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Già regione storica dell’Impero austroungarico e, successivamente, parte del Regno di Iugoslavia, dal 1945 al 1991 la Slovenia è stata una Repubblica Socialista federata alla Iugoslavia del maresciallo Josip Tito, da cui è divenuta indipendente nel giugno del 1991. Prima tra le repubbliche iugoslave ad aver dichiarato unilateralmente la propria indipendenza, la Slovenia riuscì a portare a termine il proprio distacco dalla Federazione dopo un conflitto breve e di scarsa intensità con l’esercito federale, noto come la ‘Guerra dei dieci giorni’ – rimanendo dunque sostanzialmente al riparo dalla violenza della guerra civile che avrebbe invece caratterizzato il processo di secessione delle altre repubbliche balcaniche.
Fin dai primissimi anni dopo l’indipendenza, la Slovenia ha notevolmente ampliato la propria presenza a livello internazionale ed è entrata a far parte delle principali organizzazioni multilaterali di matrice euro-atlantica, dalla Nato all’Unione Europea (Eu). Inoltre, nel primo semestre del 2008 ha assunto, primo tra i ‘nuovi’ membri europei, la presidenza di turno del Consiglio dell’Eu.
A livello bilaterale la Slovenia mantiene relazioni amichevoli con tutti i principali paesi europei, specie con Italia, Germania, Francia e Austria, che rappresentano i suoi maggiori partner commerciali. Solo con la vicina Croazia i rapporti sono stati altalenanti fin dall’indipendenza, principalmente a causa della controversia circa la demarcazione del confine comune, delle rispettive acque territoriali (Baia di Pirano) e della difficile gestione (smaltimento dei rifiuti radioattivi) dell’impianto nucleare di Krško, situato sul territorio sloveno ma la cui proprietà e condivisa tra i due vicini. La disputa territoriale tra i due paesi confinanti è stata peraltro alla base del veto posto dalla Slovenia, nel dicembre 2008, all’apertura di nuovi capitoli negoziali nel percorso verso l’ingresso della Croazia nell’Eu. Solo il raggiungimento nel 2009, a seguito di un arbitrato internazionale, di un accordo sulla demarcazione del confine ha indotto la Slovenia, dopo un voto parlamentare di ratifica e un referendum popolare, a ritirare il veto sull’avanzamento dei negoziati tra l’Unione Europea e la Croazia.
La Slovenia è una repubblica parlamentare nella quale vige un bicameralismo imperfetto. L’Assemblea nazionale è la principale istituzione legislativa del paese, dove siedono 90 membri eletti negli 88 collegi in cui è suddiviso il territorio sloveno (gli altri due seggi sono riservati alla comunità italiana e a quella ungherese). Viceversa le prerogative del Consiglio nazionale, la camera alta slovena, attengono alla presentazione di proposte legislative all’Assemblea nazionale e alla possibilità di rigettare le leggi già vagliate da quest’ultima, sottoponendole a una seconda deliberazione. La sua composizione è del tutto peculiare, in quanto i suoi 40 membri sono espressione dei principali gruppi di interesse della nazione: da quelli territoriali ai rappresentanti di categorie come i datori di lavoro, i dipendenti, i contadini, i liberi professionisti e gli artigiani. Il capo di stato sloveno è il presidente della Repubblica, che viene eletto ogni cinque anni dal popolo e possiede alcune prerogative che ne fanno una figura istituzionale rilevante: oltre a rappresentare l’unità della nazione, infatti, è capo delle forze armate, nomina gli ambasciatori e promulga trattati internazionali e leggi.
Dal 2008 il governo del paese è formato da una coalizione di centro-sinistra. Insieme ai socialdemocratici, guidati dall’attuale premier Borut Pahor e principale forza di maggioranza con 29 seggi su 90 in Parlamento, si trovano altri tre partiti: Liberaldemocrazia della Slovenia, il Partito dei pensionati e il Partito Zares, formazione politica creata dalla fuoriuscita di alcuni parlamentari dalle fila dei liberaldemocratici nel marzo 2007. Proprio il partito liberaldemocratico, che aveva retto il governo nazionale fino ai primi anni del Duemila, guidando tutta la fase post-indipendenza della Slovenia, ha subito un consistente calo di credibilità nel paese, che lo ha portato prima all’opposizione e poi, dopo le ultime elezioni nel 2008, a essere il più piccolo partito presente in Parlamento, superato di molto nelle preferenze dell’elettorato di centro-sinistra dal Partito socialdemocratico. Il principale partito di opposizione è invece il Partito democratico sloveno: partito di riferimento del centro-destra sloveno, attualmente occupa quasi un terzo dei seggi disponibili nell’Assemblea nazionale ed è guidato da Janez Janša, primo ministro dal 2004 al 2008 e ministro della difesa slovena durante la Guerra dei dieci giorni.
Maggio 1992: La Slovenia diventa membro delle Nazioni Unite.
Luglio 1995: Entra a far parte dell’Organizzazione mondiale per il commercio (Wto).
Giugno 1996: Presenta la domanda di adesione all’Eu.
1996-2004: Fa parte dell’Accordo di libero scambio dell’Europa centrale o Cefta (Central European Free Trade Agreement), insieme ad Albania, Moldavia, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Romania, Bulgaria e a tutte le altre repubbliche della ex Iugoslavia.
1998-2000: Biennio nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite come membro non permanente.
Marzo 1998-dicembre 2002: Apertura e chiusura dei negoziati di adesione all’Eu.
Aprile 2003: Ad Atene la Slovenia firma il trattato di adesione all’Eu, approvato il mese prima tramite referendum dal popolo sloveno.
Marzo 2004: Insieme a Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania e Slovacchia, la Slovenia completa il processo di adesione alla Nato: è il quinto e il più grande allargamento nella storia dell’Alleanza atlantica.
Maggio 2006: La Banca centrale europea e la Commissione europea propongono l’adesione della Slovenia all’eurozona a partire dal 2007.
Gennaio 2007: Adozione dell’euro.
Dicembre 2007: Adesione agli Accordi di Schengen.
Gennaio-giugno 2008: La Slovenia, primo fra i nuovi stati membri, ricopre la presidenza di turno dell’Unione Europea.
La popolazione slovena si è stabilizzata da diversi anni intorno ai due milioni e, in linea con l’andamento europeo, sta progressivamente invecchiando. La popolazione è composta in massima parte da Sloveni (circa il 90% del totale), mentre le principali minoranze sono quella serba e quella croata, che insieme raggiungono il 5%. Proprio l’immigrazione, proveniente prevalentemente dalle vicine repubbliche della ex Iugoslavia, riesce a bilanciare la tendenza del tasso demografico altrimenti in negativo.
La diminuzione delle nascite si riflette anche nel calo delle iscrizioni registrate negli ultimi anni nella scuola primaria mentre, di converso, l’istruzione terziaria è in netta crescita, considerando che le immatricolazioni nelle università slovene sono più che raddoppiate dalla metà degli anni Novanta.
La Costituzione slovena tutela i diritti e le libertà civili e politiche e fin dall’indipendenza le elezioni sono state considerate libere e corrette. L’amministrazione, specie nel rapporto tra pubblico e privato, soffre di sacche di corruzione ancora abbastanza diffuse, anche se a livelli più bassi rispetto agli altri paesi dell’Europa centro-orientale.
Comparata con i paesi dell’Europa centro-orientale e della penisola balcanica, quella slovena si attesta come la prima economia per pil pro capite.
Il settore industriale conta per un terzo del totale del pil, mentre il contributo proveniente dal comparto primario è marginale. Il terziario è il settore più sviluppato e genera più del 60% del pil. La crescita di quest’ultimo settore ha tratto particolare vantaggio tanto dal progressivo processo di integrazione con le principali economie europee, quanto dalla posizione geografica di porta d’ingresso settentrionale della penisola balcanica: due ragioni che hanno dato un forte impulso al miglioramento del sistema di trasporto nazionale, tradottosi in un aumento delle entrate in questo settore. Lo sviluppo delle infrastrutture e l’ammodernamento delle strutture del turismo hanno poi agevolato il decollo di quest’ultimo settore, tra i più importanti nel sistema-paese sloveno.
Negli anni Novanta la modernizzazione dell’economia, che già partiva da un livello di relativo sviluppo (la Slovenia era la regione commercialmente più attiva dell’ex Iugoslavia), è stata intrapresa in maniera graduale, evitando così strategie e programmi di riforme eccessivamente drastici e repentini, come quelli che invece hanno caratterizzato, durante gli stessi anni, le politiche economiche di altri paesi dell’Europa centro-orientale.
Se la crescente partnership economica con l’Unione Europea – culminata con l’ingresso nell’eurozona nel 2007 – è stata un importante catalizzatore per la crescita dell’economia slovena, allo stesso tempo essa ha rappresentato la principale causa della brusca battuta d’arresto del pil nazionale, registrata infatti in corrispondenza della crisi internazionale che ha colpito pesantemente proprio tutte le maggiori economie europee verso cui Lubiana è più esposta.
La crisi finanziaria mondiale ha avuto ripercussioni anche nel livello di investimenti esteri in entrata, cresciuti ininterrottamente dai primi anni Novanta (salvo nel 2001) a una media intorno al 18% annuo.
I maggiori partner commerciali della Slovenia, tanto dal punto di vista delle esportazioni quanto da quello delle importazioni, sono rispettivamente la Germania, l’Italia, l’Austria, la Francia e la Croazia.
La Slovenia dipende in maniera rilevante dalle importazioni energetiche: prime fra tutte petrolio e gas, che coprono circa la metà del fabbisogno energetico sloveno; il restante 50% della domanda energetica è ripartito invece tra nucleare, rinnovabili e carbone.
L’esercito sloveno è stato istituito nel 1993 con la riorganizzazione della Difesa territoriale slovena, struttura militare formatasi nel 1991 dalla fusione tra la formazione paramilitare ‘Difesa territoriale’, che dal 1968 era stata istituita come forza di difesa complementare all’esercito federale iugoslavo, e la cosiddetta ‘Struttura di manovra per la protezione nazionale’, antica milizia simile a una guardia nazionale, anch’essa incaricata della salvaguardia del territorio sloveno, ma di natura segreta e quindi completamente sotto il controllo di Lubiana.
Le forze armate Slovene sono state soggette negli ultimi anni a una radicale modernizzazione, conclusasi nel 2010 con la loro piena professionalizzazione. Nonostante le sue ridotte dimensioni in termini numerici, l’esercito sloveno è stato impiegato negli ultimi anni in diverse operazioni militari multinazionali della Nato e delle Nazioni Unite: dalla missione Isaf in Afghanistan, a quella in Kosovo (Kfor). Truppe slovene sono state impegnate anche in Bosnia, Libano, Siria, Serbia e Montenegro. Proprio la volontà della Slovenia di partecipare alle missioni internazionali ha rappresentato lo stimolo principale alla riorganizzazione dell’esercito, trasformato da forza di difesa territoriale a forza mobile, con capacità di dislocamento nell’ambito di operazioni di peacekeeping. L’ingresso nella Nato, inoltre, ha permesso alle forze armate slovene di partecipare a diverse esercitazioni congiunte con gli eserciti degli altri paesi membri e ha reso necessario la loro professionalizzazione e la loro ristrutturazione – elementi imprescindibili per l’inserimento all’interno delle strutture militari integrate dell’Alleanza atlantica, in funzione dell’interoperabilità.