smart mob
<smàat mòb> locuz. sost. ingl., usata in it. al masch. – Incontro di gruppo finalizzato a compiere un’azione collettiva, organizzato mediante una convocazione a catena inoltrata su siti Internet o mediante messaggi di posta elettronica. Tale comportamento collettivo è reso possibile dalle tecnologie wireless, che consentono di coordinare un gran numero di persone senza che sia necessario un controllo gerarchico. La locuzione, comp. dall'agg. smart («intelligente») e dal s. mob («assembramento, folla»), è stato reso celebre da Howard Rheingold – cofondatore della rivista HotWired e uno dei più noti studiosi di new media – nel libro Smartmobs, the next social revolution (2002), in cui è raccolta una serie di casi che mostrano l’esplicarsi di questa azione sociale. Esempio classico di s. m. è la battaglia di Seattle. Nel 1999, in occasione della conferenza del World trade organization (WTO) a Seattle, un insieme eterogeneo di gruppi di attivisti politici e sociali, pur non avendo legami diretti tra loro, è stato in grado di coordinare le manifestazioni di protesta contro i lavori svolti dai membri del WTO, grazie a un sistema di tecnologie, telefoni cellulari, computer portatili, connettività wireless. Il coordinamento della manifestazione ha dato l’impressione che i gruppi fossero espressione di una sola identità. Questo comportamento di massa può essere considerato il risultato di una particolare forma di , nella fattispecie organizzativa; una variante di esso è il , che è tuttavia caratterizzato da scopi più ludici che di protesta. Secondo alcuni la pratica dello s. m. deriva dagli studi su azioni strategiche rese possibili dall’ingresso delle tecnologie digitali negli scenari di guerra (information warfare), spesso indicate come guerra non convenzionale. Si tratta delle cosiddette azioni di swarming, in cui unità autonome o semiautonome agiscono contemporaneamente contro un obiettivo comune, definite anche netwar, sia per l’organizzazione reticolare sia per l’uso di tecnologie per la connettività.