Società estinte e fisco
l’irreversibilità dell’effetto estintivo conseguente alla cancellazione della società dal registro delle imprese, principio oramai acquisito nel settore civile, ha presto riverberato i suoi effetti sul fronte tributario, esponendo il Fisco al rischio di trovarsi nell’impossibilità, anche pratica, di realizzare le proprie pretese. l’esigenza di garantire soddisfazione al proprio credito ha assunto qui contorni particolari. al rilievo costituzionale del dovere di contribuzione alle spese pubbliche ed alla correlata attribuzione al Fisco di strumenti di “autotutela esecutiva” si è affiancato un contesto normativo peculiare, con cui l’art. 2495, co. 2, c.c. è chiamato a coordinarsi (art. 36 d.P.r. 29.9.1973, n. 602, art. 28 d.lgs. 21.11.2014, n. 175). Fondamentale appare quindi, oggi, comprendere – alla luce di tale contesto – quali sono i reali spazi di tutela del Fisco nei confronti delle società cancellate, non sempre alla lettera delle disposizioni corrispondendo una effettiva realtà giuridica.
l’irreversibilità dell’effetto estintivo conseguente alla cancellazione della società dal registro delle imprese (art. 2495, co. 2 c.c.)1, principio acquisito nel settore civile2, non ha tardato a trovare spazio nel settore tributario, con tutto ciò che ne consegue: radicale nullità degli atti impositivi, inammissibilità dei ricorsi presentati da/verso la società estinta, estinzione dei processi pendenti per “cessazione della materia del contendere”3. come ogni creditore sociale, il Fisco si è così trovato esposto al rischio di veder vanificata la propria attività impositiva nei confronti della società, per effetto di un “atto (unilaterale) della società stessa”4. Da ciò l’esigenza di trovare altra via di soddisfazione del proprio credito; esigenza “generale”, ma che qui assume contorni peculiari. Da un lato, il rilievo costituzionale del dovere di contribuzione alle spese pubbliche e la correlata attribuzione al Fisco di strumenti di “autotutela esecutiva” delle proprie pretese rendono spesso inadeguate le soluzioni adottate nel settore civile. Dall’altro, il principio desunto dall’art. 2495, 2 co., c.c. va calato in un contesto normativo con cui è costretto a coordinarsi, ed in specie: con l’art. 36 d.P.r. n. 602/1973, che fissa una responsabilità per i debiti tributari della società analoga a quella codicistica; con l’art. 28, co. 4, d.lgs. n. 175/2014, disposizione stravagante che, nell’intento di agevolare l’attività impositiva del Fisco, ne ha previsto la temporanea “sopravvivenza”o “stabilizzazione” ai soli fini tributari5. Si tratta quindi di comprendere quali sono oggi i reali spazi di tutela della pretesa tributaria nei confronti delle società cancellate.
Va sin d’ora evidenziato come il sistema normativo sia incompleto, regolando solo il fenomeno delle cd. sopravvivenze e sopravvenienze “passive”, tralasciando quello delle sopravvivenze e sopravvenienze “attive”6, nonché il problema della sorte dei processi pendenti. Per maggiore chiarezza occorre considerare separatamente tali tematiche.
2.1 Sopravvivenze e sopravvenienze passive
Questo fenomeno è l’unico a trovare esplicita regola nell’art. 2495, co. 2, c.c.: “ferma l’estinzione della società”, i creditori sociali insoddisfatti potranno agire nei confronti: dei soci, nei limiti del valore dei beni e delle somme loro (effettivamente) assegnate7 in base al bilancio finale di liquidazione; e/o dei liquidatori, per l’intero ammontare del credito, ove la mancata soddisfazione di quest’ultimo sia dipesa da una loro “colpa”8. la disposizione pone una serie di problemi che, proiettati sul versante tributario, talvolta si enfatizzano, altre volte si ridimensionano. con riferimento alla responsabilità dei soci verso i creditori sociali, incerto ne è il titolo giuridico, da cui dipendono condizioni, termini e modalità dell’azione contro di essi. al riguardo, dopo un annoso dibattito9, le Sezioni Unite della cassazione hanno ricostruito il rapporto “società estinta/ex-soci” nei termini di una “successione a titolo universale”, benché “sui generis”10. Scelta certamente discutibile11, ma che ha consentito di affermare “l’identità” del debito degli ex-soci e della società estinta, del quale trascina con sé lo “statuto normativo”. Questa circostanza, sul versante fiscale, sembra risolvere in senso positivo il problema dell’impiego da parte dell’A.F. dei poteri impositivi nei confronti dei soci12, ferma restando la necessità di un autonomo atto di accertamento loro rivolto13. resta aperta la questione relativa ai liquidatori: se si qualifica il loro debito come “da illecito civile” – dunque un debito verso il Fisco, ma non tributario14 – la possibilità di avvalersi di tali poteri appare ora dubbia, quando la legge nulla dice (art. 2495, co. 2, c.c.), ora irragionevole, quando ciò prevede (art. 36, co. 4, cit.), dovendosi preferire una azione dinanzi al g.o.15. la giurisprudenza, tuttavia, non sembra porsi la questione16.
Quanto ai rapporti tra art. 2495, co. 2, c.c. ed art. 36 cit., tali azioni sono oggi solo in parte sovrapponibili, ossia con riferimento ai debiti i) tributari ii) delle società soggette ad IRES iii) divenuti definitivi iv) prima dell’estinzione della società v) ed intervenuta quest’ultima. l’art. 36 cit. trova infatti applicazione solo nei confronti delle società IRES ed in relazione a debiti fiscali già definitivamente accertati in via amministrativa o giurisdizionale (“imposte dovute”)17, non anche per debiti non definitivi e/o riferibili a società di persone; per esso è inoltre irrilevante l’estinzione della società, unica condizione per operare essendo l’inizio della fase di liquidazione. Viceversa, la disposizione codicistica presuppone l’estinzione della società, sia essa di capitali o di persone, coinvolgendo anche debiti non definitivamente accertati. Per ciò stesso, sovrapposizione potrà esserci solo se il debito tributario è stato accertato in via definitiva prima dell’estinzione della società, e dopo l’intervento di questa; ove invece fosse l’estinzione a verificarsi prima, precludendosi la definizione del debito tributario nei confronti della società, verrebbe meno la possibilità di avvalersi dell’art. 36 cit.18 , salva eventuale “stabilizzazione” della società ai sensi dell’art. 28, co. 4 cit.19 e, quanto meno, limitatamente ai soci20. in relazione alle fattispecie comuni, è da notare un certo scarto tra le due disposizioni. alla maggior garanzia patrimoniale prevista dall’art. 36 cit. rispetto all’art. 2495, co. 2, c.c. per i soci, fa da contrappeso la minor estensione quantitativa della responsabilità dei liquidatori; così come, rispetto a questi ultimi, differenti sono i fatti che l’amministrazione finanziaria è tenuta a provare per giovarsi di essa: la colpa o il dolo nello svolgimento della fase di liquidazione, a fronte del dato obiettivo del mancato pagamento di crediti tributari in assenza di crediti superiori da estinguere. in queste ipotesi, sembra ragionevole ipotizzare la facoltà dell’a.F. di scegliere tra le due azioni quella che – istruttoria alla mano – prospetta maggiori probabilità di successo21.
l’art. 2495, co. 2, c.c. solleva poi un rilevante, forse determinante, problema “pratico”. la necessità di agire esclusivamente contro soci e liquidatori determina una “parcellizzazione della tutela creditoria” con un incremento dei costi, maggior rischio di insolvenza22 e, in genere, difficoltà nella notifica23. Vero è che l’art. 2495, co. 2, c.c. consente, entro un anno dalla cancellazione, di notificare le domande (e gli atti di accertamento) presso l’ultima sede della società estinta. Ma – pur unificato il luogo di notifica24 – si ritiene che essa debba comunque avvenire individualmente e separatamente e non, come altrove (art. 303 c.p.c., art. 65 d.P.r. 29.9.1973, n. 600), cumulativamente ed impersonalmente25. Quando creditore è il Fisco la situazione per esso si semplifica, complicandosi invece per i soci. considerata la sussistenza tra questi ultimi di un litisconsorzio necessario26, ed escluso che ciò imponga all’amministrazione la notifica dell’atto impositivo ad ognuno di essi27, l’onere di integrare il contraddittorio ricadrebbe non sul primo (creditore sociale), ma sul socio-ricorrente: unico interessato all’instaurazione ed alla prosecuzione del giudizio avverso l’atto di accertamento. Salvo ovviamente l’eventuale operare della “stabilizzazione” della società, che per definizione escluderebbe il litisconsorzio28.
2.2 Sopravvivenze e sopravvenienze attive
Quanto ai residui attivi, alla loro (successiva) ripartizione tra i soci hanno interesse anche i creditori sociali, trattandosi di elementi patrimoniali su cui poter soddisfare le proprie pretese. Sulla loro sorte, tuttavia, l’art. 2495 cit. tace, sollecitando una soluzione interpretativa. Tralasciando la tesi (minoritaria) che ipotizzava la costituzione di patrimonio separato, con nomina di un curatore speciale ex art. 78 c.p.c.29, maggiore spazio ha avuto la “cancellazione della cancellazione della società dal registro delle imprese”, fondata sull’idea che la presenza di simili residui sarebbe espressiva di una non corretta liquidazione, condizione per la legittima iscrizione del provvedimento di cancellazione, dunque passibile di revoca ex art. 2191 c.c., con “reviviscenza” della società ai fini del completamento della procedura liquidatoria30. Orbene, nonostante un certo seguito31, questa soluzione – già criticata32 – oggi trova spazio in giurisprudenza solo in casi limite33. la cassazione ha infatti risolto il problema dei residui attivi in termini simmetrici a quello dei residui passivi, secondo il meccanismo della successione: attribuendo beni e crediti residui in con-titolarità pro quota tra i soci34. Scelta che, pur dominante in dottrina35, non è andata esente da critiche, legate soprattutto ai numerosi problemi pratici inerenti la gestione del patrimonio “comune”36 e la trascrizione dei beni37. anche sotto questo profilo, per il Fisco la situazione probabilmente si semplifica: attesa la “stabilizzazione” della società, i diritti reali non trasmessi a terzi (in quanto ancora interessati alla società) potrebbero essere direttamente aggrediti mediante esecuzione esattoriale immobiliare (artt. 76, 77 d.P.r. 29.9.1973, n. 602); i crediti certi, liquidi ed esigibili attraverso il pignoramento presso terzi (art. 72 bis d.P.r. n. 602/1973).
A monte del problema della sorte dei residui attivi si è posta poi la questione circa la valenza o meno “abdicativa” della cancellazione: se cioè essa ne costituisca un (tacito) atto di “rinuncia”. la scelta del liquidatore di perseguire la monetizzazione di un credito della società ovvero di “rinunciarvi” rientra nella sua discrezionalità professionale, da compiere nell’interesse dei soci38. al riguardo, le Sezioni Unite hanno risolto il dilemma in termini ambigui, nel senso di circoscrivere l’effetto abdicativo alle sole “mere pretese, crediti controversi ed illiquidi”, non iscrivibili in bilancio di liquidazione, facendo cadere in successione (in con-titolarità tra i soci pro quota) beni e crediti “certi e liquidi”, iscrivibili seppur non esigibili39. Tale soluzione solleva una serie di problemi applicativi (come distinguere tra “mere pretese, crediti incerti e illiquidi” ed altri crediti e pretese)40 e manifesta dubbia ragionevolezza in sé41. nella prospettiva tributaria, essa rileva in relazione ai crediti di imposta “da indebito” della società estinta: quale la loro sorte? Sul punto sembra doversi distinguere il caso in cui, alla data di cancellazione della società, le procedure di rimborso relative a tali crediti i) non siano state attivate (ma sarebbero ancora attivabili) ovvero ii) siano già pendenti. nel primo caso, si tratta di capire se il credito fiscale sia “mera pretesa” nel senso delle Sezioni Unite, destinato ad estinguersi insieme alla società. in senso negativo appare orientata la dottrina, con successione in capo ai soci, che potranno presentare personalmente istanza di rimborso per la loro quota42. nel secondo caso, il problema assume contorni diversi a seconda che vi sia un provvedimento di accoglimento o di (totale o parziale) rigetto. nella prima ipotesi, si avrà una “sopravvenienza” attiva in senso proprio, la cui sorte troverà regola – seguendo la cassazione – nella successione in capo ai soci, che avranno titolo per pretendere dal Fisco la loro parte di rimborso. nel secondo caso, si pone il problema dell’impugnazione del provvedimento, diretto alla società estinta, ma della quale hanno interesse solo i soci. Se tuttavia consideriamo il provvedimento di rigetto come giuridicamente “inesistente” – provvedimento, si noti, non incluso negli atti indicati dall’art. 28, co. 4, cit. – in quanto “non risposta”, potrebbe ravvisarsi un caso di “silenzio-rifiuto”, con onere dei singoli soci di attivarsi giudizialmente per ottenere il riconoscimento integrale del credito della società e della propria quota, nel consueto termine decennale di prescrizione.
2.3 Processi pendenti
L’art. 2495, co. 2, c.c. nulla dispone in relazione alla sorte dei processi pendenti che vedono la società quale parte processuale. l’estinzione della società, quale soggetto giuridico, implicherebbe l’estinzione dei processi in corso, venendo meno la sua capacità processuale43. Una simile evenienza è parsa però inaccettabile, laddove oggetto del contendere fosse un debito della società, consentendo al debitore di impedire al processo di primo grado di giungere ad una decisione di merito o, peggio, di rendere la decisione impugnata immediatamente incontrovertibile44. Da qui l’opportunità di vagliare altre soluzioni, quali: i) la prosecuzione del processo da parte/nei confronti della società, pur estinta (analogamente all’art. 10 l. fall.) o ii) la prosecuzione del processo da parte/nei confronti dei soci, in quanto “successori” della società45. la cassazione – coerentemente alla ricostruzione, sul piano sostanziale, del rapporto “società-ex soci” in chiave successoria – ha optato per la seconda soluzione, ravvisando nell’estinzione un evento idoneo ad una successione (a titolo universale) nel processo, con interruzione a norma degli artt. 110, 299 ss. c.p.c.46. al di là delle diverse critiche in radice a tale tesi47, la scelta del legislatore tributario è stata da ultimo quella della “stabilizzazione” a norma dell’art. 28, co. 4, cit.; scelta apparentemente più semplice, ma che - si vedrà - foriera di non pochi problemi, teorici e pratici.
Quanto sin qui osservato consente di comprendere il (limitatissimo) “senso” dell’art. 28, co. 4, cit. la ragion d’essere di tale disposizione è facilmente individuabile nell’esigenza di rimediare ai problemi pratici derivanti dalla ricostruzione della vicenda estintiva da parte delle Sezioni Unite, sin qui detti48. al di là del maldestro confezionamento lessicale della norma, dei profili di illegittimità costituzionale per eccesso di delega49, essa si rivela contraddittoria, inadeguata in larga parte inutile. in primo luogo, la “stabilizzazione” solo relativa della società cancellata non funziona: come far convivere la recettizietà degli atti impositivi con l’impossibilità di identificare, dopo l’estinzione, una “sede legale” o un “legale rappresentante” cui destinare la notifica? come escludere, ammessa la “sopravvivenza” dell’organo-liquidatore, la permanenza dell’assemblea (che avrebbe diritto a disporne la sostituzione)? come negare la permanenza del vincolo sociale? ammessa la capacità del liquidatore a ricevere gli atti, come non assegnargli il potere di contestarli, di rappresentare la società?50 altrimenti detto, la stabilizzazione tributaria della società, per poter operare, deve negare la propria premessa, ossia il verificarsi dell’estinzione. in secondo luogo, vero è che l’art. 28, co. 4, cit. introduce una fictio iuris analoga all’art. 10 l.fall. e della ragionevolezza di quest’ultima norma nessuno dubita. Tuttavia, essa è pur sempre norma preordinata alla dichiarazione di fallimento della società estinta, dunque strumentale agli effetti legali di quest’ultima, tra cui il sistema delle cd. revocatorie fallimentari (artt. 64, 65, 67 l.fall.), finalizzato a rimediare alla “disgregazione” giuridica e materiale del patrimonio della società fallita51. È solo in tale prospettiva che la “stabilizzazione” dell’art. 10 l.fall. può giustificarsi52 e che ne fanno davvero - come nota anche la cassazione53 - norma eccezionale. Un’altra forma di “stabilizzazione”, come quella dell’art. 28, co. 4, cit., in quanto scollegata ad un meccanismo di “recupero” del patrimonio sociale, N inadeguata. A che pro infatti la salvaguardia solo formale della validità degli atti tributari ad essa rivolti? l’esecuzione della pretesa ivi consacrata sarebbe infatti comunque destinata a risultare infruttuosa, scontrandosi con l’estinzione giuridica del patrimonio sociale, naturale conseguenza dell’estinzione della società, non incisa dalla disposizione54? anche a voler intendere la disposizione nel senso di consentire un’azione esecutiva sui beni e sui crediti un tempo della società ed ora nel patrimonio di terzi (acquirenti in sede di liquidazione), si incapperebbe nel limite invalicabile delle trascrizioni immobiliari e dei beni mobili registrati e/o della buona fede nell’acquisto per i beni mobili non registrati, che ne impedirebbero comunque il pignoramento (art. 2914 c.c.)55.
Unica azione esperibile è quindi quella nei confronti dei soci e dei liquidatori, ossia sul loro patrimonio, entro i limiti fissati dalla legge. in tale ottica, l’art. 28, co. 4 cit. può essere solo servente alla esperibilità dell’azione di cui all’art. 36 cit. la stabilizzazione procedurale e processuale della società estinta, ai soli fini fiscali e non anche civili, rende infatti possibile il “definirsi” di un accertamento (formalmente) ad essa rivolto, da spendere nei confronti di soci e liquidatori ex art. 36 cit.56. il problema è, però, cui prodest?
Se l’unica azione possibile è nei confronti dei soci e dei liquidatori, poco importa al Fisco il non poter agire ex art. 36 cit. per intervenuta cancellazione della società, ben potendo avvalersi dell’azione (generale) ex art. 2495, co. 2 c.c.57. l’art. 28, co. 4 cit. poco aggiunge cioè agli strumenti di tutela erariale, ed anzi rischia di essere controproducente, implicando una duplicazione di procedimenti (verso la società e, poi, verso soci e liquidatori), con alta probabilità di incappare nella scadenza del termine quinquennale ivi previsto e decadere dall’azione58. Ma se così è, allora – forse – essenza della disposizione in esame è “condonistica”: una disposizione volta cioè non a risolvere, nel contesto tributario, i problemi strutturali che la cancellazione delle società solleva, bensì a far fronte ad una serie di difficoltà contingenti, relative ai procedimenti ed ai processi già in corso all’entrata in vigore del d.lgs. n. 175/2014, sui quali pendeva o si era già abbattuta la “spada di Damocle” della “inesistenza” dell’atto impositivo o della “inammissibilità” dell’impugnazione59. Questa sembra essere la lettura sistematicamente più accettabile dell’art. 28, co. 4 cit. – si badi – se ad essa si vuol dare un senso pratico: di norma “procedurale”, per lo meno in funzione dell’operare secondo il criterio tempus regit actum60. Una simile interpretazione però, da un lato, è rigettata da giurisprudenza e dottrina61; dall’altro, anche ove ammessa, si esporrebbe a non pochi dubbi di legittimità costituzionale, attribuendo al “creditore sociale-Fisco” una posizione di evidente “privilegio” rispetto agli altri creditori sociali. certo, come detto, una qualche utilità potrebbe averla in sede di realizzazione di residui attivi, ma trattasi di ben poca cosa, attesa la estrema rarità di simili situazioni e, certamente, non la ragione per cui essa N stata introdotta.
1 Sul precedente orientamento, in relazione al previgente art. 2456 c.c., che subordinava l’estinzione alla “definizione di tutti i rapporti pendenti”, a prescindere dall’intervenuta cancellazione, cfr. Speranzin, M., L’estinzione della società di capitali in seguito alla iscrizione della cancellazione nel registro delle imprese, in Riv. soc., 2004, 514 ss.; Pasquariello, c., Art. 2495, in Maffei Alberti, a., a cura di, Il nuovo diritto delle società, vol. III, Padova, 2005, 2282 ss.; Fimmanò, F.-Angiolini, F., Gli effetti della cancellazione della società alla luce delle pronunce delle Sezioni Unite della Cassazione, in Riv. not., 2010, i, 1465 ss). Per una disamina del tema, Positano, G., L’estinzione della società per azioni tra tutela del capitale e tutela del credito, Milano, 2012; Sanna, V., Cancellazione ed estinzione nelle società di capitali, Torino, 2013; Zorzi, a., L’estinzione della società di capitali, Milano, 2014.
2 Cass., S.U., 22.2.2010, nn. 4060, 4061, 4062, su cui: Weigmann, r., La difficile estinzione delle società, in Giur. it., 2010, 1610; Dalfino, D., Le Sezioni Unite e gli effetti della cancellazione della società dal registro delle imprese, in Società, 2010, 1004; Zorzi, A., Cancellazione ed estinzione della società tra problemi di diritto intertemporale, questioni di giurisdizione fallimentare, cessazione dell’impresa e fusione per incorporazione, in Giur. comm., 2011, II, 887; Pedoja, M., Fine della “immortalità”: per le Sezioni Unite la cancellazione della società dal Registro delle imprese determina la sua estinzione, in Corr. giur., 2010, 1013; Selicato, G., I riflessi fiscali della cancellazione delle società dal registro delle imprese, in Rass. trib., 2010, 868; Glendi, C., Cancellazione delle società, attività impositiva e processo tributario, in GT – Riv. giur. trib., 2010, 749.
3 Cfr. ex multis cass., sez. trib., 3.11.2011, ord. n. 22863; comm. trib. prov. Milano, sez. iii, 14.1.2011, n. 94; per ulteriori riferimenti, Glendi, C., L’estinzione delle società di capitali cancellate dal registro delle imprese al vaglio dei giudici tributari, in Corr. trib., 2014, spec. 235-237; Querci, A., A oltre due anni dalla sentenza delle Sezioni Unite che ha segnato la definitività dell’estinzione delle società, cancellate dal registro delle imprese: questioni aperte e dubbi irrisolti, intorno al “requiem”, in Dir. prat. trib., 2013, i, 171 ss.; nonché, se si vuole, Pepe, F., Contributo allo studio delle invalidità degli atti impositivi, Torino, 2012, 43 ss.
4 Sul punto, Ficari, V., Cancellazione dal registro delle imprese delle società di capitali, “abuso della cancellazione” e buona fede nei rapporti tra amministrazione finanziaria e contribuente, in Riv. dir. trib., 2010, i, 1037; in generale, Fimmanò, F., Abuso di estinzione formale degli enti lucrativi e tutela dei creditori, in Riv. not., 2013, i, 1135.
5 Sul tema, Fransoni, G., L’estinzione postuma della società ai fini fiscali ovvero della società un poco morta e di altre amenità, in Rass. trib., 2015, 47 ss.; Lupi, R., Società estinte: a che serve il “Nosferatu tributario”?, in www.fondazionestuditributari.com; Carinci, A., L’estinzione delle società e la responsabilità tributaria di liquidatori, amministratori e soci, in Fisco, n. 29/2015, 12843; Deotto, D., Non si può essere “un po’ morti”: quindi una società estinta non può mai stare in giudizio, in Fisco, n. 18/2015, 1-1751; id., Decreto semplificazioni fiscali: l’“inferno fiscale quinquennale” delle società estinte, in Fisco, n. 1/2015, 1-37.
6 Per “sopravvivenze” (attive o passive) si intendono quei beni, crediti o debiti sociali pre-esistenti alla cancellazione-estinzione della società non iscritti nel bilancio finale di liquidazione dal liquidatore (perché trascurati o ignorati); per “sopravvenienze” (attive o passive) si intendono quei beni, crediti o debiti riferibili alla società che si manifestano giuridicamente dopo la sua cancellazione-estinzione. Sulla distinzione, Ascarelli, T., Liquidazione e responsabilità delle società per azioni, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1952, 248; Costi, R., La cancellazione delle società per azioni ed il problema delle sopravvenienze passive, in Giur. it., 1964, i, 1, 1355, nota 2; id., Le sopravvenienze passive dopo la liquidazione della società per azioni, in Riv. dir. civ., 1964, i, 280 ss.
7 Porzio, M., La cancellazione, in AA.VV., Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum Gian Franco Campobasso, Milanofiori Assago, 2007, vol. 4, 84 e 91; in giurisprudenza tributaria, cass., sez. trib., 26.6.2015, n. 13259; comm. trib. prov. Catania, sez. XIV, 25.2.2015, n. 2127, per cui N onere del Fisco provare l’effettiva acquisizione dei beni e del denaro e la loro misura.
8 Le due azioni possono convivere e non vi è rapporto di sussidiarietà: Pasquariello, c., Art. 2495, cit., 2291.
9 Anche in relazione alla disciplina previgente, si è qualificato il debito dei soci come debito da ingiustificato arricchimento, da indebito oggettivo, da garanzia, da contratto sociale, ecc.: per riferimenti, Dalfino, D., “Venir meno” della società e processi pendenti, in Società, 2014, 1232.
10 Cass., S.U., 12.3.2013, nn. 6070, 6071, 6072, su cui: consolo, C.-Godio, F., Le Sezioni Unite sull’estinzione di società:
la tutela creditoria “ritrovata” (o quasi), in Corr. giur., 2013, 691; Cottino, G., La difficile estinzione delle società: ancora un intervento (chiarificatore?) delle Sezioni Unite, in Giur. it., 2013, 862; Fimmanò, F., Le Sezioni Unite pongono la “pietra tombale” sugli “effetti tombali” della cancellazione delle società di capitali, in Società, 2013, 536; Speranzin, M., Successione dei soci ed iscrizione nel registro delle imprese del fatto estintivo della società, in Corr. giur., 2014, 252.
11 L’impianto normativo dell’art. 2495, co. 2 c.c. prevedendo un sistema di “responsabilità”, appare incompatibile con l’idea del trasferimento ad altri delle posizioni giuridiche sociali pregresse: in tal senso, la Porta, U., Estinzione del soggetto e cancellazione della società dal Registro delle imprese, in Società, 2013, 1031 ss.; Glendi, C., Corte costituzionale, sezioni unite della Cassazione ed estinzione delle società cancellate dal registro delle imprese, in Corr. giur., 2013, 1271 ss.; Dalfino, D., “Venir meno” della società, cit., 1238 ss.
12 in tal senso, Tassani, T., La responsabilità di soci, amministratori e liquidatori per i debiti fiscali delle società, in Rass. trib., 2013, 359; Bianchi, l., Società di capitali cancellata: tra successione e responsabilità (tributaria) dei soci, in Dir. prat. trib., 2015, 1 ss., pur ritenendo fondamento della responsabilità dei soci un “arricchimento senza causa”; in giurisprudenza, cass., sez. trib., 26.6.2015, n. 13259; cass., sez. trib., 2.4.2015, n. 6743; cass., sez. trib., 3.11.2011, ord. n. 22863.
13 Basilavecchia, M., Quale atto impositivo per riscuotere dall’amministratore il debito della società?, in Corr. trib., 2014, fasc. 32, 2441 ss.; Carinci, A., La nozione di “imposte dovute” rilevante per la responsabilità del liquidatore della società, in Corr. trib., 2014, fasc. 10, 787.
14 Una responsabilità extra-contrattuale (aquiliana): per riferimenti, Niccolini, g., Art. 2495, in Niccolini, G.-Stagno D’Alcantrès, a., a cura di, Società di capitali. Commentario, III, Napoli, 2004, 1846; Dalfino, D., Le Sezioni Unite, cit., 1013, nota 10.
15 Tassani, T., La responsabilità, cit., 359; Basilavecchia, M., Quale atto, cit., 2443; Carinci, A., La nozione, cit., 786, nota 4.
16 Cfr. ex multis cass., sez. V, 11.5.2012, n. 7327, punto 14.
17 Cass., sez. trib., 8.1.2014, ord. n. 179; Cass., sez. trib., 11.5.2012, n. 7327; Cass., sez. trib., 17.5.2002, n. 8685; in tal senso. Carinci, a., L’estinzione, cit.; id., La nozione, cit., 785.
18 In tal senso, Ragucci, G., Le nuove regole sulla cancellazione delle società dal registro delle imprese valgono solo “pro futuro”, in Corr. giur., 2015, 1628; Laroma Jezzi, P., Cancellazione di società e responsabilità dei coobbligati, in Corr. trib., 2014, 2954.
19 cfr. infra § 3.
20 Per Carinci, A., La nozione, cit., 789, il subingresso dei soci nelle posizioni procedimentali e processuali della società estinta, sulla scorta di cass., S.U., n. 6070/2013, consentirebbe al debito fiscale di quest’ultima di rendersi “definitivo” (seppur in capo ai soci-successori), così da realizzare la premessa necessaria per l’azione di responsabilità verso i liquidatori ex art. 36 cit.
21 In tal senso, sembra Carinci, A., L’estinzione, cit.
22 in tal senso, Hamel, C.S., Questioni in tema di fallimento di società cancellata, in Giur. comm., 2014, ii, 943; Longo, D., Gli effetti processuali della cancellazione di società dal registro delle imprese, in Riv. dir. proc., 2013, spec. 930-931.
23 Soprattutto se verso una moltitudine di soci: Vanzetti, M., Cancellazione delle società, cit., 988 ss.
24 Ma, sui problemi di effettiva conoscibilità dell’atto da parte dei soci che tale soluzione comporterebbe, cfr. Fimmanò, F.-Angiolini, F., Gli effetti, cit., 1497-1498; Niccolini, g., Art. 2495, cit., 1847-1848; Dalfino, D., Le Sezioni Unite, cit., 1013; Longo, D., Gli effetti processuali, cit., 928-929.
25 Spolidoro M.S., Seppellimento prematuro. La cancellazione delle società di capitali dal registro delle imprese ed il problema delle sopravvenienze attive, in Riv. soc., 2007, 830, nota 19; Fimmanò, F.-Angiolini, F., op. cit., 1494-1495.
26 In tal senso cass., sez. VI-T, 21.7.2015, ord. n. 15260; cass., sez. Vi-T, 6.5.2015, ord. n. 9030; cass., sez. V, 5.11.2014, n. 23574; cass., sez. V, 8.10.2014, n. 21188; cass., sez. V, 6.11.2013, n. 24955.
27 In tal senso russo, P., Manuale di diritto tributario. Il processo tributario, Milano, 2013, 88 ss.
28 cfr. infra §3.
29 in tal senso, Salafia, V., Sopravvenienza di attività dopo la cancellazione della società dal registro delle imprese, in Società, 2008, 931 ss.; Glendi, c., Corte costituzionale, cit., 1277-1278; Pedoja, M., Fine dell’immortalità, cit., 1019.
30 Speranzin, M., L’estinzione della società di capitali in seguito all’iscrizione della cancellazione nel registro delle imprese, in Riv. soc., 2004, 527 ss.; nonché, soprattutto, da Spolidoro, M.S., Seppellimento prematuro, cit., 823 ss.; D’alessandro, P., Cancellazione della società e sopravvenienze attive: opportunità e legittimità della riapertura della liquidazione, in Società, 2008, 898; Barillà, G.B., Cancellazione della società dal registro delle imprese e sopravvenienze attive: il dibattito prosegue, in Giur. comm., 2014, II, spec. 795-797; Martino, F., Sugli effetti sostanziali della cancellazione delle società dal registro delle imprese, in Giur. comm., 2013, II, 974 ss.; Sanna, V., Gli effetti della cancellazione dell’impresa e della società dal registro delle imprese, in Giur. comm., 2015, II, spec. 85 ss.
31 Per riferimenti, Sanna, V., Gli effetti della cancellazione, cit., 82, nota 5.
32 La natura solo formale del controllo di legalità dell’iscrizione, dunque l’impossibilita di condizionare l’iscrizione, e consentirne la revoca, non solo alla verifica della sostanziale presenza/assenza di residui attivi (Fimmanò, F.-Angiolini, F., op. cit., 1469-1471), ma addirittura alla loro effettiva assegnazione ai soci (Porzio, M., La cancellazione, cit., 91). Sul punto, lupetti, M.c., La possibile reviviscenza delle società dopo la loro cancellazione dal Registro delle Imprese, in Società, 2014, 1335 ss.; Hamel, C.S., Ancora dubbi sulla cancellazione della cancellazione, in Società, 2014, 945 ss.; Fanti, F., Estinzione della società e cancellazione dal R.I.: ancora ombre sul dettato legislativo?, in Società, 2013, 403 ss.
33 Quali la prosecuzione dell’attività d’impresa, per le società di persone, la destinazione di tutto il patrimonio sociale ad un trust liquidatorio, la presentazione di un bilancio finale di liquidazione “apparente” (o un “simulacro” di bilancio), la presentazione di una richiesta di cancellazione prima dei 90 giorni dal deposito del bilancio finale): per riferimenti, Sanna, V., op. ult. cit., 85 ss.
34 Cass., S.U., n. 6070/2013, punto 4.2.
35 Per riferimenti, Porzio, M., op. cit., 91.
36 Niccolini, G., op. cit., 1841.
37 Su cui Martino, F., Sugli effetti sostanziali della cancellazione delle società dal registro delle imprese, in Giur. comm., 2013, II, spec. 972-973.
38 Weigmann, r., La difficile estinzione, cit., 1617.
39 Cass., S.U., n. 6070/2013 cit., punto 4.1.
40 De Sabato, E., Cancellazione dal Registro delle Imprese, estinzione ed effetti su rapporti giuridici sostanziali e processuali, in Giur. comm., 2013, ii, 619-610.
41 È la non iscrizione di pretese iscrivibili ad esprimere più ragionevolmente una volontà abdicativa: Pasquariello, F.-Platania, F., La cancellazione (della cancellazione) della società. Strategie di tutela del credito, in Società, 2014, 846 ss.
42 Tassani, T., Estinzione delle società e residui attivi da liquidazione: profili fiscali, in Rass. trib., 2015, 1028; ris. n. 77/D del 27.7.2011.
43 In tal senso, Glendi, C., L’estinzione postliquidativa delle società cancellate dal registro delle imprese. Un problema senza fine?, in Corr. giur., 2013, 10; id., Cancellazione-estinzione della società e cessazione della materia del contendere nei giudizi in corso, in GT-Riv. giur. trib., 2011, 751.
44 Longo, D., op. cit., 922.
45 Per riferimenti, Dalfino, D., “Venir meno”, cit., 1235 ss.
46 L’evento interruttivo, per operare, deve essere dichiarato dal difensore della società. la “stabilizzazione del processo” nei confronti della parte “venuta meno”, dipendendo dalla “stabilizzazione della parte processuale” ed essendo quest’ultima legata ad una scelta strategica del difensore, è possibile solo nei limiti dei poteri conferitigli con il mandato ad litem. in tale prospettiva, si inserisce il problema dei limiti alla “ultrattività” del mandato del difensore, su cui Ghirga, M.F., L’ultrattività del mandato nel caso di evento interruttivo verificatosi fra un grado e l’altro di giudizio: “una storia infinita”, in Riv. dir. proc., 2014, 1520 ss.
47 Legate alla impossibilita di assimilare l’estinzione della società alla morte della persona fisica, implicito presupposto della ricostruzione in chiave successoria della vicenda, mancando nella prima l’involontarietà dell’evento, in funzione della quale sono “tarate” le regole di cui agli artt. 110, 299 ss. c.p.c.: sul punto, ex multis, Ghirga, M.F., La Corte Costituzionale e le conseguenze processuali della cancellazione della società dal registro delle imprese, in Corr. giur., 2013, 1182-1183, 1186 ss.
48 Lupi, r., Società estinte, cit.
49 Su cui, ampiamente, Ficari, V., op. ult. cit., 130-131.
50 In tal senso si rinvia ampiamente alle considerazioni di Fransoni, G., op. ult. cit., spec. 50 ss.; Ficari, V., op. ult. cit., 132 ss.; Ragucci, G., Le nuove regole, cit., 1630.
51 Per una sintetica disamina del quale si rinvia a Campobasso, G.F., Diritto commerciale 3. Contratti titoli di credito procedure concorsuali, V ed., a cura di M. Campobasso, Milanofiori Assago, 2014, 375 ss.
52 Spunti in tal senso in Sanna, V., Cancellazione, cit., 185 ss.; id., Gli effetti, cit., 97; Dalfino, D., “Venir meno”, cit., 1236-1237, spec. nota 42.
53 In tal senso, condivisibilmente, cass., S.U., n. 6070/2013, cit., punto 5.1.
54 Cfr. Pepe, F., Contributo, cit., 44-45.
55 Mandrioli, C.-Carratta, a., Diritto processuale civile, IV ed., Torino, 2014, 74.
56 In tal senso, Fransoni, G., op. ult. cit.; Lupi, R., op. ult. cit.; Carinci, A., L’estinzione, cit.; Deotto, D., Non si può essere, cit.
57 Ben potrebbe il Fisco agire direttamente nei confronti degli ex-soci, “saltando” la notifica dell’atto impositivo alla società (estinta, ma) “rediviva” in forza dell’art. 28, co. 4, cit.: in tal senso, Lupi, R., Superfluo notificare a società, ma va provata responsabilità socio, in www.fondazionestuditributari.com.
58 In tal senso, Fransoni, G., op. ult. cit., 55.
59 Circ. n. 31/D del 30.12.2014 e circ. n. 6/D del 19.2.2015.
60 La distinzione tra norme “sostanziali” e “processuali” appare infatti tutt’altro che chiara: sul punto, Fransoni, G.,Tipologia e struttura della norma tributaria, in Fantozzi, A., a cura di, Diritto tributario, Milanofiori Assago, 2012, 249 ss.
61 Cass., sez. V, 2.4.2015, n. 6743; cass., sez. Vi-T, 6.5.2015, ord. n. 9030; cass., sez. Vi-T, 24.6.2015, ord. n. 15648; Com. trib. prov. Reggio Emilia, sez. II, 23.1.2015, n. 5; comm. Trib. prov. Chieti, sez. V, 9.3.2015, n. 155: sul tema, Ragucci, G., op. cit., 1626; Zanni, M., Irretroattiva la norma sulla resurrezione delle società cancellate dal registro delle imprese, in Fisco, n. 17/2015, 1-1682.