SOCIOLOGIA DELLA EDUCAZIONE
Teoria sociologica e sociologia della educazione. - Al pari, o forse ancor più, di altri settori di analisi specialistica, la s. della e. ha conosciuto in questi decenni un alternarsi di momenti di efficacia e di carenza esplicativa, in quanto, come ben sottolinea G. Bernbaum (1979, p. 9), "qualsiasi cambiamento all'interno della sociologia dell'educazione va visto nel più ampio contesto dei cambiamenti diffusi nella sociologia, un contesto che servirà ad illuminare le sue stesse origini e a spiegare più correntemente gli sviluppi". Benché possa apparire scontato, questo nesso tra s. della e. e sociologia generale va ribadito, proprio perché troppo spesso la s. della e. ha teso a lavorare prescindendo da questo legame, riducendosi ad analisi e a soluzioni di problemi pratici e contingenti.
Sostenere, invece, che la s. della e. costituisce un campo applicativo della teoria sociologica implica una piena attivazione di paradigmi, concetti e metodologie della scienza sociologica. Questo legame è e resta essenziale, anche nel caso in cui si ritenesse la teoria sociologica ancora debole sul piano epistemologico o comunque in possesso di un apparato concettuale solo di ''medio raggio''. A maggior ragione, soprattutto se si condivide quest'ultima posizione, occorre tener conto delle implicazioni reciproche tra teoria e ricerca e, nello specifico, dell'apporto delle analisi condotte in ambito educativo al consolidamento e all'avanzamento della stessa teoria sociologica.
Numerosi rimangono peraltro le difficoltà e i problemi propri della s. della educazione. Sin dalle sue incerte origini, l'approccio sociologico alla educazione presenta un'ambivalenza tra attenzioni prevalentemente normative (educational sociology) e attenzioni prevalentemente esplicative (sociology of education). È presente anche un duplice riduttivismo: sul piano teorico, come sganciamento dalla teoria e ripiegamento di tipo esclusivamente pragmatico; sul piano dell'oggetto di studio, come tendenza alla frammentazione dei campi di analisi. Di conseguenza, come sottolinea efficacemente M.S. Archer, spesso si tratta di un vero e proprio ''empirismo metodologico'' che si estende con un orientamento ateoretico, astorico e atomistico. La struttura sociale viene disaggregata in una serie di inputs atomizzati: per es., la classe sociale è considerata un attributo fisso degli individui piuttosto che un risultato di processi sociali. A sua volta, l'educazione viene ridotta a una serie di outputs anch'essi atomizzati, e i processi educativi finiscono col diventare una vera e propria ''scatola nera''.
Le principali interpretazioni sociologiche dei fenomeni educativi. -Precisati alcuni dei problemi che la s. della e. si trova di fronte, passiamo ora a considerare più direttamente il rapporto educazione-società, che necessita di essere sempre storicizzato e contestualizzato. Nella tradizione sociologica, l'educazione si configura in termini di dipendenza, inserita in un quadro interpretativo macrosociale. Mentre Durkheim si limitò ad affermare una generica e, in un certo senso, astratta dipendenza del sistema educativo dalla società nella sua totalità, Weber precisò questa dipendenza nel senso che l'educazione tende a formare l'uomo in base alle esigenze della struttura del potere. A sua volta, l'analisi d'ispirazione marxiana ha ascritto l'educazione all'ordine del sovrastrutturale e quindi la concepisce come dipendente dai rapporti di produzione. Passando al contributo della sociologia contemporanea, le analisi a livello macro consentono d'individuare tre filoni che peraltro si richiamano alla tradizione: l'approccio neomarxista, quello neofunzionalista e quello neoweberiano. Con riferimento al neomarxismo, anche i contributi più recenti continuano di fatto a considerare l'educazione in termini sovrastrutturali e deterministici. Le stesse teorie della riproduzione sociale (L. Althusser e N. Poulantzas) e della riproduzione culturale (P. Bourdieu, I.C. Passeron, B. Bernstein) presentano senza dubbio una ricchezza di analisi dei rapporti tra struttura sociale e prodotto dell'educazione, ma non riescono a cogliere ciò che realmente avviene all'interno del sistema educativo, perché quest'ultimo tende a essere ancora concepito come una ''cinghia di trasmissione'', che quindi svolge un ruolo eminentemente passivo nella dinamica educazione-società.
Per quanto riguarda il neofunzionalismo, esso è tuttora alla ricerca della soluzione di un'antinomia, quella tra funzionalità del sistema sociale e autonomia del sottosistema educativo. Sotto questo profilo, emblematiche sono le posizioni che, a partire da R.K. Merton, problematizzano sempre di più la questione dell'integrazione funzionale (A.W. Gouldner, A. Etzioni, S.N. Eisenstadt) cercando una soluzione anche in termini di approccio sistemico: si pensi soprattutto a W. Buckley e, più recentemente, allo stesso N. Luhmann, che arriva a individuare e a sottolineare un'intrinseca autonomia del sistema educativo rispetto agli altri sistemi costitutivi della società.
Infine, la sociologia neoweberiana appare forse il filone ancora meno esplorato e suscettibile di apporti innovativi, proprio per il fatto di consistere in un approccio che tiene conto contemporaneamente di più fattori, da quello economico a quello simbolico. In particolare, emerge l'interessante tentativo d'individuare una rete delle ''mappe subculturali della conoscenza''. Così R. Collins, riprendendo Weber, sottolinea il significato dell'istruzione in termini di cultura di ceto, mentre la Archer fa presente la necessità di procedere a un'analisi dei sistemi educativi, declinando tra di loro struttura e cultura. Questo terzo filone rappresenta inoltre un virtuale collegamento con la realtà dei fenomeni microsociali, testimonianza, anche per l'educazione, dell'intrinseco dualismo weberiano di struttura e soggetto.
Di qui l'emergere di un quarto approccio della s. della e., collocato decisamente a livello di microanalisi, non inquadrabile univocamente, che trova i propri riferimenti teorici nella fenomenologia, nell'interazionismo simbolico e nell'etnometodologia. Pur nella loro notevole diversificazione, i contributi di analisi riconducibili a questo quarto filone hanno in comune l'attenzione al soggetto agente e ai rapporti interattivi in educazione. Così, per es., il successo e l'insuccesso a scuola vengono interpretati come il prodotto di specifiche situazioni d'interazione e di precisi significati che in tali situazioni vengono elaborati.
Mutamento sociale e principali ambiti della sociologia dell'educazione. - Con riferimento al momento storico attuale, nonché al prossimo futuro, i mutamenti in atto nelle società avanzate evidenziano, tra l'altro, un'indubbia crescita di flessibilità che, a sua volta, presenta dirette implicazioni per la vita individuale e collettiva, nonché per gli stessi processi formativi. Sotto il profilo della collocazione strutturale degli individui è ipotizzabile un passaggio da una pluricollocazione rigida a una relativamente più flessibile. Infatti, mentre nel passato preindustriale i soggetti erano sostanzialmente monocollocati e nella società industriale tradizionale erano pluricollocati in modo rigido, c'è ragione di ritenere che uno stesso individuo occuperà nel prossimo futuro contemporaneamente posizioni sempre più numerose in differenti strutture sociali ma con sempre maggior possibilità di conciliarle tra loro e di cambiarle nel tempo. Il monocentrismo esistenziale si sta modificando quindi in policentrismo esistenziale, nel senso che gli individui sono sempre più in grado di privilegiare invece di un unico ambito esistenziale (monocentrismo), contemporaneamente più ambiti. Ciò implica che, alla logica dell'aut-aut, si sostituisce quella dell'et-et, la quale consente, per l'appunto, la compresenza di una molteplicità di dimensioni del vivere sociale le quali, inoltre, tendono a essere sempre più compatibili tra loro.
La crescita di flessibilità presenta, inoltre, una declinazione precisa in termini di divisione del lavoro sociale. Esistono, infatti, già alcuni significativi riscontri empirici che consentono di ritenere fondata la tendenza a ridurre la rigida segmentazione unidirezionale della vita umana in base a tre scansioni successive l'una all'altra: formazione, lavoro, pensionamento. Si registrano, infatti, esperienze di alternanza tra formazione, lavoro e riposo. Un ulteriore indicatore di crescita di flessibilità è individuabile nel budget-time: infatti, diminuiscono i tempi di eteroregolazione e aumentano quelli di autoregolazione, con una conseguente crescita, almeno potenziale, della discrezionalità personale nella gestione del tempo, con implicazioni e potenzialità nuove anche per la stessa educazione.
In base a questa chiave di lettura, sommariamente esposta per contestualizzare l'analisi, è opportuno fermare l'attenzione su cinque aree tematiche, proprie della s. della e., che risultano particolarmente rilevanti nella realtà contemporanea e in quella del prossimo futuro.
Configurazione del sistema formativo: da un sistema formativo centrato sulla famiglia, prevalente nella società preindustriale, si è passati, con il consolidarsi della società industriale, a un sistema scuola-centrico. Con l'avvento della società postindustriale, la scuola tende a perdere di fatto la sua funzione quasi di monopolio, nel conservare e nel trasmettere il sapere, ed è costretta a ridefinire il proprio ruolo all'interno di un sistema che tende sempre più chiaramente a configurarsi come policentrico, proprio per sottolineare la presenza di una molteplicità di poli formativi, tradizionali ma anche completamente nuovi. Un esempio di questi ultimi consiste nel ''centro domestico multinformazionale'', costituito da una serie di mezzi audiovisivi e di computer che consentono di svolgere nella propria casa larga parte del lavoro formativo che attualmente si svolge a scuola. Emerge, così, la necessità per la stessa sociologia di allargare il campo d'indagine alla cosiddetta ''formazione diffusa'', cioè a quella rete di opportunità formative che sta progressivamente integrando, e in parte addirittura sostituendo, l'istituzione scolastica.
Modalità di fruizione: sono riscontrabili alcuni indizi che inducono a problematizzare la modalità, finora decisamente prevalente, di fruizione scolastica, quella cioè della ''massima continuità iniziale''. In base a essa, la fruizione dev'essere graduale e continuativa, concentrandosi, e quasi sempre esaurendosi, tutta nel periodo iniziale del ciclo vitale. L'aumento dell'istruzione si configura anch'esso essenzialmente in termini di dilatazione dell'unico periodo di frequenza scolastica, che si colloca nella prima fase della vita dell'individuo. Peraltro, esigenze professionali e di riconversione occupazionale, da una parte, esigenze espressive riconducibili al policentrismo esistenziale già ricordato, dall'altra, introducono in modo sempre più consistente anche modalità di fruizione ascrivibili all'ordine della discontinuità. La necessità o il desiderio di ritornare a scuola oppure di riprendere gli studi in età adulta costituiscono quindi due spinte alla discontinuità.
Uguaglianza delle opportunità: all'analisi sociologica va ascritto indubbiamente il merito di aver evidenziato l'incidenza di fattori condizionanti l'accesso e la riuscita nella scuola, individuandoli sia all'esterno sia all'interno di quest'ultima. Il tema della selezione, con i suoi agganci diretti alla stratificazione sociale, è stato al centro della ricerca che vede oggi emergere nuovi aspetti problematici come quelli dell'analfabetismo di ritorno, dell'analfabetismo tecnologico, delle nuove forme di emarginazione.
Dinamica della domanda e dell'offerta di formazione: domanda e offerta di formazione s'incontrano con diverse modalità dando vita a un mercato formativo, o, meglio, a un quasi-mercato, in quanto in realtà esso non presenta tutte le qualità proprie del mercato economico. Sotto il profilo dell'offerta si è già accennato, introducendo il fenomeno del policentrismo, alla crescita continua di opportunità formative scolastiche e non. Per quanto riguarda la domanda, la ricerca sociologica più recente e attenta ha evidenziato che tale domanda tende a diventare via via più esigente, a non concentrarsi necessariamente sulla scuola, a cambiare genere di studi se insoddisfatta, a costruire percorsi formativi sempre più personalizzati, e a mostrarsi favorevole all'alternarsi di periodi di studio con periodi di lavoro.
Raccordo tra scuola e mercato del lavoro: la problematicità di questo rapporto emerge dal fatto che esso può essere concepito sempre meno in termini statici, cioè di rigida e stabile corrispondenza dell'output scolastico alle necessità del mondo produttivo. Inoltre, il passaggio dalla formazione al lavoro risulta sempre meno netto e immediato, tanto che da alcuni anni si preferisce usare il termine ''transizione'' per cogliere e sottolineare quell'intreccio vario di modalità che contraddistinguono questo momento, il quale tende a estendersi nel tempo, soprattutto mediante forme miste d'istruzione e lavoro.
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