smalto
Vocabolo tipico del D. tecnico. È infatti un bisillabo in rima delle ‛ petrose ', ripreso poi ancora tre volte nella Commedia dove trascina con sé l'originaria costellazione di rime alto-assalto-smalto (con minima variazione in essalto, If IV 121; da notare che questa triade è utilizzata più volte anche dal Petrarca). Il luogo dell'invenzione, ovviamente anche semantica e stilistica, è in Rime C 59 cammino... / che ora è fatto rivo, e sarà mentre / che durerà del verno il grande assalto; / la terra fa un suol che par di smalto, dove s. bene si colloca, e per il senso e per il centrale incontro-scontro di consonanti in cui è costante una liquida, in quella che potremmo chiamare la serie della durezza (petra, marmo, vetro).
L'analogia tra il suolo invernale irrigidito e piatto e la materia vitrea, pietrificata dello s. è qui ancora sul piano della similitudine, mentre decisamente per metafora si usa s. per indicare il prato degli spiriti magni all'interno del castello del Limbo: Colà diritto, sovra 'l verde smalto, / mi fuor mostrati li spiriti magni, / che del vedere in me stesso m'essalto (If IV 118; la rima alto è al v. 117): si tratta pur sempre dello sfondo stilizzato di un paesaggio artificiale anche se poco prima si parla di fresca verdura (v. 111), e se la notazione coloristica verde tenda a riscattare la durezza del sostantivo. È ancora metafora per " prato " nell'augurio di Corrado Malaspina a D.: Se la lucerna che ti mena in alto / truovi nel tuo arbitrio tanta cera / quant'è mestiere infino al sommo smalto (Pg VIII 114; assalto è al v. 110), dove s'indica la sommità del monte del Purgatorio o, secondo altra tradizione esegetica, il Paradiso stesso. Allo s. come risultato di un processo di pietrificazione si allude invece più direttamente nella minaccia delle Erinni: " Vegna Medusa: si 'l farem di smalto ", / dicevan tutte riguardando in giuso; / " mal non vengiammo in Tesëo l'assalto " (If IX 52; alto è al v. 50).