Sizii
Antica consorteria fiorentina, ricordata da Cacciaguida, insieme con gli Arrigucci, tra le casate i cui membri nel sec. XII già eran tratti / a le curule (Pd XVI 107-108), partecipando al governo del periodo consolare. Giovanni Villani (IV 10, V 39, VI 33, 39 e 79), conferma l'affermazione di D. circa l'antichità e l'importanza politica dei S., attribuendo loro lontane origini fiesolane e collocandone le case e le torri abitate in Firenze dentro il primo cerchio, anzi, proprio nel centro della città più antica, in Mercato, non lungi da San Tommaso, la chiesa che essi fecero ricostruire dalle fondamenta, assumendone e detenendone per qualche secolo il patronato.
Le fonti archivistiche ricordano i primi S. attivi sul piano politico. Un Sizio figlio di un altro Sizio (citato in una pergamena del Capitolo di Santa Reparata, del 1050) è il personaggio dal quale si ritenne che avessero preso il cognome i discendenti; un Bombarone di Sizio fu console nel 1190; i suoi due nipoti ex fratre, Sizio e Mainetto di Burticello di Sizio, sono indicati rispettivamente come console e come membro dei consigli del comune nel documento del 1197 che riporta il testo della lega giurata a San Genesio dalle città guelfe di Toscana. Questo Sizio di Burticello fu anche uno degli Anziani che rinnovarono nel 1201 il patto di amicizia con i Senesi, e nel 1204 è annoverato da un altro documento fra i consoli presenti alla sottomissione dei conti di Capraia al comune di Firenze. Suo figlio Nerlo, console nel 1202 e nel 1203, fu tra i capi che guidarono le milizie fiorentine alla presa delle terre di Cambiate e di Semifonte.
Al momento della divisione politica fra le grandi consorterie fiorentine, i S. s'impegnarono in pieno per la causa guelfa; un Gargozza S., cavaliere aurato, è citato fra gli aderenti ai Buondelmonti nel 1215, e i suoi figli Tegliaio, Geri e Gargozza, sono elencati nel libro di Montaperti, insieme col consorte Filippo di Ranieri. La sconfitta dei guelfi costò ai S. l'esilio, il guasto delle case in Firenze e la distruzione del luogo forte di Castelcelato, che essi possedevano in Mugello. Il bando, la distruzione dei beni e la dispersione dei membri della consorteria, apportarono ai S. gravi danni sul piano economico, dai quali non si riebbero neppure dopo il definitivo trionfo della loro Parte politica (l'Ottimo li dice già quasi spenti ai tempi del poeta). Continuando, anzi, a comportarsi orgogliosamente come magnati e sdegnando d'iscriversi a un'arte, essi andarono sempre più estraniandosi dalla società e dall'ambiente politico cittadino. Gli Ordinamenti di Giustizia e la riforma detta di Baldo d'Aguglione sancirono questa situazione di declino escludendoli dalla partecipazione al governo del comune. I S. non scomparvero, tuttavia, dalla scena politica, anche se vi agirono ormai in posizioni subalterne; un Gargozzo di Lapo partecipò alla difesa di Firenze contro Enrico VII; un Giovanni di Cante sedette, ascoltato e autorevole consigliere, nelle assemblee deliberative del Trecento. I S. parteciparono, anzi, alle ultime lotte fra le consorterie magnatizie avversando fieramente - fino allo spargirnento del sangue - i Frescobaldi e attaccandoli più volte con l'aiuto dei Bostichi; finché, nel 1342, il duca d'Atene non ebbe imposto ai contendenti la conclusione di un accordo. Sei anni dopo, la grande peste poneva praticamente fine alla breve quanto vivace vicenda genealogica dei S.; dalla moria si salvò solo Giovanni di Cante, che, bisognoso forse di denaro, vendette ai Medici le case avite e nel 1350 rinunziò anche al patronato sulla chiesa di San Tommaso. Questo Giovanni fu l'ultimo della sua stirpe, non avendo avuto figli maschi ma solo una femmina.
Bibl. - Gli eruditi e i genealogisti fiorentini dei secoli XVI - XVIII non hanno dedicato molta attenzione a questa casata, che si era estinta troppo presto per interessare i celebratori dei fasti delle famiglie fiorenti nell'età moderna; così che le fonti utili per ricostruire le vicende dei S. sono soprattutto quelle cronistiche e la sparsa documentazione archivistica (deliberazioni dei Consigli, ‛ Capitoli ', pergamene del Diplomatico, conservati nell'Archivio di Stato di Firenze). Questa documentazione - specialmente le notizie riportate dal Villani - è ripresa da P. Mini, Discorso della nobiltà di Firenze e de' Fiorentini, Firenze 1593, 139; ID., Difesa della città di Firenze e de' Fiorentini contra le calunnie e maldicenze de' maligni, Lione 1577, 301; U. Verini, De illustratione urbis Florentiae libri III, Parigi 1583, 84. Brevi sintesi della genealogia dei S. sono pubblicate da G.G. Warren Lord Vernon, L'Inferno, ecc., II, Documenti, Londra 1862, 583-584, e da Scartazzini, Enciclopedia 1826-1827; si veda anche I. Del Lungo, D. ne' tempi di D., ritratti e studi, Bologna 1888, 80; ID., Dal secolo e dal poema di D., altri ritratti e studi, ibid. 1898, 104. Per la partecipazione dei S. alla vita politica fiorentina, cfr. Davidsohn, Storia, ad indicem.