snello (isnello)
L'aggettivo, di base germanica ‛ snells ', tedesco schnell), resta affidato all'orizzonte lessicale della Commedia anche nella forma alterata, in funzione affettiva, per l'unico esempio di Pg II 41, il vasello snelletto e leggero guidato dall'angelo sulla spiaggia del Purgatorio. Stupendamente il Tommaseo: " snelletto, dice la forma e il ratto moto; leggero, il non toccar le acque, tuttoché tanti fossero i naviganti sovra esso "; ma soccorre insieme il riscontro con l' " isnelletto e tardetto di parlare " dello pseudo-Bono Giamboni traduttore del Tresor di Brunetto.
Il valore etimologico di " veloce ", " rapido " si conserva infatti - come ha accertato il Bosco - in tutti i passi danteschi, conforme del resto all'uso delle antiche lingue romanze che giunsero solo più tardi alla dominante estensione semantica (" tutto nervi e muscoli, armoniosamente magro ", " sottile ed elegante "), giustificata dalla normale connessione fra velocità e agilità o magrezza (al limite, si rammenti l'impiego di " snelli " nel volgarizzamento trecentesco di Livio a tradurre il latino celeres, gli armati alla leggera).
Tale accezione si applica in D. sia ad animali, sia a parti del corpo umano, sia a oggetti inanimati sospinti da qualche energia. È il caso, rispettivamente, dei centauri, quelle fiere isnelle (If XII 76, per il Buti invece " leggiadre, sdutte et adatte a correre "), onde le " per bei boschi allegre fere e snelle " del Petrarca (Rime CCCXII 4); di Gerione paragonato al falcone che disdegnoso e fello per la mancata preda discende lasso onde si move isnello (XVII 130), con predicativi in funzione avverbiale; o della corsa rapinosa dei tre Fiorentini (una volta rotta la rota... a fuggirsi / ali sembiar le gambe loro isnelle, XVI 87); con cui può andare l'uso figurato di Pg IV 28 con l'ale snelle e con le piume / del gran disio (Buti: " s'intendono acconce a volare leggieri, e significano la fede e la speranza "). Viceversa, in If VIII 14 il semantema di base era adibito al movimento dell'imbarcazione di Flegiàs, sulla stessa linea tematica dell'angelo nocchiero, ma con aggancio analogico all'immagine (di campo diverso) di una freccia rapidissima (scaduta in seguito a cliché, come ‛ le ali ai piedi ' rispetto a XVI 87): Corda non pinse mai da sé saetta / che sì corresse via per l'aere snella, / com'io vidi una nave piccioletta / venir per l'acqua.
Bibl. - U. Bosco, Il canto dei centauri [1937], poi in D. vicino, Caltanissetta-Roma 1966, 243-246; E. Pasquini, Il canto di Gerione, in " Atti e Mem. Accad. Arcadia " s. 3, IV (1967) 366.