SOCIETÀ
. Storia del diritto. - Le prime origini della società si riscontrano, nel mondo romano, nell'antico consorzio familiare. Esso vigeva di diritto tra í fratelli che non avessero diviso l'eredità paterna, ma poteva anche essere costituito fra estranei mediante la finzione di una procedura giudiziaria, e funzionava come condominio solidale, nel senso che ciascuno dei consorti aveva facoltà di trasferire ad altri per intero la proprietà dei beni e di manomettere gli schiavi comuni (probabilmente col correttivo di un diritto di veto riconosciuto agli altri). Venuta meno questa speciale regola, mentre fu riportata sul diverso piano giuridico della comunione ereditaria la situazione dei coeredi che non avessero ancora profittato della facoltà di dividere il patrimonio, rimase dell'antico consorzio la facoltà di stringere volontariamente una società i cui soci mettessero in comune tutti i beni (societas omnium bonorum): è appunto questa origine prima dell'istituto che spiega la prevalenza della società universale, certo scarsamente praticata nel loro tempo, nelle trattazioni civilistiche dei giuristi dell'ultima repubblica e del principato, e forse anche nell'editto del pretore.
Tuttavia su questo sviluppo storico s'innesta, a partire dal sec. III a. C., un altro sviluppo, determinato dal crescere delle relazioni commerciali fra i Romani e gli altri popoli del bacino del Mediterraneo, e appartenente perciò non più al diritto proprio dei cittadini romani (ius civile) bensì a quello che si chiamava ius gentium. Sorgono la societas quaestus, contratta per esercitare nell'utile comune un'attività lucrativa e continuativa, e la societas alicuius negotiationis, contratta semplicemente per un determinato affare. Sono queste le società che per prime furono riconosciute come contratti, e protette dal pretore peregrino, poi anche dal pretore urbano, con una formula di buona fede (actio pro socio): la consensualità del contratto, che implica assenza di ogni formalità, fu estesa alla società universale, facendo cadere l'esigenza del finto processo che originariamente la costituiva. Peraltro la costruzione come contratto esclude ormai dall'ambito della societas ogni forma che non nasca da un apposito negozio giuridico (communio incidens secondo la terminologia dei romanisti): mentre è naturale che le azioni del condominio si applichino fra soci ogni volta che per raggiungere i loro scopi abbiano messo in comune dei beni, sembra invece risultare nettamente dai testi che almeno nel diritto classico l'azione pro socio non si sia mai applicata nei rapporti fra condomini non vincolati da un contratto di società.
Non è peraltro necessario che ciascuno dei soci metta in comune la proprietà di beni: a seconda dei fini che la società si propone, il conferimento può limitarsi al godimento di cose che rimangono proprie del conferente o anche alla prestazione della propria attività: si ha, per es., una comunione di capitale e lavoro nella politio, dove un fondo era dato a coltivare a un agronomo e il reddito si ripartiva fra questo e il proprietario. Il contratto, che stabilisce il conferimento a cui ciascuno è tenuto, fissa anche la quota di ogni socio nei profitti e nelle perdite, e non è escluso che la ripartizione dei primi sia diversa da quella delle seconde: è però vietata la cosiddetta societas leonina, che si avrebbe se uno dei soci partecipasse alle sole perdite.
È difficile dire quali tra le regole della società classica traggano origine dall'antico consorzio familiare, trasformato in società universale, e quali dal contratto commerciale dello ius gentium. L'estinzione della società alla morte di uno fra i soci è infatti insufficientemente giustificata dalla piena fiducia reciproca che ogni specie di società esige, e non è improbabile che definendo tale fiducia come ius quodammodo fraternitatis i giuristi s'ispirassero alle origini familiari dell'istituto. Quanto all'infamia che colpisce chi è condannato in base a un'actio pro socio, è sempre più chiaro agli studiosi che si tratta di una regola generale, applicata in origine a quasi tutte le azioni di buona fede. Una massima che si riporta all'antico consorzio fraterno è indubbiamente quella che limita la condanna pecuniaria del socio all'attivo patrimoniale, evitandogli la procedura fallimentare (il cosiddetto beneficium competentiae): anzi pare che anche in diritto classico la massima si applicasse soltanto alla società universale.
La società è per i Romani un semplice rapporto "interno", che non ha efficacia in confronto dei terzi: questi possono bensì contrattare con tutti i soci, stringendo a seconda dell'opportunità obbligazioni parziarie o solidali; ma, se contrattano con uno di essi, il vincolo sorge soltanto nei rapporti con questo. È quanto dire che la società del diritto privato non è riconosciuta come persona giuridica. Tale è invece la societas publicanorum, stretta fra gli appaltatori d'imposte e di opere pubbliche (non si sa se limitatamente a singoli appalti o in modo da riunire stabilmente un buon numero di persone che dedicassero ai varî tipi di appalto la loro attività): tale personificazione, della quale non ci è dato conoscere partitamente le conseguenze pratiche, serviva evidentemente a garantire lo stato contraente.
Nel Medioevo il contratto di società continuò a essere largamente praticato in tutte le forme che aveva avute a Roma; anzi, la società universale ebbe nuovo rigoglio nell'epoca feudale, sopra tutto fra villani e allo scopo di eludere il divieto di testare che vigeva a profitto del signore. In Francia tale società si poté lungamente creare anche senza apposita convenzione, coabitando per un anno e un giorno, onde il nome di société taisible; ma lo sviluppo è nel senso di far prevalere sempre più il principio romano della convenzione, anzi di esigere l'atto scritto: l'ordinanza regia del 1673 sancisce tale regola in maniera definitiva.
Più interessante è lo svolgimento che contrappone alle società civili le commerciali, e che si compie in specie nelle città marinare italiane, cercando faticosamente d'innestarsi sulla tradizione giuridica romana. Così la responsabilità solidale dei soci in nome collettivo era già consacrata da Bartolo da Sassoferrato come elemento naturale di ogni contratto commerciale, e, mentre il Casaregis esprimeva l'esigenza fondamentale di un nome sociale, lo Stracca, approfondendo un'idea di Baldo degli Ubaldi, riconosceva le società di commercio come enti giuridici indipendenti dalle persone dei soci (così anche gli statuti di Genova del 1498). Meno pacifica è fra gli studiosi l'origine della società in accomandita dalla "commenda" o "collegantia", consistente nell'affidamento di un capitale a qualcuno che si obblighi a investirlo in operazioni di commercio, conferisca o meno a sua volta altro capitale: certo, anche se nei secoli XIII e XIV l'istituto conservava certe caratteristiche del mutuo, il rischio che il commendante divideva col commendatario doveva presto richiamare l'idea della società, specialmente quando, trattandosi di speculazioni terrestri, svaniva la possibilità d'identificare l'istituto col prestito marittimo del mondo classico. Quanto alle società per azioni, accomandite o anonime, l'origine se ne riconosce unanimamente nelle grandi compagnie di sfruttamento dei paesi d'oltremare, sorte in Francia e altrove fin dal principio del sec. XVII. L'uso del termine "action" a indicare la somma fissa conferita da ciascun sottoscrittore, nonché il relativo titolo, ricorrono la prima volta, a quanto pare, negli statuti della "Compagnie des Indes Occidentales" (1664). La necessità di attribuire a simili compagnie la personalità giuridica fu subito sentita, e realizzata mediante patenti regie concesse volta per volta.
Bibl.: C. Salkowski, Quaestiones de iure societatis praecipue publicanorum, Königsberg 1859; Ch. Poisnel, Recherches sur les sociétés universelles chez les Romains, in Rev. hist. de droit, III (1879), pp. 429 segg., 531 segg.; B. W. Leist, Zur Geschichte der römischen Societas, Berlino 1881; A. Pernice, Zum römischen Gesellschaftsvertrage, in Zeitschr. Savigny-Stift., III (1882), p. 48 segg.; C. Ferrini, Sulle origini del contratto di società in Roma (1877), in Opere, III, Milano 1929, p. 17 segg.; A. Arcangeli, La società in accomandita semplice, Torino 1903; H. Trumpler, Geschichte der römischen Gesellschaftsformen, Berlino 1906; G. Lastig, Die Accommendatio: die Grundform der heutigen Kommandeitgeselslchaft in ihrer Gestaltung vom XIII. bis zum XIX. Jahrhundert, Halle 1907; H. Hayem, Étude historique et critique de la jurisprudence concernant les sociétés civiles, Parigi 1911; E. Del Chiaro, Le contrat de société en droit privé romain, Parigi 1926; P. Frezza, Actio communi dividundo, in Riv. ital. per le sc. giur., n. s., VII (1931), p. 3 segg.; G. Astuti, Origine e svolgimento storico della commenda, Casale Monferrato 1933; V. Arangio-Ruiz, Societas re contracta e communio incidens, in Studi Riccobono, IV, Palermo 1934, p. 357 segg.; id., Il nuovo Gaio, nel Bull. Ist. dir. rom., n. s., I (1935), p. 587 segg.; W. Kunkel, Römisches Recht, Berlino 1935, p. 240 segg.; A. Manigk, Societas, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., III A, col. 772 segg.
Società civile e commerciale.
Il contratto di società in generale. - Il fenomeno della vita economica e sociale, per il quale più persone uniscono le loro forze per raggiungere uno scopo comune, viene preso in considerazione dal diritto in più di un suo istituto. La disciplina moderna della società, nei diritti a base romanistica, trova la sua origine nelle norme sulla società del diritto giustinianeo: norme a loro volta derivanti da quelle distintamente elaborate per il consortium familiare, per la politio, per la societas quaestuaria.
Sul tronco della disciplina romana della società, venne sviluppandosi in Italia nell'età dei Comuni la disciplina della società commerciale; dapprima la società in nome collettivo e la società in accomandita (quest'ultima forse derivante non dalla societas, ma dalla commenda o, secondo alcuni, dal prestito a cambio marittimo), poi la società anonima che si sviluppa dalle compagnie coloniali (prima quella olandese del 1602), a loro volta derivate dalla Reederei germanica, non senza l'influenza di precedenti italiani e innanzi tutto dei consorzî di obbligazionisti, quale la Casa di S. Giorgio di Genova. A sua volta la più elaborata disciplina della società commerciale, nella quale insieme si riconoscono la personalità giuridica della società e la natura contrattuale dell'atto di costituzione, viene influenzando la giurisprudenza e l'evoluzione legislativa in tema di società civile.
Il codice civile nell'art. 1697 dichiara che: "la società è il contratto col quale due o più persone convengono di mettere qualche cosa in comunione al fine di dividere il guadagno che ne potrà derivare". Da questa definizione si deducono quelli che sono gli elementi caratteristici della società, tali da distinguerla nei confronti degli altri contratti.
Perché si abbia società è necessario che il contratto intercorra tra due o più parti, mentre nei contratti in genere le parti sono due e non più di due; tutte le parti debbono mettere qualche cosa in comune e ciò al fine di dividere poi fra tutte loro gli utili e le perdite che potranno derivare dall'impiego di quanto hanno messo in comune; il contratto di società è pertanto un contratto sinallagmatico a titolo oneroso nel quale agli obblighi e ai diritti di ciascuna parte fanno riscontro gli obblighi e i diritti di ogni altra parte.
L'oggetto del conferimento promosso da ciascuna delle parti può essere poi il più vario; l'una potrà conferire la proprietà di una cosa mobile o immobile, l'altra un diritto di godimento, la terza il proprio lavoro (art. 1698 cod. civ.). I singoli conferimenti saranno disciplinati dalle norme che sono loro proprie e saranno quindi diverse la disciplina di un conferimento di proprietà e quella di un conferimento di uso; diversa la disciplina per un conferimento di proprietà di mobili e per un conferimento di proprietà di immobili, sempre subordinatamente alle norme che regolano la costituzione di una società. Il codice civile, anzi, prevede la possibilità di una società risultante dalla semplice unione di più persone per una impresa determinata o per l'esercizio di qualche mestiere o professione (art. 1706), e in questa ipotesi le parti mettono tutte in comune semplicemente la propria forza di lavoro senza costituire - come è invece ipotesi normale - un patrimonio comune del quale i soci siano condomini.
Perché si abbia società, basta che le parti "convengano" di mettere qualche cosa in comune, basta cioè che esse si obblighino ad eseguire un apporto; l'esecuzione del conferimento ha luogo appunto in virtù dell'obbligo assunto col contratto sociale. Il contratto di società è pertanto un contratto consensuale. È però sempre necessario che tutte le parti convengano di conferire qualche cosa in comune; non c'è perciò società in tutte le ipotesi nelle quali, in occasione di altri contratti (mutuo, locazione di opere, ecc.), una parte concede all'altra una partecipazione ai benefici; non c'è nemmeno società nella associazione in partecipazione, nella quale non si costituisce alcuna comunione tra associante e associato ed è il solo associante il proprietario di quanto viene conferito nell'associazione ed il solo associante che entra, in nome proprio, in contatto con i terzi e acquista diritti o assume obbligazioni nei loro confronti.
Si dubita se alcuni istituti, particolarmente disciplinati dal codice (così la comunione legale tra coniugi), e alcuni contratti nominativamente regolati (così la mezzadria e la soccida), si possano o meno, ricondurre sotto il concetto di società.
In relazione a ciò che costituisce l'oggetto della comunione il codice distingue le società universali e le società particolari. Sono società universali: a) quelle che comprendono tutto ciò che le parti saranno per acquistare a qualsivoglia titolo con la loro industria durante la società, mentre, in detta ipotesi, i beni mobili o immobili posseduti da ciascuna delle parti al tempo del contratto non sono compresi nella società se non per essere goduti in comunione b) quelle con le quali le parti pongono in comunione tutti i beni mobili e immobili che possiedono attualmente e gli utili che potranno ricavarne o anche gli utili che potranno comunque acquistare. Tuttavia i beni che le parti acquistassero per successione o donazione non entrano in società se non per essere goduti in comunione ed è nulla ogni stipulazione contraria (art. 1701).
Le prime tra queste società si dicono società universali dei guadagni, le seconde società di tutti i beni presenti; il semplice contratto di società universale senza altra dichiarazione non include che la società universale dei guadagni. Società particolari sono, invece, quelle che hanno per oggetto determinate cose ovvero il loro uso o i frutti che se ne possono ritrarre, o un'impresa determinata o l'esercizio di un determinato mestiere o professione (articoli 1705 e 1706).
Almeno normalmente (v. art. 1706), la società importa pertanto un condominio tra i soci su quanto viene conferito in comune; il condominio indica l'aspetto statico del rapporto, il diritto dei soci sul patrimonio sociale; la società l'aspetto dinamico e cioè il contratto in esecuzione del quale il condominio viene costituito e che disciplina l'utilizzazione del fondo comune e i reciproci diritti e obblighi dei soci in relazione allo scopo sociale. È solamente quando la società costituita dai soci venga essa stessa concepita come persona giuridica, che sarà essa titolare dei diritti su quanto è stato conferito dai soci e non si potrà quindi più parlare di condominio; tale è il caso per la società commerciale e tale è il caso anche per la società civile secondo la concezione prevalente in Francia e accolta anche nei progetti italiani di riforma. Elevando la società a persona giuridica si sostituisce una visione unitaria a una concezione pluralistica del rapporto, sostituzione tanto più necessaria quanto più complessi i rapporti sociali, quanto più vasta l'attività della società nei confronti dei terzi e che perciò si è imposta nella società commerciale, mentre non è stata ancora accolta per la società civile.
L'art. 1697 dichiara che nella società le parti si obbligano a conferire qualche cosa in comunione al fine di dividere il guadagno che ne potrà derivare; bisogna pertanto che le parti si propongano di utilizzare quanto mettono in comune per dividere poi i guadagni relativi; il fondo comune deve costituire il mezzo per realizzare degli utili che vengano poi divisi tra i soci. Questo carattere distingue il contratto di società da altri contratti o negozî che con termine comprensivo si possono dire associativi, ma nei quali le parti, pur mettendo qualche cosa in comune, non si propongono uno scopo di lucro o almeno non si propongono lo scopo di realizzare, grazie al fondo comune, degli utili da dividere poi tra di loro.
Perciò la società del codice civile non ricorre in numerose ipotesi nelle quali pur si parla comunemente di società, ma nelle quali le parti non sono animate da quell'intento di impiegare il fondo comune in modo da dividere poi gli utili che ne verranno ritratti, e perciò le regole del codice civile, salva l'eventuale applicazione analogica di alcune, non possono venire invocate nelle numerose società che hanno scopi di divertimento, di cultura, o che comunque mirano a fornire direttamente a chi vi partecipa determinati vantaggi (p. es., consorzî industriali) e non a distribuire i guadagni che costituiscono il frutto di quanto viene messo in comune. Perciò nel sistema del codice vengono disciplinate separatamente dalle società anche le mutue assicuratrici, i cui associati, in base al negozio associativo concluso, acquistano un diritto corrispondente a quello di un assicurato.
Non è invece necessario che i guadagni consistano in somme di danaro; vi ha società anche quando le parti mirano a dividersi i frutti delle cose messe in comune.
Perché il fondo comune possa produrre quegli utili la cui distribuzione tra le parti costituisce la causa del contratto di società, esso deve essere impiegato o gestito per uno od altro scopo. Nell'intento di raggiungere questo scopo, per realizzare così gli utili sociali, le volontà delle varie parti, che sono contrapposte e divergenti nella conclusione del contratto, vengono unificate. In quanto questo scopo debba essere raggiunto compiendo uno o più atti di commercio, lo scopo è commerciale e la società è commerciale ed è pertanto lo scopo civile o commerciale, al quale è indirizzata la società, quello che distingue le società civili da un lato, quelle commerciali dall'altro.
Anche le società commerciali rientrano nell'ambito della definizione dell'art. 1697 cod. civ. e pertanto rispondono ai caratteri sopra indicati e più precisamente a quelli della società particolare, ma la loro disciplina si è storicamente venuta differenziando profondamente da quella della società civile e perciò esse vanno separatamente considerate.
La società civile. - La costituzione della società civile non viene assoggettata nel codice italiano a norme particolari, tranne quelle eventualmente derivanti dal particolare oggetto del conferimento; così l'art. 1314 assoggetta alla necessità della forma scritta i contratti di società con i quali viene conferita la proprietà di un immobile o che hanno per oggetto il godimento di beni immobili, quando la durata della società è indeterminata o eccede i nove anni, e nell'una e nell'altra ipotesi dovrà farsi ricorso alle norme sulla trascrizione; nel caso di conferimento di un credito, il conferimento, per essere opponibile ai terzi, dovrà essere notificato al debitore e via dicendo.
Nei riguardi della prova varranno i principî generali sanciti negli articoli 1341 segg. cod. civ. e 20 r. decr. 20 settembre 1920, n. 1316.
La capacità e il consenso delle parti sono anch'essi disciplinati dalle norme generali ed è in applicazione di queste che l'art. 1704, partendo dal presupposto che la società universale possa indirettamente servire agli scopi di una donazione, ricorda che la società universale non può aver luogo che tra persone capaci di dare e di ricevere scambievolmente l'una dall'altra e alle quali non sia vietato di avvantaggiarsi reciprocamente a scapito dei diritti di altre persone. Egualmente dovranno venire applicate le norme generali delle obbligazioni per quanto riguarda l'oggetto dei singoli conferimenti e per quanto riguarda l'oggetto della società e cioè gli atti che questa si propone di compiere (art. 1698 cod. civ.).
Quando la società nel suo complesso (p. es., per illiceità dell'oggetto come nel caso di società che abbiano per oggetto il contrabbando), o anche un singolo conferimento (p. es., per incapacità del conferente), sia nulla o venga annullata, si dovrà far capo alle regole generali sulla nullità e la annullabilità dei contratti, con la conseguenza di considerare nullo il contratto di società dato il vizio di nullità che lo colpisce o in seguito all'esperimento dell'azione di annullamento, la quale, secondo le regole generali, agisce retroattivamente. Può tuttavia la società, prima che la nullità sia stata dichiarata o l'annullamento sia stato pronunciato, avere operato ed essere entrata in rapporti con terzi che meritano tutela. Poiché la società implica un condominio, annullata la società, rimane il condominio e il patrimonio comune dovrà pertanto essere diviso tra i soci secondo le norme della comunione; quanto ai terzi, essi non potranno invocare il contratto di società annullato, ma, almeno secondo molti, potranno sempre agire contro coloro con i quali hanno contrattato.
I diritti e gli obblighi reciprocamente assunti dai soci nel contratto di società trovano nelle clausole del contratto la loro più minuta disciplina; il codice si limita a porre alcune norme direttive e a sancire alcuni limiti all'autonomia della volontà delle parti. Ciascun socio è obbligato a conferire l'apporto che ha promesso e pertanto sottoposto a quegli obblighi che derivano dalla natura del suo conferimento; se ha promesso un trasferimento di proprietà il socio è obbligato a trasferire il possesso della cosa divenuta comune, risponde per l'evizione e per i vizî occulti, il perimento della cosa colpirà la società o il socio secondo il principio res perit domino; se ha promesso di prestare i proprî servizî deve render conto dei guadagni fatti con quella specie di industria che è propria della società; la mancata prestazione di quanto ha promesso obbliga il socio inadempiente a risarcire i danni, nonché a corrispondere gli interessi o i frutti delle cose promesse sin dal giorno in cui doveva eseguire la consegna o il pagamento. Ciascun socio deve comportarsi in quella guisa che è richiesta dalla necessità della reciproca collaborazione; di questo principio il codice detta alcune applicazioni particolari negli articoli 1710, 1712, 1713 e 1714. Ciasun socio ha diritto a una quota degli utili e deve contribuire alle spese e alle perdite in quella misura che viene fissata nel contratto o, in mancanza di determinazione, proporzionalmente alla quota conferita. L'art. 1713 specifica che in questa ipotesi quegli che non ha conferito che la propria industria partecipa agli utili e alle perdite come colui che ha conferito una quota minore. A questa libertà il codice pone un limite dichiarando nulla quella convenzione che attribuisca ad uno dei soci la totalità dei guadagni o esenti uno dei soci dal contribuire alle perdite sociali (cosiddetta società leonina).
L'amministrazione della società spetta a ciascun socio, sicché l'operato di ciascuno è valido anche per i consoci, quand'anche questi non abbiano dato il loro consenso, ma può ognuno degli altri soci opporsi all'operazione prima che questa venga compiuta. Ciascun socio può, ove non siano stati designati degli amministratori e salvo patti speciali, servirsi delle cose della società secondo la loro destinazione e in modo da non impedire agli altri soci di servirsene, ed obbligare i consoci a contribuire alle spese necessarie per la conservazione delle cose della società; non può invece fare innovazioni negli immobili senza il consenso degli altri soci. Può tuttavia il contratto incaricare dell'amministrazione uno o più soci, congiuntamente o disgiuntamente; il codice sancisce che quando più soci siano incaricati dall'amministrazione senza determinazione di funzioni ciascuno di essi può compiere separatamente gli atti di amministrazione; l'amministratore non può essere revocato se non per causa legittima quando sia stato designato nel contratto di società; può essere revocato secondo le regole generali del mandato quando sia stato designato posteriormente.
Poiché la società civile non costituisce una persona giuridica, tutti i soci rispondono, in parti eguali, personalmente e illimitatamente dei debiti verso i terzi contratti per conto della società da chi ne aveva il potere; quando l'obbligazione fosse stata contratta da chi non aveva il potere di obbligare i soci, questi rispondono solamente se il negozio si è risolto in vantaggio della società e ciascuno non oltre i limiti della propria quota e in proporzione al vantaggio ricavato.
La società cessa per conforme deliberazione di tutti i soci, per il compimento dell'affare, per l'impossibilità di compierlo o per la scadenza del termine; quando la società sia stata contratta a tempo indeterminato può ciascun socio chiederne lo scioglimento. Tuttavia anche nella società a tempo determinato lo scioglimento può essere chiesto da ciascun socio prima della scadenza del termine, quando concorrano giusti motivi.
La collaborazione che deve sussistere tra i soci e la responsabilità illimitata nella quale essi incorrono per le perdite sociali fanno della società civile un contratto essenzialmente basato sulla personalità dei singoli soci; perciò un socio non può sostituire a sé un altro se non col consenso di tutti gli altri soci e attraverso una modifica del contratto sociale; altrimenti la sostituzione non ha effetto verso la società, salva a ciascun socio la possibilità di associarsi per suo conto altri negli utili e nelle perdite della società. Per lo stesso principio, la morte, l'interdizione, l'inabilitazione o il fallimento del socio costituiscono una causa di scioglimento della società, salvo agli altri di deliberare la continuazione della società fra di loro e con gli eredi del socio defunto.
Nella struttura della società civile ciascun socio incorre in responsabilità illimitata, ma ha d'altro canto vasti poteri di ingerenza nell'amministrazione e perciò, anche quando siano stati nominati degli amministratori, i soci non amministratori hanno vasti poteri di controllo, onde si comprende perché il contratto sociale non possa in linea di principio venire modificato se non col consenso di tutti i soci; tale modifica è anche costituita dall'entrata di un nuovo socio o dall'uscita di chi sia socio dalla società e pertanto nell'uno e nell'altro caso è, in linea di principio, necessario il consenso di tutti gli altri soci.
Società commerciale in generale. - Le caratteristiche proprie del contratto di società in genere ricorrono anche nelle società commerciali, costituite come abbiamo notato, per il compimento di uno o più atti di commercio. Tanto la società occasionale costituita per il compimento di un solo atto di commercio, quanto la società costituita per il compimento d'una serie indeterminata di atti di commercio vengono insieme disciplinate nel codice italiano. Le società commerciali sono delle persone giuridiche e la legge riconosce cosi al contratto la forza di creare un nuovo ente, distinto dalle persone dei soci, ed è questo il titolare dei diritti sui beni sociali, quello che contratta con i terzi acquistando diritti e assumendo obbligazioni e cui la legge riconosce una propria denominazione, una propria sede e una propria nazionalità, indipendentemente dalla sede e dalla nazionalità dei soci.
Le varie specie di società commerciali, note al codice di commercio italiano, sono: a) la società in nome collettivo, nella quale tutti i soci sono illimitatamente e solidariamente responsabili di fronte aí terzi dei debiti sociali; i terzi possono tuttavia escutere i soci solamente dopo avere inutilmente escusso la società; b) la società in accomandita, nella quale alcuni soci, detti accomandatarî, sono illimitatamente e solidariamente responsabili dei debiti sociali alla pari dei soci in nome collettivo, mentre altri soci, detti accomandanti, rispondono dei debiti sociali solo limitatamente alla quota da essi conferita in società; c) la società anonima, nella quale tutti i soci sono responsabili dei debiti sociali solo limitatamente alla quota da essi conferita in società (art. 76 cod. comm.).
Si distinguono inoltre le società nelle quali le partecipazioni dei soci possono essere incorporate in titoli di credito, detti azioni, e possono quindi circolare con la disciplina giuridica propria dei titoli di credito, e quelle nelle quali detta incorporazione non è possibile: da questo punto di vista si contrappongono le società per azioni e le società per quote. È per quote la società in nome collettivo, pur dubitandosi della possibilità della divisione del suo capitale in azioni; il capitale della società in accomandita può essere diviso in quote o azioni e si distingue così la accomandita semplice e la accomandita per azioni; il codice prevede anche una anonima per quote accanto alla anonima per azioni, ma l'anonima per quote, non disciplinata poi nel codice, è rimasta quasi ignota alla pratica.
Allo scopo, invece, di offrire anche alle piccole società la possibilità di una responsabilità limitata per tutti i soci, senza dover ricorrere alla più complessa disciplina della società anonima, rispondono le società a responsabilità limitata che, disciplinate nelle legislazioni di tipo tedesco, sono state conservate nelle provincie redente.
Alla responsabilità illimitata del socio fa in linea di principio riscontro un maggior potere di ingerenza nell'amministrazione sociale e perciò il codice accomuna sotto molti aspetti la disciplina dei soci in nome collettivo e quella degli accomandatarî.
La divisione del capitale in azioni, con la possibilità dì circolazione di queste ultime che permette di far appello a più larghi strati di popolazione nella raccolta del capitale sociale, viene a sua volta tenuta presente dal codice, accomunando sotto alcuni aspetti la disciplina delle società in accomandita per azioni e delle anonime per azioni. Le accomandite per azioni e le anonime per azioni sogliono anche venir contrapposte alle società in nome collettivo e in accomandita semplice, parlando per le prime di società di capitali e per le seconde di società di persone e volendo con ciò indicare la rilevanza della personalità dei singoli soci nelle società in nome collettivo e in accomandita semplice, mentre nelle società in accomandita per azioni e anonime l'elemento prevalente è quello patrimoniale.
La valutazione complessiva dei conferimenti di tutti i soci costituisce il capitale sociale; entità giuridica e contabile in relazione alla quale vanno considerate le partecipazioni dei varî soci, nonché la sussistenza di utili o perdite e che va tenuta distinta dal patrimonio effettivamente posseduto dalla società e continuamente diverso secondo l'andamento degli affari sociali. Il codice in linea di principio ritiene che in tutte le società suindicate l'ammontare del capitale costituisca un elemento del contratto, che non può quindi venir modificato senza modificare il contratto sociale; vengono tuttavia previste e disciplinate sotto il nome di cooperative le società a capitale variabile nelle quali l'entrata o l'uscita di soci, col conseguente aumento o con la conseguente riduzione di capitale, non importa modifica del contratto sociale. I soci delle cooperative possono poi essere limitatamente o illimitatamente responsabili dei debiti sociali e si dovrà quindi far ricorso alle norme dell'anonima o della società in nome collettivo, subordinatamente all'applicazione delle norme generali dettate dal codice per tutte le cooperative.
Nei riguardi della costituzione della società commerciale vengono tenute ferme, in linea di principio, le norme già esaminate a proposito della società civile. Il codice tuttavia si preoccupa di garantire meglio l'effettiva raccolta del capitale sociale e questa preoccupazione è naturalmente più viva nei riguardi della costituzione delle società per azioni. Prescindendo dalle norme particolari a queste ultime, il codice sancisce perciò nell'art. 82 che il socio che conferisce in società dei crediti è responsabile della loro riscossione e che, conferendo la proprietà di una cosa, esso può essere escluso dalla società quando questa perisca prima della tradizione, ancorché dopo il suo trasferimento in proprietà sociale.
La società commerciale costituisce una persona giuridica; perciò il debitore della società non può opporre in compensazione alla società il credito che vanti verso un singolo socio; perciò i creditori particolari di un socio non possono agire esecutivamente sui beni sociali, ma possono solamente sequestrare la quota o l'azione del socio loro debitore, e, nelle società per azioni - ove il trasferimento dell'azione è indipendente dal consenso degli altri soci - vendere le azioni del loro debitore per soddisfarsi del loro credito; perciò il nuovo socio di una società già costituita risponde al pari degli altri di tutte le obbligazioni contratte dalla società anche prima della sua ammissione; perciò le quote e azioni di società commerciali costituiscono beni mobili, ancorché la società possieda degl'immobili. Quale persona giuridica la società commerciale ha un proprio nome, costituito per le società in nome collettivo e in accomandita dal nome di uno o più tra i soci illimitatamente responsabili con l'aggiunta "e compagni"; la società anonima a sua volta è qualificata con una denominazione particolare o con la designazione dell'oggetto della sua impresa, che deve chiaramente distinguersi da quella di ogni altra società.
La società commerciale ha una propria sede, alla quale si dovrà avere riguardo ai fini delle regole sulla competenza giudiziaria. La società commerciale ha una propria nazionalità e gli articoli 230 a 232 del codice comm. distinguono perciò dalle società costituite nel regno quelle che, costituite all'estero, stabiliscono nel regno una sede secondaria o una rappresentanza o che, per quanto costituite all'estero, abbiano nel regno la propria sede e l'oggetto principale della propria impresa; le seconde sono considerate quali società nazionali, le prime sono soggette a particolari norme di pubblicità, specificate nell'art. 232 per l'ipotesi nella quale la società, costituita all'estero, abbia nel regno più rappresentanze. La mancata osservanza di queste disposizioni rende gli amministratori e i rappresentanti della società estera personalmente e solidariamente responsabili delle obbligazioni sociali limitatamente agli atti dipendenti dall'esercizio delle loro funzioni, oltre alle ammende previste dalle disposizioni penali.
La particolare importanza delle società commerciali e dei rapporti che esse pongono in essere con i terzi impone norme particolari circa la forma e la pubblicità della loro costituzione. Le società in nome collettivo e in accomandita semplice devono essere costituite con contratto fatto per iscritto e un estratto dell'atto costitutivo, con firme autenticate dei soci e contenente le indicazioni prescritte dalla legge, deve entro trenta giorni essere depositato nel tribunale nella cui circoscrizione esse pongono la loro sede, per essere ivi trascritto nel registro delle società commerciali ed essere affisso nella sala del tribunale, del comune e della borsa più vicina.
Le società anonime e in accomandita per azioni devono essere costituite con contratto stipulato per atto pubblico; l'atto costitutivo e lo statuto che contiene la disciplina della vita sociale debbono, entro trenta giorni, essere depositati nella cancelleria del tribunale competente e sono sottoposti a un controllo di legalità da parte dello stesso tribunale; in seguito alla verifica dell'adempimento delle condizioni di legge il tribunale omologa detti atti che vengono allora trascritti nel registro delle società, affissi nella sala del tribunale, del comune e della borsa più vicina, e pubblicati integralmente nel bollettino ufficiale delle società per azioni. Un'estratto dell'atto costitutivo della società (sia in nome collettivo, sia in accomandita, sia anonima) deve essere pubblicato nel giornale degli annunzî giudiziarî della sede della società (per le società in accomandita per azioni e anonime) o dei luoghi dove la società ha sede, stabilimenti o rappresentanze.
L'omissione di queste formalità non importa tuttavia la nullità della società, né la mancanza della sua personalità giuridica. Di fronte alla mancata osservanza delle norme di forma e di pubblicità disposte dal codice, la società è irregolare e il codice in detta ipotesi sancisce che tutti coloro che operano in nome della società rispondono personalmente dei debiti così contratti, sicché i terzì creditori potranno escutere, oltreché la società, ed eventualmente i soci illimitatamente responsabili, anche coloro che hanno contrattato in suo nome. Ciascuno dei soci di una società irregolare può chiedere lo scioglimento della società, quando si tratti di società in nome collettivo o in accomandita semplice; lo scioglimento del proprio vincolo, quando si tratti di società in accomandita per azioni o anonima. Ciascun socio può naturalmente adempiere a spese sociali le formalità prescritte dalla legge o chiedere la condanna degli amministratori al loro adempimento.
Coloro che sono obbligati a far eseguire le pubblicità vanno incontro ad ammenda ove omettano di adempiere tale obbligo; il beneficio del concordato preventivo è rifiutato alle società irregolari; le azioni di società non regolarmente costituite non possono essere validamente vendute.
Nonostante queste disposizioni, tuttavia, le società irregolari in nome collettivo sono assai frequenti nella pratica; assai numerosi sono i casi nei quali si ha una società di commercio in nome collettivo, senza che siano state osservate le prescritte norme di pubblicità e, spesso, senza che il contratto sia stato redatto per iscritto. La giurisprudenza ritiene che, anche tra soci, la società può liberamente essere provata con testimonî e che la sua irregolarità importa le conseguenze sopra accennate, ma non un limite alla prova testimoniale.
Norme di pubblicità corrispondenti a quelle sancite per la costituzione vengono dettate dal codice per i cambiamenti statutarî, sancendo l'inefficacia di fronte ai terzi e di fronte ai soci dei cambiamenti statutalî che non siano stati regolarmente pubblicati. A particolari norme sono poi soggetti alcuni cambiamenti statutarî particolarmente rilevanti per i terzi; la riduzione del capitale non può avere esecuzione se non dopo tre mesi dalla pubblicazione della sua deliberazione e dentro detto termine chiunque vi abbia interesse può farvi opposizione; lo scioglimento della società prima del termine stabilito per la sua durata non ha effetto rispetto ai terzi se non un mese dopo la sua pubblicazione; alla proroga della società in nome collettivo, o in accomandita, possono fare opposizioni, entro dieci giorni dalla sua pubblicazione, i creditori particolari dei soci illimitatamente responsabili. Una speciale pubblicità viene anche prevista per l'istituzione di rappresentanze e sedi secondarie di una società commerciale.
Società in nome collettivo. - La società in nome collettivo è caratterizzata dalla circostanza che tutti i soci rispondono illimitatamente e solidalmente dei debiti sociali. Questa responsabilità è tuttavia una responsabilità sussidiaria nel senso che i terzi possono escutere i soci solamente dopo avere inutilmente escusso la società; questa norma però, secondo la giurisprudenza, non viene applicata quando la società è in liquidazione, nel qual caso i terzi creditori possono escutere i soci anche prima di escutere la società. Data la loro illimitata responsabilità per i debiti sociali, la legge sancisce che il fallimento della società importa di diritto anche il fallimento dei soci illimitatamente responsabili. La denominazione della società in nome collettivo è costituita dal nome di uno o più soci e solamente i nomi dei soci e le loro ditte possono far parte della denominazione sociale. L'amministrazione della società in nome collettivo viene disciplinata dal codice secondo regole corrispondenti a quelle fissate per la società civile, solo specificando che nell'ipotesi di opposizione di un socio amministratore all'operazione deliberata dall'altro socio è la maggioranza, determinata dalle quote d'interessi, quella che deciderà sulle opposizioni. Possono venir nominati amministratori tanto dei soci, quanto dei terzi. Il carattere personale della società in nome collettivo e la posizione di particolare vantaggio nella quale si troverebbe un socio nel far concorrenza alla società, spiega la norma dell'art. 112 che vieta ai soci di fare concorrenza alla società o d'interessarsi, quali soci illimitatamente responsabili, in altre società aventi lo stesso oggetto, senza il consenso degli altri soci. In caso di contravvenzione a detta norma la società può, oltre che escludere il socio, ritenere che questi abbia agito per suo conto o pretendere il risarcimento dei danni. Le caratteristiche proprie della società in nome collettivo spiegano perché, come nella società civile, il socio non può cedere altrui la propria quota senza il consenso degli altri soci e perché in genere ogni modificazione nella composizione personale della società implica una modificazione dello statuto. Le modificazioni dello statuto a loro volta, salva contraria stipulazione, non possono essere deliberate dai soci se non alla unanimità.
Nei confronti del socio inadempiente, fallito, interdetto o inabilitato, del socio che faccia concorrenza alla società o del socio amministratore che abusi del proprio mandato, o del socio non amministratore che si ingerisca nell'amministrazione, la società, indipendentemente dalle altre sanzioni, può ricorrere alla esclusione.
Lo scioglimento della società ha luogo per deliberazione dei soci, per il compimento dell'impresa o l'impossibiliià di compierla, per la scadenza del termine (né una società commerciale può venir contratta a tempo indeterminato), per la perdita del capitale sociale oltre i due terzi, per il fallimento della società, per fusione, per la morte, l'interdizione, l'inabilitazione o il fallimento di un socio, ove, in questo ultimo caso, gli altri soci non deliberino di continuare tra di loro la società o con gli eredi del defunto. Particolari norme vengono dettate per la fusione, istituto disciplinato in via generale per tutte le società commerciali, ma di particolare importanza nelle società anonime. La fusione può aver luogo in quanto una società viene incorporata in un'altra o in quanto due società si fondono creando una nuova società; nell'una o nell'altra ipotesi le società che partecipano alla fusione devono separatamente deliberare la fusione e pubblicare i proprî bilanci con l'indicazione del modo col quale verranno estinte le passività; i creditori sociali possono entro tre mesi opporsi alla fusione; avvenuta questa, la società risultante subentra in tutte le attività e in tutte le passività delle società che si sono fuse. Verificata la causa di scioglimento, la società entra in periodo di liquidazione; agli amministratori si sostituiscono i liquidatori con il compito di realizzare le attività e pagare le passività sociali. I liquidatori devono essere nominati all'unanimità; in mancanza di questa, dal tribunale. Pubblicato l'atto di liquidazione e nominati i liquidatori, sono questi che rappresentano la società. Essi debbono, appena assunto il loro ufficio, redigere in unione con gli amministratori l'inventario e il bilancio sociale, ricevendo in consegna i beni e le carte della società. Dato lo scopo della liquidazione, i liquidatori non possono intraprendere veruna nuova operazione di commercio, della quale altrimenti sono personalmente e solidariamente responsabili. Sottoposti alle regole del mandato, essi debbono estinguere le passività sociali, eventualmente chiedendo ai soci le somme all'uopo necessarie ove le attività sociali non siano sufficienti e realizzare i beni della società. Il codice determina quali sono i poteri dei liquidatori, salve le maggiori o minori facoltà ricevute dai soci. Compiuta la liquidazione, i liquidatori devono farne il bilancio e proporre la divisione tra i soci delle attiviià eventualmente rimaste dopo il pagamento delle passività sociali; ciascun socio ha trenta giorni di tempo per opporsi al riparto proposto dai liquidatori e al bilancio presentato e il termine decorre dalla notificazione di detti atti al socio.
Società in accomandita. - La società in accomandita è caratterizzata dalla circostanza che, mentre alcuni dei soci, detti accomandatarî, sono illimitatamente e solidariamente responsabili dei debiti sociali, alla pari dei soci in nome collettivo, altri soci, detti accomandanti, sono invece esposti solo al rischio di perdere quanto essi hanno conferito in socieià.
Sono i soli nomi dei soci accomandatarî quelli che possono far parte della denominazione della società. Sono ì soli soci accomandatarî (non dunque gli accomandanti e nemmeno i non soci) quelli che possono amministrare la società, e, nei loro riguardi, varranno le regole sulla amministrazione delle società in nome colletivo; i soci accomandanti invece non possono ingerirsi nell'amministrazione, ma possono solamente svolgere un'opera di sorveglianza e di controllo. Il socio accomandante che violi questa norma diviene illimitatamente e solidariamente responsabile verso i terzi per tutte le obbligazioni della società; se l'atto di amministrazione è stato compiuio dall'accomandante, in base a procura speciale per un determinato affare, egli è personalmente e solidariamente obbligato per le obbligazioni derivanti da detto affare. Ove l'ingerenza dell'accomandante abbia luogo senza il consenso degli altri soci, l'accomandante può inoltre essere escluso dalla società. La morte, l'interdizione, l'inabilitazione o il fallimento del socio accomandatario sono causa di scioglimento della società, analogamente a quanto ha luogo nelle società in nome collettivo, salvo, nelle accomandite per azioni, la surroga dell'accomandatario da parte dell'assemblea della società con la maggioranza prevista per le modifiche dello statuto.
Il capitale della società in accomandita può essere diviso in quote o azioni; nel primo caso si parla di accomandita semplice, nel secondo di accomandita per azioni. Ferme rimanendo le norme suindicate, la società in accomandita semplice è accomunata nella sua disciplina alla società in nome collettivo, la società in accomandita per azioni alla società anonima per azioni. Così per le formalità di costituzione, per le modifiche dello statuto, per quanto riguarda la disciplina delle assemblee, i sindaci, lo scioglimento e la liquidazione della società.
Società anonima. - La società anonima costituisce il tipo più caratteristico della società commerciale nel modo moderno e quello che meglio risponde alle esigenze della grande industria e del grande commercio. Per quanto inferiori di numero alle società in nome collettivo e in accomandita, le società anonime raccolgono la massima parte del capitale investito nelle società di commercio; esse ammontano in Italia a diciassette mila circa con circa cinquanta miliardi complessivi di capitale sociale.
La responsabilità limitata di tutti i soci, che rischiano solamente di perdere quanto hanno conferito in società, costituisce la caratteristica essenziale della società anonima. Il capitale dell'anonima è suscettibile di essere diviso in azioni e queste, circolando come titoli di credito e dato il beneficio della responsabililà limitata, permettono alla anonima di raccogliere il proprio capitale in tutte le sfere della popolszione e di raggiungere così quelle somme che sono necessarie per le grandi imprese industriali e commerciali. È tuttavia la circolabilità delle azioni dell'anonima, alla quale possono finire per partecipare azionisti con mero intento di speculare sul corso di borsa delle azioni e comunque masse di azionisti che, dispersi e ignari degli affari sociali, non possono partecipare alla vita della società ed esercitarvi alcun controllo, ciò che fa della anonima uno strumento qualche volta pericoloso, per quanto non si debba dimemicare l'utilità da essa rappresentata per la vita industriale e commerciale. È sempre l'anonima lo strumento prediletto per le concentrazioni industriali e commerciali e la costituzione di consorzî industriali e gruppi economici ed è attraverso questa pratica che si sono venute differenziando economicamente le categorie di azionisti che si possono distinguere in seno a una anonima. Gli studî che in tutti i paesi hanno per oggetto la riforma della disciplina della società anonima e i numerosi progetti ufficiali e ufficiosi già pubblicati si propongono appunto di disciplinare l'anonima in relazione alle sue attuali funzioni.
Nei riguardi della costituzione della società anonima il codice distingue la costituzione successiva dalla costituzione simultanea.
Nella costituzione successiva alcuni promotori si fanno iniziatori dell'affare lanciando un programma - che deve essere anche depositato nella cancelleria del tribunale nella cui giurisdizione la società intende porre la propria sede - contenente l'indicazione dello scopo, del capitale sociale e le clausole essenziali dello statuto e raccogliendo in base a esso le singole sottoscrizioni, che devono essere autenticate. Raccolte queste, i promotori devono convocare un'assemblea costituente, che riconosce il versamento delle quote sociali e il valore dei beni conferiti, discute e approva lo statuto, nomina gli amministratori e ì sindaci e procede quindi alla stipulazione dell'atto costitutivo. L'opera dei promotori può essere compensata dalla società, ma il codice vuole che detto compenso non possa consistere in nessuna forma di prelevamento di capitale o concessione di azioni od obbligazioni; può consistere in una partecipazione agli utili della società in misura non superiore al 10% e per un periodo non superiore al terzo della durata della società e in ogni caso non eccedente i cinque anni.
Nella costituzione simultanea i fondatori della società procedono senz'altro alla stipulazione dell'atto costitutivo integralmente sottoscrivendo il capitale sociale. Non è infrequente che detti fondatori, riuniti come si suol dire in sindacato, collochino poi sul mercato - eventualmente a mezzo di uno di essi (spesso una banca) dei quali gli altri sono associati in partecipazione - le azioni così sottoscritte a un prezzo che può anche essere diverso da quello nominale.
Nell'uno e nell'altro caso il codice vuole che la società non possa costituirsi se non in quanto il capitale statutario venga integralmente sottoscritto e vengano versati da ciascun socio 3 decimi del proprio conferimento in danaro. L'integrale versamento del capitale sottoscritto costituisce poi il presupposto per la possibilità della società di procedere successivamente all'aumento del capitale. Le azioni non possono venire emesse per un importo inferiore al loro valore nominale e ciò appunto per garantire quella effettiva raccolta del capitale sociale che acquista nelle società anonime particolare importanza. Nello stesso intento di garantire quanto più possibile l'effettiva raccolta del capitale sociale, dottrina e giurisprudenza escludono che i conferimenti di lavoro possano venir conteggiati nel capitale e che le azioni cosiddette industriali possano essere considerate nell'ammontare del capitale sociale.
L'amministrazione della società anonima è affidata ad amministratori; il codice li definisce mandatarî, liberamente revocabili dai soci, salvo il risarcimento dei danni quando la revoca abbia luogo senza giusta causa prima del termine fissato al mandato, termine che il codice prescrive di due anni, fuorché per gli amministratori nominati nello stesso atto costitutivo per i quali il termine può essere di 4 anni. Gli amministratori decaduti sono rieleggibili. Possono venir nominati amministratori tanto dei soci quanto dei terzi; decade di diritto l'amministratore fallito, interdetto o inabilitato o condannato penalmente per truffa, falso o corruzione o comunque condannato alla reclusione per non meno di tre anni; in caso di vacanza di un posto di amministratore provvedono alla surroga gli altri amministratori uniti ai sindaci. Gli amministratori debbono notificare la propria nomina alla cancelleria del tribunale; entro trenta giorni dacché hanno avuto notizia della nomina debbono dare cauzione per la propria gestione, cauzione che deve ammontare alla cinquantesima parte del capitale sociale e che gli statuti possono limitare ad azioui sociali per un importo nominale di cinquantamila lire. È agli amministratori che spetta curare l'amministrazione della società: ove siano più di uno, può essere deferita a uno o più tra di essi la cosiddetta firma sociale e cioè la facoltà di osrtare a conoscenza dei terzi la volontà sociale; nel caso di più amministratori questi, nelle questioni che non siano di competenza esclusiva di uno di essi, deliberano a maggioranza in quello che si dice consiglio di amministrazione. Per la validità delle deliberazioni del consiglio è necessaria la presenza di almeno la metà dei consiglieri che tutti hanno diritto di esservi invitati e di parteciparvi; le deliberazioni consigliari debbono essere registrate in apposito libro. Non è infrequente che il consiglio nomini a sua volta nel suo seno un più ristretto comitato direttivo. Norme particolari vigono per le deliberazioni dei consigli di amministrazione ai quali, per la speciale natura della società, prenda parte un rappresentante del governo. L'amministratore che si trovi in conflitto d'interessi con la società deve astenersi dal prendere parte alla deliberazione avvertendo gli altri amministratori e i sindaci; ove questi ultimi non approvino l'operazione, gli amministratori saranno personalmente responsabili delle perdite che ne derivassero alle società. Gli amministratori non possono contrarre prestiti con la società che amministrano, né con le società da questa controllate. Gli amministratori sono personalmente e solidariamente responsabili tanto di fronte alla società quanto di fronte ai terzi della verità dei versamenti fatti dai soci, della reale esistenza dei dividendi pagati, della regolarità dei libri sociali, dell'adempimento delle deliberazioni assembleari e in genere dell'esatta osservanza dei doveri loro imposti, ove non si tratti di obblighi particolari della cui osservanza risponderà il solo amministratore cui essi incombano. La società può esercitare l'azione di responsabilità solo in seguito a deliberazione assembleare; si ritiene da molti che l'approvazione del bilancio, salvo il caso di frode, importi assoluzione degli amministratori dalla loro responsabilità verso la società. L'amministratore dissenziente da una deliberazione del consiglio di amministrazione deve far risultare il suo dissenso nei verbali del consiglio e darne notizia per iscritto ai sindaci, per andare esente da responsabilità per quella deliberazione; la deliberazione deve anche in questo caso essere approvata dai sindaci.
Accanto agli amministratori, il codice prevede l'ipotesi di un direttore generale nominato dall'assemblea o per patto sociale e sancisce che detto direttore è responsabile verso i soci e verso i terzi alla pari degli amministratori.
Il codice si preoccupa di dettare norme di amministrazione con particolare riguardo alla necessità che il patrimonio della società, che costituisce l'unica garanzia dei suoi creditori, effettivamente risponda al capitale sociale. Perciò il codice vieta la distribuzione di dividendi fittizî con norma anche penalmente sancita, pur riconoscendo la irripetibilità dei dividendi, una volta pagati; vieta alla società di concedere anticipi sulle proprie azioni o di acquistare queste, se non con utili regolarmente accertati e in seguito a deliberazione assembleare; impone la convocazione dell'assemblea quando il capitale risulti perso per un terzo e stabilisce che, quando la perdita superi i due terzi, l'assemblea deve reintegrarlo o ridurlo, sotto pena dello scioglimento della società. Queste norme sono anche penalmente sancite a carico degli amministratori.
Mentre l'amministrazione della società è affidata agli amministratori, è l'assemblea dei soci quella che è chiamata a dettare le direttive della vita sociale e che costituisce il supremo organo della società. Essa è composta da tutti gli azionisti che tutti, in quanto tali, hanno diritto di parteciparvi e di votare; non può parteciparvi né, tanto più, votare chi non sia azionista. L'assemblea delibera a maggioranza di voti e il codice prevede il numero di voti spettante a ogni azionista, salvo contraria disposizione statutaria: è quasi costante negli statuti l'attribuzione di un voto per ogni azione e si ammette anche la possibililà di azioni a voto plurimo. L'azionista può delegare il suo voto ad altro azionista e, ove lo statuto lo ammetta, anche a un terzo, non possono però essere rappresentanti gli stessi amministratori. Questi inoltre non possono votare nelle deliberazioni che riguardano la loro responsabilità, né, limitatamente alle proprie azioni al portatore e a quelle nominative vincolate a cauzione, sull'approvazione del bilancio.
L'assemblea deve essere convocata dagli amministratori e, in loro difetto, dai sindaci in sede ordinaria almeno una volta all'anno per l'approvazione del bilancio e il codice disciplina le modalilà della convocazione. Il bilancio, che deve con evidenza e verità dimostrare gli utili conseguiti e la consistenza del patrimonio sociale, deve, almeno un mese prima della convocazione dell'assemblea, venir presentato dagli amministratori ai sindaci i quali devono stendere la loro relazione; bilancio e relazione devono per quindici giorni prima dell'assemblea esser tenuti nella sede sociale a disposizione degli azionisti; entro trenta giorni dalla sua approvazione il bilancio deve essere depositato nella cancelleria del tribunale insieme con la relazione dei sindaci e il verbale dell'assemblea, per essere ivi trascritto nel registro della società e pubblicato nel giornale degli annunzî giudiziarî e nel bollettino ufficiale della società per azioni. In sede straordinaria l'assemblea viene convocata ogni qualvolta se ne dimostri il bisogno. È all'assemblea che spetta nominare e revocare amministratori e sindaci; è l'assemblea quella che deve deliberare sull'esercizio dell'azione di responsabilità contro sindaci e amministratori; l'assemblea quella che deve deliberare sulle modifiche dello statuto, e il codice prevede all'uopo la necessità di una maggioranza speciale, alla quale gli statuti possono tuttavia validamente derogare. È pure una deliberazione assembleare quella che è necessaria, perché la società possa emettere obbligazioni e cioè titoli al portatore o nominativi importanti un diritto di credito per il capitale e gl'interessi nei confronti della società. L'ammontare delle obbligazioni non può in linea di principio e, salvo particolari disposizioni della legislazione speciale, eccedere il capitale versato e tuttora esistente della società, salvo che l'eccedenza sia garantita da titoli pubblici di scadenza corrispondente a quella delle obbligazioni e salva la possibililà di eccedere questo limite emettendo obbligazioni ipotecarie e in seguito a speciale autorizzazione ministeriale; concorrendo speciali circostanze, una società può essere autorizzata con regio decreto ad emettere obbligazioni anche non ipotecarie fino al doppio del proprio capitale.
Perché l'assemblea possa validamente deliberare è necessaria, in linea generale, la presenza di almeno metà del capitale sociale; il codice tuttavia prevede la possibilità dell'assemblea di deliberare validamente anche indipendentemente da questo limite in seconda convocazione e il giorno della seconda convocazione può essere in linea generale determinato nello stesso avviso che fissa la prima convocazione. Norme particolari vigono tuttavia per le deliberazioni assembleari che modifichino lo statuto sociale o deliberino l'emissione di obbligazioni (articoli 158 e 172). I limiti della competenza dell'assemblea sono segnati dall'ordine del giorno contenuto nell'avviso di convocazione; la revoca degli amministratori come l'esercizio dell'azione di responsabilità nei loro confronti rientrano tuttavia sempre nella competenza dell'assemblea.
Le deliberazioni dell'assemblea devono essere verbalizzate e registrate in un apposito libro delle deliberazioni assembleari che la società è obbligata a tenere. Le deliberazioni assembleari, prese validamente, sono obbligatorie anche per i soci dissenzienti o assenti, perché attraverso esse si esprime la volontà sociale; alle deliberazioni contrarie allo statuto o alla legge può fare opposizione ciascun socio e il presidente del tribunale può, in seguito a ricorso, sospendere l'esecuzione della deliberazione. Si distinguono i vizî della deliberazione nel suo complesso da quelli del singolo voto, i quali influiscono sulle deliberazioni solo in quanto, con l'annullamento del voto viziato, viene meno la maggioranza necessaria per sorreggere la deliberazione. La giurisprudenza, in base alla lettera dell'art. 163, pone un limite a detto diritto di impugnativa del socio, richiedendo che l'illegalità della deliberazione risulti indipendentemente dall'espletamento di mezzi istruttorî. Si soggiunge tuttavia che la deliberazione deve considerarsi radicalmente nulla quando essa violi norme di ordine pubblico e che essa è irrilevante, a prescindere da ogni impugnativa, nei riguardi dei diritti di terzi.
Rientra nei poteri assembleari, secondo l'ordinamento italiano, qualunque modificazione dello statuto; tale l'aumento o la riduzione del capitale o la sua reintegrazione forzata; il cambiamento dell'oggetto; la stessa trasformazione della società (ad es., da accomandita per azioni in anonima). Il codice tuttavia prevede che il socio assente o dissenziente possa, di fronte alle più gravi tra le modifiche statutarie, notificare il proprio recesso dalla società; la legislazione speciale è venuta riducendo, rispetto al codice, le ipotesi nelle quali è ammesso il recesso, oggi conservato solo per la fusione con cambiamenti di oggetto, per la proroga della società, e per la reintegrazione forzata, nonché per la fusione in genere e per l'aumento del capitale quando essi non siano deliberati nelle condizioni di cui ai regi decreti legge 24 novembre 1932, n. 1632; 1i gennaio 1933, n 75; 18 maggio 1933, n. 591.
Il controllo dell'amministrazione sociale, oltre che in linea generale all'assemblea, è affidato a un organo apposito: i sindaci. I sindaci vengono annualmente eletti dall'assemblea in numero di 3 0 5 ordinarî e 2 supplenti e loro compito è appunto quello di sorvegliare l'andamento dell'amministrazione e rivedere il bilancio sociale, esaminando la contabilità sociale, riscontrando i fondi di cassa e le attività sociali, concorrendo con gli amministratori nello stabilire i metodi della contabilità e via dicendo; hanno perciò il diritto di intervenire alle adunanze del consiglio di amministrazione, debbono sostituirsi agli amministratori nel convocare l'assemblea, ove questi omettano di farlo. I sindaci possono essere soci e non soci; sono rieleggibili; rispondono di fronte alle società e di fronte ai terzi alla pari degli amministratori. Dato il compito di controllo loro affidato non sono eleggibili e decadono dall'ufficio i parenti e gli affini degli amministratori fino al quarto grado.
La legge prevede anche speciali poteri di determinate minoranze; gli azionisti rappresentanti un decimo del capitale sociale possono denunciare ai sindaci i fatti che credono censurabili e i sindaci debbono tenerne conto nelle loro relazioni all'assemblea presentando le loro osservazioni in proposito; gli azionisti rappresentanti un ottavo del capitale sociale possono presentare denuncia al tribunale ove vi sia fondato sospetto di gravi irregolarità e il tribunale può, sentiti gli amministratori e i sindaci, ordinare l'ispezione dei libri sociali nominando all'uopo un commissario e, ove la relazione confermi l'irregolarità denunciata, prendere i provvedimenti urgenti e convocare l'assemblea; gli azionisti rappresentanti un quinto del capitale sociale possono chiedere la convocazione dell'assemblea, indicando gli oggetti da porsi all'ordine del giorno.
Ciascun azionista deve conferire nella società quanto ha promesso; in mancanza, la società può far vendere le azioni al prezzo corrente o dichiarare decaduta l'azione e ritenere i già fatti versamenti ovvero agire contro il sottoscrittore moroso e i suoi cessionarî. Ciascun azionista ha diritto di partecipare agli utili della società dopo che ne sono state detratte le somme necessarie per la riserva legale voluta dal codice (un 5% degli utili fino a raggiungere un 20% del capitale) e per quelle eventualmente previste dallo statuto; si riconosce inoltre all'assemblea generale il potere di accantonare degli utili a riserva anche oltre questa misura. Gli utili sussistono solamente nella misura nella quale il patrimonio è effettivamente superiore al capitale sociale, si ritiene quindi che non possano distribuirsi dividendi fin tanto che il capitale, prima diminuito, non sia stato successivamente reintegrato. Tuttavia i dividendi riscossi, ancorché fittizî, non sono ripetibili. Non possono attribuirsi interessi alle azioni, tranne nelle società industriali nelle quali è necessario uno spazio di tempo per costituire l'impresa sociale per non più di 3 anni e in misura non eccedente il 5%. Possono tuttavia conferirsi ad alcune azioni particolari diritti patrimoniali, sancendo una diversa misura nella partecipazione agli utili o in sede di liquidazione. La giurisprudenza ritiene però che le azioni privilegiate non possano venir emesse, se non sono state previste nell'originario atto costitutivo della società.
Ciascun socio dispone del diritto di partecipare all'assemblea e di votarvi, né lo statuto può negare ad alcun socio questi diritti.
Le azioni nelle quali si divide il capitale sociale debbono essere - secondo molti, solo salva diversa disposizione dell'atto costitutivo - di eguale valore; esse costituiscono titoli di credito nominativi o al portatore che circolano pertanto con le regole proprie dei titoli nominativi o al portatore; debbono essere nominative le azioni non interamente liberate e i loro sottoscrittori e cessionarî rimangono responsabili dei versamenti non eseguiti. La società è indipendente dalle persone dei singoli soci; il mutamento di un socio, liberamente attuato con il trasferimento dell'azione, non importa modificazione dello statuto, e, salvo speciali clausole statutarie, non richiede il consenso della società. Particolare natura hanno le cosiddette azioni di godimento, rilasciate agli azionisti ai quali è stata rimborsata una somma pari al loro proprio conferimento e importanti un diritto di partecipazione agli utili e al riparto in sede di liquidazione subordinatamente ai diritti degli altri soci.
La società si scioglie per quelle cause che abbiamo già ricordato parlando della società in nome collettivo, eccezion fatta naturalmente per la norma particolare relativa alla morte, l'interdizione, l'inabilitazione o il fallimento del socio, norma che non può trovare applicazione nelle società anonime la cui vita è indipendente dalle sorti dei singoli soci. Si ritiene ormai dalla dottrina e dalla giurisprudenza che tra le cause di scioglimento delle società non possa comprendersi nemmeno la concentrazione di tutte le azioni in un unico azionista e si inclina anzi a ritenere valida una società anche quando la sua costituzione sia preordinata alla successiva concentrazione delle azioni in un'unica mano. Sciolta la società questa entra nello stadio della liquidazione. Anche in questo stadio la società conserva la sua personalità giuridica, tanto da poter deliberare una modifica del suo statuto che faccia venir meno la causa di scioglimento (ad es., modificando l'oggetto esaurito o prorogando il termine decorso) e continua ad essere soggetta alle norme che le sono proprie, subordinatamente all'applicazione delle regole della liquidazione (così per le assemblee e i sindaci). I liquidatori vengono nominati dall'assemblea con la maggioranza speciale prevista per le modifiche dello statuto; ove questa non venga raggiunta vengono nominati dal tribunale. Le stesse regole valgono per la surroga. Assunto il loro ufficio, i liquidatori approvano il conto degli amministratori per il periodo successivo all'ultimo bilancio approvato; ove i liquidatori siano gli stessi amministratori, detto conto verrà approvato con il conto finale della liquidazione o, protraendosi la liquidazione oltre l'anno, col bilancio annuale. I poteri dei liquidatori sono quelli sanciti in via generale per tutti i liquidatori di società commerciali. Terminata la liquidazione i liquidatori formano il bilancio finale con il conto di liquidazione che, accompagnato con la relazione dei sindaci, viene depositato in tribunale e pubblicato nelle forme previste nel giornale negli annunzî giudiziarî e nel bollettino ufficiale della società per azioni; contro detto bilancio ciascun socio può, nei 30 giorni successivi alla sua pubblicazione nel giornale degli annunzî giudiziarî, proporre i suoi reclami e tutti i reclami dei soci vengono decisi dal tribunale con unico giudizio.
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Società anonima.
Si può considerare concorde e pacifica opinione, che la società anonima (franc. société anonyme; spagn. sociedad anónima; ted. Aktiengesellschaft; ingl., joint stock Company; negli Stati Uniti: Corporation) è stata la più caratteristica espressione di quel complesso di usi di mercato, di consuetudini sociali e di organizzazione economica collettiva che si dice capitalismo. Essa permette la realizzazione completa dei presupposti caratteristici di questo organamento produttivo e distributivo della ricchezza: specializzazione delle attribuzioni di lavoro, conseguita con una minuta divisione delle mansioni; massima diffusione degli scambî monetarî sia per i prodotti sia per i diritti sui mezzi produttivi (mercato delle merci e mercato di titoli di credito, azionarî e obbligazionarî); realizzazione delle produzioni di massa per consumi di massa allo scopo di ottenere bassi costi unitarî.
Il fatto che la società anonima si sia manifestata il mezzo tecnicogiuridico più adatto per realizzare questo terzo aspetto dell'ordinamento capitalistico, caratterizzato dalla creazione di grandi impianti, mediante la cooperazione di moltissimi risparmiatori singoli, non deve far trascurare l'intima interdipendenza esistente fra quelle fasi di sviluppo nella realtà concreta.
Per questa ragione l'origine storica della società anonima è disputata: non vi è la possibilità di riconoscere con certezza nell'una o nell'altra istituzione economica propria di altri tempi la forma primitiva delle odierne società commerciali. Esse sono caratterizzate dalla mancanza di un rapporto diretto e continuo fra l'azionista (cioè il comproprietario dell'azienda sociale) e la gestione della società, e dalla limitazione della responsabilità patrimoniale dell'azionista in ordine alle obbligazioni sociali.
Dunque autonomia amministrativa riconosciuta al fondo sociale, cui viene attribuito un pubblico e legale riconoscimento (personalità) e limitazione di responsabilità dei soci: due attributi che sono caratteristici della novissima evoluzione della coscienza giuridica formatasi mediante il caratteristico procedimento della semplificazione delle fattispecie giuridiche che vengono ridotte a pochi schemi tipici.
Sembra così da escludere che l'origine funzionale delle odierne società anonime possa essere riferita alle prime riunioni di pubblicani, costituite per l'appalto delle esazioni di redditi fiscali e delle quali si ha traccia nella storia economica dell'impero romano (societates vectigalium publicorum, vel auri fodinarum, vel argenti fodinarum, vel salinarum): nonostante che esse riaffiorino nel Medioevo comunale italiano proprio come inizio di istituzioni collettive che molto s'avvicinano alle odierne società.
La storia finanziaria genovese dà notizie fin dal 1148 di prestiti contratti dalla repubblica per la guerra contro i Saraceni di Spagna, a garanzia dei quali i mutuanti stipulavano l'acquisto o la compera per un certo numero di anni del gettito di certe gabelle e imposte.
Con il crescere delle pubbliche necessità finanziarie, varie compere furono create fino a che, dopo altri infruttuosi tentativi, molte di esse furono unificate nella compera di San Giorgio (comperae regiminis Sancti Georgii, 1407), che diede origine al glorioso banco (v. S. giorgio, banco di) e nella quale si sostituì al diverso reddito previsto per i comperisti delle varie compere unificate la ragione unica del 7%, trasformata, poi, in un annuo provento (dividendo) determinato in ragione del prodotto netto conseguito. L'inizio di quello che poi sarà detto debito pubblico, l'origine delle banche e la prima realizzazione della gestione collettiva di un fondo patrimoniale comune, diretta con il sistema delle maggioranze, nascono, dunque, insieme, come espressione di un'unica esigenza sociale: il bisogno finanziario della comunità per scopi che trascendono l'interesse immediato e diretto dei singoli. Infatti la diffusione delle compere (altrimenti chiamate maone [v.] quando si intenda indicare il comune fondo di capitale o mons, diviso in partes o loca che, per la compera effettuata dallo stato dei gettiti fiscali a garanzia, si dicevano anche loca comperarum) è dovuta essenzialmente a una necessità contingente: la realizzazione di imprese, specie coloniali, a carattere spesso aggressivo, espansivo e di conquista, per le quali si riteneva opportuno che l'autorità della repubblica non fosse direttamente impegnata. Allora, spesso per iniziativa delle medesime autorità comunali, si costituivano le maone, come associazioni regolate pro quota. Se esse riuscivano nell'intento, a rimerito del capitale impiegato, del rischio corso, delle spese subite, venivano loro ceduti i proventi fiscali ottenuti dai nuovi territorî.
Questa l'origine delle maone genovesi di Scio e Focea durate dal 1346 al 1566, le quali sono da ricordare perché la loro gestione è retta da un gruppo di amministratori (luogatari), espressione dei comperisti (azionisti), sotto il controllo di un consiglio. Come attraverso il Banco di San Giorgio, costituito dai creditori dello stato, si trasformò un debito a carattere pubblico in uno strumento di pagamento, mediante la possibilità creata a favore dei creditori statali di inscrivere a proprio credito nel Banco le somme loro dovute, per trasformarle in moneta, così mediante le compere o maone di origine coloniale si realizzarono notevoli imprese espansive della potenza dei comuni italiani marittimi e di terraferma (Firenze).
La caratteristica finanziaria anche di queste imprese è la trasformazione della garanzia offerta ai creditori, la quale, da un diritto di percepire il gettito di imposte gravanti il frutto del lavoro eseguito nell'interno del mercato, si sposta verso il prelievo fiscale effettuato sul reddito di nuove attività a carattere espansivo, coloniale, più redditizie. Questa trasformazione della garanzia da basi economiche interne verso le nuove possibilità produttive create oltre i confini del comune o dello stato crea, per il maggiore rischio, per la mole dei capitali necessarî, il fondamento della nuova tecnica istituzionale economico-giuridica che si realizza appunto nella società anonima. Mentre le colonne, le compagnie (v.) comunali, dedicate specialmente all'esercizio del credito (Siena) anche fra mercati lontani, si sviluppano su una base familiare, di responsabilità solidale e illimitata dei singoli soci, partecipi, ciascuno, alla gestione dell'azienda, con l'ingrandirsi della mole e dell'importanza degli affari, con l'estendersi dei confini delle transazioni si va perdendo la personale partecipazione dei soci all'amministrazione comune e quindi si allenta il legame di responsabilità. La formazione di questo nuovo tipo di gestione societaria non è facilitata, come per le commende e le compagnie, dal divieto canonico di percepire interessi i quali, invece, con quei negozî simulati, potevano essere pattuiti, ma sembra una conseguenza diretta dell'ampliarsi delle dimensioni delle imprese e del genere prevalentemente coloniale degli affari trattati.
Questo spiega perché lo sviluppo di questo tipo di società, nato in Italia, si verifica in Olanda, in Inghilterra, in Francia, secondo le caratteristiche di ciascun paese: esso segue, cioè, lo sviluppo delle grandi correnti mercantili le quali, dopo il secolo XV, si spostano dall'Adriatico all'Atlantico. Le maggiori realizzazioni che in questo campo si sono verificate sono state le compagnie per le Indie orientali e occidentali sia inglesi, sia olandesi, sia francesi: le quali nascono pressoché contemporanee nei due primi mercati, sebbene in Inghilterra abbiano, rispetto a quelle olandesi, un più accentuato carattere statale. Le società inglesi assumono all'inizio il carattere di regulated companies, di associazioni rette da norme emanate dallo stato, aperte a tutti i commercianti che trafficano in quel certo genere di affari: rappresentano l'evoluzione della pratica degli staplers, e dei merchant adventurers del sec. XV. In Olanda l'organizzazione della Compagnia delle Indie Orientali assume la forma, più che di una società anonima, di una riunione di associazioni in partecipazione, distinte per serie di affari e per gruppi di soci partecipanti. Il carattere peculiare dell'anonimato (responsabilità limitata) tende ad accentuarsi e prende forma concreta con la costituzione di un capitale proprio sociale, distinto da quello dei singoli associati (1610-1612), ma è da escludere che vi sia stata in Inghilterra e in Olanda una norma giuridica, di validità universale, che riconoscesse questa limitazione della responsabilità dei soci con valore erga omnes, anche per i terzi che venivano a negozio con la società. Il merito di avere dato un riconoscimento giuridico a questa nuova istituzione degli usi mercantili spetta a J.-B. Colbert (v.), che preparò l'ordinanza di Luigi XIV del 1673, la quale dà il primo assetto concreto alle società in accomandita con soci limitatamente responsabili e che costituisce il primo nucleo della società anonima. Ma è da rilevare che dovunque queste società nascono in base a un espresso riconoscimento dello stato, talora promosse e imposte da esso per necessità politiche, ma sempre in ogni caso, in base a specifica autorizzazione di questo. Nonostante i suoi errori concettuali e pratici, si deve a J. Law, mediante la diffusione dei titoli di credito al portatore, la maturazione, nello spirito e nell'esperienza del sec. XVIII, di questa nuova forma di associazione del capitale, la quale diventa indispensabile strumento tecnico e giuridico per realizzare nel sec. XIX le più notevoli applicazioni del progresso industriale.
La raccolta dei capitali necessarî per la costruzione delle grandi reti ferroviarie e marittime, per lo sviluppo delle imprese minerarie, per la valorizzazione di vasti imperi coloniali, per le produzioni di massa, impone la creazione di un ordinamento tecnico che permetta di associare e riunire il risparmio là dove si trova, mediante apporti di quote godenti ciascuna di certi diritti, allo scopo appunto di formare gli agglomerati capitalistici necessarî per dar vita alle attrezzature tecniche delle nuove grandi imprese. Il rapporto diretto e personale del socio nella sua figura tradizionale di partecipante con la sua opera alla gestione degli affari sociali si trasforma e si articola in diverse fasi distinte. Per la conseguita diffusione degli strumenti della circolazione creditizia si forma il risparmiatore capitalista puro come categoria sociale ed economica distinta da quella degli imprenditori: il punto di congiunzione nel quale si realizza il trasferimento del risparmio da chi lo crea e non può o non vuole impiegarlo direttamente, a favore di chi sa, con esso, dar vita a nuove imprese, fondare nuclei produttivi, si realizza nella maggior parte dei casi sul mercato finanziario: la cosiddetta borsa dei valori nella quale appunto vengono negoziati i titoli azionarî che rappresentano queste parti nella comproprietà delle aziende societarie. In questo mercato le istituzioni del credito, le banche di credito mobiliare hanno avuto una decisiva importanza, nel senso di facilitare il collocamento e l'acquisto dei titoli da parte del risparmiatore-depositante: ma spesso, per una non chiara e definita precisazione nei rapporti fra banca e depositante e proprio in conseguenza di questa attività intermediatrice assunta dalle banche, si sono verificate gravi crisi di immobilizzazione e perdite.
L'evoluzione delle norme del diritto positivo prima del 1870 che ha accompagnato questa lenta formazione degli usi del mercato è degna di considerazione. In Francia la rivoluzione proibì le società come espressione dell'aborrito privilegio regio e anche perché esse avevano impersonato lo sfruttamento finanziario dei poveri e dei commercianti. Ma la legge di abolizione (15 aprile 1793) fu, dopo due anni, soppressa e l'istituto societario fu regolato sia dal codice civile Napoleone (art. 1832 e seguenti) sia dal codice di commercio del 1807 (art. 18 e seg.): però per le società anonime era prevista l'autorizzazione governativa (art. 37) la quale fu abolita, per instaurare il controllo giudiziario, soltanto con la legge 23 maggio 1863 successivamente modificata, sempre nel senso privatistico, dalla legge 24 luglio 1867.
Nel Regno Unito la giurisprudenza scozzese durante il sec. XVIII ha avuto la tendenza ad ammettere la limitazione della responsabilità personale dei soci purché il loro nome non apparisse nella ditta sociale; mentre in Inghilterra si è avuta la tendenza nettamente contraria, a meno che la charter di autorizzazione esplicitamente non stabilisca altrimenti. Ma a una precisazione legislativa, more anglico, si arriva solo tardi e sotto le esigenze create dal bisogno di regolamentare le società bancarie inglesi, fońdate in virtù delle facoltà concesse dalla legge del 1826 (7h Geo 4, cap. 46) nei loro rapporti con la Banca d' Inghilterra. Ma la responsabilità dei soci era sancita solidale e illimitata e tale rimane anche con la legge 5 settembre 1844 (7 e 8 Vict., c. 43) che determina altresì particolari controlli pubblicitarî sulle società bancarie. Il regime della responsabilità limitata dei soci e il riconoscimento dell'autonomia patrimoniale del fondo sociale furono riconosciuti soltanto con la legge 7 agosto 1862 (25 e 26 Vict., c. 89) e confermati con le leggi del 1900 e 1907.
In Prussia la legge sulle ìntraprese ferroviarie (3 novembre 1838) e la legge sulle società per azioni (9 novembre 1843) e in Austria la patente del 26 novembre 1852 regolarono le amministrazioni sociali fino a che fu pubblicata la legge 11 giugno 1870 per la Confederazione germanica con la quale furono stabiliti il principio della libera costituzione delle anonime e quello della limitazione della responsabilità dei soci.
In Belgio il principio della limitazione della responsabilità e della personalità giuridica del fondo sociale fu sancito dalla legge 18 maggio 1873 dopo lunghi dibattiti iniziatisi, sull'esempio franeese, nel 1865.
I titoli che sono stati, finora, creati dalla pratica, riconosciuti dalla legge, e accettati dai risparmiatari, oltre a rappresentare quote parti nella proprietà delle aziende (azioni), sono costituiti anche da documenti rappresentativi di quote parti di un debito contratto dalla società anonima (obbligazioni) ai quali sono state applicate le norme proprie dei titoli di credito nominativì o al portatore mediante un regolamento tipico dei diritti e degli obblighi reciproci: primo, fra tutti, la misura dell'interesse pattuito che, di regola, non è variabile per tutta la prevista durata del debito. È una singolare regolamentazione giuridica del negozio tradizionale del mutuo.
Ma fra queste due forme caratteristiche che ha assunto la raccolta del capitale delle imprese societarie esiste un'evidente tendenza alla compenetrazione: sono state create, infatti, obbligazioni cui è riconosciuto il diritto di convertirsi, a certe determinate condizioni, in azioni; obbligazioni con un interesse minimo garantito, aumentabile in conformità degli utilí conseguiti dall'azienda; vi sono azioni con diritto privilegiato alla partecipazione agli utili sociali; vi sono azioni di godimento, azioni con diritti postergati, azioni a voto plurimo.
Come si vede, a prescindere dalle forme azionarie escogitate per mantenere e conservare il dominio della maggioranza in mano di alcuni soci mediante la manovra sul numero dei voti (voto plurimo), la tendenza all'identificazione dei diritti patrimoniali spettanti ai portatori delle obbligazioni e delle azioni si verifica nel senso di adeguare quelli e questi in base alle risultanze degli utili anno per anno conseguiti: tendenza che sembra da assecondare per perequare gli oneri e i diritti dei partecipanti alle imprese societarie.
La facilità con la quale è regolata la circolazione, con effetti giuridici, dei titoli di credito; la riconosciuta autonomia patrimoniale dei frodi sociali e la personalità giuridica a essi attribuita è stata usata, a bene e a malizia, per realizzare una sempre maggiore duttilità nell'organamento delle imprese. Società anonime già costituite creano, mediante apporti di attività o anche di proprie azioni, altre società (dette figlie) alle quali attribuiscono speciali funzioni produttive o di amministrazione, allo scopo di meglio controllare il settore di lavori a loro affidato. Ma spesso questa pratica facilita malversazioni, mediante fittizî rapporti di credito e debito che permettono, con un unico fondo patrimoniale, di ricorrere al credito bancario oltre ogni limite di prudenza. La possibilità di regolare la vita delle aziende sociali con il dominio della maggioranza (al limite, basta il 51% del capitale) ha permesso la costituzione di gruppi di concentrazione verticali od orizzontali e di sindacati (v. sindacato: Sindacati industriali) i quali talora, con modesti capitali di fondazione, hanno conseguito il controllo di maestosi complessi produttivi. Queste concentrazioni possono bensì conseguire un organamento produttivo coordinato al fine di ridurre i costi al minimo, rendendo, così, un servigio sociale, ma alcune volte esse degenerano o in monopolî di fatto che gravano sul consumatore per conseguire un profitto a vantaggio esclusivamente privato, oppure in manipolazioni puramente finanziarie e che hanno per oggetto i pacchetti azionarî che assicurano il controllo delle aziende. Sono queste le degenerazioni più gravi cui ha dato luogo, specie fuori d'ltalia, lo spirito speculativo del capitalismo e contro le quali sembra necessario un adeguato e, per quanto possibile, preventivo controllo statale.
Nel nuovo ordinamento corporativo italiano è da ritenere che la società anonima continuerà a costituire un notevole strumento tecnico per la gestione delle imprese: se ne vedono alcune caratteristiche anticipazioni con la fondazione di società anonime miste nelle quali lo stato assume forme privatistiche e si sottomette alle speciali norme che regolano questi enti appunto per conseguire, attraverso essi, meglio che con altri sistemi, e più duttilmente e speditamente, determinati fini di pubblico interesse. Ma, per certo, la sua funzione di carattere pubblicistico, specie quando assume notevoli dimensioni con capitali vistosi, non può dirsi adeguatamente controllata dalle semplici norme pubblicitarie, mere disposizioni formali, inefficienti per un vero controllo patrimoniale, sancite dalle disposizioni tuttora in vigore, espressione di un apprezzamento dei fatti economici, essenzialmente individualistico e ormai superato dai tempi. Si è così imposta da tempo la necessità di una riforma sostanziale dell'istituto, che ne compenetri i vantaggi relativi alla valorizzazione e alla realizzazione dell'iniziativa privata con le finalità di pubblico interesse che vietano gestioni esclusivamente privatistiche del risparmio del paese o investimenti in contrasto con le direttive economiche nazionali. La recente riforma bancaria (1936) costituisce un notevole indizio delle future realizzazioni in questo senso (v. banca, App.).
Rilevazioni statistiche che abbiano carattere di omogeneità per diversi paesi non permettono di seguire lo sviluppo delle società anonime prima del 1890. I dati raccolti dànno l'ordine di grandezza della progressiva diffusione di questa istituzione nelle diverse nazioni, cui corrisponde anche un notevole aumento nel capitale raccolto con le azioni.
Le particolari variazioni che si sono verificate in Italia dal periodo prebellico a quello post-bellico si possono rilevare dai risultati delle indagini fatte nel 1916 (Ministero agricoltura industria e commercio) e nel 1932 (Associazione società per azioni).
La densità del capitale sociale complessivo delle società anonime italiane era data, nei due censimenti, dalle seguenti quote: società fino a un milione di capitale: 42% (77%); da 1 a 50 milioni di capitale: 55% (21%); oltre 50 milioni di capitale: 3% (2%).
La progressiva riduzione nell'importo medio del capitale di ogni società che si nota specie in Italia, manifesta la diffusa tendenza di costituire enti sociali di modeste proporzioni, anche allo scopo di dividere i rischi inerenti alle gestioni intraprese, attribuendo a ciascun gruppo di essi soltanto una certa quota del patrimonio; tendenza, questa, che va controllata e della quale la riforma allo studio dovrà tenere conto perché si possa evitare il diffondersi di società fittizie e dannose al credito pubblico.
Secondo computi effettuati nel 1934, il numero delle società italiane era di 18.735 con un capitale globale di 44.319 milioni di lire e quindi un capitale medio di L. 2.365.000.
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Società anonime miste.
Il presente momento storico è caratterizzato da un ampio intervento dello stato nella vita economica. La collaborazione tra enti pubblici e aziende private assume forme varie, più o meno razionali, in rapporto alla politica economica generale seguita nei varî paesi. Le forme più usate sono: gestione diretta statale, gestione con bilancio autonomo, gestione con amministrazione autonoma, esercizio per delegazione, gestione parastatale e, finalmente, esercizio a mezzo di una società anonima di cui lo stato sia azionista accanto ai privati. La differenza tra la gestione parastatale e quella economica mista non è chiara, ma esiste, in quanto, mentre gli enti parastatali sono persone giuridiche pubbliche, che esercitano le loro funzioni con gestione autonoma, più o meno controllata e hanno una personalità giuridica propria e per questo si differenziano dalle aziende che sono branche dell'amministrazione pubblica, le società anonime miste sono persone giuridiche private. Né vi può essere dubbio nel considerarle tali, perché lo stato sceglie appunto codesta forma, in quanto appare come l'unica che permetta di ridurre al minimo il suo intervento secondo il ius imperii associato al ius gestionis. E poiché lo stato sceglie tale forma per ragioni politiche ed economiche di generale interesse non rinuncia al ius imperii che fa valere attraverso lo statuto della società alla quale partecipa.
Questa forma di intervento ha avuto negli ultimi anni un grandissimo sviluppo, anche in Italia specialmente dopo la creazione dell'istituto per la ricostruzione industriale (I. R. I.), il quale è oggi direttamente o indirettamente interessato, con il possesso della maggioranza delle azioni, in un notevolissimo numero di società industriali. È da notare che nell'anonima di stato il capitale si presenta spesso diviso, per ragioni ovvie, in quote, anziché in azioni (es., Istituto di credito per le imprese di pubblica utilità, lstituto mobiliare italiano). Ed è questa l'applicazione di quella figura dell'anonima per quote, che il codice commerciale italiano prevede all'art. 76.
Ottimi risultati si sono ottenuti dall'applicazione del sistema nelle colonie da parte del Belgio e della Francia.
Nel campo poi della collaborazione economico-finanziaria internazionale o di partecipazione a imprese di altri paesi per ragiopni politiche o politico-economiche, la società anonima mista si è mostrata come la forma più razionale (Compagnia del Canale di Suez; Anglo-Persian Oil Company; Banca di stato del Maroct. o; Compagnia internazionale di navigazione aerea; Banca dei regolamenti internazionali, ecc.).
Si ritiene che, quando si tratti di valutare in termini economici le cointeressenze che lo stato ha in tutte le attività che abbisognano, per agire, di una concessione governativa, quando si tratti di realizzare l'intervento dello stato per ragioni sociali e politiche, non vi sia forma più industriale, elastica e attuale della società economica mista, in quanto realizza un sistema che concilia l'interesse pubblico con le esigenze della privata attività e nello stesso tempo un controllo atto a garantire l'interesse collettivo in quelle aziende che, per la loro specialissima importanza, non possono venir abbandonate alla libera concorrenza. Sorgono difficoltà di carattere giuridico e tecnico, ma non insuperabili.
La società anonima mista è tuttavia uno strumento che richiede delle limitazioni nell'applicazione e delle determinazioni giuridiche, che non possono essere tutte quelle delle società anonime, le cui leggi sono fatte per i privati e raggruppamenti privati che perseguono scopi d'interesse privato, mentre nelle società anonime miste figurano persone morali pubbliche.
Queste forme di società supporrebbero un'uguaglianza di situazione e di influenze nel loro seno tra lo stato e i privati. Ma è tale uguaglianza difficilissima a realizzarsi, in quanto le parti in azione sono delle potenze ineguali e gli interessi perseguiti da ciascuna di esse sono diversi. Da qui la necessità di chiare determinazioni giuridiche generali, che non precludano la possibilità di poter adattare le disposizioni legislative ai singoli casi attraverso gli statuti. Oggi soltanto in qualche stato esistono leggi di portata generale in proposito (Austria, Romania, Svizzera). La Francia ha risolto i problemi giuridici più importanti attraverso gli statuti (es., Transat. Air France).
L'alleanza tra capitale pubblico e privato si risolve a vantaggio di quest'ultimo. Il controllo dà fiducia agli azionisti e obbligazionisti. È necessario però risolvere in che modo si possa difendere la parte che si trova in condizione d'inferiorità. Altri problemi: forma per assicurare la rappresentanza dello stato; essenza dei loro rapporti con il potere centrale e quindi misura della loro responsabilità, della loro rimunerazione; sanzioni contro i funzionarî che mal difendono gl'interessi dello stato; tecnica del controllo; poteri dei rappresentanti dello stato, loro reclutamento, ecc., rispettando sempre le linee essenziali giuridiche delle comuni società anonime. L'esperienza ha inoltre provato che non sempre le esigenze politiche o politico-economiche di generale interesse si sono mostrate predominanti. Difficoltà quindi di subordinare la costituzione e il funzionamento di codeste società a un equilibrio di forze, a un equilibrio cioè tra ius imperii e ms gestionis, per cui, a seconda che l'interesse collettivo è o no predominante, la presenza nella società dei rappresentanti dello stato sia più o meno forte e con poteri più o meno ampi.
Ma, come si è detto, gli statuti possono risolvere a priori tutte le difficoltà di carattere giuridico che presentano queste società, da classificarsi fra le società controllate.
I risultati economici della societa anonima mista, forma d'intesa e di sintesi nei casi in cui non si ritiene necessaria la gestione diretta, sono stati, come in tutte le aziende, private o pubbliche, buoni, mediocri o pessimi (qualora non abbiano raggiunto nemmeno i fini extra-economici che si proponevano di raggiungere). L'organizzazione politica, la forza autonoma statale, la capacità di scelta degli amministratori di codeste società da parte del superiore politico, l'efficienza del controllo pubblico hanno influito sui risultati.
Bibl.: L. Gangemi, Le società anonime miste (con prefazione di G. Bottai), Firenze 1932 (bibliografia completa sull'argomento a pp. 321-335); id., Degli enti parastatali e di altri enti finanziati dallo stato, in La vita italiana, settembre-ottobre 1933; id., Nuove esperienze ed ulteriori considerazioni sulle società economiche miste a tipo azionario, in Rivista italiana di statistica, economia e finanza, agosto 1934.