soggiorno
Ricorre solo nella Commedia e in opere di dubbia autenticità.
Nel suo valore fondamentale indica l'atto di trattenersi per un periodo di tempo più o meno lungo in uno stesso posto; con quest'accezione è attestato nella locuzione ‛ far s. ', " sostare ", " indugiare ", presente in Pd XXI 39 altre roteando fan soggiorno, e in XXVII 72, mentre per Pg VII 45 (è buon pensar di bel soggiorno) sembra preferibile attribuire al vocabolo il significato concreto di " località in cui si soggiorna ", come fanno il Sapegno (" a trovare un luogo gradevole per trascorrervi la notte ") e altri, che non quello di " indugio " assegnatogli dal Mattalia.
Il valore temporale prevale nella locuzione sanza soggiorno, " senza indugio ", presente in Rime dubbie XXX 14 e attestata anche in B. Latini (Tesoretto 139 " e poi sanza soggiorno / ripresi mio ritorno ").
In due esempi del Fiore vale " tregua ", " pace ": XXXIV 6 Amor mi mise a tal distruzione / che non mi diè soggiorno assa' né poco, e LX 9, dove Amico si rivolge a Madonna: Amor m'ha sì distretto / di vo', ched i' non posso aver soggiorno. Si collega invece all'idea di " permanenza " in un medesimo stato l'accezione con la quale ricorre in CL 2 Molto mi dolea il cuor quand' i' vedea / che l'uscio mio stava in tal soggiorno!: la Vecchia infatti si duole che l'uscio della sua casa " rimanesse immobile ", non fosse più tentennato (CXLVII 10), cioè " scosso " dagli amanti che, in passato, tentavano di aprirlo.