socio d¿opera
sòcio d’òpera locuz. sost. m. – Nell’ambito di un rapporto associativo, colui che, al posto di danaro o beni o crediti, conferisce la propria attività nelle società di persone a scopo di lucro (artt. 2247; 2263, c. 2; 2286, c. 2, cod. civ.), partecipando ai guadagni e alle perdite insieme agli altri soci. La causa associativa esclude la configurabilità di un rapporto di lavoro subordinato tra società e socio, fatta eccezione per l’ipotesi in cui l’attività sia svolta in forma subordinata e sia totalmente estranea a quella conferita. Allo stesso modo, l’attività del socio per l’amministrazione della società di persone costituisce attuazione del contratto societario e non dà luogo a un rapporto di lavoro subordinato. Per il socio amministratore, in virtù della doppia attività svolta, è però prevista una duplice iscrizione previdenziale. Nella società per azioni non è ammesso il conferimento di prestazioni d’opera da parte del socio (2342, c. 5, cod. civ.), tuttavia, un’ipotesi ibrida è quella prevista dall’art. 2345. L’atto costitutivo può infatti prevedere l’obbligo dei soci di eseguire prestazioni accessorie con compenso non inferiore a quello previsto dai contratti collettivi per rapporti aventi a oggetto le stesse prestazioni (art. 2345, c. 1). Avendo titolo nel contratto sociale, tali prestazioni non possono dar luogo a un rapporto di lavoro subordinato. Rientra tra i rapporti associativi anche il lavoro svolto dai soci di società cooperative caratterizzate dallo scopo mutualistico (art. 45 Cost.; artt. 2511 c.c.; l. 59/1992) che consiste, nel caso di cooperative di lavoro, nel fornire direttamente occasioni di lavoro ai soci. Per il socio lavoratore di società cooperative opera una disciplina specifica (art. 45 Cost., artt. 2511 e ss. cod. civ.; d. lgs. CPS 1577/1947; d. p. r. 602/1970; l. 142/2001; d. lgs. 220/2002; circolare del ministero del Lavoro 18 marzo 2004, n. 10) che impone al socio lavoratore di stipulare, in aggiunta al contratto sociale, un contratto di lavoro, in forma subordinata o autonoma a seconda delle modalità di svolgimento della prestazione. Le cooperative sono tenute a definire un regolamento approvato dall’assemblea sulla tipologia dei rapporti che si intendono attuare con i soci lavoratori. Esso deve contenere: le modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative da parte dei soci, anche nei casi di tipologie diverse da quella del lavoro subordinato; il richiamo ai contratti collettivi applicabili per i lavoratori subordinati; il richiamo espresso alle norme di legge vigenti per i rapporti di lavoro diversi da quello subordinato; l’attribuzione all’assemblea della facoltà di deliberare, all’occorrenza, un piano di crisi aziendale, nonché di deliberare forme di apporto anche economico da parte dei soci lavoratori alla soluzione della crisi in proporzione alle disponibilità e capacità finanziarie; la facoltà per l’assemblea della cooperativa di nuova costituzione di deliberare un piano di avviamento alle condizioni previste in accordi collettivi tra associazioni nazionali del movimento cooperativo e le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative. La mancata adozione di un regolamento interno comporta l’impossibilità di inquadrare i propri soci con rapporto diverso da quello subordinato e di deliberare nelle materie indicate dalla legge. In ogni caso, devono ritenersi nulle le clausole del regolamento contenenti diposizione derogatorie di minor favore rispetto ai trattamenti retributivi previsti dai contratti collettivi nazionali di settore o della categoria affine. Ai soci di cooperativa lavoratori subordinati trovano applicazione lo Statuto dei lavoratori, fatta eccezione per l’art. 18 «ogni volta che venga a cessare, con il rapporto di lavoro, anche quello associativo»; l’art. 2751 bis cod. civ., che prevede la natura privilegiata dei crediti relativi al trattamento economico; tutte le norme in materia di salute e di sicurezza sui luoghi di lavoro (artt. 2 e 3, c. 4, d. lgs. 81/2008). Il titolo III dello Statuto dei lavoratori si applica compatibilmente con lo stato di socio lavoratore e comunque attraverso il filtro degli accordi collettivi tra associazioni nazionali del movimento cooperativo e organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative. In caso di licenziamento collettivo, senza distinzione tra soci e non soci, è prevista l’espressa estensione alle società cooperative della disciplina finalizzata a consentire anche ai soci di fruire delle relative tutele previdenziali e sul mercato (art. 24, c. 2, l. 223/1991, come novellato dall’art. 8, c. 1, l. 236/1993). Il rapporto di lavoro si estingue con il recesso o con l’esclusione del socio deliberati nel rispetto delle previsioni statutarie e in conformità con le disposizioni di legge.