soccorrere [indic. imperf. III plur. soccorrien; fut. III singol. soccorrà]
Ricorre solo in poesia, con la sola eccezione di due esempi nella prosa del Convivio, con il valore fondamentale di " portare aiuto ", " venire o andare in aiuto ".
Nella maggior parte degli esempi compare come transitivo: Rime L 18 buon signor già non ristringe freno / per soccorrer lo servo quando 'l chiama, e CIII 61; If II 104 Beatrice... / ché non soccorri quei che t'amò tanto...?, e 133; Pg VI 96 quando il dente longobardo morse / la Santa Chiesa... / Carlo Magno, vincendo, la soccorse; Fiore LXXXII 9 pur convien ch'i' soccorra Durante; CCVI 6, CCXII 2, CCXVI 3. È usato come intransitivo in Pd XII 43 [Dio] a sua sposa soccorse / con due campioni; XXXIII 16 La tua benignità non pur soccorre / a chi domanda; e ancora XXII 4. Tre volte è costruito assolutamente: Pd XXVI 75, XXVII 63 l'alta provedenza... / soccorrà tosto; Fiore CCXII 6 Ardimento soccorse.
Le occorrenze in Cv II II 4 l'uno [pensiero] era soccorso de la parte [de la vista] dinanzi continuamente, e l'altro de la parte de la memoria di dietro. E lo soccorso dinanzi ciascuno die crescea, che far non potea l'altro, oltre a essere le uniche presenti in prosa sono le sole nelle quali s. sia attestato nella forma passiva e al participio passato (sostantivato).
Al senso etimologico di " correre a schermirsi " è abbastanza vicino quello di " tentare di difendersi da ", con il quale s. compare in If XVII 47 [gli usurai] di qua, di là soccorrien con le mani / quando a' vapori, e quando al caldo suolo. L'accezione si collega a quella di " difesa ", " riparo " con la quale il sostantivo soccorso (v.) è presente in If XXIX 81.