SODA
. Sotto questo nome si trovano in commercio tanto il carbonato di sodio quanto l'idrato di sodio, sali di carattere e composizione chimica ben diversi.
Carbonato di sodio.
Il carbonato di sodio (Na2CO3; fr. carbonate de soude; sp. carbonado sódico; ted. Natriumcarbonat; ingl. carbonate of natrium) è una delle poche sostanze conosciute fino dalla più remota antichità. Gli antichi lo adoperavano come mezzo di purificazione sia allo stato naturale sia sotto forma di cenere delle piante. Fino al secolo XVII col nome di natron s'intese indicare tanto la soda quanto la potassa, che vennero distinte nel 1702 dallo Stahl.
Il carbonato di sodio anidro ha peso specifico compreso fra 2,5325 e 2,5327; peso molecolare 106; fonde a 960°. Cristallizza sotto i 32° C. in cristalli grandi, monoclini, incolori, deliquescenti (incorporando da 1 a 10 molecole di acqua) che passano facilmente a sale idratato Na2CO3 + H2O (fig. 1). Viene decomposto da tutti gli acidi minerali. Ha reazione alcalina. La soda ottenuta col processo Leblanc è di densità 1,2, mentre quella ottenuta col processo all'ammoniaca è molle e volumiinosa con una densità di 0,7-0,8. Allo stato di purezza si presenta bianca; è solubilissima nell'acqua, ma il massimo della solubilità è raggiunto ai 38°, ove 100 parti di acqua sciolgono 51,67 parti di soda anidra e 1142,17 parti di soda cristallizzata.
Soda naturale. - Il carbonato di sodio si rinviene in natura neutro o acido e cristallizzato con quantità diverse d'acqua: il decaidrato, raro in natura, è associato di solito ad altri due carbonati naturali trona o urao e termonatrite. Il trona più frequentemente solido, il natron disciolto in acqua in notevoli quantità, rara la termonatrite.
Natron (soda). - Composto della formula Na2CO3 • 10 H2O con Na2O 21,65, CO2 15,37 e H2O 62,94%. Cristallizza nel sistema monoclino con le costanti a : b : c = 1,4842 : 1 : 1,4001; β = 58°57′ in cristalli tabulari secondo {010} con maggior sviluppo delle forme {110}, {010} e {011}, e abito simile ai cristalli di gesso, talvolta in geminati secondo (001), più spesso in aggregati granulari, croste o efflorescenze. Il natron ha durezza 1-1,5, peso specifico 1,42146, colore bianco, grigio, giallastro con lucentezza vitrea. Cristallizza a temperatura inferiore a 20°, per cui nelle regioni desertiche si forma solo in speciali condizioni e, formato, si altera all'aria in termonatrite. Fonde a debole calore nella sua acqua di cristallizzazione con separazione di termonatrite; la soluzione ha reazione alcalina.
Trona. - A questo carbonato di sodio è stata assegnata da Th. M. Chatard la formula Na2CO3 • NaHCO3 • H2O. Cristallizza nel sistema monoclino con le costanti a : b : c = 2,8426 : 1 : 2,9494; β = 103° 29′ in cristalli allungati secondo y, spesso fibroso o massiccio di colore grigio o bianco giallastro e lucentezza vitrea. Ha sfaldatura perfetta secondo {100}, durezza 2,5-3, peso specifico 2,11-2,14. Inalterabile all'aria, in tubo chiuso svolge H2O e CO2; la soluzione acquosa ha reazione alcalina.
Termonatrite. - Carbonato monoidrato (Na3CO3 • H2O) con Na2O 50,03, CO2 35,45 e H2O 14,52% che cristallizza nel sistema rombico con a : b : c = 0,8268 : 1 : 0,8089. I cristalli artificiali sono tabulari secondo {100} o {010}, più spesso in prismi verticali ailungati, ma abitualmente in efflorescenza di colore bianco grigio o giallastro con lucentezza vitrea. Durezza 1-1,5, peso specifico 1,5-1,6.
Si produce direttamente nelle regioni desertiche o si forma per efflorescenza del natron.
Giacimenti. - I tre carbonati si rinvengono spesso insieme associati a cloruro e solfato di sodio. In soluzioni in acque mìnerali come a Karlsbad, Vichy e Aquisgrana o in laghi salati senza emissarî nei quali di solito si separa trona. Si ritengono formati per azione di cloruro di sodio su rocce calcaree, o di soluzioni di bicarbonato di calcio su cloruro e solfato di sodio, o per riduzione di Na2SO4 a NaS per azione di sostanze organiche e successiva trasformazione in carbonato per opera di CO2 e O2; infine per alterazione di feldspato sodico contenuto in rocce trachitiche per azione degli agenti atmosferici, come nelle steppe di Seghedino e Debrecen.
Si rinvengono carbonati nel continente asiatico dalla Manciuria all'Arabia, in Armenia, in Mongolia, in Siria, nel Tibet, ecc. Nell'Africa orientale inglese con una produzione di 100 mila tonn. al Lago di Magadi. Nell'Egitto nella valle el-Natron (valle inferiore del Nilo) dove si trova in diverse varietà: natron comune in depositi solidi cristallini, soda leggiera formata da una massa di piccoli cristalli aghiformi (kortei); oltre a una varietà di trona (trona sultani) o in incrostazioni nella sabbia (korcheff) coperte spesso da un'altra varietà in polvere bianca. In Tripolitania si trova prevalentemente natron nell'Hamada di Murzuch e nell'oasi di Sebha, prevalentemente trona nel Fezzan dove si usa come pietra da costruzione.
Negli Stati Uniti si trovano notevoli depositi nel Wyoming, nell'Oregon, nella Sierra Nevada e specialmente al lago Owen in California. Si trovano ancora carbonati nel Messico, nell'Argentina, nel Nicaragua, nel Venezuela dove ha avuto origine il nome di urao da un piccolo lago di soda nella regione di Lagunilla. Carbonati di sodio si trovano ancora come efflorescenze sulla lava del Somma, del Vesuvio, dell'Etna, di Teneriffa.
Cenni storici. - Già fino dalla seconda metà del sec. XVIII si cominciava a sentire la necessità di produrre artificialmente la soda, perché al sempre crescente bisogno delle fabbriche di vetro e di sapone non si poteva più sopperire con l'approvvigionamento della soda minerale e vegetale. Nel 1775 l'accademia delle scienze di Francia promise un premio a chi avesse scoperto un processo sfruttabile industrialmente per la produzione della soda dal cloruro di sodio, ma i risultati furono nulli. Il benedettino Malherbe, uno dei concorrenti, aveva proposto la trasformazione del sale comune anzitutto per mezzo dell'acido solforico in sale di Glauber e poi per calcinazione con carbone di legna e ferro in soda. Studî importanti in proposito fecero in seguito il De la Methérie e Brian Heggins, finché mel 1787 N. Leblanc, partendo dalle precedenti esperienze, riuscì a ottenere un processo praticamente sfruttabile per la fabbricazione della soda, trattando il sale di Glauber con carbonato di calcio. Ma le vicende politiche in Francia erano inadatte allo sfruttamento del processo: così una fabbrica impiantata a Saint-Rémy venne chiusa nel 1793 e in seguito tutti gli sforzi condotti dall'inventore per la riuscita furono inutili, tanto che, scoraggiato, nel 1806 si uccise. In quello stesso anno però sorsero due fabbriche in Francia e da quel momento il processo s'impose e costituì il fondamento di quest'industria per tutto il sec. XIX, dando vita a industrie laterali come quelle dell'acido solforico e nitrico, e a quella del cloro come nuovo mezzo di candeggio. Nel 1823 il processo fu introdotto in Inghilterra; nel 1840 in Germania. Negli Stati Uniti non ebbe mai pratica diffusione. Il processo all'ammoniaca, già studiato nel 1811 dal Fresnel e poi nel 1838 dal Dyar e dal Hemming, il cui brevetto ebbe pratica applicazione con l'apertura di alcune fabbriche che furono però di breve durata, fu reso praticamente sfruttabile solo nel 1861 da E. Solvay e prese immediato sviluppo, sia perché meno costoso sia perché produceva soda pura. Malgrado ciò il processo Leblanc poté resistere fino alla fine del secolo perché dai sottoprodotti di questo processo si poteva ottenere la materia prima per i prodotti di cloro occorrenti al candeggio e pure lo zolfo in essi contenuto. Ma col sorgere dell'industria elettrolitica degli alcali i prezzi del cloro precipitarono e il processo Leblanc venne quasi completamente abbandonato salvo in Inghilterra ove ha potuto mantenersi fino a oggi, se pure in misura ridotta.
Oggi la produzione della soda è divenuta un monopolio della società Solvay e C. con sede a Bruxelles, che ha costruito nei principali paesi del mondo stabilimenti di notevole importanza e di tali ne possiede oltre 50. In Italia ve ne sono 2, uno a Rosignano Marittimo e uno a Monfalcone, con una produzione media di diverse centinaia di tonnellate al giorno.
Fabbricazione della soda. - Dei molti processi proposti per la produzione della soda artificiale, due soli hanno in sostanza valore industriale: quello Leblanc e quello all'ammoniaca.
Processo Leblanc. - La soda greggia Leblanc si ottiene per fusione di una mescolanza di solfato di sodio, di carbone e di carbonato di calcio. Si ha una riduzione del solfato e poi una trasformazione del solfuro di sodio e del carbonato di calcio in solfuro di calcio e carbonato di sodio:
S'impiega del solfato di sodio al 97-98%; come carbonato di calcio una creta priva di ferro, alluminio e silicio; il carbone deve contenere poche ceneri e materie organiche. Il materiale si scalda al color rosso verso i 900-1000° in un forno a riverbero. Dopo due ore si estrae il materiaie fuso che contiene il 40% di soda, il 30% di solfuro di calcio, il 10% di calce e altre impurità. Essendo la soda facilmente solubile, per liberarla dalle impurità si lava il materiale facendolo passare successivamente in numerosi lisciviatori posti in serie in modo che la lisciva si arricchisce gradualmente. La lisciva concentrata per riscaldamento dà il carbonato di sodio cristallizzato: Na2CO3 + 10H2O.
Le acque madri convenientemente evaporate possono servire per la fabbricazione della soda caustica.
Processo all'ammoniaca. - Il processo all'ammoniaca avviene per reazione delle seguenti sostanze; cloruro di sodio, ammoniaca, acido carbonico e acqua secondo l'eguaglianza:
Il bicarbonato di sodio, difficilmente solubile precipita e per calcinazione viene trasformato in carbonato. Dalle acque madri l'ammoniaca viene rigenerata per distillazione sulla calce.
I pregi evidenti di questo processo, raffrontato con quello Leblanc, consistono nella grande purezza della soda prodotta e nel lieve consumo di combustibile. Mentre il processo Leblanc richiede in media 350 kg. di combustibile per 100 kg. di soda prodotta, il processo all'ammoniaca ne esige appena 100-110. Per contro è inferiore l'utilizzazione del cloruro di sodio, perché l'eguaglianza sopracitata procede incompletamente.
La scomposizione del cloruro di sodio per azione dell'acido carbonico e dell'ammoniaca (bicarbonato ammonico) in cloruro di ammonio e bicarbonato di sodio è una reazione reversibile:
ed è una funzione della solubilità come tutte le soluzioni saline acquose. Nell'azione reciproca si separano una o più sostanze (sedimenti) e la reazione raggiunge la fine quando i corpi depositati si trovano in equilibrio con le soluzioni saline. L'equilibrio è dato dalla solubilità dei quattro sali esistenti nelle soluzioni saline: il cloruro di sodio, il cloruro di ammonio, il bicarbonato di ammonio e il bicarbonato di sodio, il cui grado di solubilità va decrescendo dal primo all'ultimo seguendo l'ordine con cui sono stati esposti.
Il processo si compie in modo tale che soltanto il bicarbonato di sodio precipita in seguito alla carbonatazione subita da una soluzione satura di cloruro di sodio (258 gr. di NaCl per litro) contenente circa un equivalente (89 gr. di NH3 per litro), che si fa raffreddare non sotto i 15°. Il processo rimane incompleto perché il bicarbonato di sodio non è insolubile nella soluzione salina ma soltanto difficilmente solubile. Non è possibile ricuperare il bicarbonato, presente nella soluzione, mediante l'evaporazione, perché il bicarbonato di ammonio col calore volatilizza e fa retrocedere la reazione.
La fabbricazione della soda ammoniacale si compie con le cinque seguenti operazioni: 1. preparazione della soluzione ammoniacale; 2. carbonazione della soluzione; 3. filtrazione del bicarbonato di sodio; 4. calcinazione del bicarbonato; 5. ricupero dell'ammoniaca dalle acque madri.
Preparazione della soltizione ammoniacale. - La soluzione ammoniacale si prepara facendo passare attraverso una soluzione salina una corrente di gas ammoniacale.
La soluzione salina si ottiene o adoperando sale marino o salgemma o anche sfruttando direttamente le sorgenti naturali o artificiali provenienti dai giacimenti di salgemma e portando la soluzione, se occorre, al normale grado di saturazione (circa 300 gr. per litro; v. sale).
Come gas ammoniacale si adopera quello proveniente dalle acque madri, debitamente compensato dalle perdite, il quale prima di essere immerso nell'apparecchio assorbitore deve essere opportunamente raffreddato fra i 68° e i 75°; anche la soluzione ammoniacale deve essere raffreddata in modo che esca dall'apparecchio a temperatura non superiore ai 50°.
Prima che la soluzione ammoniacale passi alle successive operazioni, occorre venga liberata dalla presenza del calcio e del magnesio, i quali altrimenti precipiterebbero insieme con il bicarbonato abbassando il tenore di produzione della soda. Lo scopo si raggiunge introducendo nell'apparecchio del carbonato di ammonio che con il carbonato di calcio e magnesio forma un sale doppio difficilmente solubile e che quindi precipita subito. Dai precipitati si ricupera poi l'ammoniaca trattandoli insieme con le acque madri. Parimenti occorre eliminare dalla soluzione le tracce di ferro che influenzerebbero il colore della soda: a ciò è sufficiente il contenuto di acido solfidrico dell'ammoniaca grezza aggiunta al gas ammoniacale, come si è visto più sopra.
Uno dei tipi di apparecchi più in uso per la preparazione della soluzione ammoniacale è quello rappresentato nella fig. 2, composto di due pani: l'assorbitore e la colonna di lavaggio, poste una sopra l'altra e comunicanti fra loro per mezzo dei tubi c e b. L'assorbitore che sta sotto è a sua volta diviso in due parti: nella superiore entrano il gas ammoniacale in percentuali tali che la soluzione ammoniacale risultante contenga 80-85 gr. di ammoniaca per litro di soluzione. Questa, raffreddata dal serpentino di raffreddamento, che si vede in figura passa per il tubo d nella parte inferiore dell'assorbitore ove il carbonato di ammonio ía precipitare i sali di calcio e magnesio. L'eccesso di ammoniaca viene utilizzato nella colonna di lavaggio ove arriva per il tubo b. La colonna di lavaggio è formata da una serie di piatti forniti di apertura o centrale, su cui sta capovolta una calotta sferica h per modo che l'ammoniaca, che sale dal basso, deve attraversare la soluzione salina che scende dall'alto per e proveniente da un serbatoio. In tal modo la perdita totale di ammoniaca è solo del 4-5%.
Carbonatazione della soluzione ammoniacale. - Consiste nel fare attraversare la soluzione ammoniacale da una corrente di CO2. Le reazioni sono le seguenti:
L'acido carbonico si presta meglio se ad alta percentuale, altrimenti non aggrava soltanto il funzionamento del compressore, ma cagiona forti perdite di ammoniaca. Allo scopo si usa il gas dei forni a calce, che, in un buon esercizio, contiene sempre il 30% in volume di CO2. A esso si aggiunge il gas proveniente dalla calcinazione del bicarbonato (v. appresso), contenente di solito il 60-80% di CO2 insieme con aria e poca ammoniaca. In tal modo si adopera per la carbonificazione un gas del tenore medio del 50% di CO2. I forni a calce, in cui avviene la torrefazione del calcare, generalmente impiegati sono i forni a tino, che possono dare il 38-40% di CO2. Nelle migliori condizioni, a causa delle inevitabili perdite si richiedono 130 kg. di calcare per ogni 100 kg. di soda prodotta.
L'anidride carbonica passa dai forni a calce all'apparecchio di carbonatazione pompata a circa 2 atm. Prima di entrare nella pompa, essa viene liberata dalla polvere e dall'anidride solforosa facendola passare attraverso lavatori. Fra la pompa e l'apparecchio di carbonatazione un raffreddatore elimina il calore sviluppato dalla pompa in modo che l'anidride carbonica entri nell'apparecchio di carbonatazione a circa 30°.
Il tipo di apparecchio di carbonatazione più adoperato è quello Solvay composto di una serie di cilindri formanti una torre alta circa 20 m. e con diametro di circa 1,5-2 m. (fig. 3). Ogni cilindro ha alla base un disco forato al centro, in modo che la torre è suddivisa in tanti scompartimenti quanti sono i cilindri. Sopra ogni disco uno staccio convesso fa sì che l'anidride carbonica, che sale, abbia, per la suddivisione subita, un completo sfruttamento. La convessità dello staccio ha lo scopo di produrre la discesa dei cristalli di bicarbonato lungo l'orlo e di qui, passando per il foro del disco, nello scompartimento inferiore. Riempita la torre di soluzione ammoniacale, si pompa anidride carbonica da b. Quando la soluzione è completamente saturata, si lascia scorrere il miscuglio di bicarbonato e acque madri attraverso e agli apparecchi di filtrazione, mentre una corrispondente quantità di soluzione ammoniacale si fa entrare da c.
Filtrazione del bicarbonato. - Il bicarbonato di sodio viene separato dalle acque madri in filtri a vuoto, generalmente del tipo cellulare a tamburo a funzionamento continuo (v. filtrazione, XV, p. 380).
Il bicarbonato asciutto contiene dal 70 al 75% di NaHCO3 e circa il 24-25% di acqua. Di esso 1000 kg. forniscono circa 450 kg. di soda calcinata. In alcune fabbriche si usa essiccare il bicarbonato per ridurne il contenuto di acqua al 10%, allo scopo si adoperano o centrifughe, che sono però un poco costose, oppure presse idrauliche.
Calcinazione del bicarbonato. - Per riscaldamento il bicarbonato si scompone secondo l'eguaglianza:
La trasformazione suddetta si fa avvenire in ambiente chiuso per poter utilizzare l'anidride carbonica nella carbonatazione, come si è già visto. Gli apparecchi maggiolmente utilizzati sono i Thelen (fig. 4) consistenti in un forno semicilindrico della lunghezza di oltre 10 m. e diametro 1 m. in cui la massa del bicarbonato entra da un'estremità e, mossa da appositi agitatori, esce dall'altra. I gas che si sviluppano vengono aspirati e condotti per tubi di raffreddamento nei quali si condensa una leggiera soluzione di carbonato di ammonio; il resto (gas carbonico) viene pompato negli apparecchi di carbonatazione..
Altri apparecchi adoperati sono gli arrostitori, forni di ghisa (fig. 5) del diametro di 3 m. circa, chiusi superiormente da un coperchio. Nell'interno un agitatore meccanico serve a rimescolare la massa. Ogni tanto si apre una porticina nel coperchio attraverso la quale la massa viene lanciata fuori e condotta da una vite di Archimede in forni del tipo di quelli adoperati per arrostire la pirite, ove il bicarbonato completa la calcinazione. Tali forni, rivestiti di materiale refrattario, sono divisi in numerosi scomparti in alcuni dei quali passano i gas di riscaldamento mentre negli altri passano, agitati meccanicamente, i materiali da calcinare.
La soda calcinata viene condotta ai locali d'imballaggio per mezzo di nastri trasportatori metallici che vengono raffreddati dal basso con acqua.
Ricupero dell'ammoniaca dalle acque madri. - Le acque madri vengono trattate insieme con le acque di lavaggio. Nelle acque madri l'ammoniaca si presenta per il 20-25% sotto forma di carbonato o bicarbonato, per il 2% come solfato, il resto come cloruro, accanto a notevoli quantità di sale da cucina. Quest'ultimo non viene ricuperato, preferendosi riottenere completamente l'ammoniaca, che ha un prezzo assai elevato.
Il ricupero avviene in due tempi: dapprima per riscaldamento si liberano soluzioni di carbonato d'ammonio; poi si distillano i resti dell'ammoniaca aggiungendo latte di calce. Le acque di rifiuto di questi apparecchi devono venire purificate prima di essere immesse nei corsi d'acqua: allo scopo si fanno depositare in bacini dal fondo permeabile.
Forme commerciali, usi e produzione della soda. - La soda, come prodotto del processo all'ammoniaca, si presenta anidra e come tale viene in gran parte usata.
Altre forme commerciali sono la soda cristallizzata (washing soda; Krystallsoda), che contiene 10 molecole di acqua di cristallizzazione e si presenta in cristalli trasparenti, incolori, monoclini. Per la sua preparazione si preferisce la soda all'ammoniaca, perché la Leblanc, per il suo alto tenore di solfato di sodio, richiederebbe una previa purificazione. Si ottiene versando nell'acqua bollente o nella liscivia madre quanto basta di soda calcinata per portare la soluzione alla concentrazione di 36° Bé alla temperatura di 40°. Si abbandona a sé durante la notte in modo che le impurità coloranti si depongano. Al mattino si spilla il liquido così chiarificato nei cristallizzatori ove resta da 10 a 14 giorni. Il punto di cristallizzazione è raggiunto quando lo strato superiore della liscivia acquista la temperatura ambiente. I cristalli si asciugano alla centrifuga e si mandano al frantoio che li riduce alla grandezza richiesta; indi si chiudono in barili di legno o in sacchi. Il tenore in soda è del 37%. Trova largo consumo nelle lavanderie e per uso domestico; è di prezzo superiore alla calcinata, ma molto più maneggiabile e di potere detergente maggiore.
In commercio la soda è generalmente valutata in percentuale di carbonato di sodio puro, contenuto nel prodotto industriale, e viene venduta al titolo di 98%. Trattandosi di un prodotto igroscopico, che facilmente assorbe umidità durante il trasporto con relativo aumento di peso, il controllo del titolo va fatto o in partenza o dopo essiccazione del prodotto all'arrivo.
Gli usi della soda sono svariatissimi. Si usa nella fabbricazione del vetro (40% del consumo totale); del sapone (13%); della carta (6%); di altri sali di sodio, quali soda caustica, borace, fosfati, silicati, ecc.; nei colori artificiali; nella disincrostazione delle caldaie a vapore; nelle lavanderie; in metallurgia, nei laboratorî chimici, e per uso domestico (liscivie solide in polvere).
La produzione mondiale annua è circa 4 milioni di tonn.
Idrato di sodio.
L'idrato di sodio (NaOH) o soda caustica (fr. soude caustique; sp. soda cáustica, sosa; ted. Natriumhydroxyd, Aetznatron, kaustische Soda; ingl. caustic soda), ha l'aspetto di una massa bianca, opaca, ruvida, a struttura fibrosa, della densità 2,00-2,13. Il punto di fusione giace sotto il colore rosso circa 600°. È avidissima di acqua, in cui si scioglie facilmente con forte sviluppo di calore. La soluzione nel raffreddarsi separa diversi idrati (da NaOH • H2O sino a NaOH • 7H2O) che cristallizzano. Esposta all'aria ne assorbe l'acido carbonico trasformandosi in carbonato. È molto caustica e deliquescente. Ha reazione fortemente alcalina.
Le soluzioni degli alcali caustici venivano impiegate da tempi immemorabili per la fabbricazione dei saponi. Nel 1844 Weissenfeld preparava nella fabbrica di Tennant a Glasgow la soda caustica dalla soluzione di soda carbonata; nel 1853 Gossage migliorò notevolmente il metodo, che nel 1857 cominciò a essere applicato su larga scala in Inghilterra e più tardi anche in Germania. Verso il 1890 ebbe principio la fabbricazione per via elettrolitica.
I due metodi più importanti per la fabbricazione della soda caustica sono appunto quello per caustificazione e quello per elettrolisi.
Fabbricazione della soda caustica per caustificazione. - Consiste nel trattare una soluzione di soda con la calce viva.
La caustificazione della soluzione di soda avviene tanto più completamente quanto più diluita ne è la soluzione, perché la reazione è invertibile; ma anche questa deve essere compresa entro un dato limite, poiché in pratica le soluzioni diluite richiedono maggior consumo di combustibile e maggior tempo per la concentrazione, diminuendone con ciò il rendimento economico.
Di solito si tratta una soluzione bollente (circa 80°) di carbonato di sodio al 15-18% con la calce, ottenendosi una trasformazione di circa il 90% in soda caustica. Si opera in recipienti ove il liquido è mantenuto in continua agitazione e la reazione si compie in tre ore circa. Teoricamente a 100 kg. di Na2CO3 corrispondono 53 kg. di CaO, ma praticamente si mette un po' più di calce, che anzi si spegne direttamente nelle soluzioni di carbonato sodico.
Nelle sodiere a processo ammoniacale non si ricorre alla soda finita, bensì al bicarbonato greggio, che si tiene in ebollizione continuata per fargli perdere circa il 40% del suo acido carbonico, prima di trattarlo con la calce. Si mantiene il bicarbonato in intimo contatto con la calce per un'ora e in agitazione continua, dopo avere lasciato il liquido in riposo lo si manda ai chiarificatori e da qui passa ai filtri cellulari a tamburo che separano gli alcali caustici dal carbonato di calcio insolubile.
L'acqua di lavaggio si utilizza per la prossima carica. La fanghiglia calcica, previo arroventamento in forni rotativi, serve nella fabbricazione del vetro e del cemento e come concime calcico.
La soluzione caustica, filtrata, si concentra nei concentratori a effetto multiplo fino a raggiungere i 36° Bé, ove si separa una gran parte delle impurità di solfato e carbonato di sodio, indi in un altro concentratore a multiplo effetto la si porta alla concentrazione di circa 48° Bé, punto in cui si separa altra quantità di sali, per cui la si filtra di nuovo, mandandola nel concentratore finitore, in cui si raggiunge la concentrazione di 55-60° Bé e da qui infine si manda nelle caldaie di fusione, portandola in 30-36 ore, finché perde ogni traccia di acqua, a circa 360°. Indi si cola in bidoni di lamiera sottile di ferro del contenuto di circa 3 quintali, e come tale si vende in commercio. Per avere un prodotto ad alta percentuale, si spinge la temperatura da 360° a 700°.
Volendo un prodotto bianco e puro vi si aggiunge un poco di nitrato di sodio. La colorazione verdognola che acquista per la formazione di manganato sodico, sparisce aggiungendovi dello zolfo o dell'iposolfito di sodio e la colorazione grigia si elimina col sale comune. Dopo tali aggiunte il contenuto della caldaia si chiarifica, mantenendolo al fuoco 12-15 ore, per lasciare precipitare sul fondo l'ossido ferrico, l'idrato ferrico, e l'alluminato di sodio che vanno a costituire il blocco rosso.
Preparazione della soda caustica per elettrolisi. - La fabbricazione della soda caustica per elettrolisi si è sviluppata prodigiosamente durante gli anni della guerra mondiale, in cui le necessità belliche richiedevano ingenti quantità di soda caustica, di idrogeno e di cloro.
Il passaggio della corrente elettrica in una soluzione di cloruro di sodio determina la liberazione del cloro all'anodo e del sodio al catodo; questo metallo reagisce con l'acqua e forma idrato sodico e idrogeno; ma l'alcali formatosi tende a diffondersi nella soluzione per giungere all'anodo dove, venendo a contatto col cloro, reagisce e produce ipoclorito sodico, clorato sodico e persino perclorato. Per evitare che i prodotti catodici si mescolino con quelli anodici (ciò che avviene facilmente per diffusione, per convezione, per migrazione degli ioni, per endosmosi elettrica, ecc.) furono studiati diversi dispositivi che si possono raggruppare in: processi a diaframma; a campana o a gravità; a mercurio; a cloruro di sodio fuso (fig. 7).
Teoricamente con 1 ampère si dovrebbe produrre gr. 1,322 di cloro all'anodo, gr. 1,491 di soda caustica e gr. 0,00375 d'idrogeno al catodo. A prescindere dai rendimenti, che a seconda delle celle e delle condizioni di lavoro variano dal 70 al 95% (solitamente 85-90%), per avere quantità pratiche di produzione è necessario disporre di unità di notevole amperaggio. Per i piccoli impianti (fino a circa kg. 100 di soda caustica ogni 24 ore di lavoro) si usano unità da 250 a 800 ampère. Per i medî impianti (fino a 400-500 kg. di soda caustica ogni 24 ore di lavoro) s'impiegano unità da 800 a 2000 ampère. Per i grandi impianti sono usate unità di 2000 a 10.000 ampère. Le celle a diaframma si costruiscono fino a 4000-4500 amp.; quelle a gravità fino a 1500-1800 amp., e quelle a mercurio da 3000 fino a 10.000 amp.
Processi con diaframmi. - A titolo storico si fa notare che i primi elettrolizzatori erano a elettroliti stagnati (Griesheim-Elektron, Outennin et Chalandre, ecc.); seguirono poi le celle a elettrolita in movimento (percolanti) a elettrodi a diaframma orizzontali e verticali. Grandi furono le difficoltà incontrate per la costruzione dei diaframmi, per riuscire ad avere un diaframma che non offrisse resistenza al passaggio della corrente, mantenesse con l'uso pressoché costante la porosità e avesse una durata di almeno qualche mese. Fino alla guerra mondiale furono installate varie fabbriche all'estero con celle a diaframma Hargreaves e Bird, Townsend, Allen Moore, Nelson, ecc., e anche in Italia un impianto a Bussi (Aquila) con celle Monthey o Basilea. Il rendimento medio di corrente era intorno all'85-90% con una tensione agli elettrodi di 3,6 a 4,3 Volt secondo le condizioni di usura degli elettrodi di grafite, il carico in ampère, e le condizioni dei diaframmi. All'inizio della guerra mondiale sorgeva a Napoli un impianto di celle Giordani-Pomilio e più tardi venivano iniziate installazioni di celle De Nora entrambe di costruzione e brevetto italiani. Sempre più perfezionata nei particolari costruttivi, l'industria italiana può oggi vantarsi di essere alla testa dell'industria mondiale delle celle a diaframma con le celle Giordani-Pomilio (figg. 6, 8) installate anche nell'America Latina, in Francia e in Oriente, e con celle De Nora con medî e grandi impianti non solo in Italia ma in quasi tutti gli stati di Europa, in America e in Asia. I rendimenti di corrente realizzati praticamente da tali celle sono intorno al 90-95%; con una tensione agli elettrodi tra volt 2,9 e 3,8 a seconda del carico delle condizioni di usura della grafite.
La temperatura dell'anolite è intorno a 50-55°; la concentrazione della soda 100-140 gr. di NaOH per litro con 130-170 gr. di cloruro sodico residuo per litro.
Secondo le indicazioni del costruttore, le celle De Nora (figure 9, 10, 11) possono lavorare con salamoia ottenuta da sale marino o da salgemma senza depurazione chimica, né fisica.
Le celle De Nora perciò hanno il fondo anodico costituito da una piccola vasca nella quale precipitano depositandovisi tutte le impurità solide contenute nella salamoia e la fanghiglia che si forma nello spazio anodico, mantenendo praticamente pulito il diaframma e sgrombro lo spazio anodico.
Senza sensibili variazioni nelle rese è possibile lavorare con intermittenza di alcune ore al giorno.
Per le celle elettrolitiche si devono tenere presenti due rendimenti: il rendimento di corrente e il rendimento di energia (vedi elettrochimica; elettrolisi).
Il rendimento di corrente è il rapporto fra la quantità di prodotto ottenuto e quello che teoricamente si dovrebbe ottenere rispetto agli ampère assorbiti dalla cella.
Abbiamo già detto che per ogni cella e per ogni ampère, in una ora si dovrebbero teoricamente produrre gr. 1,322 di Cl. e gr. 1,491 di NaOH. In pratica, con il rendimento medio in corrente dell'88% circa, per ogni cella, per ogni ampère, in un'ora si producono grammi 1,16 di Cl e gr. 1,32 di NaOH.
Il rendimento di energia è dato dal prodotto fra il rendimento di corrente (ampère) e quello di tensione (volt), quest'ultimo dato dal rapporto fra la tensione teorica (in questo caso 2,31) e quella effettivamente occorrente.
Per le vecchie celle a diaframma la cui tensione era intorno a 4 volt per cella, il rendimento in energia era di circa 45-50%; mentre per le su citate moderne celle a diaframma il rendimento in energia è intorno al 65%, ciò che significa che praticamente con i kW-ora di energia in corrente continua si producono circa gr. 340 di Cl e circa gr. 380-390 di NaOH.
Processi a gravità. - Questi processi si basano sulla possibilità di poter tenere separato il liquido catodico (soluzione di soda caustica e cloruro sodico) dal liquido anodico (soluzione di cloruro sodico), unicamente per la loro differenza di densità.
In realtà tutte le celle sono alimentate con salamoia satura della densità di circa 24° Bé, ma la salamoia si arricchisce di soda al catodo e s'impoverisce di cloro all'anodo, per cui il liquido anodico ha praticamente la densità di 20-21° Bé e quello catodico 26 Bé.
Disponendo orizzontalmente gli elettrodi, e precisamente in basso il catodo e in alto l'anodo alla distanza di circa 7-9 cm., e prendendo opportuni accorgimenti per la distribuzione della salamoia, e per la raccolta dei prodotti di elettrolisi, si ottiene anche da queste celle un rendimento di corrente intorno all'85%.
Naturalmente per ridurre le conseguenze della diffusione della soda nel liquido anodico è necessario mantenere attivo il movimento discendente del liquido anodico con l'alimentazione della salamoia dall'alto, e perciò non spingere molto la concentrazione della soda che di solito è prodotta intorno a 100 gr. di NaOH per litro.
La tensione media di queste celle è più elevata di quelle a diaframma, in genere è tra volt 4 e 4,5.
Mancando la possibilità di poter trattenere le impurità della salamoia e la polvere di grafite che si disgrega con l'uso, la soda prodotta non è pura, ma necessita farla decantare a parte.
Lo spazio occupato da queste celle è assai maggiore di quello richiesto per le celle a diaframma verticale, e maggiore è anche il costo d'impianto e la sorveglianza necessaria durante la lavorazione.
Queste celle sono state usate in piccoli e grandi impianti.
Il primo a brevettarle e farle costruire fu il Billiter; verso il 1920 la ditta Pestalozza ne iniziò la costruzione in Italia con piccole unità di 250-300 amp., apportando successive modifiche e miglioramenti. Attualmente vengono costruite unità di 1200-1400 amp. per impianti medî.
Processo a catodo di mercurio. - Elettrolizzando una soluzione di cloruro di sodio con un catodo di mercurio e anodo di platino o grafite, all'anodo si svolge cloro, e il sodio che si libera al catodo si unisce al mercurio formando l'amalgama di sodio.
Asportando l'amalgama di sodio man mano che si forma e decomponendolo a parte con acqua, si produce soda caustica e idrogeno e si ripristina il mercurio:
Su tale principio sono basate le celle a catodo di mercurio.
La forza controelettromotrice di decomposizione della soluzione di cloruro sodico tra anodo di platino o grafite e catodo di mercurio è uguale a volt 3,19. È cioè più elevata della forza controelettromotrice di volt 2,31 che si ha in una cella a diaframma o a gravità, nelle quali si produce idrato sodico e idrogeno al catodo e cloro all'anodo. La differenza di 0,88 volt ci dà la forza elettromotrice sviluppata durante la decomposizione dell'amalgama in contatto con l'acqua. Perciò le celle a catodo di mercurio richiedono una tensione più elevata rispetto alle celle a diaframma. Numerosi sono i brevetti per le svariate modificazioni di questo processo. I primi risalgono a quelli di Nolf (1882) cui seguirono quelli Atkins (1892), Hermite (1893), Keliner in America (1893, 1896, ecc.). Castner in Austria (1894, 1896, ecc.), Solvay (1889), ecc.
La cella Castner-Kellner è formata da una vasca rettangolare divisa in 3 compartimenti separati da una chiusura idraulica di mercurio che ricopre il fondo delle celle con uno strato di pochi millimetri. Nei due compartimenti laterali vi è la soluzione di cloruro di sodio e gli anodi di grafite o platino, in quello centrale vi è la soluzione alcalina e catodo di ferro, giacché in questo funziona da anodo il mercurio e negli altri laterali il mercurio funziona da catodo. Per mezzo di un eccentrico la vasca ha un lento movimento oscillatorio per cui l'amalgama che si forma nelle celle laterali viene richiamato alternativamente nella cella centrale che contiene aequa dove la decomposizione è effettuata elettroliticamente tra l'anodo di mercurio e il catodo di ferro producendo NaOH in soluzione e idrogeno.
Un impianto con celle sopra descritte funzionava prima della guerra alle Cascate del Niagara con rrndimento di corrente del 90%.
Più diffusa e più pratica è la cella Kellner-Solvay usata in Italia in molti impianti di società elettrochimiche e anche all'estero (Europa, America e Giappone).
L'elettrolizzatore Kellner-Solvay (fig. 12) è costituito da due cassoni rettangolari di ferro, paralleli, della larghezza di circa cm. 70, lunghi 14-15 m., con sponde alte circa cm. 25, rivestiti internamente di cemento e gres. Uno dei due cassoni funziona da cella e produce amalgama di sodio e cloro, l'altro riceve l'amalgama che si decompone e dà soda caustica e idrogeno, restituendo il mercurio metallico che, per mezzo di un elevatore, viene rimandato nella prima cella a cloro. Il fondo delle due vasche è opportunamente inclinato in modo che il mercurio, immesso all'inizio della cella a cloro, la percorre per gravità per tutta la sua lunghezza, si ricopre alla superficie di un leggero strato di amalgama quando la cella è in funzione, passa insieme con l'amalgama formatasi nella cella a soda (comunemente chiamata pila) e qui, mentre la percorre per gravità, lascia decomporre l'amalgama, per poi ritornare nella prima cella a mezzo di un elevatore come già detto.
La decomposizione dell'amalgama è accelerata dalla presenza, nella pila, di una griglia di ghisa, o di bastoni di grafite, o di piattelli d'acciaio inossidabile a forma di funghi capovolti, i quali poggiano sul mercurio in modo da formare un elemento a corto circuito con il mercurio stesso.
La cella a cloro ha dunque il catodo di mercurio (un sottile strato di pochi millimetri di altezza) e gli anodi di grafite, disposti orizzontalmente, poggiati agli estremi su sporgenze interne della cella e comunicanti all'esterno con cilindri di grafite che attraversano le lastre di eternit usate a copertura della cella a cloro e la cui perfetta tenuta, per la raccolta del gas cloro, è ottenuta con mastice a base di catrame, calce in polvere, ecc. La salamoia entra continuamente da un'estremità della cella, scorre sul catodo di mercurio ed esce dall'altra estremità impoverita di sale, per ritornare nelle vasche di saturazione, saturarsi di cloruro di sodio, decantarsi per lasciar depositare le impurità e la polvere di grafite e poi ritornare in ciclo. Dallo stesso lato della vasca è anche immesso il mercurio, e attraverso un foro praticato sulla prima delle lastre di eternit di chiusura è raccolto mediante un tubo di gres il gas cloro leggermente aspirato.
Nella pila il mercurio misto all'amalgama è ricoperto da uno strato d'acqua che va man mano arricchendosi di soda fino a raggiungere la densid di circa 36° Bé (30% in peso di NaOH). A questa concentrazione la soda è scaricata ed è rimessa altra acqua.
La soda è incanalata in tubi di ferro e raccolta in vasche di ferro.
L'idrogeno che si sviluppa è raccolto sotto campane di lamiera di ferro a forma di scatoloni, ciascuno di circa 2 m. di lunghezza, metri o,50 di larghezza e m. 0,15 di altezza, disposti capovolti nella pila in modo da fare chiusura idraulica con la soluzione di soda.
Dalle campane, l'idrogeno a mezzo di tubazioni di ferro è condotto al gazometro o per pressione propria o, quasi sempre, mediante una pompa.
La tensione media delle celle a catodo di mercurio è di volt 4,3-4,6, il rendimento in corrente è intorno al 92-94%. Con gli anodi di grafite che durano circa un anno, ogni 30-40 giorni è necessario fare la pulizia della cella a cloro per eliminare i detriti della grafite; diversamente vi è il pericolo della decomposizione dell'amalgama nella cella a cloro, con relativa produzione d'idrogeno che (normalmente inferiore all'i %), supera il 5% formando miscela clorotonante che detona alla presenza della luce.
In genere il gas cloro ha la purezza del 95-96%, con meno dell'1% di CO2 e meno dell'1% di H; il resto è aria aspirata attraverso la salamoia e le chiusure delle celle.
Il processo a mercurio ha il vantaggio di produrre soda caustica molto pura, quasi esente da cloruro di sodio, dà direttamente soluzioni concentrate (30% NaOH) che in molte industrie (saponi, ecc.) possono essere usate senz'altro, quando non si abbiano eccessive spese di trasporto, e anche volendo produrre soda solida si ha economia di spesa di concentrazione, ciò che compensa il consumo di energia elettrica leggermente maggiore in confronto ai processi con diaframma; si richiedono però maggiori capitali d'impianto, giacché per produrre 10 tonn. di NaOH al giorno occorrono 50.000 kg. di mercurio.
Le perdite annuali di mercurio, se gl'impianti sono bene condotti, si riducono a meno dell'1% del mercurio impiegato.
Altro tipo di cella a mercurio è la Wildermann (1899) che ha avuto applicazioni in Inghilterra e in Germania: richiede solo 600 chilogrammi di mercurio per ogni unità di 5000 amp. e dà direttamente soluzioni di NaOH al 20-25%. La sua costruzione è complicata e anche difficile è la manutenzione.
Le celle a catodo di mercurio sono da installarsi a preferenza di quelle a diaframma solo quando si tratta d'impianti della potenza di almeno kg. 4000 di soda caustica (NaOH) al giorno, se si dispone di energia a buon mercato, se vi è la possibilità di lavorare con continuità, essendo nocivi gli arresti e quando è richiesta soda caustica pura, esente da cloruro di sodio, come per le fabbriche di rayon.
Elettrolisi del cloruro di sodio fuso. - Il processo si basa sul principio di scomporre, con la corrente, il cloruro di sodio fuso contenuto in un grande crogiolo cilindrico verticale, con anodo di grafite e catodo di ferro. Con una resistenza elettrica formata da pezzi di grafite messi tra catodo e anodo si fonde il sale e successivamente il calore necessario per la fusione del sale è dato dalla resistenza elettrica offerta al passaggio della corrente dal cloruro fuso. Fra anodo e catodo vi è un diaframma di ferro forato con piccolissimi fori. Il sodio che si libera al catodo galleggia sul sale fuso e passa all'esterno sotto forma liquida, colando in recipienti di ferro parallelepipedi nei quali si solidifica e viene conservato senza doverlo immergere nel petrolio. Il cloro liberato all'anodo è raccolto in tubazioni di gres. Queste celle assorbono intorno a 14.000 amp. con una tensione di circa 8 volt.
Il rendimento in corrente è piuttosto basso, intorno al 60%; la produzione non è costante, ma saltuariamente l'elettrolisi s'interrompe per cause non ancora ben note, e la corrente passa ugualmente senza produrre effetto elettrolitico. Dopo un tempo più o meno breve e che può essere anche di alcune ore, riprende l'elettrolisi. È un metodo poco usato perché è costoso l'impianto e basso il rendimento.
Recentemente è stato iniziato il funzionamento di un impianto di tali celle presso l'A.C.N.A. a Cesano Maderno.
Concentrazione soda caustica. - La soda caustica elettrolitica è concentrata, come quella prodotta per caustificazione del carbonato di soda, con concentratori a multiplo effetto (doppio e triplo effetto).
In un primo concentratore di ferro e ghisa, la soda è portata alla densità di circa 36-38° Bé, con separazione del sale contenuto nelle soluzioni e che precipita con la concentrazione delle liscivie; in un secondo concentratore con tubi di acciaio speciale, la soda è concentrata fino a 50° Bé con la separazione per precipitazione di quasi tutto il rimanente sale e infine in un terzo concentratore finitore di nichelio è concentrata fino a 70% di NaOH.
I primi due concentratori sono scaldati con vapore a 3-4 atm., il finitore con vapore a 8-10 atmosfere.
La soda concentrata a 70% passa nelle caldaie di fusione a fuoco diretto, come per quella prodotta per caustificazione.
Il sale precipitato durante la concentrazione, lavato e asciugato in filtri a vuoto, è rimesso in ciclo.
Forme commerciali, usi e produzioni. - La soda caustica è venduta in commercio per la maggior parte sotto forma solida, anidra (chiamata comunemente soda fusa) ai più alti titoli (92-96% di NaOH).
Commercialmente il titolo è indicato tanto in percentuale di NaOH puro quanto in percentuale di Na2O corrispondente. In quest'ultimo caso la soda al 96% di NaOH ha il titolo di 75° circa e la soda al 100% corrisponde al titolo di 78°,52.
È venduta in fusti di lamiera di ferro di circa 350 kg. nei quali, essendo colata allo stato fuso, è in una sola massa. Se prodotta in scaglie o granulare è venduta in bidoni di ferro di 50 e 100 kg. La soda delle celle a mercurio, prodotta a 36° Bé, è venduta per una buona percentuale come tale in fusti di ferro di circa 300 a 500 kg.
La soda caustica all'alcool è ottenuta con la diretta combinazione del sodio con acqua distillata, ed è purissima.
La soda caustica trova largo impiego nell'industria dei saponi, nella produzione della cellulosa, nell'industria del rayon, nella depurazione degli olî minerali e vegetali e dei grassi, nella fabbricazione dell'acido ossalico, dei catrami, indaco, alizarina, resorcina, mercerizzazione dei tessuti, ecc. La produzione mondiale annuale della soda caustica si aggira sugli 8 milioni di tonnellate.