GUIDI, Sofia
Figlia del conte Guido (V, detto anche Guido Guerra I) e di Imilia, nacque presumibilmente intorno al 1115.
La data di nascita è ipotizzata considerando che doveva avere più di ottant'anni all'inizio del secolo XIII, quando testimoniò a un processo noto attraverso un documento assai apprezzato da più generazioni di studiosi interessati alle vicende signorili. In quella occasione la G. dichiarò, fra l'altro, di ricordarsi della distruzione di Fiesole, avvenuta nel 1125 quando, attraverso il confronto con altre vicende a lei relative, sappiamo che doveva avere all'incirca dieci anni. Poiché, inoltre, il padre morì probabilmente nel 1124, la G. doveva essere all'epoca una bambina.
L'eccezionalità del documento cui si è già accennato risiede nel fatto che si tratta di una raccolta di testimonianze, tra le più antiche e dettagliate, utili a conoscere il funzionamento dei sistemi signorili. Sebbene non ci sia pervenuta integra, questa fonte (edita dal Passerini e dal Davidsohn, 1898; per le vicende editoriali cfr. I più antichi documenti…, pp. XI s.) rimane della massima importanza per la conoscenza di vari aspetti della vita politica, sociale ed economica del secolo XII. Al di là delle ragioni contingenti che portarono alla stesura di tale atto nel 1204 - la causa tra la badessa di S. Maria di Rosano, Agata, e i conti Guidi in merito al diritto rivendicato dalla famiglia di scegliere personalmente la badessa del suddetto monastero - il documento ci permette di conoscere numerosi dettagli particolareggiati di vari momenti della vita della G., anche se la documentazione a lei relativa non si esaurisce in questa per quanto eccezionale fonte: anche altri documenti conservati presso l'Archivio di Stato di Firenze, in particolare quelli provenienti dal monastero di Pratovecchio da lei retto per numerosi decenni (cfr. Delumeau, pp. 400 s.), ci danno importanti indicazioni sulla sua vicenda, forse quella che più emblematicamente mostra l'importante ruolo che l'elemento femminile ricoprì a più riprese nella stirpe dei Guidi.
Intorno al 1129 la G. fu orientata alla vita monastica, seguendo in questo le orme della zia paterna Berta. La vestizione della G. fu oggetto di una solenne cerimonia, che vide convenire a Rosano i vescovi di Fiesole, Pistoia e Faenza e che coincise con la riedificazione della chiesa del monastero, che Imilia aveva voluto appunto restaurare. Sempre grazie al testimoniale di Rosano sappiamo che la madre diede in dote alla G. terre a Bagnolo e Rimaggio, oltre a deporre sull'altare oro e pietre preziose per la realizzazione di un calice e di un turibolo, mentre il fratello Guido (VI, detto anche Guido Guerra II), donò l'argento della sella del suo cavallo per farne la copertura di un libro dei Vangeli. Ancora giovane, le monache di Rosano la volevano come badessa ma Imilia le preferì Matilde, maestra spirituale della Guidi.
La G. non rimase a lungo a Rosano: il delinearsi del conflitto tra il fratello Guido (VI) e i Fiorentini la vide trasferirsi a Pratovecchio, dove Imilia stava facendo costruire appositamente per lei un altro monastero, dedicato a S. Giovanni Evangelista. Le vicende relative alla fondazione di questo monastero sono anch'esse molto ben documentate: il 28 apr. 1134 Imilia chiedeva ad Azzone, priore di Camaldoli, di acconsentire alla fondazione di un monastero femminile presso la chiesa di S. Maria di Poppiena; il consenso venne accordato tanto che, dopo soli quattro giorni, il 2 maggio, la madre donava alla G., nominata badessa della futura comunità, una selva. Pochi anni dopo, il 7 febbr. 1137, Imilia si rivolse di nuovo ad Azzone per donargli ogni suo diritto sulla chiesa di S. Giusto a Gricciano insieme con tutti i beni a suo tempo donati alla G., a condizione che in quello stesso luogo venisse fondato un cenobio camaldolese. Sulla reale fondazione di quest'ultimo vi sono, però, pareri contrastanti: sta di fatto che già nel 1143 era invece stata consacrata la chiesa del monastero di Pratovecchio, che ricevette il 30 apr. 1149 da Girolamo, vescovo di Arezzo, una cospicua donazione consistente nei proventi della chiesa di S. Ilario a Puglia.
Nel frattempo continuarono le tensioni fra i Guidi e Firenze, da inserirsi nel più generale quadro di contrasti tra le vecchie famiglie dominanti e la nuova forza delle città comunali in ascesa. In tale contesto la G. ebbe un ruolo di primo piano perché durante tutte le assenze del fratello, impegnato anche in Palestina al seguito della seconda crociata e prossimo dell'imperatore Federico I Barbarossa in occasione della sua prima discesa in Italia, fu lei a reggere e amministrare i territori dei Guidi mantenendo poi, comunque, un ruolo attivo anche nei momenti in cui il conte Guido era in Toscana. Proprio nel corso delle lotte fra i Guidi e Firenze, particolarmente violente intorno alla metà del secolo per la conquista del castello di Monte di Croce, una delle roccaforti del loro potere familiare, la G. fu sollecita nell'inviare da Rosano e dai territori a lei sottoposti uomini e alimenti. Un compito che crebbe ulteriormente di impegno e spessore alla morte prematura di Guido (VI), avvenuta nel 1157. Sempre dal prezioso testimoniale di Rosano, e più precisamente dalle deposizioni di un certo "Paltonieri de Romena" e di "Righectus de Fighine", entrambi provenienti da aree di pertinenza dei Guidi, veniamo a sapere che in tale frangente la G. "gerebat administrationem comitatus" (cfr. Passerini, p. 207), come affermò il primo, oppure, come sostenne il secondo, "fuit facta procuratrix comitatus comitis Guidi" (cfr. Davidsohn, 1898, p. 237). Ancora dal testimoniale di Rosano sappiamo che la reggenza della G. fu attiva e presente: la badessa non mancava di muoversi per i vari possedimenti familiari e promosse, tra i suoi interventi, la costruzione di un cassero a protezione dei possessi dei Guidi in Val di Sieve.
Nel 1162 troviamo la G. attiva con i nipoti Guido (VII, detto Guido Guerra III) e Adelaita nella pieve di Brandeglio, sulle montagne di Pistoia, la cui terra veniva ceduta al popolo di quella città, in cambio di un censo annuo, di un launegildo (contraccambio) e di un pranzo, ogni volta che i conti fossero andati a Brandeglio. Dunque, ancora una volta, e ora come attore diretto, la G. si trovava in mezzo ai tesi rapporti tra la famiglia e i sempre più forti poteri cittadini.
Dalla testimonianza rilasciata dalla stessa G., in occasione della vertenza del 1204, veniamo poi a conoscenza di altri episodi della sua vita che mostrano il rilievo della sua azione. Per esempio, sappiamo che nel 1166 si trovava nel castello di Modigliana, centro del potere dei Guidi, in compagnia dell'imperatrice Beatrice di Borgogna moglie del Barbarossa, quando veniva informata della morte di Matilde, badessa di Rosano. La presenza presso la G. dell'imperatrice Beatrice va evidentemente letta, ancora una volta, quale segno del ruolo da lei svolto all'interno della famiglia, in una dimensione politica di largo raggio, perseguita e ricercata anche dopo la morte del conte Guido.
Il compito di reggenza dovette presumibilmente esaurirsi intorno a quegli anni, quando vediamo il nipote Guido (VII) assumere un ruolo attivo accanto a Federico I. Ciò non significa, però, che gli impegni della G. non proseguissero ancora per diversi decenni durante i quali, ormai anziana, continuò a operare con sicurezza ed energia. Per quanto concerne l'amministrazione del monastero di Rosano, per esempio, non mancarono le ragioni di scontro con le monache locali. Già nel 1183, in occasione della morte della badessa Zabulina, erano sorte tensioni tra il monastero e alcune famiglie legate ai Guidi, tensioni finite con l'elezione di Teodora, sorella di quel Malapresa da cui ebbero origine i Firidolfi e i Ricasoli. Alla scomparsa di Teodora le monache pretesero di eleggere autonomamente la nuova badessa, intendendo così rifiutare, di fatto, l'autorità dei Guidi. Da ciò nacque la necessità di raccogliere le testimonianze che andarono a formare gli atti del processo necessario per la risoluzione della vertenza, che si concluse favorevolmente per i Guidi. Nonostante ciò le monache, anche grazie all'appoggio di altri personaggi, continuarono a resistere, tanto che i Guidi finirono per rinunciare poco dopo, il 13 ag. 1204, al patronato su Rosano, per mano della contessa Gualdrada, moglie di Guido (VII).
La deposizione della G. non costituisce l'ultimo atto a noi noto perché un documento del 1209 la mostra ancora implicata - doveva avere allora superato i novant'anni - in una controversia, questa volta relativa alla chiesa e allo spedale di S. Ilario, che venivano contesi a Pratovecchio da Pietro e Bertano di Orlandino dal Duomo.
L'anno successivo siamo informati della presenza di una nuova badessa a Pratovecchio, né abbiamo successive attestazioni della G.: da ciò sembra lecito collocare tra il 1209 e il 1210 la sua morte, anche in considerezione dell'età estremamente avanzata che allora doveva avere.
Fonti e Bibl.: L. Passerini, Una monaca del duodecimo secolo, in Arch. stor. italiano, s. 3, XXIII (1876), pp. 61-79, 205-217, 385-403; XXIV (1876), pp. 3 s.; R. Davidsohn, Una monaca del duodecimo secolo, ibid., s. 5, XXII (1898), pp. 225-241; I più antichi documenti del monastero di S. Maria di Rosano (secoli XI-XIII), a cura di C. Strà, Roma 1982, pp. 243-249, 251-259, 261-265, 267 s., 271, 273-275, 279 s., 286; R. Davidsohn, Storia di Firenze, I, Firenze 1956, pp. 587, 590, 645, 687 s., 806, 1039 s., 1045, 1205; VII, ibid. 1965, p. 697; J.-P. Delumeau, Arezzo. Espace et sociétés, 715-1230, Roma 1996, pp. 398-401, 404 s., 845; N. Rauty, I conti Guidi in Toscana, in Formazione e strutture dei ceti dominanti nel Medioevo: marchesi, conti e visconti nel Regno italico, secc. IX-XII. Atti del II Convegno, Pisa… 1993, Roma 1996, pp. 255, 260; E. Repetti, Diz. geografico fisico storico della Toscana, VI, Firenze 1846, Suppl., p. 33; App., p. 43.