SITULA (lat. situla)
Parola latina, indicante un secchio, a forma di tronco di cono allargato in alto e provvisto di due maniglie mobili.
Nelle pitture murali della tomba di Reḫmirîe, del tempo di Thutmóśe III (1501-1447) tra i vasi arrecati dai Keftiw (da identificare verosimilmente coi Cretesi), ne appare uno, certo di metallo prezioso, che richiama per la sagoma la situla. Ma ancor più che dalla pittura egizia della dinastia XVIII la forma della situla appare chiarissima in due monumenti dell'arte cretese; nel sarcofago dipinto di Hagía Triáda, e nei frammenti di una pittura del palazzo pure di Hagía Triáda. Si tratta, anche qui, di vasi non puramente bronzei, ma costituiti dall'unione di metalli preziosi insieme col bronzo.
Il rinvenimento di una situla bronzea in una tomba di Lentini, di un sepolcreto che dalla fine del sec. VII va all'inizio del sec. V, ci dimostra la conservazione del tipo nel mondo greco-arcaico, conservazione tuttavia rara, se non sporadica, perché alla situla presso i Greci subentra l'idria.
La situla appare invece come recipiente ovvio nella tarda civiltà villanoviana (sec. VIII a. C.) in Etruria; l'esempio più antico parrebbe quello di una tomba delle Arcatelle nella necropoli di Tarquinia; si aggiungano i due esemplari in frammenti del sepolcreto di Grotta Gramiccia presso Veio. Forse tale forma di vaso bronzeo fu arrecata dai primi colonizzatori Tirreni sulle sponde del Tirreno, ed invero l'apparizione della situla nel tardo villanoviano si accompagna con quella del tipo di elmo bronzeo crestato: l'uno e l'altra furono forse trasmessi ai Tirreni dalla civiltà cretese-micenea.
Dal centro d'Italia (dove abbiamo anche gli esemplari di Vetulonia, di Chiusi e di Palestrina) la situla si espande verso est, sul versante Adriatico e, verso nord, nella valle padana. Più rari sono gli esempî sull'Adriatico (Sirolo, presso Numana, tra i Piceni e Verucchio nel riminese tra i Villanoviani); molto più frequenti quelli nel Bolognese. Numerosissime sono le situle nella civiltà veneta di Este; ivi la situla bronzea è imitata nell'argilla assumendo una sagoma rigonfia in alto, svasata verso il basso, e con una risega, da cui si innalza un collarino; il recipiente è provvisto di un coperchio.
La situla fittile serve di solito come ossuario: su di essa sono infisse capocchie di bronzo, a costituire una decorazione geometrica; ma nel terzo periodo di Este sono cordoni a rilievo, che costituiscono zone alternativamente rosse (ocra) e scure (grafite).
Appare la situla anche nella civiltà di Golasecca, e poi nei paesi alpini sia del versante Adriatico, sia di quello danubiano; nella civiltà istriana e in età posteriori al sec. V, in Austria (Hallstatt, Watsch, Kuffarn, ecc.) ed in altre contrade dell'Europa centrale (Boemia, Lusazia, Prussia occidentale) e settentrionale (Olanda, Irlanda, Danimarca, penisola Scandinava).
Peculiare è, talvolta, nella situla italica (etrusco-veneta) e nella situla alpina la decorazione figurata a sbalzo. Nel gruppo di situle bolognesi, ora nel Museo Civico di Bologna, spiccano due situle istoriate: quella della Certosa e quella Arnoaldi. La prima è l'esemplare più insigne; ritrovata nel sepolcreto etrusco della Certosa in funzione di urna funebre e risalente alla fine del sec. VI o agli albori del V, ha una decorazione a fasce assai pregevole e curiosa. Inferiore di assai alla situla della Certosa è quella Arnoaldi, più recente. Ad Este l'inizio della figurazione a sbalzo sulle situle bronzee pare leggermente posteriore alla situla della Certosa; per arte le situle atestine sono di gran lunga inferiori alla situla bolognese. In ordine di tempo si hanno in Este: il coperchio di situla Rebato, la situla Benvenuti, la situla e il coperchio Randi. Molto più recenti (sec. IV a. C.) sono altre situle decorate atestine, quelle Capodaglio (quattro), quelle Boldù Dolfin (due).
La sagoma della situla va sempre più modificandosi, con assottigliamento pronunciato verso il basso e con rigonfiamento verso l'alto e con il graduale restringimento sotto l'orlatura; si veda, p. es., la situla di Cembra (Venezia Tridentina) con iscrizioni retiche. Il repertorio decorativo di carattere zoomorfo permane quale lontano riflesso nel vasellame bronzeo di Hemmoor e di altre località germaniche dei tempi dell'influsso romano; sono singole strisce che circondano il recipiente; esso non conserva più la sagoma della situla primitiva. È il tipo di forma ovoidale, provvisto o sprovvisto di collo, talora appuntito, talora appiattito nel fondo. Il secchio di tipo greco invero era passato in Etruria, dove si trova a partire dalla fine del sec. V in poi rappresentato in specchi o attestato da piccoli esemplari bronzei (es. la situletta di Bolsena del Museo di Firenze con la scena a rilievo di Vulcano ricondotto all'Olimpo). È la forma di situla che è rappresentata su vasi dipinti italioti, o che è riprodotta in argilla, con pitture, in questa ceramica italiota (es. la situla apula col mito di Pelope nel Museo di Villa Giulia).
Poi la situla, nella civiltà ellenistico-romana, acquista varietà di sagome con rientranze delle pareti nella parte inferiore. Esemplari insigni per eleganza di decorazioni provengono da Pompei; talora essi poggiano su peducci artigliati. Queste situle di Pompei rientrano nella produzione della famosa Campana supellex. È soprattutto nella religione isiaca che la situla assume una spiccata importanza: essa serviva per contenere l'acqua sacra del Nilo. La situla nel culto isiaco è di piccole proporzioni, e viene sollevata dal sacerdote con le due mani ricoperte dal mantello, talvolta è peraltro sostituita dall'idria.
Infine la situla ha una parte nella vita pubblica dei Romani; il nome situla o il suo diminutivo sitella indicava il vaso con cui si procedeva a tirare a sorte all'inizio di ogni votazione.
Bibl.: P. Ducati, La situla della Certosa (Mem. della R. Acc. delle sc. dell'Ist. di Bologna), 1923; G. Ghirardini, La situla italica primitiva studiata specialmente in Este, in Monum. dei Lincei, II, VII, X, Roma 1893, 1897, 1900; A. Grenier, in Daremberg e Saglio, Dictionnaire des antiquités grecques et romaines, s. v. Situla, IV, 2; E. Pernice, Gefässe und Geräte aus Bronze, in Die hellenistische Kunst in Pompeii, Berlino e Lipsia 1925; H. Willers, Die römischen Bronzeeimer von Hemmoor, Berlino 1901.