SISTO IV
Francesco della Rovere nacque a Celle in Liguria, in località Richetti, il 21 luglio 1414, da Leonardo († 1430) "accimator panni" (così qualificato in diversi atti notarili: cfr. O. Varaldo, Sulla famiglia della Rovere, pp. 8 s.; E. Lee, Sixtus IV, pp. 13 s.), e da Luchina Monleone, appartenente ad una famiglia nobile genovese esiliata nel 1317 a Savona e arricchitasi con il commercio. La famiglia, anche se da alcuni biografi antichi venne definita "egregia" o "illustre" (così rispettivamente Venturino de' Priori e Marco Vigerio: cfr. L. Di Fonzo, Sisto IV, p. 51), fu probabilmente di condizione modesta, ma certamente non "bassissima e vile" come polemicamente affermeranno i detrattori del pontefice (N. Machiavelli, Istorie fiorentine VII, XXII; B. Corio, p. 1383). La tesi che i della Rovere liguri fossero imparentati con un'omonima famiglia nobile piemontese di Vinovo, difesa da alcuni storici anche sulla base di dichiarazioni dello stesso papa in alcuni documenti, deve forse molto di più ad una ricostruzione a posteriori della nobiltà della famiglia operata soprattutto nel XVI secolo (tali legami, taciuti quasi sempre dai contemporanei, sono recisamente negati ad esempio da I. Gherardi, Il Diario romano, pp. 49-50; cfr. E. Lee, Sixtus IV, p. 26). Minor fondamento ancora hanno successivi tentativi "etimologici" per collegare la famiglia savonese alla nobiltà senese, in particolare alla famiglia dei Ghianderoni o Glanderoni. Non provata resta infine, per l'esiguità della documentazione, l'affermazione che i veri genitori di Francesco fossero un non meglio noto Richetti e una Beltrame, morti i quali il piccolo sarebbe stato adottato dai della Rovere di Savona (D. Cortese, Sisto Quarto, pp. 211 s.; L. Di Fonzo, Sisto IV, pp. 53 s.), benché anche L. Cobelli (p. 257) parli di un umile "frate Franceschino", aiutato e poi accolto da Paolo Riario come precettore dei suoi figli. Un segno di questa ambigua tradizione sull'origine della famiglia (non senza analogie con le contrastanti versioni sulle origini di Niccolò V) è rappresentato dall'opera del Panvinio: l'affermazione secondo la quale S. "sordido genere ortus patrem habuit piscatorem", che si legge nella edizione del 1557 delle biografie pontificie, scompare in quelle successive, dove si riconosce invece la nobiltà degli antenati del papa (cfr. L. de Villeneuve, p. 12). Importanza singolare avranno le sorelle di Francesco (Luchina, Franchetta, Maria, Bianca ed una quinta di cui non si conosce il nome) per le alleanze matrimoniali e per il destino che sarebbe toccato ai figli, in particolare quelli di Bianca e di Paolo Riario (Pietro [† 1474] e Girolamo [† 1488]) ed il figlio di Luchina, Girolamo Basso della Rovere († 1507). Francesco ebbe due fratelli: Raffaello (padre di Giovanni [† 1501], di Bartolomeo, vescovo di Massa, e di Giuliano, il futuro Giulio II), e Bartolomeo, padre di Leonardo († 1475), da alcuni ritenuto erroneamente figlio di Raffaello (v. P. Litta, tavv. 1-7 e L. Di Fonzo, Sisto IV, pp. 54 ss.; per il fratello Bartolomeo cfr. L. de Villeneuve, p. 38; G. Gaida in B. Platynae, p. 408 n. 2). Un'analoga aura di leggenda circonda, oltre che le origini della famiglia, anche i primissimi anni della vita di Francesco, che la madre consacrò fin da piccolo al poverello di Assisi a s. Antonio per le grazie ricevute in situazioni disperate (B. Platynae, p. 399; L. von Pastor, p. 435). Lo stesso Francesco, divenuto papa, avrebbe ricordato in documenti ufficiali alcuni di questi prodigi: così nella bolla Immensa divinae bonitatis, del 12 marzo 1472, e soprattutto nella Praeclara Sanctorum merita, del 3 ottobre 1472 (per una descrizione dei diversi "mira" cfr. L. Di Fonzo, Sisto IV, pp. 29-30, 59 ss.; per i sogni premonitori del futuro destino, un topos che si ritrova nelle vite di molti pontefici - si pensi a Niccolò V o a Pio II -, cfr. C.L. Stinger, pp. 86 ss. e lo studio di I. Walter, relativo ad un episodio della "biografia dipinta" di S. nel ciclo pittorico dell'Ospedale di S. Spirito). Il fanciullo venne affidato fin dall'età di nove anni al minorita conventuale Giovanni da Pinerolo (B. Platynae, p. 399). Nel settembre 1429, terminati a Savona gli studi elementari di grammatica e di retorica, all'età di quindici anni il della Rovere fece la sua professione, venendo affidato alla Provincia e Custodia di Genova. Sempre a Savona, sembra (L. Di Fonzo, Sisto IV, p. 78), studiò la dialettica nell'anno successivo, per poi recarsi a Chieri, nel convento di S. Francesco, dove, sotto la guida del minorita Galasso da Napoli iniziò lo studio della filosofia naturale (basato soprattutto sui commenti alla Fisica di Aristotele). In seguito (1431-1432) studiò metafisica e morale presso lo Studio generale di filosofia di Pavia, compiendo il previsto triennio di studi di logica e filosofia. Negli anni successivi (1432-1435) Francesco iniziò anche l'attività di insegnante, in qualità di baccelliere, probabilmente a Chieri o nella stessa Pavia (l'omonimia con un "frater Franciscus de Ianua o de Savona", docente di teologia a Padova proprio nel 1434 e poi nel 1438, da identificarsi con Francesco Mangani, ha spesso portato all'erronea identificazione dei due minoriti: cfr. P.M. Sevesi, p. 198 e n. 2; E. Lee, Sixtus IV, p. 25; fondamentale L. Di Fonzo, Sisto IV, pp. 88, 32-49 per un'analisi approfondita di questo e di altri casi di omonimia). In questo periodo le sue doti intellettuali erano già apprezzate dai superiori, al punto che durante il Capitolo dei Frati Minori Conventuali svoltosi a Bologna nel maggio 1434 il della Rovere, che aveva appena diciannove anni, fu invitato a tenere una disputa, conquistandosi l'ammirazione del padre generale Guglielmo Casale. Terminato il proprio tirocinio a Chieri, e forse a Ferrara, nel 1435, partì alla volta di Bologna per studiarvi teologia. Qui, seguendo l'insegnamento dei francescani Giacomo Testori da Siena e Andrea da Nola, compì il biennio di studi teologici (1435-1437), iniziando subito dopo la sua carriera di insegnante secondo l'iter previsto (docente di Sacra Scrittura per studenti di filosofia; "maestro di studio" baccelliere e poi lettore). Dopo un soggiorno di studio a Pavia, nel 1439, dove venne ordinato sacerdote, della Rovere passò a Venezia il triennio 1439-1441 in qualità di lettore di filosofia. A completamento del triennio didattico fu quindi inviato a Padova, dove, dopo un ulteriore triennio di insegnamento e di esami, ottenne la licenza (27 marzo 1444) e infine, all'età di ventinove anni, il dottorato in teologia (14 aprile 1444). Fra i testimoni della cerimonia pubblica nella cattedrale di Padova al cospetto delle autorità universitarie vi era anche il "rector" della Facoltà delle arti, Giovanni Argiropulo (per gli atti relativi alla licenza e al dottorato cfr. Acta graduum, nrr. 1783, 1800, 1818-20; il testo dell'atto di conferimento del dottorato in D. Cortese, Sisto Quarto, pp. 127-29 e in L. Di Fonzo, Sisto IV, pp. 143-45). Dall'aprile 1444 al maggio 1446 rimase a Padova come "reggente" e professore di logica. Un codice contenente il commento di Gaetano da Thiene al De anima fu da lui acquistato il 28 aprile 1444 (A. Maier, p. 136; E. Lee, Sixtus IV, p 16; altri codici scritti per lui in questo periodo sono segnalati in P. Scarcia Piacentini, pp. 126 s.; L. Di Fonzo, Sisto IV, pp. 156 s.). Della Rovere era già abbastanza reputato per insegnare filosofia, nel 1445 o nel 1446, in concomitanza con Gaetano da Thiene (cfr. A. Maier, pp. 137-38; E. Lee, Sixtus IV, p. 16; come avverte D. Cortese, in L'orazione della Immacolata, p. 30, Gaetano va identificato con lo zio dell'omonimo santo). Il periodo che va dal 1445 al 1448 lo vide impegnato anche sul fronte dell'organizzazione ecclesiastica. Nel 1446 divenne infatti assistente del ministro generale Antonio Rusconi, nel 1448 "decanus et regens" della casa francescana di Padova, dove la sua presenza è attestata per gli anni 1445, 1446, 1448 e 1449. Dopo aver passato il biennio 1449-1451 a Bologna in qualità di reggente dello Studio conventuale e di professore pubblico di filosofia e di teologia all'Università, si trasferì a Firenze, dove rimase per l'anno 1451 come reggente e docente nello Studio. Fra il 1451 ed il 1455 insegnò filosofia a Perugia riscuotendo un grande successo (nel 1464 otterrà la cittadinanza onoraria). Una nuova fase della sua carriera ecclesiastica si inaugurò tuttavia poco prima del 1459, quando Bessarione, cardinale protettore dei Francescani dal 1458, fece di lui il proprio confessore personale. In una lettera a Francesco Sforza del 18 giugno 1459 il Niceno presentava della Rovere come "uno de li primi e più reputati del suo Ordine" (P.M. Sevesi, p. 494). A dire di Platina (p. 400) e di L. Carbone, Bessarione era entusiasta di della Rovere, al quale intendeva sottoporre tutti i suoi scritti prima della pubblicazione (L. von Pastor, p. 435; E. Lee, Sixtus IV, p. 18). Nella biografia del Niceno, Vespasiano da Bisticci ricorda con quanto entusiasmo il cardinale avesse accolto della Rovere, al quale faceva "legere certe lectioni di Scoto, che era maraviglioso iscotista" (Vite, I, p. 173); neanche il favore degli Sforza venne meno: è del 1° aprile 1460 la risposta di I. Ammannati alla duchessa Bianca Maria che raccomandava della Rovere al neoeletto vescovo di Pavia (P.M. Sevesi, p. 199; I. Ammannati Piccolomini, pp. 331-32 e n. 2 per la data di elezione a vescovo dell'Ammannati; cfr. anche E. Lee, Sixtus IV, pp. 17-8; L. Di Fonzo, Sisto IV, pp. 236, 254). Dal 1460 al 1464 della Rovere fu vicario del ministro generale Giacomo da Sarzuela e procuratore generale dell'Ordine a Roma (P.M. Sevesi, pp. 199-200, 498). Secondo quanto attesta Marco Vigerio nel suo elogio (edito in E. Lee, Sixtus IV, Appendix nr. 2), verso la fine del 1460 Francesco fu eletto ministro della Provincia francescana di Genova, ma non sappiamo se la notizia sia esatta né se la sua elezione sia stata confermata dai superiori o se, visti i suoi impegni romani, abbia esercitato l'ufficio "in absentia". È invece certo che nel 1462 fu ministro della Provincia romana. Proprio nel Natale di questo anno egli partecipò infatti al cospetto di Pio II alla disputa fra Francescani e Domenicani sul sangue di Cristo. Frutto di questa polemica fu un suo scritto teologico, il De sanguine Christi (v. oltre). Pio, favorevole ai Domenicani, lasciò tuttavia in sospeso la questione non volendo alienarsi i Minoriti la cui attività capillare era di grandissima importanza per diffondere l'idea di una crociata contro i Turchi. Fra il 1460 ed il 1464 il della Rovere fu attivo a Roma anche come professore di teologia sia presso lo "Studium sacri Palatii" che presso l'Università della Sapienza (cfr. L. Di Fonzo, Sisto IV, pp. 275 s.). Durante il Capitolo generale dei Francescani (Perugia 1464), della Rovere venne eletto all'unanimità generale dell'Ordine. Il nuovo incarico inaugurò una fase densa di attività in cui il neoeletto poté esplicare le doti sempre riconosciutegli, oltre che di fine teologo, anche di organizzatore della vita ecclesiastica: visitò i conventi, rimosse i professori minoriti che avevano raggiunto gradi accademici senza merito, si preoccupò della moralità dei frati (per altre attività di riforma cfr. P.M. Sevesi, pp. 497-98). Fu forse l'intensità del lavoro a causare un periodo di malferma salute fra il 1464 ed il 1466. Nel maggio 1467 si aprì a Firenze il Capitolo generale dei Francescani, dedicato alla riforma dell'Ordine. Qualche mese dopo della Rovere, che intendeva recarsi a Venezia come professore di teologia, fu costretto a rinunciare al progetto perché Paolo II, il 18 settembre 1467, lo aveva creato cardinale di S. Pietro in Vincoli. Secondo Vespasiano da Bisticci - da buon fiorentino, anche se non filomediceo, non molto favorevole a della Rovere - fu Bessarione che "parendogli uomo dotto, fece tanto con papa Pagolo che lo fece fare cardinale, che mai non sarebbe suto sanza il mezo suo" (Vite, I, p. 173). Se le responsabilità del nuovo incarico non mutarono sostanzialmente l'attività di studioso di della Rovere, ne acuirono tuttavia la sensibilità alle esigenze politiche. Egli coltivò così in modo particolare le sue relazioni con le corti di Savoia e di Milano (sia Galeazzo che Bianca Maria Sforza si erano subito congratulati per la sua elezione a cardinale: cfr. P.M. Sevesi, pp. 208-09; C. Bianca, p. 19). In questo contesto appare chiaro anche il desiderio di elevazione retrospettiva della famiglia di della Rovere, che in una lettera del 18 maggio 1468 a Cristoforo della Rovere di Vinovo, consigliere di Amedeo IX di Savoia, lo chiamava "affinis carissimus" (edita in E. Lee, Sixtus IV, Appendix nr. 5; L. de Villeneuve, p. 31; è su questo documento che L. von Pastor, p. 434, si basa per accreditare la tesi della parentela fra le due famiglie della Rovere). Più in generale Francesco cercò di far riconoscere l'appartenenza della propria famiglia alla nobiltà italiana, preoccupandosi al contempo di trovare i mezzi finanziari sufficienti a consolidare la nuova posizione da lui occupata. Si coglie in queste oscillazioni un contrasto che trascende la pura curiosità genealogica, e che rivela invece le tendenze contraddittorie, anche in seno ai Francescani, fra l'esempio del poverello di Assisi ed il bisogno imposto dalla mentalità, non solo dei laici, di quell'epoca. È sullo sfondo di queste circostanze che vanno inquadrate le prime mosse politiche verso i potenti del tempo: il 26 novembre 1467 della Rovere scrisse a Galeazzo Maria Sforza chiedendogli di sostenere la sua nomina a vescovo di Novara, posizione che gli avrebbe permesso di sovvenire alla propria povertà di mezzi (P.M. Sevesi, pp. 210-11). Lo Sforza, nonostante una nuova richiesta del 15 dicembre, non lo contentò, sostenendolo però per l'arcicardinalato di Genova (ibid., pp. 211-16). Il 18 maggio 1468 era il turno di Cristoforo della Rovere, il ricordato "affinis", al quale Francesco si rivolgeva per ottenere il beneficio dell'ospedale di S. Andrea a Vercelli. La lettera a Cristoforo, sopra citata, è molto indicativa del duplice bisogno di sostegno, economico e politico: senza il "principum favor et praesidium" non era possibile procurarsi i "benefitia in eorum dominiis contenta", senza i quali, arguiva il cardinale, era impossibile o difficile "dignitatem nostram sustinere" (E. Lee, Sixtus IV, Appendix nr. 5, p. 212). Gli stessi termini erano contenuti in una lettera, autografa, di qualche mese prima a Galeazzo Maria (2 gennaio 1468), in cui della Rovere aveva chiaramente confessato la "tenuis conditio" del suo stato (la lettera è edita in C. Bianca, Appendice II, pp. 49-50). È certo dunque che, all'epoca, della Rovere "pauper erat" (B. Platynae, p. 403) e che venne aiutato dai cardinali. Fra il 1468 e il 1469 Francesco aveva così già cumulato una discreta dotazione di beni: nel registro che riporta i "servitia" dei cardinali egli non appariva sfornito nei confronti degli altri porporati (P.M. Sevesi, p. 216). Nel 1469 divenne abate del monastero benedettino di S. Giustina in Sezadio, nella diocesi di Acqui, e priore di S. Maiolo in Pavia e ricevette inoltre in commenda da Paolo II l'Ordine del S. Sepolcro (P.M. Sevesi, pp. 226-27, 477, 483-84; cfr. E. Lee, Sixtus IV, p. 23). Nel gennaio del 1470 ricevette una pensione annua di 500 fiorini (Bullarium Franciscanum, nrr. 1639, 1641, 1649, 1697; sui suoi benefici cfr. A.V. Antonovics, p. 101). È sostanzialmente al periodo precedente l'elevazione al pontificato che risalgono gli scritti teologico-filosofici di della Rovere. Degli inizi degli anni Sessanta è la stesura del trattato De sanguine Christi. Nell'opera egli difende la tesi francescana (scotista), propugnata pubblicamente da Giacomo della Marca, per questo accusato di eresia, secondo la quale il sangue di Cristo versato prima della sua resurrezione non mantiene la natura divina. I Domenicani sostenevano l'opposta tesi della natura divina del sangue. La questione, in apparenza soltanto teologica (opposte teorie di scotisti e tomisti sul concetto di forma sostanziale, sulle nozioni di persona e di individuo, e quindi sul problema del rapporto fra anima e corpo), implicava di fatto anche la validità di numerose reliquie conservate in diversi luoghi di culto. Per quanto basata sulla difesa delle teorie scotiste, l'opera di della Rovere si proponeva di conciliare pacificamente le diverse teorie, secondo una tendenza al raccordo fra le due scuole che è tipica del suo pensiero. Si conserva in diverse redazioni, soprattutto nella B.A.V., nel Vat. lat. 1052, con dedica a Pio II e tracce di lunghe revisioni (descrizione in A. Pelzer, p. 590; cfr. P. Scarcia Piacentini, pp. 137, 146). Una copia del XVI o inizio XVII secolo di questa redazione è nell'Ottob. lat. 564; una copia precedente destinata al Bessarione, con qualche nota marginale poi accolta nel testo del Vat. lat. 1052, è nel Marciano lat. 1567 (Z 132) del XV secolo (cfr. C. Bianca, pp. 31 s., P.O. Kristeller, II, p. 211). L'ultima redazione del trattato è contenuta, insieme al De potentia Dei, nel Vat. lat. 1051 (copiato verso il 1470; descrizione in A. Pelzer, p. 589, cfr. C. Bianca, pp. 31 s.). Il testo di questa redazione, con dedica a Paolo II, fu stampato da Giovanni Filippo de Lignamine, con un'epistola dedicatoria al papa, dopo il 10 agosto 1471. Una copia della stampa è nell'Urb. lat. 151 (cfr. C. Stornajolo, I, p. 159; L. Di Fonzo, Sisto IV, p. 382) nonché a Londra nella British Library (Royal Manuscripts, 8 D XVII, mbr. XV; cfr. P.O. Kristeller, IV, p. 195). Un codice conservato a Madrid (Biblioteca Nacional, 6294, R 147), riporta la dedica a Paolo II, quindi probabilmente nella seconda redazione, e forse è copia dell'Urb. lat. 151 o delle stampe, dato che contiene altre due opere di S. (il De potentia Dei, alle cc. 122-134v dedicato sempre a Paolo II, e il De futuris contingentibus alle cc. 135-142v); il codice, che ha uno stemma pontificio, fu scritto nel 1480 da "Oddo D.B.K. Alamanus Brabantinus scriptor regis Ferdinandi [...]" (cfr. P.O. Kristeller, IV, p. 551 e C. Bianca, p. 42). Agli anni di cardinalato di della Rovere, quindi dopo il 1467, risale la composizione del De potentia Dei. Contro le opinioni tomistiche sulla stretta unità di razionalità e volontà in Dio, egli difendeva ancora una volta le tesi scotiste sulla potenza di Dio, infinita e non soggetta ad alcuna legge. L'infinita maestà divina non può essere limitata in alcun modo ed è "superiore a qualsiasi norma e ordine o considerazione del nostro intelletto" (C. Vasoli, Tra "maestri", p. 200). L'opera è interessante anche da un punto di vista politico, in quanto vi viene teorizzato il superiore potere che papa e imperatore hanno sui principi e sulle loro leggi, essendo in parte sciolti (assoluti) dalle comuni costrizioni. Si conserva, assieme con il De futuris contingentibus, nel Vat. lat. 1050 (A. Pelzer, pp. 588-89), nel ms. lat. 12390 della Bibliothèque Nationale di Parigi, nell'Ottob. lat. 1128 della B.A.V. e nel citato codice madrileno 6294. Fu stampato assieme al De sanguine Christi da de Lignamine nel 1471, con dedica al pontefice e quindi a Norimberga da Friedrich Creussner nel 1473. Il De futuris contingentibus, composto nel 1470, nasce anch'esso da una disputa teologica, svoltasi nel 1465 all'Università di Lovanio fra Petrus Rivo ed Henricus de Zomeren, relativa allo statuto logico e ontoteologico delle proposizioni concernenti gli avvenimenti futuri (come ad esempio le profezie bibliche). Esso inoltre testimonia dei rapporti che della Rovere ebbe con Bessarione, al quale de Zomeren si era rivolto per un parere. Fu infatti su sollecitazione del cardinale che della Rovere affrontò il problema, pervenendo ad una soluzione mediatrice, col sostenere la tesi di una sostanziale "concordantia doctorum" (C. Vasoli, Tra "maestri", pp. 205 s.). L'opera è tradita, manoscritta, dai codici lat. 3169 e lat. 12390 della Bibliothèque Nationale di Parigi (L. Baudry, pp. 49-54, 57-9, cfr. C. Bianca, p. 41); una diversa redazione (almeno della dedica) è nel Vat. lat. 1050 della B.A.V. (A. Pelzer, pp. 588-89; C. Bianca, p. 41), di cui è copia l'Ottob. lat. 1128 (cfr. P.O. Kristeller, II, p. 416); esiste anche nel citato codice madrileno 6294 (cfr. ibid., IV, p. 551). Fu stampata a Roma in circa trecento copie da Giovanni Filippo de Lignamine, con dedica al pontefice (ivi per l'accenno al numero di copie), prima dell'agosto 1473 e quindi nel 1473 a Norimberga da Friedrich Creussner; ne esiste un'edizione moderna in L. Baudry (pp. 113-25). Non tutti gli studiosi sono d'accordo sul numero o sull'esistenza di altri suoi scritti. Nel novero delle opere mai scritte sembra doversi collocare un trattato incompiuto sulla concordanza fra Duns Scoto e Tommaso d'Aquino per dimostrare la compatibilità dei teologi dei due Ordini mendicanti (l'esistenza del trattato è stata recisamente negata da L. Di Fonzo, Sisto IV, p. 397). Analoghe perplessità valgono per un supposto scritto sull'Immacolata Concezione (De conceptione B.V. Mariae), mentre, fra gli scritti dedicati a Maria (una Preghiera indulgenziata alla B.V. Maria, inserita poi in una bolla, la Stella maris, del 5 giugno 1472, incisa anche su una lapide dell'ex Ospedale della Consolazione in Roma, e una Homilia per l'Ufficio della Madonna, posteriore al 1477: cfr. L. Di Fonzo, Sisto IV, pp. 385, 389-90), non c'è accordo nell'attribuirgli una Oratio de conceptione B.M. Virginis (a cura di D. Cortese, Padova 1985), uno scritto giovanile identificato come tale solo in base alla supposta autografia dell'unico esemplare conservato. Dopo circa una settimana dalla morte di Paolo II (26 luglio 1471) i diciassette cardinali presenti a Roma (raggiunti dall'Ammannati il giorno seguente) si riunirono in conclave (2 agosto 1471). Dopo diversi scrutini risultò eletto, la mattina del 9, Francesco della Rovere, che assunse il nome di Sisto in omaggio al santo ricordato in quel giorno. Il Pastor (appendice nrr. 108-09) ha pubblicato due liste delle votazioni, sulle cui modalità non si hanno tuttavia informazioni dettagliate. In un primo scrutinio risultarono infatti preferiti Filippo Calandrini e Bartolomeo Roverella, con sette voti ciascuno. Successivamente si dovette addivenire a degli accordi (per il testo cfr. U. Mannucci, pp. 82 s.; per le diverse ipotesi cfr. E. Lee, Sixtus IV, pp. 29-30). Favorevoli a della Rovere furono i cardinali Latino Orsini, Rodrigo Borja e Francesco Gonzaga, che furono in seguito ben compensati per il loro appoggio, e anche gli Sforza, i Medici ed il re di Napoli. L'incertezza sull'effettivo svolgersi degli eventi deriva in parte dalle accuse di simonia più volte ricorrenti nelle polemiche antipontificie degli anni successivi, quando l'impegno politico-militare del pontefice e la lotta contro le tendenze neoconciliariste di uno Zamometic gli procurarono alleati, ma anche nemici acerrimi. Non molto è dato invece sapere su una presunta mancata elezione di Bessarione, che, secondo P. Giovio, sarebbe stato escluso dalle trattative per un maldestro comportamento del suo segretario Niccolò Perotti (Elogia, Venezia 1546, cc. 16v-17). Ciò avrebbe segnato i cattivi rapporti fra il Niceno e il papa, anche se non mancano attestazioni del favore che S. ebbe verso il cardinale (cfr. E. Lee, Sixtus IV, p. 31). Un ruolo importante nell'elezione di S. avrebbe svolto il nipote Pietro Riario, sicuramente presente al conclave, il quale, racconta il cronista viterbese Giovanni di Iuzzo, "con l'astuzia sua si operò nella creazione del papa [...]" (in Cronache di Viterbo, p. 104); lo stesso attestano altri cronisti, come il Cobelli (p. 258) e l'Infessura (Diario, p. 74; cfr. L. von Pastor, p. 433), anche se v'è qualche dubbio sulla veridicità di queste affermazioni. L'elezione provocò anche malcontenti, espressi in un incidente occorso durante la cerimonia del "possesso" papale in Laterano; S. credette opportuno creare subito un corpo di guardia personale, più tardi sostituito da Giulio II con i soldati svizzeri (F.M. de' Reguardati, pp. 49-55). S. tentò subito d'intrattenere amichevoli relazioni con i più importanti Principati italiani ed europei, in particolare con Milano, Firenze e la Francia. Si conservano alcune sue lettere autografe a Galeazzo Maria Sforza degli anni 1471-1474 (v. L. von Pastor, Appendice, nrr. 110 s. e P.M. Sevesi, pp. 198 s.) a testimonianza dei buoni rapporti sempre avuti con la corte di Milano, mentre i Medici godettero di un certo numero di privilegi, divenendo depositari della Camera apostolica e concessionari del lucroso sfruttamento dell'allume della Tolfa. In particolare, durante una legazione a Roma dei Fiorentini, il 1° febbraio 1472 S. concesse indulgenza plenaria a Lorenzo e Giuliano, Lucrezia Tornabuoni, e Contessina, la nonna di Lorenzo, ma anche a diversi altri cittadini illustri (cfr. E. Lee, Sixtus IV, p. 33). Fra le prime iniziative di grande respiro da lui prese vi fu il tentativo di organizzare i principi italiani ed europei in una grande alleanza per bloccare e respingere l'avanzata dei Turchi. Il pontefice riprendeva con questa decisione la politica antiturca già tracciata con energia dai suoi predecessori, in specie da Pio II, ma agiva anche dietro la spinta della pressante avanzata del nemico. A tal fine S. inviò presso le maggiori potenze alcuni cardinali: Bessarione in Francia, Borgogna e Inghilterra; Borja in Spagna; Angelo Capranica presso gli Stati italiani; Marco Barbo in Germania, Ungheria e Polonia (L. von Pastor, p. 444). All'ultimo dei legati pontifici, il Carafa, spettò l'organizzazione militare della guerra. La flotta pontificia, per la quale il papa doveva spendere solo negli anni 1471-1472 la rilevante somma di 144.000 ducati d'oro, dopo aver avuto la benedizione di S., salpò da Ostia il 31 maggio 1472. Con l'aiuto di navi napoletane e veneziane, in accordo con una lega stretta fra il pontefice, Venezia e Napoli, venne preso il porto di Satalia. I dissidi sorti fra gli Italiani impedirono però un pieno sfruttamento delle posizioni conquistate e convinsero Carafa a tornare a Roma appena qualche mese dopo (23 gennaio 1473). Si approntò una nuova flotta di dieci galere sotto il comando di Lorenzo Zane, arcivescovo di Spalato, alla fine dell'aprile 1473, ma i rovesci militari dell'alleato principe dei Turcomanni Uz¯u'n .Hàsan (sconfitto dai Turchi il 26 luglio 1473) vanificarono ogni progetto di crociata, tanto più che gli interessi di Venezia facevano propendere la politica della Serenissima verso il mantenimento di uno status quo di sostanziale non belligeranza con i Turchi. Finiva quindi per il momento, con successi scarsi, ma con la constatazione di una debolezza strutturale degli Europei nel sostenere un impegno finanziario e militare unitario, una prima fase della politica sistina verso l'Oriente. Solo lo sbarco in Italia e la conquista turca di Otranto nel 1480 avrebbero dato nuovo impulso ai preparativi di una riscossa che tuttavia non raggiunse mai risultati definitivi. Anche la speranza di un aiuto russo alla lotta contro i Turchi andò delusa allorché S., che aveva favorito il matrimonio fra Zoe, figlia dell'ultimo imperatore bizantino rifugiata a Roma, e Ivan III (1472), dovette constatare che l'illustre ospite, lasciata l'Italia, aveva rinunciato all'obbedienza alla Chiesa di Roma. Con molta più decisione che non i papi precedenti, ma sulla scia di pratiche ben affermatesi ad esempio durante il pontificato di Callisto III e di Pio II, S. seppe favorire i numerosi parenti, in particolare i nipoti, la cui ascesa alle più alte cariche ecclesiastiche e civili fu fulminea. Concesse benefici a profusione a Pietro, figlio di Paolo Riario, marito della sorella Bianca, che era stato suo allievo e lo aveva seguito a Roma al momento della nomina cardinalizia (nel Bullarium Franciscanum oltre trenta documenti testimoniano questo cumulo di cariche fra 1471 e 1474). Fra le prime creazioni (16 dicembre 1471, pubblicate il 22 dicembre dello stesso anno) vennero elevati alla porpora cardinalizia Pietro Riario e Giuliano della Rovere, rispettivamente con il titolo di S. Sisto e di S. Pietro "ad Vincula" (lo stesso che aveva S. precedentemente), suscitando le critiche di qualche curiale e rilievi circa la mancata osservanza dei capitolati elettorali, peraltro quasi tutti sistematicamente ignorati dal pontefice (cfr. le lettere dell'Ammannati a Falcone Sinibaldi del 1° gennaio 1472 e a Niccolò Forteguerri del 14 gennaio, in I. Ammannati Piccolomini, pp. 1478, 1488-90). La vera e propria "corte" di Pietro Riario, assai sfarzosa, fa da pendant alle sobrie abitudini che il pontefice conservò per tutta la vita. A dire del Corio (p. 1386), il Riario "vere dici poterat summus pontifex". Nella strategia nepotistica apertamente adottata S. inserì diverse alleanze familiari: l'alleanza con Napoli fu rafforzata nel 1472 con il matrimonio fra Leonardo della Rovere e una figlia naturale di Ferrante d'Aragona (in quel febbraio il giovanissimo Leonardo fu nominato da S. prefetto di Roma, annullando le disposizioni di Pio II che aveva attribuito la carica ad Antonio Piccolomini ed ai suoi eredi primogeniti: a Leonardo, morto tre anni dopo, successe poi Girolamo Riario). Nell'ambito di questi patti con il re di Napoli il papa ridusse nell'aprile 1472 il tributo feudale tradizionalmente versatogli dal Regno a puri atti di riconoscimento simbolico. L'alleanza con Milano, che l'avvicinamento fra Roma e Napoli aveva reso instabile, venne invece rafforzata da un matrimonio fra Girolamo Riario e Caterina Sforza, figlia naturale di Galeazzo, nel 1477. Ai matrimoni si dovevano anche, oltre che la nobilitazione, i primi acquisti territoriali, presagio di future fortune familiari: Leonardo ricevette in dote Sora, Arpino e altri territori (L. von Pastor, p. 464); Girolamo venne innalzato a conte di Bosco (giugno 1472). Meno fortunato, per l'opposizione dei cardinali, fu inizialmente il progetto di nozze fra Giovanni (Giannetto) della Rovere, altro nipote di S., e una figlia di Federico di Urbino, Giovanna, del quale si parlò in occasione della visita a Roma di quest'ultimo nel maggio 1474 (R. Fubini, Italia quattrocentesca, pp. 280-81). Gli eventi successivi mostrarono quanto nepotismo e oculate alleanze matrimoniali fossero importanti per assicurarsi la fedeltà dei collaboratori e soprattutto un solido sostegno nei confronti del Collegio cardinalizio: il matrimonio, rigettato nel maggio 1474, fu concluso il 12 ottobre dello stesso anno, a suggellare il sostegno militare offerto da Federico nella repressione di alcune rivolte in Umbria (L. von Pastor, p. 482). Alle esigenze di questa politica furono piegate anche le attribuzioni di cariche civili: nel 1475-1476, ad esempio, la tesoreria del Patrimonio venne affidata al nipote Antonio Zuppi della Rovere e, alla morte di questi, a Bartolomeo Zuppi della Rovere. Identico meccanismo si riprodusse quando il complicato equilibrio politico italiano rischiò di rompersi nel 1473, allorché in maggio si seppe che il duca di Milano aveva venduto ai Fiorentini per 100.000 fiorini Imola (città soggetta allo Stato pontificio e di notevole importanza strategica). L'espansione di Firenze verso la Romagna era evidentemente percepita come un serio pericolo per l'integrità dello Stato, di modo che S. non esitò a rivolgersi in tono secco al duca di Milano (breve del 16 maggio 1473, cfr. ibid., p. 467), ai Fiorentini stessi, a Napoli e a Bologna e quindi ancora al duca di Milano in due brevi scritti di suo pugno (23 maggio e 6 giugno 1473). La soluzione accettata da tutti fu la vendita di Imola non più a Firenze ma a Girolamo Riario, per una somma di 40.000 ducati d'oro. Le più alte aspirazioni erano però coltivate dal nipote Pietro Riario che si destreggiò abilmente fra le diverse potenze italiane (Firenze, di cui era arcivescovo, Milano, Mantova, Padova, Venezia). Questo fitto tessuto di alleanze, prodromo di una futura carriera, risultò vanificato dall'improvvisa morte del cardinale, scomparso all'età di soli ventotto anni il 5 gennaio 1474. La morte del nipote prediletto, secondo Infessura dovuta al veleno (Diario, p. 78) ma più probabilmente ai suoi eccessi, lasciò ampio spazio di intervento a Girolamo, che di fatto svolse da allora in poi il ruolo di ispiratore più influente dell'attività politica del papa. Altro prezioso aiuto alla politica di S. fu offerto da Giuliano della Rovere (il futuro Giulio II), che dimostrò il suo talento, anche militare, in occasione di tre rivolte verificatesi nel giugno 1474 nel cuore dello Stato pontificio, a Todi, a Spoleto e a Città di Castello. A Todi l'assassinio del signore locale, Gabriello Catalani, aveva suscitato le speranze degli oppositori, alleatisi a Giordano Orsini e ai conti di Pitigliano. A Città di Castello Nicolò Vitelli, che aveva sostenuto i rivoltosi di Todi e di Spoleto, rifiutava di sottomettersi da tempo al papa, creando un serio pericolo in una zona molto vicina alla Toscana, con la quale Vitelli aveva astutamente stretto una lega assieme a Milano suscitando l'irritazione del pontefice. L'inaspettato aiuto diplomatico e militare offerto dai Fiorentini, che raccolsero seimila uomini nel vicino Borgo San Sepolcro, costituì il primo segno di una contesa diretta fra Roma e Firenze che si sarebbe acuita di lì a poco. Se nelle vicende di Todi e di Spoleto il cardinal Giuliano riaffermò il controllo pontificio con un efficace intervento militare, nel caso di Città di Castello, la cui causa era sostenuta anche da re Ferrante, si dovette ricorrere ad un professionista della guerra, Federico di Urbino, che per l'occasione venne elevato a duca (21 agosto 1474). Questi riuscì a trovare un accordo onorevole, che ristabiliva, almeno temporaneamente, l'autorità della Chiesa. La sua fedeltà venne ricompensata anche con il matrimonio, di cui si è detto, fra una sua figlia e Giovanni della Rovere, che si ritagliava inoltre un piccolo dominio personale con l'investitura dei vicariati di Senigallia e di Mondavio (ottobre 1474). La signoria di Giovanni su Senigallia bene esemplificava il metodo di governo delle periferie che S. cercava di favorire unendo nepotismo e sostegno delle oligarchie locali, rinunciando in parte ad un dominio diretto della Santa Sede e salvaguardando parzialmente le autonomie municipali (M. Caravale, Lo stato pontificio, pp. 104-07). La lega difensiva stabilita il 2 novembre 1474 fra Milano, Venezia, Ferrara e Firenze, cui in un primo momento dovevano partecipare Ferrante e S., fu percepita dal papa come una manovra di accerchiamento, non essendosi raggiunta l'unanimità su quello che doveva essere il fine di ogni alleanza, la ripresa della lotta contro i Turchi. Quello turco non si poteva dire un problema secondario: arrivavano continuamente appelli al papa dagli Stati più esposti, come avvenne all'inizio del 1475, allorché Ladislao Vetesio, ambasciatore del re di Ungheria Mattia Corvino, rivolse un accorato appello al pontefice (Oratio ad Sixtum IV pro praestanda oboedientia Mathiae Hungarorum Regis). Nonostante una sconfitta subita ad opera di Stefano il Grande, voivoda di Moldavia (1474), il pericolo turco si faceva sempre più pressante. La conquista della colonia genovese di Caffa di Crimea nel 1475 indusse S. a rivolgere numerosi appelli alle potenze occidentali, ma senza alcun esito concreto. Più vicina si fece la minaccia nel 1477, con la sconfitta inflitta dai Turchi ai Veneziani, per di più avvenuta non in Oriente ma nello stesso territorio veneto. Ciò costrinse Venezia, che non poteva sperare nell'aiuto degli altri Stati italiani in lotta fra loro, a stipulare unilateralmente una pace con i Turchi (febbraio 1479) che salvaguardasse almeno in parte gli interessi della Repubblica. Solo nel 1480 le paure divennero terrore alla notizia dello sbarco di una poderosa flotta ad Otranto, che fu duramente saccheggiata. Un nuovo appello del papa agli Stati cristiani venne lanciato nell'estate di quell'anno, mentre ad opera dello stesso venivano temporaneamente ricomposti i dissidi fra i diversi Stati italiani, ad esclusione di Venezia che, forte del suo trattato, rimaneva neutrale di fronte ai preparativi per la difesa dell'Italia. La discussione sull'intervento ed il reperimento delle somme stimate necessarie all'impresa richiese diverso tempo e trovò particolarmente ben disposto il re di Francia Luigi XI. L'8 aprile 1481 S. emanò una importante bolla (Cogimur iubente) che circolò in molti esemplari (anche a stampa), in cui si esortavano tutti gli Stati cristiani a dare il loro appoggio militare. A raffreddare ancora una volta i preparativi della spedizione, che cominciava ad avere qualche possibilità di realizzazione, sopravvenne la morte di Maometto II, salutata in Italia e a Roma con solenni processioni di ringraziamento. Il 4 luglio 1481 il cardinal legato Paolo Fregoso condusse la flotta a Napoli e poi a Otranto, che fu riconquistata dopo un breve assedio dalle truppe pontificie, assieme a quelle napoletane ed ungheresi. Quello che doveva essere un inizio di riscossa trionfale terminò però nelle solite divisioni fra i diversi eserciti, acuite da un inizio di diffusione della peste e dal malcontento dei soldati. La flotta di Ferrante rientrò a Napoli e, nonostante le esortazioni del pontefice a proseguire la spedizione in territorio albanese, anche la flotta pontificia dovette far ritorno a Civitavecchia nell'ottobre di quell'anno per non più ripartire. Se nel richiamo alla crociata la politica di S. trova una giustificazione in principi superiori religiosi e ideali, nei confronti degli Stati italiani e stranieri essa appare sempre più legata ai modi ed alle concezioni del tempo: il papa appare ora come un contendente fra gli altri, accentuando notevolmente il processo di secolarizzazione della politica pontificia già parzialmente in atto a partire dal pontificato di Martino V. L'assassinio del duca di Milano Galeazzo Maria Sforza (26 dicembre 1476) inaugurò un periodo di crisi intensa soprattutto fra S. e Lorenzo de' Medici. Già vi erano stati in precedenza segnali di tensione fra i due, come al tempo della guerra di Firenze contro Volterra (1472), quando le truppe pontificie sotto la guida di Federico da Montefeltro si erano associate a quelle fiorentine commettendo contro la volontà del papa diverse violenze sui vinti. Più rilevante era il contrasto relativo all'uso dell'allume di Volterra da parte dei Fiorentini, che in precedenza si erano impegnati col papa ad utilizzare esclusivamente l'allume della Tolfa. Venivano così a guastarsi i buoni rapporti stabiliti da S. con i Medici all'inizio del suo pontificato. Il tentato acquisto di Imola dai Milanesi aveva poi costituito un secondo punto di contesa, abbastanza grave da indurre S. a togliere ai Medici l'ufficio di banchieri pontifici e l'appalto per l'estrazione ed il commercio dell'allume della Tolfa (cfr. M. Caravale, Lo stato pontificio, p. 103) affidato ora ai loro nemici diretti, i Pazzi. L'appoggio di Firenze alla rivolta di Città di Castello e, direttamente, a Nicolò Vitelli aveva costituito un ulteriore motivo di attrito. Inoltre non poteva che acuire il dissidio la polemica ecclesiastica e politico-diplomatica (R. Fubini, Italia quattrocentesca, p. 99) ad un tempo riguardante la scelta degli arcivescovi di Firenze e di Pisa (1474) e la riluttanza del papa ad eleggere un cardinale fiorentino (cioè un Medici). Fra gli episodi più gravi del dissenso vi fu certamente il sostegno dato da Lorenzo a Carlo Fortebraccio, che all'inizio del 1477 aveva iniziato una manovra politico-militare di disturbo a Siena, nemica tradizionale di Firenze, mirante alla conquista di Perugia, dove si era assicurato l'alleanza con una parte della nobiltà cittadina. Fu ricorrendo ancora una volta all'arte militare di Federico da Montefeltro, che sconfisse le truppe di Carlo e di Firenze, che il papa riuscì a ridurre drasticamente una pericolosa espansione economica e politica fiorentina in Umbria. Con una bolla (cfr. A. Theiner, nr. 418, p. 497) S. faceva confiscare dalla Camera apostolica tutto l'allume estratto dalla Provincia del Patrimonio da Lorenzo e dai suoi. Nel febbraio 1478 i rapporti fra i vari Stati italiani vennero a determinarsi quindi naturalmente in due opposti schieramenti: da una parte Roma, Siena e Napoli, dall'altra Firenze, Milano e Venezia. È in questa atmosfera che prese avvio un tentativo di rivolta degli oppositori di Lorenzo de' Medici, capeggiati dalla famiglia rivale dei Pazzi, in accordo con il papa e soprattutto con l'ispiratore di una feroce politica antimedicea, Girolamo Riario. La congiura, organizzata certamente con l'avallo di S., anche se con modalità ancora non del tutto chiare (per una discussione favorevole a S. cfr. L. von Pastor, pp. 507 ss.) e molto probabilmente con la connivenza sia del re di Napoli che di Federico di Urbino (R. Fubini, Italia quattrocentesca, pp. 87, 263 s.), si concretizzò in un attentato a Lorenzo e Giuliano de' Medici perpetrato nel duomo di Firenze la domenica del 26 aprile 1478. Come è noto, Giuliano venne ucciso ma Lorenzo riuscì a salvarsi. I rapporti tesissimi fra la Santa Sede e Firenze si aggravarono ulteriormente con l'arresto del cardinale Raffaele Sansoni Riario, che si trovava in Firenze proprio nel giorno dell'attentato e che era dai Fiorentini ritenuto, a torto, fra i responsabili dell'accaduto. L'arresto contravveniva con evidenza ai principi dell'immunità ecclesiastica ribaditi dal pontefice appena due anni prima (L. von Pastor, p. 515). Con una bolla del 1° giugno 1478 (Ineffabilis et summi patris providentia), nella quale venivano ricordati anche i precedenti atti ostili di Lorenzo, S. scomunicava il Medici ed i suoi seguaci e minacciava l'interdetto sulla città, che poi proclamava effettivamente il 20 dello stesso mese nonostante il cardinale fosse stato liberato qualche giorno prima. Il conflitto con Firenze, che ebbe risvolti polemici e religiosi non trascurabili (come l'elaborazione di un documento, la cosiddetta Synodus florentina, dove venivano lanciate terribili accuse contro il papa), coinvolse, oltre agli schieramenti italiani, anche Luigi XI, l'imperatore Federico III e gli Svizzeri, allora in lotta contro Milano. La solita minaccia di convocazione di un concilio trovò alleati Fiorentini e Francesi, ma non ebbe il successo sperato. Grazie alla mediazione dell'imperatore, dello stesso re di Francia e poi del re Edoardo IV di Inghilterra, per lunghi mesi si protrassero a Roma trattative diplomatiche fra gli esponenti delle diverse potenze (gennaio 1479-dicembre 1480). La pace fra la Santa Sede e Firenze venne raggiunta e suggellata dall'assoluzione pontificia il 3 dicembre 1480, ma l'intera vicenda ebbe come risultato l'isolamento politico di S., soprattutto dopo la defezione di Ferrante, che aveva firmato separatamente con Lorenzo un accordo di pace (dicembre 1479) riavvicinando Napoli a Milano e a Firenze. Il rovesciamento di alleanze prodottosi nella contesa fra Firenze e la Santa Sede, che non poteva più fare affidamento sul re di Napoli, aveva indotto S., già prima della pacificazione con Firenze, a volgersi verso Venezia con cui venne stipulata una lega il 17 aprile 1480. Dietro questa alleanza vi era il disegno di Girolamo Riario di ampliare la propria personale base di potere territoriale: egli riuscì ad ottenere il vicariato di Faenza (21 agosto 1480) e poi di Forlì (4 settembre 1480). Nel piano molto più ardito di impadronirsi del Regno di Napoli, Girolamo aveva preso accordi con Virginio Orsini, che rivendicava a Ferrante le Contee orsiniane di Alba, Avezzano e Tagliacozzo, vendute dal re ai Colonna per 12.000 ducati. Con la promessa di cedere Ferrara, appartenente al duca Ercole d'Este e tradizionalmente antagonista di Venezia in quanto importante nodo commerciale, il Riario seppe inoltre acquistarsi nel settembre 1481 l'appoggio della Serenissima, che sarebbe dovuta intervenire con la sua flotta per impegnare l'esercito napoletano. Nonostante i tentativi di pacificazione di Lorenzo de' Medici e di Ercole d'Este, la guerra scoppiò nell'aprile 1482, allorché le truppe napoletane sconfinarono nello Stato della Chiesa, per difendere i Colonna in lotta a Marino contro gli Orsini. Un duplice schieramento divideva di nuovo gli Stati italiani piccoli e grandi: da una parte Venezia, Roma, il marchese di Monferrato, Genova e Parma; dall'altra Ferrara, Napoli, Milano, Firenze, Mantova, Bologna ed il temibile Federico di Urbino. Questo schieramento si ripercuoteva nella stessa situazione interna di Roma, dal momento che le contese fra Orsini e Colonna (e famiglie alleate, rispettivamente Santacroce e della Valle) turbavano la città già da tempo, coinvolgendo appunto il Riario, alleato degli Orsini, ed il re di Napoli, alleato dei Colonna di Paliano-Genazzano. L'alleanza con gli Orsini contro i Colonna non era occasionale, ma derivava dall'accresciuta potenza di questi ultimi, ostili ad alcune importanti riforme agrarie che S. aveva adottato negli anni precedenti, come la bolla del 1° marzo 1476, con la quale si autorizzavano i coltivatori a lavorare in proprio un terzo dei latifondi, di laici o di ecclesiastici, che fossero rimasti incolti (A. Theiner, pp. 491-92; cfr. M. Caravale, Lo stato pontificio, pp. 108-09). Il papa invitò subito i Napoletani a ritirare le loro truppe, alle quali rifiutò il passaggio alla volta di Ferrara. Come risposta all'alleanza fra Lorenzo Colonna, Mariano Savelli e Alfonso di Calabria, figlio di Ferrante e capo delle truppe inviate dal re, S. fece arrestare nel giugno 1482 i due cardinali Lorenzo Colonna e Giovanni Battista Savelli. Mentre Alfonso riusciva a dilagare nella campagna romana, conquistando Albano, Castel Gandolfo e Civita Lavinia, Ferrante, a capo della flotta, conduceva azioni di disturbo lungo la costa laziale. La delicata situazione del pontefice venne infine risollevata dall'arrivo a Roma (23 luglio 1482) di Roberto Malatesta, signore di Rimini e capitano di fama, che riorganizzò, anche con truppe veneziane, l'esercito della lega veneto-pontificia. Riconquistati nell'agosto Albano, Castel Gandolfo e Castel Savello, l'esercito pontificio spinse il nemico verso le paludi pontine, sconfiggendolo duramente presso Campomorto (21 agosto 1482), in una battaglia che fu considerata poi fra le più aspre e sanguinose mai combattutesi in Italia negli ultimi anni (ad es. da N. Machiavelli, Istorie fiorentine VIII). Il trionfo, celebrato festosamente anche a Roma, fu tuttavia di breve durata perché, in seguito alla morte del Malatesta, e alle defezioni dei Veneziani e degli altri alleati, il conflitto minacciava di riaccendersi. Si pervenne così ad una tregua con il duca di Calabria (28 novembre 1482), cui seguì il 12 dicembre la pace stipulata con Napoli, Milano e Firenze. Della guerra restava soltanto la diffidenza di Venezia nei confronti del pontefice, che ora difendeva Ferrara definita in un documento (redatto secondo il Pastor nella primavera del 1483) "antimurale totius Romandiole" (Responsio dom. Nostri Sixti papae IV. Ad obiecta sibi per Venetos in causa belli Ferrariensis, cfr. L. von Pastor, p. 565). Un ennesimo rivolgimento delle alleanze portava ora gli Stati italiani e S. ad una lega per difendere Ferrara dai Veneziani: l'accordo, reso noto dal papa il 30 aprile 1483, prevedeva anche azioni in mare, per le quali venne riorganizzata la flotta pontificia al comando del vescovo di Como Branda Castiglione. Alla risposta di Venezia, che cercò anche appoggio presso i Francesi sostenendo le loro antiche rivendicazioni contro gli Aragonesi e che si faceva insidiosa sulle coste pugliesi conquistando Gallipoli, si contrappose ancora una volta la terribile arma dell'interdetto, lanciato da S. contro Venezia il 24 maggio 1483 (bolla Ad bonorum tutelam, pubblicata subito a stampa). Vani risultarono gli appelli di Venezia all'imperatore (cfr. il lungo documento del doge Mocenigo a lui indirizzato, in L. von Pastor, appendice nr. 142a) e al re di Francia. La guerra contro Venezia si risolse però senza episodi militari significativi, segnando invece la vittoria delle diplomazie, soprattutto di quella milanese: Ludovico il Moro patteggiò infatti con Venezia, alla quale Ercole d'Este dovette cedere Rovigo e buona parte del Polesine, mentre il re di Napoli poté riavere Gallipoli (pace di Bagnolo, 7 agosto 1484). S. fu molto colpito da quello che giudicava un tradimento del Moro, anche se, come rileva il Pastor (p. 574), egli non doveva essere all'oscuro delle trattative cui aveva partecipato un suo emissario. In ogni caso non approvò i termini dell'accordo, ma non ebbe modo di organizzare una risposta perché, colto da febbre già da qualche giorno, morì il 12 agosto 1484. Le numerose iniziative politico-militari, i tentativi dei nipoti di fondare all'interno delle terre della Chiesa domini personali mediante acquisizioni e compere, il bisogno continuo, infine, di finanziamenti destinati ad una politica di magnificenza e di mecenatismo caddero, costituendone una componente importante, in un momento di transizione particolarmente delicato dello Stato della Chiesa. Questo si stava avviando da una condizione di grande disomogeneità interna ad una fase di riorganizzazione politica, amministrativa e fiscale, che avrebbe trovato una soluzione stabile solo nel secolo successivo, benché ancorata ad un difficile equilibrio fra potere centrale e singole realtà locali (su questo processo di "frantumazione" cfr. B.G. Zenobi, Le ben regolate città [...], Roma 1994, pp. 21 s.). In questo contesto S. cercò mediante una serie di riforme, non tutte attuate, di riorganizzare e razionalizzare il funzionamento dei principali organi di governo, portando a parziale compimento l'effettiva sussunzione delle antiche libertà comunali (in particolare di Roma dove, fra l'altro, l'assorbimento delle finanze comunali da parte di quelle pontificie fu pressoché totale [C. Bauer, Studi, p. 330]), ma ribadendo in modo favorevole alla Chiesa i variegati rapporti di dipendenza delle singole entità politiche dello Stato: così nella bolla Etsi de cunctorum, del 30 maggio 1478, dove si ribadiva il rispetto delle Costituzioni egidiane (cfr. A. Theiner, nr. 417, pp. 494-97), preceduta nel 1477 da una rigorosa iniziativa di repressione degli abusi dei funzionari provinciali (cfr. S. Carocci, pp. 179 s.). Uno dei momenti più rilevanti di questa politica fu la riforma della Camera apostolica quale appare nell'Ordo Camerae del 1480-1481, che, pur non evidenziando importanti elementi di novità, "caratterizza assai bene le tendenze del papato del Rinascimento verso una netta affermazione dei suoi diritti statali e verso l'assetto delle sorgenti della sua forza" (C. Bauer, Studi, p. 323; pp. 392 s. per il testo dell'Ordo). Un aspetto singolare delle nuove pratiche, destinato a svilupparsi anche dopo il pontificato di S., era il reperimento di fondi mediante la concessione di uffici (fra cui quelli "vacabili", cioè trasferibili ad una terza persona una volta pagato il diritto), spesso puramente fittizi. I salari relativi rappresentavano gli interessi sul capitale investito acquistando la carica (P. Partner, The "Budget", p. 258; Id., Lo Stato, pp. 432 s.; Id., The Pope's Men, pp. 197-200). L'ufficio della Dataria, che gestiva appunto tale vendita, cominciò proprio sotto S. ad avere uno sviluppo notevole. Anche la pratica delle "composizioni", somme versate a titolo di elemosina per grazie ricevute, in realtà vere e proprie tasse su quanto accordato dal pontefice, e quella delle dispense trovarono nel medesimo ufficio della Curia ampio sviluppo in epoca sistina, consolidandosi sotto Alessandro VI (cfr. L. Célier, Les dataires, pp. 87 s.; P. Partner, The "Budget", pp. 273 s.). I proventi annuali della Chiesa derivanti da entrate "spirituali" e temporali sono stati variamente stimati dagli studiosi che, in base a documenti contabili degli anni 1480-1481 e 1484, propongono cifre di 270.000/280.000 (C. Bauer, Studi, pp. 343 s.) o 290.000 ducati annui (P. Partner, The "Budget", pp. 263 s., cfr. M. Caravale, Lo stato pontificio, p. 117). Non si trattava, se paragonate alle entrate degli altri Stati italiani, di cifre elevatissime ed il pontefice poteva contare, dedotte le numerose spese, su una cifra globale certamente non molto ampia, ma a ciò corrispondeva una stabilizzazione del modo di funzionamento degli apparati che sarebbe stato mantenuto senza grandi mutamenti fino alla metà del XVI secolo (C. Bauer, Studi, p. 346). Bene si inseriscono, nel generale riassestamento della gestione della Curia sotto S., i tentativi di riforma della stessa, che tuttavia restarono in gran parte allo stato di progetto anche per la resistenza indotta dal meccanismo della vendita degli uffici e dalla pratica delle composizioni. Vani risultarono ad esempio i tentativi di limitare il lusso delle corti cardinalizie e i testi elaborati per una riforma complessiva (cfr. la bolla Quoniam regnantium cura, sulla quale si veda in generale L. von Pastor, p. 600) non ebbero mai una promulgazione ufficiale. A questi tentativi si affiancava d'altro canto una attiva politica verso gli Ordini mendicanti, soprattutto i Francescani, che S. cercò di riformare (all'epoca del suo generalato, nel 1469, risalgono gli Statuta Sixtina: cfr. L. Di Fonzo, Sisto IV, p. 385, con indicazione delle edizioni del testo) ed ai quali concesse numerose prerogative. Famose sono una bolla del 1474 detta Mare magnum, dove si confermano i privilegi dei Conventuali (cfr. A. Theiner, nr. 8, pp. 217-25) e la cosiddetta "Bolla d'oro" (1479) concessa a Francescani e Domenicani (cfr. L. von Pas-tor, pp. 577 s., anche per le disposizioni concernenti gli altri Ordini). È durante il pontificato di S. che venne canonizzato il francescano Bonaventura da Bagnoregio (14 aprile 1482). Una parte dei proventi dello Stato pontificio fu coscientemente finalizzata da S. alla promozione della città di Roma (ma anche di altri centri), con intenzioni non dissimili da quelle attribuite dalla tradizione a Niccolò V (V. da Bisticci, I, p. 63). Durante il pontificato sistino la vita culturale della città subì una vera e propria mutazione, legata in parte ad un disegno di supremazia papale da realizzarsi, oltre che nei confronti delle altre potenze, nell'affermazione complessiva, quindi anche culturale, della Corte pontificia. A ciò diedero impulso i nipoti (soprattutto Pietro e Raffaele Riario, Giuliano della Rovere) ed altri cardinali, che seppero costituire vere e proprie corti personali prefigurando lo sviluppo di quelle principesche cardinalizie che sarebbe giunto a piena maturità nel secolo successivo. Più di prima Roma divenne il centro di aggregazione di letterati e artisti, ma con una tendenza nuova rispetto ai pontificati precedenti interessati, come quello di Pio II, all'affermazione dinastica ma non particolarmente legata a Roma, o limitati ad interessi tutti interni alla famiglia (Paolo II). Di qui la programmazione di un vasto intervento esplicato in opere pubbliche, nella cultura (intesa soprattutto come organizzazione e come mecenatismo), nella ristrutturazione urbanistica ed ecclesiastica, almeno di alcuni luoghi previlegiati. L'attività edilizia si sviluppò principalmente, anche se non esclusivamente, intorno al giubileo del 1475 (indetto da Paolo II e confermato da S. nella bolla Salvator Noster del 26 marzo 1472), un evento religioso propizio al rifacimento di edifici sacri ed al miglioramento della viabilità cittadina e "banco di prova [...] [nella] costruzione della identità insieme nuova e antica del papa-re e dello Stato pontificio" (M. Fagiolo-M.L. Madonna, La rifondazione umanistica, p. 21). "Nulla praeterea fuit in urbe aedicula", annotava Sigismondo de' Conti nella sua cronaca (p. 205), "quam Jubilaei anno non instauraverit". Notevole il corpus di iscrizioni lapidarie che quasi sempre accompagnano i lavori (ben centodiciotto iscrizioni commemorative incise su lastra, di cui ottantotto ancora conservate, le rimanenti note da copie: cfr. P. Guerrini, L'epigrafia sistina, p. 454). Esse ne denotano, come avverrà anche nelle lodi dei letterati, i due caratteri più salienti: a) l'esaltazione dell'attività pontificia, intesa dapprima anche come ristabilitrice della "prisca excellentia" (così nella prima epigrafe sistina che accompagnava la donazione delle statue al popolo romano, 1471; per il testo cfr. P. Guerrini et al., p. 470 n. 1; I. Kajanto, p. 85), quindi come fonte autonoma della grandezza della città cristiana (per questo mutamento di prospettiva e per la monopolizzazione da parte pontificia degli spazi grafici urbani cfr. F. Niutta, pp. 392-94); b) il loro essere concepiti in funzione della pubblica utilità. Questo duplice carattere era già chiaro, ad esempio, a Robert Flemmyng, che nelle Lucubraciunculae Tyburtinae (1477) parlava appunto della "utilitas", della "pietas" e della "honestas" dell'attività edilizia del pontefice, contrapponendola ai fasti dell'antichità (V. Pacifici, vv. 711 s., cfr. T. Buddensieg, p. 55; F. Niutta, p. 393). Fra le chiese ristrutturate dalle fondamenta va citata in primo luogo S. Maria del Popolo, la "prima grande costruzione ecclesiastica della Roma rinascimentale" (F. Benzi, Sisto IV, p. 99). Al posto di una umile chiesetta si iniziò nel settembre 1472 l'edificazione di un vasto edificio che fu compiuto probabilmente nel 1477; le due bolle sistine che affidavano la cura della chiesa agli Eremitani dell'Ordine di S. Agostino della Congregazione lombarda, rispettivamente del settembre e dell'ottobre 1472, sono riportate su due lapidi poste sulla facciata della chiesa (per i testi cfr. ibid., pp. 247-49; per le vicende insediative degli Agostiniani e per la biblioteca annessa al convento cfr. A. Esposito, pp. 569 s.). Altre chiese riedificate dalle fondamenta sono, oltre a S. Pietro in Montorio (già appartenente ai Monaci Ambrosiani di S. Clemente, affidata da S. al francescano Amadeo Menez de Sylva nel 1472, come appare in una bolla pontificia del giugno di quest'anno, riconfermata l'8 maggio 1481, dopo un ricorso dei Vallombrosani); la chiesa di S. Vitale, una basilica del V secolo interamente ricostituita nel 1475; la chiesa dei SS. Nereo e Achilleo, riedificata dalle fondamenta nello stesso anno; le chiese dei SS. Quirico e Giulitta, S. Sisto Vecchio, S. Anastasia, restaurate da S. nel 1475, ma dei cui lavori oggi ben poco sopravvive; infine la chiesa di S. Vito in Macello, integralmente rifondata nel 1477 su una chiesa più antica, la cui menzione risale all'VIII secolo (su questi lavori cfr. F. Benzi, Sisto IV, pp. 120, 178, 188, 194). Fra le chiese costruite ex novo si ricordano: la chiesa di S. Cosimato, fondata in occasione del giubileo (1475); la chiesa di S. Maria della Pietà al Camposanto Teutonico (chiesa non completata, continuata nel 1493: sono sistini solo fondazione e impianto, forse risalenti al 1475); infine la cappelletta della chiesa di S. Maria della Spazolaria, eretta nel 1476 (per le numerose opere sistine "distrutte, modificate o difficilmente riconoscibili" cfr. ibid., pp. 184, 200 s.). Sempre agli Agostiniani è legata la costruzione della chiesa di S. Agostino, costruita fra il 1479 ed il 1483 (data dell'epigrafe posta sulla facciata) dall'architetto Jacopo di Pietrasanta, aiutato da Sebastiano Fiorentino, a spese del protettore dell'Ordine Agostiniano, il cardinale Guillaume d'Estouteville. Agli anni 1482-1484 risalgono i lavori per la chiesa di S. Maria della Pace, ancora un tempio dedicato alla Madonna, il cui culto è una delle caratteristiche del pontificato sistino. Alla Immacolata Concezione venne dedicata la Cappella Sistina, un edificio di grandissima importanza, anche per gli sviluppi posteriori che ne hanno fatto un monumento fra i più celebri del mondo. Iniziata nel 1473 e terminata nel 1483 fu consacrata solo il 14 agosto 1483. La quantità e qualità degli artisti impegnati nella decorazione ben testimoniano il potere di attrazione che oramai Roma esercitava in tutta la penisola: le opere dei pittori che la decorarono - Perugino, Ghirlandaio, Botticelli, Signorelli - sono universalmente note ed ammirate. Più controverso è il programma iconografico rappresentato dal ciclo degli affreschi, che la critica ha variamente interpretato e che sicuramente riposa su una concezione teologica in cui il cristianesimo, attraverso i successori di Pietro, si rivela come realizzazione e compimento dell'Antico Testamento. S. diede anche un nuovo impulso al coro della cappella pontificia, che però non fu da lui fondata o riorganizzata, come si è detto, bensì solo consolidata nella prassi corrente, che risale a tempi a lui precedenti (A. Roth, "Primus in Petri aede Sixtus [...]", pp. 235 s.). Nel 1471 S. donò al popolo romano la statua bronzea della Lupa (la "Mater Romanorum"), che venne trasportata dal Laterano, sua sede medievale, al Campidoglio. La lupa, simbolo della giustizia pontificia (caratterizzava infatti il luogo dove veniva resa giustizia davanti al Laterano) si sostituiva così all'altro simbolo di giustizia del Campidoglio, il leone, ad indicare, forse più che la volontà di fondare un museo capitolino, anche il mutamento della realtà politica romana nei suoi rapporti con il pontefice (M. Miglio, pp. 165 s.). Accanto alla Lupa S. donò anche le statue dello Spinario, della Zingara, una testa di bronzo e la "Palla Sansonis" e fece restaurare, ma lasciandola in Laterano, la statua di Marco Aurelio (T. Buddensieg, p. 49). Fra le imprese di pubblica utilità unanimemente ricordate e lodate dai letterati troviamo in ordine di tempo il rifacimento dell'ospedale di S. Spirito in Sassia, antica sede dei pellegrini, iniziato a partire dal 1471 e conclusosi solo nel 1478. Una serie di affreschi scandisce le tappe della biografia di S. anche mediante alcune iscrizioni tratte dalla biografia scritta dal Platina. Fra le iniziative più importanti volute dal papa vi è poi sicuramente la costruzione di ponte Sisto (l'antico "pons ruptus"), iniziata il 29 aprile 1473 (Diario della città di Roma di Stefano Infessura, p. 76). Il ponte, ai cui lavori erano devoluti anche i proventi della legge suntuaria del 1473 (cfr. A. Theiner, nr. 405, p. 476; E. Müntz, p. 280) veniva a creare nella città un nuovo asse viario trasversale, utile soprattutto alle attività commerciali, ma anche ad immettere il crescente flusso dei pellegrini in una delle zone che si erano andate maggiormente sviluppando, quella del Campo de' Fiori e di piazza Navona. Furono assai notevoli anche la sistemazione delle strade, in particolare la "via Sancta" (Borgo Vecchio), la "via Sistina" (Borgo Sant'Angelo) da Ponte al Palazzo, prolungata successivamente fino a S. Maria del Popolo, la "via Recta", la "via Papalis", da Ponte a Campo de' Fiori, con interventi di pavimentazione e rettificazione; i lavori di manutenzione delle mura e degli acquedotti (importante quello dell'Acqua Vergine), la cura di complessi edilizi di notevole importanza (Castel S. Angelo, Campidoglio). L'attenzione rivolta al decoro cittadino è testimoniata anche da una rivitalizzazione dell'antica magistratura capitolina delle strade, oramai direttamente gestita dal papa. In generale sono state evidenziate due fasi distinte di questo imponente complesso di lavori: la prima, di intensa attività edilizia, è sostanzialmente legata all'evento giubilare (1471-1476); la seconda riflette invece un'azione più minuta e capillare sul tessuto urbano. Importanti a questo proposito, oltre alle disposizioni rivolte ai "Maestri delle strade", sono le misure adottate in una bolla del 1475 relativa alle costruzioni delle case (A. Theiner, pp. 480-81; E. Müntz, pp. 180-81) ed in una bolla del 30 giugno 1480 (Etsi de cunctarum, in A. Theiner, nr. 21, pp. 273-78), dove si introduce la facoltà di acquistare le case adiacenti, secondo il principio della "fusione delle cellule edilizie contigue" (E. Guidoni, pp. 223, 226), che diede largo spazio alle demolizioni di case fatiscenti e successivi ampliamenti di unità più vaste e decorose. Una menzione specifica nell'architettura romana dell'epoca sistina meritano i diversi edifici religiosi ed i palazzi ristrutturati o edificati, in sintonia con le iniziative dirette del pontefice, soprattutto dai cardinali, che si inseriscono nel panorama complessivo del rinnovamento edilizio della città. In questa sede sarà sufficiente citare, oltre alla rilevante attività dell'Estouteville già sopra ricordata: il palazzo Nardini, edificato sulla "via Papalis", l'attuale via del Governo Vecchio, nel 1473 (dal 1483 divenne proprietà dell'ospedale di S. Salvatore in Lauro); lo stesso Nardini fece edificare nel 1483 la sagrestia di S. Maria in Trastevere, come appare da un'epigrafe murata alla porta di ingresso; il palazzo dei SS. Apostoli (1472-1474) di Pietro Riario e il palazzo di S. Pietro in Vincoli di Giuliano della Rovere (1474); il palazzo di Girolamo Riario a Tor Sanguigna, iniziato nel 1476 (oggi Museo romano di palazzo Altemps, con vestigia dell'antica fabbrica). Vennero interamente rifondate da Giuliano della Rovere nel 1480 la chiesa di S. Agnese fuori le Mura e nel 1483 la basilica di S. Pietro in Vincoli (cfr. F. Benzi, Sisto IV, pp. 196, 152 s., 192). Secondo una interessante teoria, la dislocazione di questi edifici non sarebbe casuale, ma finalizzata, coscientemente, alla divisione della città in zone anti- e filopontificie controllate, queste, dall'incrocio concomitante di palazzi e strade (E. Guidoni, p. 222). Gli interventi sistini sulla città, tanto religiosi che soprattutto civili, ebbero nel loro insieme un effetto considerevole, soprattutto perché recepivano, razionalizzavano e canalizzavano fenomeni edilizi ed urbanistici che si erano manifestati spontaneamente fin dal secolo precedente. La propaganda letteraria, ad esempio di un Aurelio Brandolini, ma anche dello stesso Platina, ha avuto sicuramente un effetto magnificante nel farne forse sopravvalutare il carattere di novità, ricollegandosi tale politica all'opera dei pontefici precedenti (Martino V, Eugenio IV e soprattutto Niccolò V). Ciononostante gli interventi sull'assetto urbano e soprattutto l'edificazione di ponte Sisto costituirono "una vera e propria rivoluzione viaria nella città" (cfr. A. Modigliani, p. 321), anche se la vera novità è piuttosto da ricercarsi, oltre che nella nuova qualità degli interventi stessi, nella direzione direttamente assunta dal pontefice, laddove anteriormente si trattava di un'attività direttamente gestita dalle istituzioni cittadine (ibid., pp. 319 s.). Con la bolla Ad decorem militantis ecclesiae del 15 giugno 1475 (edita criticamente e studiata in J. Ruysschaert, La fondation, passim) S. rifondava (o riorganizzava, dato che la sua creazione va attribuita a Niccolò V) la biblioteca pontificia, assicurandone inoltre, con atto di liberalità, encomiato ovviamente in modo abbondante dai letterati, l'apertura al pubblico. L'antica biblioteca voluta dal Parentucelli venne quindi restaurata ed ampliata, inglobando ora anche le centinaia di volumi, nella quasi totalità latini, che nel frattempo, soprattutto per diritto di spoglio, si erano andati accumulando (all'inizio del pontificato, nel 1475, si contavano oltre duemilacinquecento volumi fra greci e latini, cresciuti alla fine del pontificato a quasi tremilacinquecento: cfr. J. Bignami-Odier, p. 24). Sia i lavori di restauro, di riorganizzazione e di ampliamento - da tre a quattro sale - sia la direzione della biblioteca vennero affidati all'umanista Bartolomeo Platina, già all'epoca di Paolo II imprigionato per una supposta congiura antipontificia, ma ora riabilitato in dignità e funzioni, fra le quali non ultima quella di storico ufficiale dei pontefici (il Liber de vita Christi ac omnium pontificum, interrotto dalla morte dell'autore per peste nel 1481, termina appunto con la vita di S.). Se gli investimenti in termini finanziari furono molto modesti (dal libro di conti tenuti dal Platina si può stimare un costo complessivo, per gli anni dal giugno 1475 al maggio 1481, di poco più di 3.000 fiorini in tutto, salari compresi: cfr. l'edizione parziale in E. Müntz-P. Fabre, pp. 148 s., e in E. Müntz, pp. 121 s.), grandissimi furono i profitti in termini di immagine e di prestigio, qualità destinate ad essere accresciute, con una ammirevole continuità, fino ai nostri giorni (i registri di prestito allestiti dal Platina, un documento singolare dove compaiono numerosi nomi illustri della cultura contemporanea, sono editi parzialmente in E. Müntz-P. Fabre, pp. 269 s. e poi integralmente in M. Bertòla). Fonti e Bibl.: R. Maffei Volaterranus, Commentariorum urbanorum libri XXXVIII, Romae 1506, cc. 315 s.; P. Giovio, Elogia, Venetiis 1596, cc. 16v s.; I.Ph. Lignamine, Continuatio cronici Ricobaldini ab anno MCCCXVI usque ad an. MCCCCLXIX, in R.I.S., IX, 1726, coll. 274 s.; Diaria Neapolitana (1266-1478), ibid., XXI, 1732, coll. 1135-38; A. de Allegrettis, Ephemerides Senenses ab anno MCCCCL usque ad annum MCCCCXCVI, ibid., XXIII, 1733, coll. 774 s.; B. Senarega, De rebus Genuensibus commentaria (1488-1514), ibid., XXIV, 1738, col. 532; M. Sanudo, Commentarii della guerra di Ferrara tra li Veneziani et il Duca Ercole d'Este nel 1482, Venezia 1829; D. Malipiero, Annali Veneti dall'anno 1457 al 1500, a cura di F. Longo, "Archivio Storico Italiano", ser. I, 7, 1843, pp. 69 s.; Cronaca di Napoli di Notar Giacomo, a cura di P. Garzilli, Napoli 1845, pp. 123 s.; Bullarum, diplomatum et privilegiorum Sanctorum Romanorum Pontificum [...], V, a cura di A. Tomassetti, Augustae Taurinorum 1860, pp. 203-96; A. Theiner, Codex diplomaticus dominii temporalis S. Sedis [...], III, (1389-1793), Romae 1862, pp. 472-506; Cronache di Viterbo e di altre città scritte da Niccola della Tuccia, in Cronache e statuti della città di Viterbo, a cura di I. Ciampi, Firenze 1872 [comprende nelle note e in appendice anche brani della cronaca di Viterbo di Giovanni di Iuzzo], pp. 100-07, 411-22; L. Cobelli, Cronache forlivesi dalla fondazione della città sino all'anno 1498, a cura di G. Carducci-E. Frati (con notizie e note di F. Guarini), Bologna 1874, pp. 257 s., 271, 278, 280, 284; C. Foucard, Dispacci degli oratori Estensi da Napoli, Roma, Firenze, Venezia etc. 1480, "Archivio Storico Napoletano", 6, 1881, pp. 77-176, 607-28; L. Landucci, Diario fiorentino dal 1450 al 1516 continuato da un anonimo fino al 1542, Firenze 1985 (rist. anast. dell'ed. 1883), pp. 11-2, 16, 23, 30, 34, 37, 40-8; S. de' Conti da Foligno, Le storie de' suoi tempi dal 1475 al 1510, I, Roma-Firenze 1883, pp. 3-207; B. Lisci Volterrano, Libellus de direptione suae patriae, in Il Sacco di Volterra del MCDLXXII. Poesie storiche contemporanee e commentario inedito [...], a cura di L. Frati, Bologna 1886, pp. 112-54; F. Albertini, Opusculum de mirabilibus novae Urbis Romae, a cura di A. Schmarsow, Leipzig 1886, passim; A. de Tummulillis, Notabilia temporum, a cura di C. Corvisieri, Roma 1890 (Fonti per la Storia d'Italia, 7) pp. 177-78, 182-83, 185-88, 194-203, 208, 212-15, 220-21; Diario della città di Roma di Stefano Infessura scribasenato, a cura di O. Tommasini, ivi 1890 (Fonti per la Storia d'Italia, 5), pp. 74-169; A. Bernardi (Novacula), Cronache Forlivesi dal 1476 al 1517, a cura di G. Mazzatinti, I, Bologna 1896, p. 123; Ser G. da Gubbio, Cronaca dall'anno 1350 all'anno 1472, in R.I.S.², XXI, 4, a cura di G. Mazzatinti, 1902, pp. 88-9; Il Diario romano di Jacopo Gherardi da Volterra dal VII settembre MCCCCLXXIX al XII agosto MCCCCLXXXIV, ibid., XXIII, 3, a cura di E. Carusi, 1904-11, pp. 3-137; Diario concistoriale del cardinale Ammannati attribuito dal Muratori a Giacomo Gherardi da Volterra, ibid., pp. 145 s.; L. Wadding, Scriptores Ordinis Minorum, Romae 1906, pp. 211-12; Il diario romano di Gaspare Pontani già riferito al notaio del Nantiporto (30 gennaio 1481-25 luglio 1492), in R.I.S.², III, 2, a cura di D. Toni, 1907-08, pp. 3-39; I. Burchardi Liber notarum ab anno MCCCCLXXXIII usque ad annum MDVI, ibid., XXXII, 1, a cura di E. Celani, 1907-10, pp. 3-13; Il "Memoriale" di Paolo di Benedetto di Cola dello Mastro del rione di Ponte, ibid., XXIV, 2, a cura di F. Isoldi, 1910-12, pp. 99-100; Diario della città di Roma dall'anno 1480 all'anno 1492 di Antonio de Vasco, a cura di G. Chiesa, ibid., XXIII, 3, a cura di E. Carusi, 1911, pp. 493-513; [B.] Platynae historici Liber de vita Christi ac omnium pontificum (1-1474), ibid., III, 1, a cura di G. Gaida, 1913-32, pp. 398-420; R. Ursi De Obsidione Tiphernatum liber (A. MCCCCLXXIV), ibid., XXVII, 3, a cura di G. Magherini Graziani, 1922, passim; R. Flemming, Lucubratiunculae Tiburtinae, in V. Pacifici, Un carme biografico di Sisto IV del 1477, Tivoli s.d. [1923] (v. però le integrazioni critiche al testo di J. IJsewijn, Robert Flemming and Bartolomeo Platina, or the Need for Critical Editions, in Roma humanistica. Studia in honorem [...] Iosaei Ruysschaert, a cura di Id., Leuven 1985 e anche "Humanistica Lovaniensia", 34A, 1985, pp. 76-82); Acta graduum academicorum gymnasii Patavini ab anno MCCCCVI ad annum MCCCCL, a cura di G. Zonta-G. Brotto, Padova 1923 (ivi 1970²), s.v. Franciscus de Ianua, s.v. Ruvere Franciscus de; F. Guicciardini, Storie fiorentine dal 1378 al 1509, a cura di R. Palmarocchi, Bari 1931, pp. 22-62 (capp. 3-7); P.M. Sevesi, Lettere autografe di Francesco Della Rovere da Savona, Ministro Generale (1464-1469) e cardinale (1467-1471) (poi Sisto IV, 1471-1484), "Archivum Franciscanum Historicum", 28, 1936, pp. 198-252, 477-99; B. Zambotti, Diario ferrarese dall'anno 1476 sino al 1504, in R.I.S.², XXIV, 7, a cura di G. Pardi, 1937, pp. 95 s.; Bullarium Franciscanum, n. ser., III, (1471-1484), a cura di I. Pou y Martí, Ad Claras Aquas 1949, ad indicem; V. dei Priori, Carmen heroicum de vita et laudibus S.D.N. Sixti IV, in F. Patetta, Venturino de Prioribus umanista ligure del secolo XV, Città del Vaticano 1950, pp. 314-22; Ph. de Commynes, Mémoires, in A. Pauphilet, Historiens et chroniqueurs du Moyen Âge, VI, 4, Paris 1952, pp. 1254 s.; A. Poliziano, Della congiura dei Pazzi (Coniurationis commentarium), a cura di A. Perosa, Padova 1958; N. Machiavelli, Istorie fiorentine, a cura di F. Gaeta, Milano 1962, pp. 486-558; C. Piana, Chartularium Studii Bononiensis S. Francisci (XIII-XVI sec.), Ad Claras Aquas 1970, pp. 79, 81, 83-5; Vespasiano da Bisticci, Vite degli uomini illustri del secolo XV, a cura di A. Greco, I, Firenze 1970, ad indicem; D. Cortese, Alessandro Cortese (1459-1490). Carmen in laudem pontificatus Sixti IV (1475), tratto dal Vat. lat. 1133, Padova 1971, p. 8; N. Naldi, Oratio ad Sixtum IIII Pont. Max., in D. Cortese, Sisto Quarto Papa Antoniano, "Il Santo", 112, 1972, pp. 255-60; C. Piana, La facoltà teologica dell'Università di Firenze nel Quattro e Cinquecento, Grottaferrata 1977, pp. 93-4, 292-93, 456; Lorenzo de' Medici, Lettere, I-VI, a cura di R. Fubini-N. Rubinstein-M. Mallet, Milano 1977-90, ad indices; B. Corio, Storia di Milano, a cura di A. Morisi-Guerra, Torino 1978, pp. 1383 ss.; M. Vigerio, Horatio habita Saonae in funere s.d.n. d. Sixti papae quarti, in B.A.V., Urb. lat. 1023, cc. 399-402 (edito in E. Lee, Sixtus IV and Men of Letters, Roma 1978, Appendix, nr. 2); F. Tamburini, Un registro di bolle di Sisto IV nell'archivio della Penitenzieria Apostolica, in Palaeographica Diplomatica et Archivistica. Studi in onore di Giulio Battelli, II, Roma 1979, pp. 375-405; R. Cosma, Due nuovi registri di Brevi di Sisto IV, "Archivio della Società Romana di Storia Patria", 103, 1980, pp. 305-12; E.S. Piccolomini, I commentarii XI, 7, a cura di L. Totaro, Milano 1984, pp. 2048-130; G. Santi, La vita e le gesta di Federico di Montefeltro duca di Urbino. Poema in terza rima (Cod. Ottob. Lat. 1305), a cura di L. Michelini Tocci, Città del Vaticano 1985, ad indicem; C. Cenci, Ad bullarium Sixti IV supplementum, "Archivum Franciscanum Historicum", 83, 1990, pp. 491-535; 84, 1991, pp. 51-172; I. Ammannati Piccolomini, Lettere (1444-1479), I-III, a cura di P. Cherubini, Roma 1997, ad indicem. Per un inquadramento generale della biografia di S.: O. Panvinius, Romani Pontifices et Cardinales S.R.E., Venetiis 1557, p. 318; A. Ciaconius, Vitae et res gestae Pontificum Romanorum necnon S.R.E. Cardinalium [...], II, Romae 1602, pp. 966-89; O. Raynaldi Annales ecclesiastici ab anno MCXCVIII, ubi desinit cardinalis Baronius, a cura di I.D. Mansi, X, Lucae 1753, pp. 499-621; XI, ivi 1754, pp. 1-88; M. Creighton, A History of the Papacy from the Great Schism to the Sack of Rome, IV, London 1911², pp. 64-132; J.K. Wirz, Das Pontifikat Sixtus IV., 1471-1484, Bern 1913; E. Rodocanachi, Histoire de Rome. Une cour princière au Vatican pendant la Renaissance, Paris 1925, pp. 1-77 (tav. genealogica a p. 9); L. von Pastor, Storia dei papi dalla fine del Medio Evo, II, Roma 1925, pp. 429-675; P. Paschini, Roma nel Rinascimento, ivi 1940, pp. 234-77; F.X. Seppelt, Geschichte der Päpste, IV, München 1954-59, pp. 353-70; R. Aubenas, in Storia della Chiesa, a cura di A. Fliche-V. Martin, XV, Torino 1963, pp. 102-24; J. Moorman, A History of the Franciscan Order From its Origins to the Year 1517, Oxford 1968, ad indicem; M. Monaco, Lo Stato della Chiesa, I, Dalla fine del grande Scisma alla pace di Cateau-Cambrésis (1417-1559), Pescara 1971, pp. 165-70; Storia della Chiesa, a cura di H. Jedin, V, 2, Milano 1977, pp. 315-20; M. Caravale, Lo Stato pontificio da Martino V a Gregorio XIII, in Id.-A. Caracciolo, Lo Stato pontificio da Martino V a Pio IX, Torino 1978 (Storia d'Italia, diretta da G. Galasso, 14), pp. 99 s.; E. Lee, Sixtus IV and Men of Letters, Roma 1978; D. Hay, La Chiesa nell'Italia rinascimentale, ivi-Bari 1979, ad indicem; F. Cruciani, Teatro nel Rinascimento: Roma 1450-1550, Roma 1983, pp. 141-88; C.L. Stinger, The Renaissance in Rome, Bloomington 1985, ad indicem; Sisto IV e Giulio II mecenati e promotori di cultura [...], a cura di S. Bottaro-A. Dagnino-G. Rotondi Terminiello, Savona 1985; Un pontificato ed una città. Sisto IV (1471-1484) [...], a cura di M. Miglio-F. Niutta-D. Quaglioni-C. Ranieri, Città del Vaticano 1986; I Pontefici Sisto IV (1471-84) e Sisto V (1585-90), a cura di L. Di Fonzo, Roma 1987 (estratto da "Miscellanea Francescana", 86, 1986, pp. 195-1104); F. Gregorovius, Storia della città di Roma nel Medio Evo, VII, ivi 1988, pp. 267 s.; L'età dei Della Rovere [...], "Atti e Memorie della Società Savonese di Storia Patria", n. ser., 24, 1988, pp. 1-250; 25, 1989, pp. 1-306; P. Partner, Lo Stato della Chiesa nel XV e nel XVI secolo, in Storia della società italiana, VIII, I secoli del primato italiano: il Quattrocento, Milano 1988, pp. 399-435; P. Guerrini, Libro e scrittura nella Roma di Sisto IV: una bibliografia, "Alfabetismo e Cultura Scritta", n. ser., 3, 1990, pp. 5-25. Sulla vita e gli scritti di S.: P. Litta, Famiglie celebri italiane, VI, Milano 1863-66, tavv. 1-7; O. Varaldo, Compendio della casa della Rovere di Bernardino Baldi, "Atti e Memorie della Società Storica Savonese", 1, 1880, pp. 409-30; L. de Villeneuve, Recherches sur la famille Della Rovere. Contribution pour servir à l'histoire du pape Jules II, Roma 1887; O. Varaldo, Sulla famiglia della Rovere. Nota critica, Savona 1888; C. Stornajolo, Codices Urbinates Latini, I, Romae 1902, p. 159; L. Filippi, Lettera inedita di Sisto IV e memorie sull'origine della sua famiglia, "Rivista del Collegio Araldico", 1904, pp. 473-76; A. Monaci, Autografi di Sisto IV nella Biblioteca Vaticana e nell'Archivio Segreto Vaticano, "Archivum Franciscanum Historicum", 4, 1911, pp. 179-81; U. Mannucci, Le capitolazioni del conclave di Sisto IV (1471). Con notizia di un codice fin qui ignorato sui Conclavi del sec. XV e XVI, "Römische Quartalschrift", 29, 1915, pp. 73-90; A. Fantozzi, De Fr. Angelo Christofori Perusino, ministro generali ordinis, documenta (1413-1453), "Archivum Franciscanum Historicum", 11, 1918, pp. 132-205; M. Moresco, Il nepotismo di Sisto IV e le capitolazioni elettorali, in Savona nella storia e nell'arte, Genova 1928, pp. 151-58; A. Pelzer, Codices Vaticani Latini. Codices 679-1134, Città del Vaticano 1931, pp. 588-90; B. Bughetti O.F.M., Francesco della Rovere da Savona, Ord. Min., lettore di filosofia, min. Generale, cardinale e papa Sisto IV, nelle sue relazioni con Perugia, "Archivum Franciscanum Historicum", 36, 1943, pp. 200-26; C. Sericoli, Immaculata B.M. Virginis conceptio iuxta Xysti IV constitutiones, Roma-Sebenico 1945; L. Baudry, La querelle des futurs contingents (Louvain 1465-1475). Textes inédits, Paris 1950, pp. 49-54, 57-9, 113-25; A. Maier, Alcuni autografi di Sisto IV, "Rivista di Storia della Chiesa in Italia", 7, 1953, pp. 411-15 (pubblicato anche in Ead., Ausgehendes Mittelalter: Gesammelte Aufsätze zur Geistesgeschichte des 14. Jahrhunderts, II, Roma 1967, pp. 135-40, 498); A. Matani O.F.M., Xystus Pp. IV scripsitne librum 'de conceptione beatae Virginis Mariae'?, "Antonianum", 29, 1954, pp. 573-78; D. Cortese, Sisto Quarto Papa Antoniano, "Il Santo", 112, 1972, pp. 211-71; 113, 1973, pp. 89-171; Francesco della Rovere, L'Orazione della Immacolata, a cura di D. Cortese, Padova 1985; C. Bianca, Francesco della Rovere: un francescano tra teologia e potere, in Un pontificato ed una città. Sisto IV (1471-1484) [...], pp. 19-55; L. Onofri, Figure di potere e paradigmi culturali, ibid., pp. 57-79; P. Scarcia Piacentini, Ricerche sugli antichi inventari della Biblioteca Vaticana: i codici di lavoro di Sisto IV, ibid., pp. 115-78; L. Di Fonzo, Sisto IV. Carriera scolastica e integrazioni biografiche [1414-1484], in I Pontefici Sisto IV (1471-84) e Sisto V (1585-90), pp. 1-491 (poi in volume autonomo, Roma 1987, da cui si cita); L. Pusci, Gli scritti e il pensiero di Francesco Della Rovere dei Frati Minori Conventuali, ibid., pp. 493-502; C. Vasoli, Sisto IV professore di teologia e teologo, in L'età dei Della Rovere [...], "Atti e Memorie della Società Savonese di Storia Patria", n. ser., 24, 1988, pp. 177-207 (pubblicato anche in Id., Tra "maestri", umanisti e teologi. Studi quattrocenteschi, Firenze 1991, pp. 173-211); R. Grégoire, Il sacro collegio cardinalizio dall'elezione di Sisto IV all'elezione di Giulio II [1471-1513], ibid., pp. 209-32; I. Walter, Der Traum der Schwangeren vor der Geburt. Zur Vita Sixtus IV. auf den Fresken in Santo Spirito in Rom, in Träume im Mittelalter. Ikonologische Studien, a cura di A. Paravicini Bagliani-G. Stabile, Stuttgart-Zürich 1990, pp. 125-37; R.M. Dessì, La controversia sull'Immacolata Concezione e la "propaganda" per il culto in Italia nel XV secolo, "Cristianesimo nella Storia", 12, 1991, pp. 205-93. Per i rapporti con le potenze italiane (Firenze, Milano, Napoli, Urbino, Venezia): E. Frantz, Sixtus IV. und die Republik Florenz, Regensburg 1880, passim; E. Celani, La venuta di Borso d'Este in Roma l'anno 1471, "Archivio della Società Romana di Storia Patria", 13, 1890, pp. 361-450; E. Piva, La guerra di Ferrara del 1482. Periodo primo. L'alleanza dei Veneziani con Sisto IV, Padova 1893; G. Dalla Santa, Le appellazioni della repubblica di Venezia dalle scomuniche di Sisto IV e Giulio II, "Nuovo Archivio Veneto", 17, 1899, pp. 216-42; E. Piva, L'opposizione diplomatica di Venezia alle mire di Sisto IV su Pesaro e ai tentativi di Crociata contro i Turchi, ibid., n. ser., 2, 1903, nr. 5/1, pp. 49-103; E. Carusi, L'istrumento di assoluzione dei Fiorentini dalle censure di Sisto IV, "Archivio Muratoriano", 2, 1915, nr. 16, pp. 286-92; Id., I Capitoli della Lega per la pace d'Italia fra Sisto IV, Ferdinando di Napoli e la Repubblica di Genova, ibid., pp. 279-86; R. Cessi, Per la storia della guerra di Ferrara (1482-1483), "Notizie degli Archivi di Stato", 8, 1948, pp. 63-72; F. Morandini, Il conflitto tra Lorenzo il Magnifico e Sisto IV dopo la congiura dei Pazzi. Dal carteggio di Lorenzo con Girolamo Morelli ambasciatore fiorentino a Milano, "Archivio Storico Italiano", 107, 1949, pp. 113-54; G. Coniglio, La partecipazione del Regno di Napoli alla guerra di Ferrara, 1482-1484, "Partenope", 2, 1961, pp. 53-74; F. Barbaranelli, L'"allume romano" e la "Depositeria generale della crociata in Oriente", "L'Urbe", 29, 1966, pp. 28-32; R. De Roover, The Rise and Decline of the Medici Bank, New York 1966, pp. 152-64, 220-24 (trad. it. Il banco dei Medici dalle origini al declino (1397-1494), Scandicci 1988, pp. 235-36, 531-32); E. Pontieri, Ferrante d'Aragona re di Napoli, Napoli 1969, pp. 259-62 e passim; W. Tommasoli, La vita di Federico da Montefeltro: 1422-1482, Urbino 1978, pp. 224 s.; P. Guerrini, Federico da Montefeltro e Sisto IV nei "Vaticinia" dell'Angelicano 1146 e del Chigiano A.V. 152, in Federico da Montefeltro. Lo Stato, le Arti, la Cultura, a cura di G. Cerboni Baiardi-G. Chittolini-P. Floriani, I-III, Roma 1986: III, pp. 131-35; R. Fubini, Federico da Montefeltro e la congiura dei Pazzi, ibid., I, pp. 355-445, 446-70 (ora in Id., Italia quattrocentesca. Politica e diplomazia nell'età di Lorenzo il Magnifico, Milano 1994, pp. 253 s.); F. Di Benedetto, Un breve di Sisto IV contro Lorenzo, "Archivio Storico Italiano", 150, 1992, pp. 371-84; R. Fubini, Italia quattrocentesca, pp. 87 s., 253 s. Per i rapporti con le potenze estere: G. Grasso, Documenti riguardanti la costituzione di una lega contro il Turco nel 1481, "Giornale Ligustico di Archeologia, Storia e Letteratura", 6, 1879, pp. 321-494; J. Combet, Louis XI et le Saint-Siège (1465-1483), Paris 1903, pp. 95-309; E. Carusi, Osservazioni sulla guerra per il recupero d'Otranto e tre lettere inedite di re Ferrante a Sisto IV (1480-1481), "Archivio della R. Società Romana di Storia Patria", 32, 1909, pp. 470-83; J. Lesellier, Une curieuse correspondance inédite entre Louis XI et Sixte IV, "Mélanges d'Archéologie et d'Histoire. École Française de Rome", 45, 1928, pp. 21-32; P. Ourliac, Le Concordat de 1472: Étude sur les rapports de Louis XI et de Sixte IV, "Revue d'Histoire du Droit Français et Étranger", ser. IV, 21, 1942, pp. 174-223; 22, 1943, pp. 117-54; L. Cerioni, La politica italiana di Luigi XI e la missione di Filippo di Commynes (giugno-settembre 1478), "Archivio Storico Lombardo", ser. VIII, 1-2, 1949-50, pp. 58-156; O. Halecki, Sixte IV et la Chretienté orientale, in Mélanges Eugène Tisserant, II, Città del Vaticano 1964, pp. 241-64; J.B. Toews, Pope Sixtus IV and the Empire: a Study in the Politicization of the Later Fifteenth Century Papacy, "Canadian Journal of History", 1, 1966, pp. 1-21; P.M. Kendall, Louis XI, "...L'universelle araigne...", Paris 1974 (ediz. originale London 1971), pp. 394-402; A. Saracino, La Guerra d'Otranto del 1480-81. Una Bolla di Papa Sisto IV da molti ritenuta perduta, Galatina 1979; A. Kohler, L'influenza della politica dei papi Sisto IV e Giulio II sul Sacro Romano Impero e sugli Asburgo, in L'età dei Della Rovere [...], "Atti e Memorie della Società Savonese di Storia Patria", n. ser., 25, 1989, pp. 187-204; F. Martignone, L'orazione di Ladislao Vetesy per l'obbedienza di Mattia di Ungheria a Sisto IV, ibid., pp. 205-49; L. Balletto, Sisto IV e Gem sultano, ibid., pp. 153-70. Sulla Curia e le finanze pontificie: A. Gottlob, Aus der Camera Apostolica des 15. Jahrhunderts. Ein Beitrag zur Geschichte des päpstlichen Finanzwesen und des endenden Mittelalters, Innsbruck 1889, passim; L. Célier, Alexandre VI et la réforme de l'Église, "Mélanges d'Archéologie et d'Histoire. École Française de Rome", 27, 1907, pp. 93 s.; Id., L'idée de réforme à la cour pontificale du concile de Bâle au concile du Lateran, "Revue des Questions Historiques", 86, 1909, p. 431; Id., Les dataires du XVe siècle et les origines de la Daterie apostolique, Paris 1910, pp. 39-49 e passim; E. Göller, Untersuchungen über das Inventar des Finanzarchivs der Renaissancepäpste, in Miscellanea Fr. Ehrle, V, Roma 1924, pp. 227-72; C. Bauer, Studi per la storia delle finanze papali durante il pontificato di Sisto IV, "Archivio della Società Romana di Storia Patria", 50, 1927, pp. 319-400; Id., Die Epochen der Papstfinanz, "Historische Zeitschrift", 138, 1928, pp. 457-503; P. Partner, The "Budget" of the Roman Church in the Renaissance Period, in Italian Renaissance Studies. A Tribute to the Late Cecilia M. Ady, a cura di E.F. Jacob, London 1960, pp. 263 s.; E. Brouette, Les clercs "mensiers" de la Chambre apostolique sous le pontificat de Sixte IV (1471-1484), "Bulletin de l'Institut Historique Belge de Rome", 24, 1962, pp. 405-17; A.V. Antonovics, A Late Fifteenth Century Division Register of the College of Cardinals, "Papers of the British School at Rome", 35, 1967, pp. 88-101; F. Piola Caselli, Aspetti del debito pubblico nello Stato pontificio: gli uffici vacabili, "Annali della Facoltà di Scienze Politiche. Università degli Studi di Perugia", 11, 1973, pp. 98-170; Th. Frenz, Die Gründung des Abbreviatorenkollegs durch Pius II. und Sixtus IV., in Collectanea Archivi Vaticani, V, Città del Vaticano 1978, pp. 297-329; E. Lee, Jacopo Gherardi and the Court of Sixtus IV, "Catholic Historical Review", 65, 1979, pp. 221-37; A. Gardi, La fiscalità pontificia tra medioevo ed età moderna, "Società e Storia", 9, 1986, pp. 509-57; F.M. de' Reguardati, La difesa dei Sacri Palazzi affidata da Sisto IV ad Andrea da Norcia. Un precedente sconosciuto all'istituzione della guardia svizzera, "Archivio della Società Romana di Storia Patria", 109, 1986, pp. 49-56 e "Rivista Araldica", 84, 1986, pp. 95-101; Th. Frenz, Die Kanzlei der Päpste der Hochrenaissance (1471-1527), Tübingen 1986; P. Partner, The Pope's Men. The Papal Civil Service in the Renaissance, Oxford 1990, ad indicem; U. Schwarz, Sixtus IV. und die deutschen Kurialen in Rom. Eine Episode um den Ponte Sisto (1473), "Quellen und Forschungen aus Italienischen Archiven und Bibliotheken", 71, 1991, pp. 340-95; Id., Die Papstfamiliaren der ersten Stunde. Zwei Expektativenrotuli für Sixtus IV. (1. Januar 1472), ibid., 73, 1993, pp. 303-86; A. Esch, Roma come centro di importazioni nella seconda metà del Quattrocento ed il peso economico del papato, in Roma capitale (1447-1527) [...], a cura di S. Gensini, Roma-Pisa 1994, pp. 116 s.; M. Caravale, Le entrate pontificie, ibid., pp. 94 s.; M. Cassandro, I banchieri pontifici nel XV secolo, ibid., pp. 226 s.; S. Carocci, Governo papale e città nello Stato della Chiesa. Ricerche sul Quattrocento, in Principi e città alla fine del Medioevo, a cura di S. Gensini, ivi 1996, pp. 176 s. Sulla politica religiosa e il giubileo: E. Göller, Deutsche Kirchenablässe unter Papst Sixtus IV., "Römische Quartalschrift", 31, 1923, pp. 57-70; A. Stöklin, Der basler Konzilversuch des A. Zamometic vom Jahre 1482 (Genesis und Wende), Basel 1938; L. Di Fonzo, Il processo di canonizzazione di S. Bonaventura da Bagnoregio, O. Min. (1472-1482), "Miscellanea Francescana", 75, 1975, pp. 227-89; L'arte degli Anni Santi. Roma 1300-1875, a cura di M. Fagiolo-M.L. Madonna, Roma 1984-85, passim; Roma 1300-1875. La città degli anni santi. Atlante, a cura di M.Fagiolo-M.L.Madonna, Milano 1985, pp. 101-24; H.M. Stamm, L'interessamento di Sisto IV per gli Ordini Mendicanti mediante la "comunicazione dei privilegi", "Antonianum", 61, 1986, pp. 125-34; J. Petersohn, Konziliaristen und Hexen. Ein unbekannter Brief des Inquisitors Heinrich Institoris an Papst Sixtus IV. aus dem Jahre 1484, "Deutsches Archiv", 44, 1988, pp. 120-60; I.H. Ringel, Ein bisher unbekanntes Exemplar der Konzilsproklamation des Andreas Jamometi´c von 1482 im bischöflichen Archiv Chur, "Gutenberg Jahrbuch", 64, 1989, pp. 101-05; A. Esch, Il giubileo di Sisto IV (1475), in La Storia dei Giubilei, a cura di G. Fossa, II, 1450-1575, Prato 1998, pp. 106-23; M. Fagiolo-M.L. Madonna, La rifondazione umanistica di Roma nei piani giubilari del Quattrocento, ibid., pp. 21 s. Sulla committenza artistica, edilizia e urbanistica: E. Müntz, Les arts à la cour des papes pendant le XVe et le XVIe siècles. Recueil de documents inédits tirés des archives et des bibliothèques romaines, III, Sixte IV-Léon X. 1471-1521. Première section, Paris 1878-82, pp. 1-300; A. Schmarsow, Melozzo da Forlì. Ein Beitrag zur Kunst- und Kulturgeschichte, Berlin-Stuttgart 1886, pp. 32 s.; E. Re, Maestri di strada, "Archivio della Società Romana di Storia Patria", 43, 1920, pp. 88-102; C. Scaccia Scarafoni, L'antico statuto dei "Magistri stratarum" e altri documenti relativi a quella magistratura, ibid., 50, 1927, pp. 245 s.; G. Beltrami, Il monumento sepolcrale di Sisto IV e le sue vicende, in Atti del II Congresso Nazionale di Studi Romani, II, Roma 1935, pp. 365 s.; P. Tomei, Le strade di Roma e l'opera di Sisto IV, "L'Urbe", 2, 1937, pp. 12-20; Id., L'architettura a Roma nel Quattrocento, Roma 1942, pp. 117 s.; L.D. Ettlinger, Pollaiuolo's Tomb of Sixtus IV, "The Journal of Warburg and Courtauld Institutes", 16, 1953, pp. 239-74; T. Magnuson, Studies in Roman Quattrocento Architecture, Stockholm 1958, pp. 19, 28 s., 119, 123, 297-99, 329-40 e passim; G. Urban, Die Kirchenbaukunst des Quattrocento in Rom. Eine bau- und stilgeschichtliche Untersuchung, "Römisches Jahrbuch für Kunstgeschichte", 9-10, 1961-62, pp. 73-287; R. Weiss, The Medals of Pope Sixtus IV, Rome 1961; V. Golzio-G. Zander, L'arte in Roma nel secolo XV, ivi 1968, ad indicem; L. Spezzaferro, La politica urbanistica dei papi e le origini di via Giulia, in L. Salerno-L. Spezzaferro-M. Tafuri, Via Giulia. Una utopia urbanistica del '500, ivi 1973, pp. 15-64; A. Campana, Le iscrizioni di Sisto IV, in Ponte Sisto (1475-1975; 1877-1977). Ricerche e proposte, a cura di G. Miarelli Mariani, ivi 1977, pp. 73-5; M. Festa Milone, Palazzo Riario-Altemps: un inedito frammento della Roma di Sisto IV e il "restauro" tardocinquecentesco di Martino Longhi, "Quaderni dell'Istituto di Storia dell'Architettura", 139-50, 1979, pp. 13-48; E. Schröter, Der Vatikan als Hügel Apollons und der Musen, "Römische Quartalschrift", 75, 1980, pp. 212-20, tavv. 2-3; Il Quattrocento a Roma e nel Lazio. Il Borgo di Ostia da Sisto IV a Giulio II, a cura di S. Danesi Squarzina-G. Borghini, Roma 1981; I. Kajanto, Papal Epigraphy in Renaissance Rome, Helsinki 1982, cap. 5; J.S. Ackerman, The Planning of Renaissance Rome, 1450-1580, in Rome in the Renaissance. The City and the Myth, a cura di P.A. Ramsey, Binghamton, N.Y. 1982, pp. 7 s.; P. Silvan, Il ciborio di Sisto IV nell'antica basilica di San Pietro in Vaticano: ipotesi per una ideale ricomposizione, "Bollettino d'Arte", 1984 nr. 26, pp. 87-98; S. Valtieri, La zona di Campo de' Fiori prima e dopo gli interventi di Sisto IV, "L'Architettura. Cronache e Storia", 30, 1984, pp. 648-60; A. Bertino, Arte e storia nelle medaglie di Sisto IV e di Giulio II, in Sisto IV e Giulio II mecenati e promotori di cultura [...], pp. 137 s.; P. Silvan, Il fregio del ciborio "di Sisto IV", già in S. Pietro in Vaticano, A) Ipotesi ricostruttiva del ciborio, in L'arte degli Anni Santi, Roma 1300-1875, pp. 357-63; A. Cavallaro, Il fregio del ciborio "di Sisto IV" già in S. Pietro in Vaticano, B) La cultura ed il problema attributivo dei rilievi, ibid., pp. 363-67; S. Danesi Squarzina, Pauperismo francescano e magnificenza antiquaria nel programma architettonico di Sisto IV, in Le arti a Roma da Sisto IV a Giulio II, a cura di M. Calvesi, Roma 1985, pp. 105-26; D. Barbalarga et al., Il rione Parione durante il pontificato sistino: analisi di un'area campione, in Un pontificato ed una città. Sisto IV (1471-1484) [...], pp. 643-744; D. Porro, La restituzione della capitale epigrafica, nella cultura monumentale [...], ibid., pp. 409-27; F. Niutta, Temi e personaggi nell'epigrafia sistina, ibid., pp. 381-408; P. Guerrini, L'epigrafia sistina come momento della "Restauratio Urbis", ibid., pp. 453-68; Id. et al., Iscrizioni romane sistine, ibid., pp. 469-79; S. Maddalo, Il monumento funebre tra persistenze medioevali e recupero dell'antico, ibid., pp. 429-52; P. Partner, Sisto IV, Giulio II e Roma rinascimentale: la politica sociale di una grande iniziativa urbanistica, in L'età dei Della Rovere [...], "Atti e Memorie della Società Savonese di Storia Patria", n. ser., 25, 1989, pp. 81-9; A. Quazza, La committenza di Domenico della Rovere nella Roma di Sisto IV, in Domenico della Rovere e il Duomo Nuovo di Torino. Rinascimento a Roma e in Piemonte, a cura di G. Romano, Torino 1990, pp. 14-40; F. Benzi, Sisto IV Renovator Urbis. Architettura a Roma 1471-1484, Roma 1990; N. Clark, Melozzo da Forlì, Pictor papalis, London 1990, pp. 21 s.; O. Verdi, Da ufficiali capitolini a commissari apostolici: i maestri delle strade e degli edifici di Roma tra XIII e XVI secolo, in Il Campidoglio e Sisto V, a cura di L. Spezzaferro-M.E. Tittoni, Roma 1991, pp. 54-63; E. Guidoni, Roma e l'urbanistica farnesiana, in Id., La città dal Medioevo al Rinascimento, ivi-Bari 1992, pp. 215 s.; M. Winner, Papa Sisto IV quale exemplum virtutis magnificentiae nell'affresco di Melozzo da Forlì, in Arte, committenza ed economia a Roma e nelle corti del Rinascimento (1420-1530) [...], a cura di A. Esch-Ch.L. Frommel, Torino 1995, pp. 171-95; O. Verdi, Maestri di edifici e di strade a Roma nel secolo XV. Fonti e problemi, Roma 1997, pp. 68-79; A. Modigliani, Mercati, botteghe e spazi di commercio a Roma tra Medioevo ed Età moderna, ivi 1998, ad indicem; F. Benzi, Arte a Roma sotto il pontificato di Sisto IV, in La Storia dei Giubilei, pp. 124-49; Sisto IV. Le Arti a Roma nel Primo Rinascimento [...], a cura di F. Benzi, in corso di stampa. Sulla donazione delle statue: A. Michaelis, Storia della collezione capitolina di antichità fino all'inaugurazione del museo, "Mitteilungen des Deutschen Archeologischen Instituts, Römische Abteilung", 1891, pp. 3-66; C. Cecchelli, Il Campidoglio nel Medioevo e nella Rinascita, "Archivio della Società Romana di Storia Patria", 67, 1944, pp. 209-32; W.S. Heckscher, Sixtus IIII Aeneas insignes statuas romano populo restituendas censuit, The Hague 1955; M. Miglio, Il leone e la lupa. Dal simbolo al pasticcio alla francese, "Studi Romani", 30, 1982, pp. 177-86 e in Id., Scritture, scrittori e storia, II, Città e Corte a Roma nel Quattrocento, Manziana 1993, pp. 163-75; T. Buddensieg, Die Statuenstiftung Sixtus' IV. im Jahre 1471, "Römisches Jahrbuch für Kunstgeschichte", 20, 1983, pp. 34-73; R. Magrì, La Lupa Capitolina dal Laterano al Campidoglio, in Da Pisanello alla nascita dei Musei Capitolini. L'antico a Roma alla vigilia del Rinascimento, a cura di A. Cavallaro-E. Parlato, Milano 1988, pp. 207-08; A. Nesselrath, Simboli di Roma, ibid., pp. 200 s.; A. Marino, Idoli e colossi: la statuaria antica sulla piazza del Campidoglio da Sisto IV a Leone X, in Roma, centro ideale della cultura dell'Antico nei secoli XV e XVI. Da Martino V al Sacco di Roma, a cura di S. Danesi Squarzina, ivi 1989, pp. 237-41.Su S. Maria del Popolo: E. Bentivoglio-S. Valtieri, S. Maria del Popolo a Roma, ivi 1976; Umanesimo e primo Rinascimento in Santa Maria del Popolo, a cura di R. Cannatà-A. Cavallaro-C. Strinati, Roma 1981; K. Walsh, Päpstliche Kurie und Reformideologie am Beispiel von Santa Maria del Popolo in Rom.Die Augustiner-Observanten im Spannungs feld zwiscen Borgia und Della Rovere; "Archivum Historiae Pontificiae", 20, 1982, pp. 129-61; A. Esposito, Centri di aggregazione: la biblioteca agostiniana di S. Maria del Popolo, in Un pontificato ed una città. Sisto IV (1471-1484) [...], pp. 569-97. Sulla Cappella Sistina: E. Steinmann, Die Sixtinische Kapelle, I, Bau und Schmuck der Kapelle unter Sixtus IV., München 1901; B. Biagetti, Relazione. Pitture murali: Palazzo Vaticano: Cappella Sistina, "Rendiconti della Pontificia Accademia Romana di Archeologia", 15, 1939, pp. 231-39; E. Battisti, L'antichità in Niccolò V e l'iconografia della Cappella Sistina, in Il mondo antico nel Rinascimento, Atti del V Convegno Internazionale di studi sul Rinascimento, Firenze 1958, pp. 207-16; L.D. Ettlinger, The Sistine Chapel before Michelangelo. Religious Imagery and Papal Primacy, Oxford 1965; R. Salvini, La Cappella Sistina in Vaticano (con un'appendice di E. Camesasca), Milano 1965, pp. 9-71, 135 s. e passim; E. Battisti, Roma apocalittica e re Salomone, in Id., Rinascimento e Barocco, Torino 1970, pp. 87 s.; J. Monfasani, A Description of the Sistine Chapel under Pope Sixtus IV, "Artibus et Historiae", 7, 1983, pp. 9-18; H. Pfeiffer, Correnti spirituali alla corte pontificia di Sisto IV e Giulio II e alcuni loro riflessi nei programmi pittorici della Sistina e delle Stanze Vaticane. Il teologo francescano Petrus Galatinus, in Sisto IV e Giulio II mecenati e promotori di cultura [...], pp. 45 s.; S. Ferino Pagden, Perugino al servizio dei Della Rovere: Sisto IV e il Cardinale Giuliano, ibid., pp. 53 s.; M. Hirst, "Il modo delle attitudini". Il taccuino di Oxford per la volta della Sistina, in La Cappella Sistina. I primi restauri la scoperta del colore, Novara 1986, pp. 208-17; J. Shearman, La costruzione della Cappella Sistina e la prima decorazione al tempo di Sisto IV, ibid., pp. 22-71; R. Goffen, Friar Sixtus IV and the Sistine Chapel, "Renaissance Quarterly", 39, 1986, pp. 218-62; H.W. Pfeiffer, Gemalte Theologie in der Sixtinischen Kapelle, I, Die Szenen aus des Alten und Neuen Testamentes ausgeführt unter Sixtus IV., "Archivum Historiae Pontificiae", 28, 1990, pp. 99-159; J. Shearman, La storia della cappella Sistina, in Michelangelo e la Sistina. La tecnica il restauro il mito, a cura di A.M. De Strobel et al., Roma 1990, pp. 30-3; E. Carrara, I medaglioni bronzei della Sistina: alcune osservazioni, "Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa", ser. III, 22, 1994, nr. 4, pp. 1005-38. Sulla cappella musicale: A. Roth, Zur "Reform" der päpstlichen Kapelle unter dem Pontifikat Sixtus IV. (1471-1484), in Zusammenhänge, Einflüsse, Wirkungen. Kongressakten zum ersten Symposium des Mediävistenbandes in Tübingen, 1984, a cura di J.O. Fichte-H. Göller-B. Schimmelpfennig, Berlin-New York 1986, pp. 168-95; H. Hucke, Die Musik in der Sixtinischen Kapelle bis zur Zeit Leos X., ibid., pp. 154-67; A. Roth, "Primus in Petri aede Sixtus perpetuae harmoniae cantores introduxit": alcune osservazioni sul patronato musicale di Sisto IV, in Un pontificato ed una città. Sisto IV (1471-1484) [...], pp. 217-41; Id., Studien zum frühen Repertoire der päpstlichen Kapelle unter dem Pontifikat Sixtus' IV. (1471-1484). Die Chorbücher 14 und 51 des Fondo Cappella Sistina der Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano 1991; Id., La storia della Cappella Pontificia nel Quattrocento rispecchiata nel Fondo Camerale I dell'Archivio di Stato di Roma, in La musica a Roma attraverso le fonti d'archivio [...], a cura di B.M. Antolini-A. Morelli-V. Vita Spagnuolo, Lucca 1994, pp. 433-55. Sull'Ospedale di S. Spirito: H. Brockhaus, Das Hospital S. Spirito zu Rom, "Repertorium für Kunst-wissenschaft", 7, 1884, pp. 281-90, 429-45; P. De Angelis, L'Arcispedale di S. Spirito in Sassia nel passato e nel presente, Roma 1947; Id., L'architetto e gli affreschi di Santo Spirito in Sassia, ivi 1961; Id., L'ospedale di S. Spirito in Saxia, ivi 1960-62; E. Lavagnino, La chiesa di S. Spirito in Sassia, ivi 1962; E.D. Howe, The Hospital of Santo Spirito and Pope Sixtus IV, Baltimore 1977; E. Gatz, Papst Sixtus IV. und die Reform des römischen Hospitals zum Hl. Geist, in Papsttum und Kirchenreform. Historische Beiträge. Festschrift für G. Schwaiger zum 65. Geburtstag, a cura di M. Weitlauff-K. Hausberger, St. Ottilien 1990, pp. 249-62. Su ponte Sisto: R. Staccioli, Ponte Sisto, "Capitolium", 33, 1958, pp. 3-5; L. Spezzaferro, Ponte Sisto, in L. Salerno-L. Spezzaferro-M. Tafuri, Via Giulia. Una utopia urbanistica del '500, Roma 1973, pp. 521-26; Ponte Sisto (1475-1975; 1877-1977). Ricerche e proposte, a cura di G. Miarelli Mariani, ivi 1977; M. Gargano, Sisto IV. Il "Pons Ruptus": tecniche, simbologie, finalità di una costruzione, in Il modo di costruire [...], a cura di M. Casciato-S. Mornati-P. Scavizzi, ivi 1990, pp. 219-38; Id., Ponte Sisto a Roma: nuove acquisizioni (1473-1475), "Quaderni dell'Istituto di Storia dell'Architettura", n. ser., 21, 1993-94, pp. 29-38; Id., Note sul "gettar ponti" a Roma nel XV secolo. Ponte Sisto: tra Leon Battista Alberti e Leonardo da Vinci, "Rassegna di Architettura e Urbanistica; Architettura e Costruzione", 24, 1994-96, nrr. 84-85, pp. 15-27. Su S. Agostino: A.C. De Romanis, La chiesa di S. Agostino in Roma. Storia e Arte, Roma 1921; M. Breccia Fratadocchi, S. Agostino in Roma. Arte, Storia, Documenti, ivi 1979. Su S. Maria della Pace: M.L. Riccardi, La Chiesa e il Convento di Santa Maria della Pace, "Quaderni dell'Istituto di Storia dell'Architettura", 1981, nrr. 163-68, pp. 5-90. Sulla Biblioteca Vaticana: E. Müntz-P. Fabre, La Bibliothèque du Vatican au XVe siècle d'après des documents inédits, Paris 1879, pp. 135-306; P. Fabre, La Vaticane de Sixte IV, "Mélanges d'Archéologie et Histoire des Écoles Françaises d'Athènes et de Rome", 15, 1895, pp. 454-83; J.W. Clark, On the Vatican Library of Sixtus IV, "The Cambridge Antiquarian Society's Proceedings and Communications for 6th March 1899", 10, 1900, pp. 11-61; M. Bertòla, I due primi registri di prestito della Biblioteca Apostolica Vaticana (Cod. Vat. lat. 3964, 3966), Città del Vaticano 1942; A. Campana, Le Lucubratiunculae Tiburtinae di Robert Flemming, "Strenna dei Romanisti", 9, 1948, pp. 88-98; R. Devreesse, Le fonds grec de la Bibliothèque Vaticane des origines à Paul V, Città del Vaticano 1965, pp. 44-120; D. Redig de Campos, Testimonianze del primo nucleo edilizio dei Palazzi Vaticani e restauro delle pitture delle Stanze della 'Bibliotheca latina' e della 'Bibliotheca graeca', in Il restauro delle aule di Niccolò V e di Sisto IV nel Palazzo Apostolico Vaticano, ivi 1967, pp. 7-11; J. Ruysschaert, Sixte IV, fondateur de la Bibliothèque Vaticane (15 juin 1475), "Archivum Historiae Pontificiae", 7, 1969, pp. 513-24; J. Bignami-Odier, La Bibliothèque Vaticane de Sixte IV à Pie XI. Recherches sur l'histoire des collections de manuscrits, Città del Vaticano 1973, pp. 20-5, 31-7; C.W. Westfall, In This Most Perfect Paradise, University Park-London 1974 (trad. it. L'invenzione della città. La strategia urbana di Nicolò V e Alberti nella Roma del '400, Roma 1984, pp. 248 s.); J. Ruysschaert, Les trois bibliothèques vaticanes (1475-1975), in Conservation et reproduction des manuscrits et imprimés anciens [...], Città del Vaticano 1976, pp. 70-9; Id., Les collaborateurs stables de Platina, premier bibliothécaire de la Vaticane (1475-1481), in Palaeographica Diplomatica et Archivistica. Studi in onore di Giulio Battelli, II, Roma 1979, pp. 575-91; F.A. Ugolini, Un poemetto sulla Biblioteca Vaticana di Sisto IV, in Id., Scritti minori di Storia e Filologia Italiana, Perugia 1985, pp. 461-533; F. Carboni, Un capitolo ternario di Antonio de Thomeis in onore di Sisto IV, in Roma humanistica. Studia in honorem Rev.i adm. Dni Iosaei Ruysschaert, a cura di I. IJsewijn, Leuven 1985, pp. 273-87; J. Ruysschaert, Les trois étapes de l'aménagement de la Bibliothèque Vaticane de 1471 à 1481, in Un pontificato ed una città. Sisto IV (1471-1484) [...], pp. 103-14; Id., La Bibliothèque Vaticane dans les dix premières années du pontificat de Sixte IV, "Archivum Historiae Pontificiae", 24, 1986, pp. 71-90; Id., Platina et l'aménagement des locaux de la Vaticane sous Sixte IV (1471-1475-1481), in Bartolomeo Sacchi il Platina (Piadena 1421-Roma 1481) [...], a cura di A. Campana-P. Medioli Masotti, Padova 1986, pp. 145-51; Id., Sixte IV fondateur de la Bibliothèque Vaticane et la fresque restaurée de Melozzo da Forlì (1471-1481), in Sisto IV e Giulio II mecenati e promotori di cultura [...], pp. 27-44; L. Boyle O.P., Sixtus IV and the Vatican Library, in Rome. Tradition, Innovation and Renewal. A Canadian International Art History Conference (8-13 June 1987, Rome) in honour of R. Krautheimer and L. Boyle, Victoria, B.C. 1991, pp. 65-73; G. Lombardi, "Son qui più libri che 'n tucto passato". Aspetti del libro a corte nella Roma del Quattrocento, in Il libro a corte, a cura di A. Quondam, Roma 1994, pp. 39-55; L. Boyle, Per la fondazione della Biblioteca Vaticana, prefazione a A. Manfredi, I Codici latini di Niccolò V. Edizione degli inventari e identificazione dei manoscritti, Città del Vaticano 1994, pp. XIII-XXII; G. Morello, Tra due giubilei: la fondazione della Biblioteca Vaticana, in La Storia dei Giubilei, pp. 92-105. Sullo "Studium Urbis": F.M. Renazzi, Storia dell'Università degli Studij di Roma detta comunemente la Sapienza, I, Roma 1803, pp. 179-80, 194-96; D.S. Chambers, Studium Urbis and gabella Studii: The University of Rome in the Fifteenth Century, in Cultural Aspects of Italian Renaissance. Essays in Honour of P.O. Kristeller, a cura di C.H. Clough, Manchester-New York 1976, pp. 68-110; M.C. Dorati da Empoli, I lettori dello Studio e i maestri di grammatica a Roma da Sisto IV ad Alessandro VI, "Rassegna degli Archivi di Stato", 40, 1980, pp. 98-147; E. Lee, Humanists and the "Studium Urbis", 1473-1484, in Umanesimo a Roma nel Quattrocento, Roma 1984, pp. 127-46; M.G. Blasio, Lo "Studium Urbis" e la produzione romana a stampa: i corsi di retorica, latino e greco, in Un pontificato ed una città. Sisto IV (1471-1484) [...], pp. 481-501; Roma e lo Studium Urbis. Spazio urbano e cultura dal Quattro al Seicento [...], a cura di P. Cherubini, Roma 1992, ad indicem. Voci in enciclopedie, dizionari e repertori: J.H. Sbaralea, Supplementum et castigatio ad Scriptores trium Ordinum S. Francisci a Waddingo aliisve descriptos, III, ivi 1936², pp. 104-06; Dictionnaire de théologie catholique, XIV, 2, Paris 1941, s.v., coll. 2199-217; G.B. Picotti, Sisto IV, in Enciclopedia Italiana, XXXI, Roma 1949, pp. 922-23; E.C., XI, s.v., coll. 780-82; P.O. Kristeller, Iter Italicum, I-VI, London-Leiden 1963-92, ad indices; Lexikon für Theologie und Kirche, IX, Freiburg 1964, s.v., coll. 810-11; B. Mondin, Dizionario enciclopedico dei papi. Storia e insegnamenti, Roma 1995, pp. 285-88; Dizionario storico del Papato, a cura di Ph. Levillain, II, Milano 1996, s.v., pp. 1399-402.