Vedi Slovacchia dell'anno: 2012 - 2013 - 2014 - 2015 - 2016
La Cecoslovacchia, indipendente dall’Impero austroungarico dal 1918 e appartenente all’area di influenza sovietica nell’Europa orientale durante la Guerra fredda, si è divisa il 1° gennaio 1993 con un processo di separazione pacifico che ha dato vita alla Repubblica Ceca e alla Slovacchia. Da allora il paese ha avviato la transizione alla democrazia e all’economia di mercato e ha perseguito una politica volta all’integrazione nel blocco occidentale, completata con l’ammissione all’Unione Europea (Eu) e alla Nato. Il percorso è stato inizialmente più lento rispetto a quello della vicina Repubblica Ceca. La Slovacchia ha aderito al programma Partnership for Peace della Nato nel 1994 assieme alla Repubblica Ceca ma, a causa delle difficoltà nella transizione democratica durante i governi di Vladimír Mečiar (1993-94 e 1994-98), non è entrata a far parte della Nato nel 1999 come Repubblica Ceca, Ungheria e Polonia, ma soltanto nel marzo 2004. Il ‘deficit democratico’ e le violazioni dei diritti umani hanno rallentato anche l’avvio dei negoziati per l’ammissione all’Eu. Tuttavia il governo di Mikuláš Dzurinda (1998-2006) e il boom economico dei primi anni del Ventunesimo secolo hanno poi permesso l’ingresso nell’Eu nel maggio 2004, assieme alla maggioranza dei paesi dell’Europa orientale. Nel 2007 la Slovacchia è entrata anche nell’area Schengen e, rispettando i criteri di Maastricht nel 2008, dal 1° gennaio dell’anno successivo ha aderito alla zona euro, prima della Repubblica Ceca. Questa sua affidabilità ha reso la Slovacchia un prezioso partner di Bruxelles nei suoi processi di allargamento nei Balcani e a Est e nel fungere da mediatore con la Federazione Russa, anche in virtù dei cordiali legami politico-commerciali che legano i due paesi. La Russia rimane infatti un partner energetico cruciale, poiché fornisce la quasi totalità di gas e petrolio alla Slovacchia. Una dipendenza che si è mostrata in tutta la sua rilevanza anche nella recente crisi in Ucraina quando il governo slovacco aveva denunciato il rischio di un taglio delle forniture energetiche. Infatti, Bratislava ha fatto notare che dall’inizio dell’anno 2014 Mosca ha riversato nelle pipe-line dei paesi dell’Europa orientale una quantità di gas metano inferiore del 25% rispetto a quella prevista. Parallelamente alle relazioni privilegiate con la Russia, la Slovacchia dagli anni Novanta ha approfondito i rapporti con gli Usa che hanno fornito ingenti aiuti per la transizione e per ricostruire la difesa nazionale. Le relazioni con i vicini sono amichevoli, in particolare con il Gruppo di Visegrád (Repubblica Ceca, Polonia e Ungheria), nonostante esistano tensioni con l’Ungheria, principalmente legate alla consistente minoranza ungherese in Slovacchia, pari al 10% della popolazione. Le relazioni con Budapest sono state di recente esasperate a causa sia dall’approvazione magiara (maggio 2010) di una legge che concede il diritto di voto a tutti gli ungheresi residenti all’estero, sia dalla convalida di una legge slovacca che vieta la doppia cittadinanza. Altro motivo di tensione tra le due comunità è l’affermazione nelle elezioni regionali del novembre 2013 di Marian Kotleba, leader del partito di estrema destra ‘La nostra Slovacchia’.
La Slovacchia è una repubblica parlamentare, con un legislativo unicamerale e un presidente eletto direttamente dal popolo. A governare il paese è il partito di centro-sinistra Direzione-Democrazia sociale (Smer-Sd) che nelle elezioni del marzo 2012 ha ottenuto la maggioranza assoluta: Robert Fico, già premier tra il 2006 e il 2010, ha conquistato il 44,4% dei consensi, pari a 83 dei 150 seggi in parlamento. Grazie a questo risultato, frutto anche di uno scandalo legato alla corruzione che ha investito il paese alla fine del 2011, Fico ha formato un nuovo governo senza ricorrere al sostegno di altri partiti. Un ampio successo bissato da Fico e dal suo partito anche nelle elezioni europee del maggio 2014, nonostante queste siano state segnate da una bassa affluenza alle urne (solo il 19% e tra le più basse in tutta Europa). Unica battuta d’arresto alla popolarità del premier è stata la sconfitta dello stesso Fico nelle elezioni presidenziali del giugno 2014 nelle quali a vincere è stato il candidato indipendente Andrej Kiska.
La popolazione slovacca è costituita da 5,4 milioni di cittadini e registra un tasso di crescita piuttosto basso (0,1%). Gli slovacchi rappresentano la maggioranza della popolazione (85%) ma vi sono anche altre minoranze come tedeschi, cechi, polacchi e ucraini. Tra queste la maggiore è quella ungherese (10%), che vive prevalentemente al confine con l’Ungheria. Esiste inoltre un’importante minoranza rom (2%), oggetto di discriminazioni sia nell’istruzione, sia nel mercato del lavoro. Circa il 60% della popolazione è cristiano-cattolica, l’8% è protestante e il rimanente 4% è ortodossa.
Dagli anni Novanta il sistema educativo è stato profondamente riformato. La qualità del sistema è elevata: l’istruzione della forza lavoro è comparabile a quella dei paesi dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Oecd) e più elevata della media dell’Europa centro-orientale. Sebbene la spesa per l’istruzione sia stata in parte ridimensionata, essa rimane comunque in linea con il 4% del pil erogato nei primi anni del secolo. La spesa per la sanità (5,5% del pil) è sotto la media europea. I media slovacchi sono generalmente liberi nonostante il peso eccessivo dei poteri politici. La condizione femminile è migliorata rispetto all’epoca comunista. Benché le donne godano in teoria degli stessi diritti degli uomini, continuano tuttavia a essere sottorappresentate nelle posizioni dirigenziali e in politica.
Il passaggio da un’economia assistenzialista e pianificata di tipo socialista a un sistema di mercato liberista ha permesso alla Slovacchia di proporsi come una delle locomotive economiche dell’Europa centro-orientale. Un boom incoraggiato da una congiuntura nazionale e internazionale favorevole nonché da tutto un processo di riforme (mercato del lavoro, tassazioni dei redditi, sanità pubblica ed educazione) e di attrazione di investimenti diretti esteri (26 miliardi di dollari nel 2012) che ne hanno permesso una crescita sostenuta tra il 6% e il 10% fino alla crisi economica del 2008-09, la quale ha avuto importanti riflessi negativi anche in Slovacchia (-6,2% del pil nel 2009) soprattutto in relazione al tasso di disoccupazione ancora elevato (circa il 14%).
Nonostante il perdurare della stagnazione economica dell’eurozona, Bratislava nel 2011 ha ricominciato a crescere tanto che nel 2013 ha registrato una ripresa di poco inferiore all’1% e con trend positivo anche per il 2014 (2,4%). Punti di forza dell’economia slovacca sono il settore secondario e terziario, che complessivamente valgono il 96% del pil nazionale.
L’industria si basa sulla lavorazione dei metalli, sui prodotti minerari, sulla fabbricazione di macchinari e autoveicoli, sulle aziende tessili, chimiche ed elettroniche. Il settore dei servizi è prevalentemente basato sul finanziario, sulla vendita al dettaglio e sul turismo. Un ruolo importante è svolto dal commercio estero: la bilancia commerciale registra un saldo positivo pari a 3,9 miliardi di euro, grazie ad una buona performance dell’export (85,4 miliardi di euro, +3,6%) e delle importazioni (81,4 miliardi di euro, +2,5%). Principali partner commerciali sono la Germania, la Repubblica Ceca e la Russia.
Quest’ultima è anche il principale fornitore energetico del paese (circa la metà del proprio mix energetico dipende dagli idrocarburi russi). Al fine di diminuire la propria dipendenza da Mosca, Bratislava sta sviluppando una strategia volta a migliorare l’efficienza energetica e a diversificare le fonti di approvvigionamento puntando su nucleare e idroelettrico. A tal fine la Slovacchia ha stretto un accordo con l’Ungheria per la costruzione di un gasdotto che collegherà i due paesi. Il paese riceverebbe il gas da un rigassificatore polacco che dovrebbe rifornire anche gli altri membri del Gruppo di Visegrád.
L’esercito slovacco è di dimensioni limitate – poco meno di 16.000 soldati – e composto dalle truppe di terra e dall’aviazione. Dal 2006 il servizio militare non è più obbligatorio ma volontario, dai 17 anni. Il paese spende circa l’1,1% del pil per la difesa.
La Slovacchia è stata impegnata in diverse missioni di peacekeeping delle Nazioni Unite quali Unosom in Somalia e Unprofor nei Balcani. Attualmente il paese partecipa alla missione Nato in Afghanistan (Isaf), congiuntamente alla Repubblica Ceca e fa parte della missione dell’Eu in Bosnia-Erzegovina e di quella delle Nazioni Unite a Cipro (Unficyp). Il paese aveva anche inviato un contingente di cento militari in Iraq, poi ritirato nel 2007.
Infine, la Slovacchia è partner degli Usa nella guerra al terrorismo ed è parte delle convenzioni internazionali in materia, sebbene non abbia problemi in questo campo che la riguardano direttamente.
Eletto il 26 novembre 2013 governatore della regione di Banská Bystrica, Marian Kotleba è solo l’ultima personalità salita agli onori delle cronache europee in quel gran contenitore etichettato come ‘euroscetticismo’. Kotleba è il leader di Slovenská Národná Strana – La nostra Slovacchia (SNS), partito di estrema destra anti-EU e anti-Rom, noto soprattutto per gli atteggiamenti radicali dei suoi affiliati che indossano tenute simili a quelle dei nazisti slovacchi. SNS si batte per l’esclusione dei rom e della minoranza ungherese dalla società slovacca e per l’uscita di Bratislava dall’eurozona. Nonostante il mancato successo di SNS nelle consultazioni europee del maggio 2014, come invece pronosticato dai sondaggi pre-elettorali, la presenza di Kotleba e del suo partito ultranazionalista si inserisce nel più vasto fenomeno dei movimenti e dei partiti di estrema destra ormai ben radicati nell’Europa centro-orientale (vedi la presenza nel parlamento di Budapest di Jobbik, il ‘Movimento per una Ungheria migliore’).