30-35; A. Mercati, Dubbio su un episodio della vita di fra S. da Siena, in Rivista di storia della Chiesa in Italia, V (1951), pp. 374-380; J.W. Montgomery, Sixtus of Siena and roman catholic biblical scholarship, in Archiv für Reformationsgeschichte, LIV (1963), pp. 214-234; P.O. Kristeller, Iter italicum, I, London-Leiden 1963, pp. 264b, 271b, II, 1977, p. 151a; C. Ancona, Attacchi contro il Talmud di Fra’ S. da Siena e la risposta, finora inedita di Leone da Modena, rabbino in Venezia, in Bollettino dell’Istituto di storia della società e dello Stato veneziano, V-VI (1963-1964), pp. 297-323; P. Zambelli, Cornelio Agrippa, S. da Siena e gli inquisitori, in Memorie domenicane, n.s., III (1972), pp. 146-164; A. Rotondò, La censura ecclesiastica e la cultura, in Storia d’Italia, V, 2, I Documenti, Torino 1973, pp. 1435 s.; R. Galli, Trois lettres inédites de Sixte de Sienne O.P., in Archivum Fratrum Praedicatorum, XLIV (1974), pp. 93-98; A. Del Col, Note sull’eterodossia di Fra S. da Siena: i suoi rapporti con Orazio Brunetti e un gruppo veneziano degli ‘spirituali’, in Collectanea Franciscana, XXVII (1977), pp. 27-64; The Jews in the Duchy of Milan, a cura di S. Simonsohn, II, Jerusalem 1982, pp. 1130 s.; F. Secret, Les kabbalistes chrétiens de la Renaissance, Milano 1985, pp. 241 s.; F. Parente, Alcune osservazioni preliminari per una biografia di Sisto Senese. Fu realmente Sisto un ebreo convertito?, in Italia Judaica. Gli ebrei in Italia tra Rinascimento ed età barocca. Atti del II Convegno..., Genova... 1984, Roma 1986, pp. 211-281; Le temps des Réformes et la Bible, a cura di G. Bedouelle - B. Roussel, Paris 1989, pp. 172-188; I. Backus, Historical method and confessional identity in the era of the Reformation, 1378-1615, Leiden 2003, pp. 212-216; U. Parente, Sul preteso giudaismo di Fra S. da Siena davanti all’Inquisizione romana (1551-1553), in Le Inquisizioni cristiane e gli ebrei. Tavola rotonda... 2001, Roma 2003, pp. 375-405; L. Fedi, Una fonte della profezia di Campanella: la Bibliotheca sancta di S. da Siena, in ‘Con l’ali de l’intelletto’. Studi di filosofia e di storia della cultura, a cura di F. Meroi, Firenze 2005, pp. 159-183; G. Caravale, Sulle tracce dell’eresia. Ambrogio Catarino Politi (1484-1553), Firenze 2007, pp. 294-297, 301; F. Parente, Quelques contributions à propos de la biographie de Sixte de Sienne et de sa (prétendue) culture juive, in Id., Les Juifs et l’Église romaine à l’époque moderne (XVe-XVIIIe siècle), Paris 2007, pp. 208-232; J. Wicks, Catholic Old Testament interpretation in the Reformation and early confessional eras, in Hebrew Bible / Old Testament. The history of its interpretation, II, From the Renaissance to the Enlightenment, a cura di M. Sæbø, Göttingen 2008, pp. 639 s.; F. Parente, in Dizionario storico dell’Inquisizione, a cura di A. Prosperi - V. Lavenia - J. Tedeschi, Pisa 2010, s.v.