Six contes moraux
La boulangère de Monceau ‒ Six contes moraux, I (Francia 1962, La fornaia di Monceau, bianco e nero, 26m); regia: Eric Rohmer; produzione: Barbet Schroeder per Les Films du Losange/Studios Africa; sceneggiatura: Eric Rohmer; fotografia: Jean Michel Meurice, Bruno Barbey; montaggio: Eric Rohmer.
Il narratore, studente in Legge, è attratto dalla bella Sylvie, che lavora in una galleria d'arte, ma non si fa avanti. Un giorno, camminando finisce addosso alla ragazza, che accoglie la proposta di un incontro al quale però non si presenterà. Rimasto solo a Parigi, il narratore, seppur poco attratto, comincia a corteggiare la giovane fornaia del negozio in Rue Lebouteux e fissa un appuntamento. Ma Sylvie riappare e spiega di essere stata costretta in casa da una frattura alla caviglia. I due, sei mesi dopo, ormai marito e moglie, tornano in Rue Lebouteux: ma la fornaia non c'è più, ha lasciato il lavoro.
La carrière de Suzanne ‒ Six contes moraux, II (Francia 1963, La carriera di Suzanne, bianco e nero, 52'); regia: Eric Rohmer; produzione: Barbet Schroeder per Les Films du Losange; sceneggiatura: Eric Rohmer; fotografia: Daniel Lacambre; montaggio: Eric Rohmer.
Il diciottenne Bertrand, matricola di Farmacia, è amico del disinvolto Guillaume. Guillaume si dà da fare con la vivace Suzanne, una studentessa lavoratrice, ma durante una festa corteggia Sophie, che interessa invece il timido Bertrand. Suzanne è umiliata, ma l'astuto Guillaume la trattiene per una seduta spiritica che servirà solo a portarsela a letto. Abbandonata ben presto da Guillaume, la ragazza si dimostra tanto ingenuamente generosa da pagare per parecchie settimane le spese a Guillaume e Bertrand, finché rimane al verde. Al rientro dalle vacanze, Bertrand nasconde nella propria stanza i quarantamila franchi consegnatigli dai genitori. Suzanne ha bisogno di un prestito, ma Bertrand si limita a ospitarla, senza cedere alle sue sottili avances. Il giorno dopo sono spariti sia Suzanne che i soldi. Il tempo passa e Bertrand scopre che Suzanne si sposerà presto. La rivede in piscina e la trova bellissima.
La collectionneuse ‒ Six contes moraux, III (Francia 1967, La collezionista, colore, 90m); regia: Eric Rohmer; produzione: Georges de Beauregard per Rome-Paris Film/Barbet Schroeder per Les Films du Losange; sceneggiatura: Eric Rohmer; fotografia: Nestor Almendros; montaggio: Jacqueline Raynal; musica: The Blossom Toes, Giorgio Gomelsky.
Mentre la fidanzata è a Londra, Adrien raggiunge Saint-Tropez, ospite con il pittore Daniel nella villa di un amico: deve vendere un prezioso vaso cinese a un collezionista. L'uomo scopre con disappunto che in villa è ospite anche Haydée, che poco prima di partire aveva intravisto fare l'amore. La ragazza porta a casa ogni sera un amante diverso: Adrien e Daniel la accusano di essere solo una promiscua, una collezionista senza gusto, ma in realtà Adrien ne è sempre più attratto. All'incontro col collezionista, Adrien gli propone di passare la notte con Haydée. La ragazza si presta, ma il mattino dopo la gelosia accende Adrien e lei reagisce rompendo il prezioso vaso. Adrien le chiede di andare a letto con lui, Haydée è d'accordo, ma vuole prima rientrare alla villa. Lungo la strada, la ragazza scende dall'auto per salutare due amici. Adrien capisce allora che cosa vuole veramente e prosegue per la sua strada. Presto raggiungerà a Londra la fidanzata.
Ma nuit chez Maud ‒ Six contes moraux, IV (Francia, 1969, La mia notte con Maud, bianco e nero, 110m); regia: Eric Rohmer; produzione: Barbet Schroeder, Pierre Cottrell per Les Films du Losange; sceneggiatura: Eric Rohmer, da un'idea di Alfred de Graaf; fotografia: Nestor Almendros; montaggio: Cécile Decugis; scenografia: Nicole Rachline.
Il narratore, ingegnere di trentaquattro anni, finisce per lavoro in una frazione di Clermont-Ferrand. A messa nota una ragazza bionda, la studentessa Françoise, e la elegge a sua futura sposa. L'uomo ritrova l'amico Vidal, ateo agguerrito. Una sera Vidal insiste per recarsi da Maud, bella divorziata. Quando la neve comincia a cadere, la padrona di casa propone al narratore di fermarsi a dormire: gli racconta che suo marito aveva una giovane amante, ma che anche lei lo tradiva. La mattina Maud abbraccia l'ingegnere, che dapprima la allontana. Quando cerca di rimediare, lei gli urla contro: "Mi piacciono le persone che sanno quello che vogliono!". Il giorno dopo l'ingegnere incontra Françoise sul suo motorino; il tempo è gelido, l'uomo si offre di accompagnarla e, a causa delle strade impraticabili, rimane intrappolato per la notte da lei. È l'inizio della nuova vita con Françoise, che gli confessa di aver appena chiuso una lunga storia con un uomo sposato. Cinque anni dopo la coppia ha un figlio. Al mare incontrano per caso Maud, la quale lascia capire all'ingegnere che Françoise era l'amante di suo marito.
Le genou de Claire ‒ Six contes moraux, V (Francia 1970, Il ginocchio di Claire, colore, 105m); regia: Eric Rohmer; produzione: Barbet Schroeder, Paul Cottrell per Les Films du Losange; sceneggiatura: Eric Rohmer; fotografia: Nestor Almendros; montaggio: Cécile Decugis.
Jérôme sta per sposarsi. In vacanza sul lago di Annecy incontra Aurora, una vecchia amica che lo sfida a mettere alla prova la sua anima libertina: è infatti sicura che Laura, la giovane figlia della loro ospite, sia innamorata di lui. Jérôme informa però Laura dei suoi progetti, scatenandone le lacrime. Durante una gita cerca di baciarla, ma lei, anche se lo ama, lo allontana. Nel frattempo in villa arriva Claire, sorellastra di Laura, con il suo ragazzo Gilles. Claire mantiene nei confronti di Jérôme un atteggiamento distaccato, lui invece è furiosamente attratto dal suo ginocchio destro. Quando su un motoscafo le rivela che Gilles la tradisce, Jérôme ne approfitta per posare la mano sul ginocchio della donna. Riparte convinto di aver separato Claire dal disprezzato Gilles. Non sa che l'amore tra i due continua.
L'amour, l'après-midi ‒ Six contes moraux, VI (Francia 1972, L'amore, il pomeriggio, colore, 105m); regia: Eric Rohmer; produzione: Barbet Schroeder, Paul Cottrell per Les Films du Losange; sceneggiatura: Eric Rohmer; fotografia: Nestor Almendros; montaggio: Cécile Decugis; musica: Ari Dzierliatka.
Frédéric, sposato con Hélène e in attesa di un figlio, non rinuncia al piacere di guardare le belle donne, anche se la sua fedeltà è a prova di bomba. Con un amuleto magico immagina di sedurre tutte le passanti (interpretate dalle attrici dei Contes precedenti). Un giorno però appare in ufficio Chloé, ex fidanzata di un suo vecchio amico. A poco a poco i due entrano in confidenza. Una sera lei gli chiede di mentire alla moglie per accompagnarla a un incontro di lavoro con un tizio. Alla fine la ragazza non si presenta all'appuntamento: è partita per l'Italia con il tipo da cui Frédéric avrebbe dovuto difenderla. Quando lei torna a Parigi, Frédéric comincia a vacillare. Un pomeriggio Chloé lo invita a casa sua e si stende sul letto nuda. Lui si sfila il maglione, ma lo specchio gli rimanda l'immagine di un gesto fatto tante volte con la moglie. Scappa da lei e fanno l'amore, come due amanti, di pomeriggio.
Su quell'ambiguo aggettivo 'morali', Eric Rohmer è chiaro: "La parola francese moraliste non ha una grande connessione con la parola 'morale' […]. Un moraliste è qualcuno interessato alla descrizione di ciò che accade dentro l'essere umano. Si occupa di stati mentali e di sentimenti. Pascal era un moraliste". E proprio di Pascal discutono nella lunga notte della nevicata, accanto al letto di Maud, i protagonisti del film del 1969. È la scena di conversazione più estenuante ed esplicita dell'intera serie dei Six contes moraux: gli attori descrivono la continua lotta fra il calore della passione e il freddo esaltante della ragione, la propensione alla caduta e la tensione alla santità. Scena chiave per molti motivi: i protagonisti, analisti ossessivi inebriati di sé e delle proprie parole, non scelgono né si lasciano vincere dall'istinto ("Mi piacciono le persone che sanno cosa vogliono!", urlerà Maud all'indeciso narratore), dando ragione al critico Pascal Bonitzer quando scrive: "Gli eroi dei Contes scelgono non il racconto a seguito della vita, a seguito dell'esperienza, ma il racconto contro la vita o piuttosto il racconto al posto della vita".
È la modernità secondo Rohmer, il cinema del verbo contro quello della verosimiglianza: "È molto più interessante suscitare l'invisibile partendo dal visibile piuttosto che tentare invano di visualizzare l'invisibile […]. È meglio ricorrere alla parola. Se penso alla Tour Eiffel, lo dico". Quella notte nel freddo Natale di Clermont-Ferrand è però anche il punto di snodo della situazione modello di tutti i Six contes moraux: il narratore ha già la sua 'eletta', la bionda intravista alla messa, ma sarà solo uscendo da casa di Maud, dopo la tentazione, che il caso li farà incontrare davvero. La passione possibile resta un detour, la moglie ideale ha già vinto, l'amore carnale viene sacrificato. Rileggendo le trame di ogni film della serie appare chiara, seppur con variazioni di tono e di peso, la fedeltà a uno schema fisso: un uomo, il narratore, ha una ragazza con la quale ha deciso di unirsi per la vita, viene distratto da un'altra donna, la tentatrice, cui riuscirà però a sottrarsi per tornare dall'eletta. Allo stesso modo, la prima persona narrante, benché subisca oscillazioni e ridimensionamenti, rimane in sostanza la cifra stilistica dei sei film, eredità della prima persona letteraria, visto che le sceneggiature derivano da racconti (titoli e ordine cronologico diversi) che, risistemati, verranno pubblicati nel 1974.
Anche la geografia dei luoghi, come sempre in Rohmer, è precisa, minuziosa, realista e insieme simbolica. Le strade, le piazze e i bistrot di Parigi per costruire il dedalo di possibili vie di fuga, al contrario dei locali e degli appartamenti in cui gli amanti virtuali sono costretti al faccia a faccia. Il sole brutale di Saint-Tropez in La collectionneuse per rendere bruciante e quasi inevitabile il confronto con la bellezza oltraggiosa dei personaggi, o il lago di Annecy per favorire la rivelazione dei corpi innocenti e perversi di Le genou de Claire. Infine l'inverno claustrofobico di Clermont-Ferrand, con la messa domenicale e le nevicate che impediscono la fuga e costringono l'uomo ad affrontare i propri desideri e la sua supposta 'fedeltà'. Perché il narratore-seduttore, fil rouge di tutta la serie, è in realtà un sottrattore: a ogni passo immaginiamo la sua caduta nelle braccia della tentatrice, a ogni passo andiamo delusi, ogni volta avvertendo ancora di più la tensione erotica enfatizzata dal sacrificio. Tranne che nell'ultimo caso, i titoli dei film ruotano attorno al femminile. Naturalmente il nome inciso nel titolo non è mai quello dell'eletta, ma quello della seduttrice, del caso che si frappone per un attimo fra la carne del narratore e la sua scelta di amore duraturo, fedele, coniugale. E le libere ragazze di Rohmer divorano così, fin da principio, il parlare ossessivo, autogiustificatorio dell'uomo, stringono in un angolo quel fragile maschio sospeso tra la pulsione e la ragione, la dispersione e la continuità. Una donna trionfante al di là delle apparenze, anche e soprattutto quando la si credeva umiliata, come nel caso della leggera Suzanne, che si fa ammirare ai bordi della piscina. Commenta Bertrand: "Privandomi del diritto di compiangerla, Suzanne si assicurava la sua vera rivincita".
I protagonisti dei Six contes moraux, in cerca di bionde cattoliche e sommesse, emancipate eppure pronte a condividere il grigiore quotidiano delle nozze, temono la bellezza integra, non sanno sostenerne la vista, la sbeffeggiano. La disinibita Haydée di La collectionneuse attrae e respinge Adrien, che pensa di sistemarla con una fulminea stoccata narcisista: "Lo so, Haydée, piaci troppo. Abbiamo lo stesso problema". Ma è solo una dichiarazione estrema di impotenza. Nei Six contes moraux i corpi femminili vengono raccontati per frammenti, con sguardo feticista, mai assoluto e completo: Haydée nel prologo è sezionata dalla macchina da presa mentre cammina in bikini sulla spiaggia; Maud in tenuta da notte rivela solo l'attrattiva delle gambe, "il suo punto forte" e, infine, la follia amorosa di Jérôme si concentra con ossessione su quel ginocchio di Claire, che la mano dell'uomo chiede vorticosamente di accarezzare. Il nudo femminile contemplato e mostrato nella sua interezza, senza pudore, arriverà solo nell'ultimo film della serie, L'amour, l'après-midi, l'unico anche ad abbandonare il segno femminile nel titolo scegliendo di rendere esplicita la parola 'amore'. È anche la prima volta che, nel finale, si allude all'amore fisico tra coniugi, e si tratta un amore insolito, pomeridiano, in quel tempo della giornata normalmente destinato agli incontri clandestini. Il libertino qui si concilia con il marito, fedeltà e infedeltà diventano tutt'uno. E quasi fossimo giunti davvero alla soluzione del dilemma dialettico (anche se Rohmer sostiene di aver girato quest'ultimo episodio solo perché davanti a Contes moraux suonava meglio il numero six anziché il cinq), il protagonista, in una libertina fantasia di seduzione, rimette in scena, appropriandosene finalmente, tutte le tentatrici sacrificate nei film precedenti. Rohmer diventa qui 'l'uomo che amava le donne'. Ma solo dopo aver espiato attraverso la parola, dunque la Confessione, il peccato originale del desiderio. Con la forza del dubbio e dell'ascesi, e la santità quale libertino punto d'arrivo. Morali, in fondo, questi sei racconti lo sono davvero.
Interpreti e personaggi: La boulangère de Monceau: Barbet Schroeder (narratore), Fred Junk (Schmidt), Michèle Girardon (Sylvie), Claudine Soubrier (Jacqueline, la fornaia). La carrière de Suzanne: Catherine Sèe (Suzanne Hocquetot), Philippe Beuzen (Bertrand), Christian Charrière (Guillaume), Diane Wilkinson (Sophie), Pierre Cottrell, Jean-Louis Comolli. La collectionneuse: Patrick Bauchau (Adrien), Haydée Politoff (Haydée), Daniel Pommereulle (Daniel), Alian Jouffroy (scrittore), Annik Morice (Aurelia), Denis Berry (Charlie). Ma nuit chez Maud: Jean-Louis Trintignant (narratore), Françoise Fabian (Maud), Marie-Christine Barrault (Françoise), Antoine Vitez (Vidal). Le genou de Claire: Jean-Claude Brialy (Jérôme), Aurora Cornu (Aurora), Béatrice Romand (Laura), Laurence de Monaghan (Claire), Michèle Montel (Madame Walter), Gérard Falconetti (Gilles). L'amour, l'après-midi: Bernard Verley (Frédéric), Zouzou (Chloé), Françoise Verley (Hélène), Daniel Ceccaldi (Gérard), Françoise Fabian, Aurora Cornu, Marie-Christine Barrault, Haydée Politoff, Laurence de Monaghan, Béatrice Romand (donne della sequenza del sogno).
J. Mellen, Women and their sexuality in the new film, New York 1973 (trad. it. Milano 1978).
M. Vidal, Les contes moraux d'Eric Rohmer, Paris 1977.
J. Fieschi, Morphologie des Contes, in "Cinématographe", n. 44, février 1979.
J. Magny, Eric Rohmer ou la quête du Graal, in "Cinéma 79", n. 242, février 1979.
V. Nordon, Rohmer et le corps adorable, in "Ça cinéma", n. 17, mai 1979.
M. Mancini, Eric Rohmer, Firenze 1982.
M. Serceau, Mythes et masques de l'amour, in "Études cinématographiques", n. 146-148, 1985.
P. Bonitzer, Eric Rohmer, Paris 1991.
P. Marocco, Eric Rohmer, Le Mani 2002.