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SLOVENIA

di Lucia Betti - Enciclopedia Italiana - VI Appendice (2000)
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Slovenia

Lucia Betti
ENCICLOPEDIA ITALIANA VI APPENDICE TAB slovenia 01.jpg

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(XXXI, p. 959; App. II, ii, p. 844; III, ii, p. 758; V, iv, p. 825; v. iugoslavia, XX, p. 15; App. I, p. 767; II, ii, p. 125; III, i, p. 936; IV, ii, p. 275; V, iii, p. 79)

Geografia umana ed economica

La Repubblica di S. è uno degli Stati sovrani nati dalla dissoluzione della vecchia Iugoslavia, conservando la superficie territoriale (20.251 km²) e i confini dell'omonima repubblica federata preesistente nell'ambito di quel paese. Proclamata l'indipendenza nel 1991, fu riconosciuta quasi immediatamente dai principali Stati europei e poco dopo da molti altri paesi e dalle organizzazioni internazionali, e nel 1996 ottenne la qualifica di Stato associato all'Unione Europea (v. oltre: Storia). Dallo stesso anno fa parte della CEFTA (Central European Free Trade Agreement) con Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria e Polonia.

Popolazione

La grande maggioranza della popolazione (88%) è di etnia slovena; non mancano minoranze croate, serbe, slavo-musulmane, magiare, macedoni, albanesi e, nell'Istria settentrionale, italiane, gruppi residui dei numerosi connazionali ivi residenti fino al 1945. La religione dominante è quella cattolica. La popolazione è da qualche anno in lieve calo. La capitale, Lubiana, d'aspetto centro-europeo, conta 330.000 ab.; delle altre città solo Maribor (Marburgo), vicinissima al confine austriaco, supera di poco i 100.000 abitanti.

Condizioni economiche

Tra gli Stati della ex Iugoslavia, la S. è il paese dotato dell'economia più solida e quello che meglio ha superato la crisi economica della fine degli anni Ottanta e dell'inizio dei Novanta. In termini di crescita economica gli anni Novanta sono stati buoni e il programma di privatizzazione si presenta ben sviluppato.

Più della metà del territorio sloveno, nonostante la prevalente natura carsica, è coperto da foreste, che forniscono una buona produzione di legname; circa un quarto è occupato da prati e pascoli, che consentono l'allevamento di un elevato numero di bovini e suini; poco spazio resta per l'agricoltura vera e propria, la quale tuttavia riesce a fornire cereali, patate, barbabietole, mele e uva da vino in discrete quantità.

Ormai quasi esaurita l'estrazione del mercurio dal giacimento già italiano di Idria, la sola ricchezza mineraria di rilievo della S. è rappresentata dalla lignite. Alla produzione energetica nazionale contribuisce per circa un quarto la centrale nucleare di Krško. Non manca il consueto ventaglio di produzioni industriali, che spazia dall'acciaio alla birra. Il commercio estero, dopo la crisi connessa con il tracollo del mercato iugoslavo, si svolge per almeno un quarto con la Germania, ma anche gli scambi con l'Italia, la Francia e l'Austria e quelli, ora rinnovati, con la Croazia, sono importanti. Nel lembo d'Istria che fa parte della S., da Capodistria a Pirano, fiorisce il turismo, che ha tuttavia risentito della crisi politica dell'Adriatico slavo. *

bibliografia

Independent Slovenia: origins, movements, prospects, ed. J. Benderly, E. Kraft, New York 1994.

C. Carmichael, Slovenia, Oxford-Santa Barbara 1996.

E. Erjavec, M. Rednak, T. Volk, The European Union enlargement. The case of agriculture in Slovenia, in Food policy, 1998, 5, pp. 395-409.

D. Heimerl, Slovénie 1997. Stabilisation monétaire sous réformes structurelles, in Courrier des pays de l'Est, 1998, 428-29, pp. 150-53.

K. Natek, O regionalizaciji Slovenije, 1998, 70, pp. 139-50.

Storia

di Lucia Betti

Dal gennaio 1993, la S. fu guidata dal governo di coalizione di J. Drnovšek (ex comunista), il quale avviò relazioni commerciali con i paesi occidentali e diede inizio al processo di privatizzazioni, quasi completamente terminato alla fine del 1997. Nel 1994 i liberaldemocratici, insieme ad altri partiti di piccola entità, crearono la Liberaldemocrazia slovena (LDS, Liberalna Demokracija Slovenije), che assunse una posizione dominante nel governo. Ciò acuì le tensioni esistenti con i cristiano-democratici (SKD, Slovenski Krščanki Demokrati) che portarono, nel settembre 1994, alle dimissioni del ministro degli Esteri L. Peterle.

Nel 1995 si ebbe un netto rafforzamento del sentimento nazionalista fra la popolazione slovena, una parte della quale manifestò apertamente il proprio esclusivismo etnico verso tutti gli ex concittadini iugoslavi. Si formò, infatti, un movimento che propose un referendum - mai indetto a causa delle poche firme raccolte - attraverso il quale si chiedeva l'approvazione di una legge che privasse della cittadinanza slovena gli elementi di origine bosniaca.

In ambito internazionale, a minare la già debole maggioranza di governo si aggiunsero le problematiche relazioni della S. con l'Italia e con l'Unione Europea. Tuttavia la determinazione del presidente M. Kučan condusse all'accordo di associazione firmato il 10 giugno 1996 con l'UE. In questo frangente, decisivo fu il sostegno del governo italiano, che riuscì a ristabilire rapporti distesi con la S. dopo le difficoltà insorte durante il governo Berlusconi, riguardanti la questione delle proprietà rivendicate dagli esuli italiani in Istria. Nonostante le forti tensioni interne, il governo sloveno riuscì a sopravvivere fino alle elezioni del 10 novembre 1996, malgrado la fuoriuscita dall'alleanza della Lista unita dei socialdemocratici (ZLSD, Združena Lista Socialnih Demokratov), raggruppamento di sinistra. All'appuntamento elettorale, che fece registrare il successo della LDS, si presentò la coalizione Primavera slovena, costituita da tre partiti conservatori e antieuropeisti (il Partito del popolo sloveno - SLS, Slovenska Ljudska Stranka -, il Partito socialdemocratico - SDSS, Socialdemokratična Stranka Slovenije - e il Partito cristiano-democratico), che con la sua opposizione ritardò la nomina del nuovo governo. Infatti, soltanto nel febbraio 1997 Drnovšek riuscì a costituire il nuovo governo composto dalla LDS, dalla SLS e dal Partito dei pensionati (DESUS, Demokratična Stranka Upokojencev Slovenije). I partner forti erano i liberaldemocratici, di centro-sinistra, e i conservatori del Partito del popolo sloveno, caratterizzati da opposti intendimenti e strategie politiche: gli uni sostenevano la liberalizzazione del mercato e l'ingresso della S. nell'UE, gli altri, invece, erano fautori di un forte protezionismo economico nonché critici riguardo l'ingresso a pieno titolo del paese nell'UE. Tuttavia, i liberaldemocratici, nel rispetto del dettato dell'Accordo di associazione fra S. e UE e per assicurare al paese lo status di membro associato, nel luglio 1997 emendarono l'art. 68 della Costituzione che disciplinava in senso restrittivo il diritto di proprietà per gli stranieri in Slovenia. I rapporti fra S. e Italia continuarono a migliorare. Roma ribadì il pieno sostegno a Lubiana per le adesioni all'UE e alla NATO e insieme all'Ungheria i due paesi diedero vita a un'intesa, la Trilaterale (23 ottobre 1996), per una più stretta collaborazione in diversi settori.

La sfera politico-internazionale era dominata dai contrasti con Zagabria riguardanti aspetti finanziari, economici, commerciali, ambientali e, in particolare, territoriali. Infatti, ancora due terzi dei confini terrestri erano in contestazione. Inoltre, l'impossibilità di accedere al mare aperto senza attraversare le acque territoriali italiane o croate dell'Adriatico aveva ridimensionato le speranze di potenziare il porto di Capodistria. Gli attriti, ancora da risolvere alla fine degli anni Novanta, facevano riferimento, altresì, alla formula proprietaria e alle modalità di gestione della centrale nucleare di Krško che, situata in territorio sloveno ma al confine con la Croazia, era stata costruita negli anni Settanta con i fondi di entrambi i paesi. Un'altra questione aperta era quella relativa ai depositi dei cittadini croati nella Ljubljanska Banka, 'congelati' da parte del governo sloveno.

Il 1998 fu caratterizzato ancora da tensioni nei rapporti di forza all'interno della coalizione di governo. In particolare, la SLS, di centro-destra, si dimostrò ansiosa di apparire come il partito che si elevava a guardiano degli interessi nazionali nella coalizione, ostacolando, in particolare, l'armonizzazione della normativa interna con quella comunitaria. Nonostante la lentezza del governo sloveno nell'ottemperare agli obblighi necessari per fare della S. un membro a tutti gli effetti dell'UE, e i diversi cambiamenti di vertice avvenuti in vari ministeri (fra i quali quello della Difesa, degli Affari interni, degli Affari economici e dell'Educazione e Sport), nel corso del 1999 il Parlamento varò numerose leggi che accorciavano le distanze dall'UE. Fu introdotta, infatti, l'imposta sul valore aggiunto, che non sconvolse, come si temeva, l'economia, pur tuttavia fortemente colpita e frenata nella crescita dai contraccolpi del conflitto in Kosovo e dall'intervento aereo della NATO nei confronti della Iugoslavia (marzo-giugno 1999), intervento appoggiato dalla Slovenia. Atteggiamento, quest'ultimo, più che scontato, considerando che nei piani strategici del paese rientrava anche l'ingresso nell'Alleanza atlantica.

bibliografia

M. Glenny, The fall of Yugoslavia: the Third Balkan War, London 1992.

S. Ramet, Balkan Babel: the disintegration of Yugoslavia from the death of Tito to ethnic war, Boulder 1996.

S. Bianchini, Sarajevo - Le radici dell'odio. Identità e destino dei popoli balcanici, Roma 1996.

The Balkans and the challenge of economic integration. Regional and European perspectives, a cura di S. Bianchini, M.Uvalic, Ravenna 1997.

Guida ai paesi dell'Europa centrale, orientale e balcanica. Annuario politico-economico 1998, a cura di S. Bianchini, M. Dassù, Milano 1998.

Vedi anche
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