SCALCHI, Sofia
– Nacque a Torino il 29 novembre 1850.
Studiò con Augusta Boccabadati ed esordì sedicenne a Mantova come Ulrica in Un ballo in maschera di Verdi. Nel settembre del 1867 partecipò, con il baritono Antonio Cotogni, alla première di Isabella Orsini duchessa di Bracciano di Ambrogio Centolani al teatro Rossini di Lugo, nella parte del paggio Lelio; in dicembre si produsse al Comunale di Bologna in una ripresa del Ballo in maschera, e nella primavera seguente nel Giuramento di Saverio Mercadante (Isaura). Dopo essersi esibita al Comunale di Faenza nel Barbiere di Siviglia nel luglio 1868, partì per Londra: a settembre diede il primo concerto, a cui assistette anche James Henry Mapleson, allora impresario del Covent Garden Theatre, che la scritturò per un quinquennio.
Salvo che nel 1882, Scalchi si produsse al Covent Garden in tutte le Italian Opera Seasons dall’autunno 1868 alla primavera 1890, specializzandosi in alcuni titoli: Dinorah (prima Capraia), Gli Ugonotti (Urbain) e Il profeta (Fidès) di Giacomo Meyerbeer, Faust di Charles Gounod (Siébel), Lucrezia Borgia (Maffio Orsini), Linda di Chamounix (Pierotto) e La favorita (Leonora) di Gaetano Donizetti, Il trovatore (Azucena), Rigoletto (Maddalena) e Un ballo in maschera di Giuseppe Verdi, Marta di Friedrich von Flotow (Nancy). Nella stagione 1870 fu anche protagonista dell’Esmeralda di Fabio Campana, di Medea di Luigi Cherubini (Néris) e di Oberon di Carl Maria von Weber (Puck), queste ultime per la prima volta in scena al Covent Garden. Nel 1871 arricchì il proprio repertorio con i personaggi di Leonora nelle Astuzie femminili di Domenico Cimarosa e della Marchesa nella Figlia del reggimento di Donizetti; nel 1875 interpretò Pamela nel Fra Diavolo di Daniel Auber e Arsace nella Semiramide di Gioachino Rossini, opera che entrò poi a far parte dei suoi cavalli di battaglia. Memorabile, per Herman Klein, l’enorme successo riscosso da una ripresa del lavoro rossiniano nel novembre 1878, con Adelina Patti (Semiramide) e Victor Maurel (Assur): «I remember the night well, more especially for two things – Patti’s magnificent singing of Bel raggio [...] and the extraordinary effect that she created with Scalchi in the famous duet Giorno d’orrore. I thought the audience would bring the roof down» (cit. in Cone, 1994, p. 110). Nel 1877 si cimentò per la prima volta con Amneris nell’Aida di Verdi, riscuotendo buon successo di pubblico e di critica («As Amneris Scalchi displayed glorious tones»; cit. in Rosenthal, 1958, p. 191), e impersonò Meg nelle Allegre comari di Windsor di Otto Nicolai. Negli anni seguenti, fra il 1878 e il 1883, prese parte anche alla messinscena di Paolo e Virginia di Victor Massé, del Lohengrin di Richard Wagner (Ortrud), della Mignon di Ambroise Thomas (Frédéric) e della Gazza ladra di Rossini (Pippo). Nel luglio 1887 diede voce al personaggio en travesti di Vanja nella sfortunata première inglese di Una vita per lo Zar di Michail Glinka (in italiano).
Oltre alla lunga militanza oltremanica, Sofia Scalchi calcò le scene dei maggiori teatri d’Europa e d’America. Tra il 1872 e il 1881 fu spesso in Russia, scritturata a Pietroburgo, dove nel 1881 interpretò Pantalis nella prima locale del Mefistofele di Arrigo Boito. Fu attiva a Varsavia (1879), a Madrid (1879-80) e al Colón di Buenos Aires (1882 e 1891). Nel Carnevale del 1882 si produsse alla Salle Garnier di Monte Carlo nei suoi titoli di repertorio (Mignon, Faust, La favorita, Rigoletto) e nell’Hamlet di Thomas (Gertrude). Nell’autunno del 1883 partì per la prima tournée nordamericana: il 22 ottobre comparve nel Faust che inaugurò il Metropolitan Opera House, cantato in italiano accanto al soprano Christine Nilsson e al tenore Italo Campanini. Con la medesima compagnia portò in scena Mignon, Rigoletto e La Gioconda di Amilcare Ponchielli (la Cieca), in prima esecuzione americana, Hamlet, Gli Ugonotti, Don Giovanni (Zerlina) e Il profeta. Nella pausa tra la stagione invernale e quella primaverile del 1884, replicò La Gioconda allo Haverly’s Theatre di Chicago, al Chestnut Street Opera House di Filadelfia, al Music Hall di Cincinnati, all’Olympic Theatre di St. Louis, al National Theatre di Washington e al Metropolitan Theatre di Boston, dove interpretò anche Nancy nella prima locale di Martha. Nell’autunno 1886 partecipò, con Adelina Patti, il baritono Antonio Galassi, il basso Franco Novara e il tenore Albert Guille, a un tour di concerti che toccò le principali città statunitensi e Città del Messico: sotto la direzione di Luigi Arditi, la compagnia si esibì in celebri scene d’opera da Faust, Marta, La traviata e Semiramide.
Tornò nuovamente negli Stati Uniti nel 1891-92, e sempre al Metropolitan cantò ancora in Faust (con Jean de Reszke), Marta, Mignon, Rigoletto, Gli Ugonotti, e per la prima volta si presentò nella parte di Emilia nell’Otello di Verdi. Il teatro newyorkese la scritturò poi per tutte le stagioni invernali dal 1893 al 1896. Con il soprano Nellie Melba, il tenore Fernando De Lucia e la direzione di Luigi Mancinelli, nella stagione 1893-94 si esibì nelle opere predilette (Faust, Gli Ugonotti, Semiramide, Rigoletto) e nell’Amico Fritz di Pietro Mascagni (Beppe), e partecipò a un’esecuzione dello Stabat mater di Rossini. Oltre a prodursi nel repertorio ormai consolidato, nelle stagioni seguenti – sul palcoscenico del Met si avvicendarono anche Francesco Tamagno, Adelina Patti ed Eugenia Mantelli – diede voce a Quickly nella prima locale del Falstaff di Verdi.
Durante la sua lunga, brillante carriera oltreoceano Scalchi non mancò di tornare, seppure sporadicamente, in Italia. Interpretò Arsace nella Semiramide al San Carlo di Napoli nel gennaio 1877, al Teatro Grande di Brescia per la Fiera 1879 e alla Scala di Milano nel settembre 1881: in questa occasione la sentì anche Giulio Ricordi, che la descrisse freddamente a Verdi come una brava «artista di maniera» (cfr. Carteggio Verdi-Ricordi 1880-1881, 1988, p. 173). Cantò poi anche al Nicolini di Firenze nel 1886 (La Cenerentola), al Bellini di Napoli nel 1889 (Orfeo ed Euridice di Gluck) e al Carignano di Torino nel 1891 (Semiramide): ma la sua fu essenzialmente una carriera internazionale.
Rientrata in Italia nel 1896, si ritirò dalle scene e si stabilì a Torino, dove visse fino al 1921. Nel 1875 aveva sposato il conte ravennate Luigi Lolli, e da allora spesso si presentò in pubblico e sui cartelloni come Sofia Scalchi-Lolli. Nel 1876 a Napoli diede alla luce il figlio Alberto Carlo, che nel periodo del cinema muto si distinse come prolifico regista cinematografico.
Morì il 22 agosto 1922 a Roma, dove si era infine stabilita. Dal ramo paterno della famiglia discende la cantante triestina Gloria Scalchi (nata il 23 luglio 1956), la cui vocalità di «contralto sopranile» (Beghelli-Talmelli, 2011, p. 189) la accomuna all’antenata Sofia.
Considerata dagli studiosi «una delle estreme epigone ottocentesche del ‘belcantismo’ rossiniano» (Gualerzi, 1982, p. 1631) e «uno degli ultimi contralti di stampo rossiniano» (Celletti, 1987, p. 306), Sofia Scalchi ebbe «voce estesa, omogenea e, nei bassi, veramente fuori dal comune per risonanza, velluto e pienezza» (Berutto, 1972, pp. 233 s.). Grazie a una vocalità ibrida tra il mezzosoprano e il contralto, estesa addirittura dal fa grave al si acuto, poté impersonare con disinvoltura personaggi sia en travesti sia femminili, spaziando fra i due ruoli vocali. Eccellente artista e virtuosa, si distinse per l’eleganza e l’agilità del fraseggio più che per il talento scenico, soprattutto nella prima parte della carriera: nella messinscena di Semiramide al Covent Garden del 1875, per esempio, i critici giudicarono l’azione ridicola e quasi burlesca (Rosenthal, 1958, p. 189). Con gli anni maturò artisticamente anche sotto il profilo teatrale, tanto che il New York Tribune, nel recensire Il profeta del marzo 1884, mise in luce la potenza drammatica della sua esibizione, tale da bilanciare taluni difetti nel canto (Seltsam, 1947, p. 7). Negli ultimi anni di carriera possedeva ancora una voce intatta nel settore più grave e solo lievemente offuscata negli altri registri, con una minore estensione negli acuti, conservando tuttavia un’eccellente agilità e padronanza di fiato. Ancora nel 1894, in una recensione agli Ugonotti apparsa sul New York Times, si legge che «Mme. Scalchi, una conoscenza di lunga data nella parte di Urbano, non ha più la voce fresca e flessibile di un tempo, ma la sicurezza e l’autorevolezza artistica non la abbandonano mai» (cit. ibid., p. 69). Infine, alcuni articoli comparsi sullo stesso quotidiano nel 1884 circa gli attriti fra la cantante e Henry E. Abbey, impresario del Metropolitan, avvalorano la tesi secondo cui, nonostante le indubbie qualità artistiche, Sofia Scalchi avesse un temperamento poco accomodante.
Fonti e Bibl.: F. D’Arcais, Rivista drammatico-musicale, in L’Opinione, 30 settembre 1867, pp. 1 s.; B. Shaw, London music in 1888-89, New York 1937, p. 39; W.H. Seltsam, Metropolitan Opera annals: a chronicle of artists and performances, New York 1947, pp. 1-7, 48 s., 56, 64-69, 73-75, 78; B. Shaw, Music in London, London 1956, p. 25; H. Rosenthal, Two centuries of opera at Covent Garden, London 1958, ad ind.; R. Celletti, Mezzosoprani e contralti, in Musica d’oggi, V (1962), 3, p. 113; G. Berutto, I cantanti piemontesi dagli albori del melodramma ai nostri giorni, Torino 1972, pp. 233 s.; Enciclopedia dello spettacolo, VIII, Roma 1975, col. 1553; B. Shaw, Shaw’s music. The complete musical criticism in three volumes, I, London 1981, pp. 671 s.; G. Gualerzi, Il cammino dell’Opera, in Bollettino dell’Istituto di studi verdiani, III (1982), 9 (Rigoletto), p. 1631; R. Celletti, L’arte vocale, in Il teatro di San Carlo, I, Napoli 1987, p. 306; Il Teatro di San Carlo. La cronologia, a cura di C.M. Roscioni, Napoli 1987, p. 391; Carteggio Verdi-Ricordi 1880-1881, a cura di P. Petrobelli - M. Di Gregorio Casati - C.M. Mossa, Parma 1988, p. 173; J.F. Cone, Adelina Patti. Queen of hearts, Aldershot 1994, pp. 98, 110, 146, 149, 157, 161, 174, 198; K.J. Kutsch - L. Riemens, Großes Sängerlexikon, II, Bern-München 1997, col. 2600; III (suppl.), col. 1759; M. Beghelli - R. Talmelli, Ermafrodite armoniche. Il contralto nell’Ottocento, Varese 2011, pp. 187, 189.