sognare [cong. imperf. 1 singol. sognasse]
Nel significato proprio di " vedere durante il sonno ", il verbo ricorre in alcune similitudini della Commedia, di cui D. si serve per illustrare analogicamente determinati fenomeni psichici. In If XXX 136 e 137 la ricercata paronomasia accompagna la sottile descrizione di una particolare condizione dell'animo (Qual è colui che suo dannaggio sogna, / che sognando desidera sognare), mentre in Pd XXXIII 58, ancora con una ripetizione (Qual è colüi che sognando vede, / che dopo 'l sogno la passione impressa / rimane, e l'altro e la mente non riede; così nel Petrocchi, mentre la '21 leggeva somniando con la dieresi; quindi cfr. Petrocchi, ad l.), si allude alla labilità delle immagini viste nel sogno, che è anche tipico della visione, quantunque in questo caso proprio l'analogia fra sogno e visione sottolinei l'insussistenza di ciò che si vede dormendo: al poeta accadeva, dopo aver visto il vero spettacolo divino, per difetto di ‛ fantasia ', quel che avviene a chi abbia sognato ingannevoli immagini. Talché in If XXVI 7 (se presso al mattin del ver si sogna), pur riconoscendovi la ben nota teoria dei sogni veritieri del mattino, sembra doversi avvertire una sfumata ricerca antitetica nell'accostamento di ‛ vero ' e s., essendo quest'ultimo propriamente attribuibile a ciò che ‛ non è vero '. Sostanzialmente analoga alle precedenti è l'occorrenza di Pg XXXIII 33 sì che non parli più com'om che sogna, sebbene essa si riferisca forse, oltre che al " vedere nel sonno ", anche al " dormire " che presuppone quel vedere.
In Pg XI 27, l'analogia fra l'incubo notturno e la pena dei superbi che procedono sotto 'l pondo, / simile a quel che talvolta si sogna, introdotta per illustrare con un esempio sensibile quella particolare sofferenza spirituale cui sono sottoposte le anime, presuppone in s. il significato di " sentire " più che di " vedere " durante il sogno.
Una distinzione fra il " vedere nel sonno " e il " delirare ", " farneticare ", percepire vane immaginazioni senza propriamente dormire, riflette il poeta in Vn XXIII 12, quando racconta che le donne che lo vegliavano durante la sua malattia credevano che egli sognasse; mentre s. assume il senso, estensivo, di " delirare " in Pd XXIX 82, proprio in virtù di un'antitesi correttiva (laggiù non dormendo si sogna). Più esattamente " fantasticare ", in Fiore CXCVII 8.
Un senso positivo, anche se limitativo nei confronti del ‛ vedere ', ‛ conoscere ', assume invece il verbo in Cv II XII 4, dove il valore estensivo di " intravedere ", quasi " intuire " (per lo quale ingegno molte cose, quasi come sognando, già vedea), si spiega per il lontano influsso della credenza nel carattere divinatorio di certi sogni (cfr. Parodi, in " Bull. " XXII [1915] 268). Può aggiungersi qui il passo di Pg XXVIII 141 Quelli ch'anticamente poetaro / l'età de l'oro e suo stato felice, / forse in Parnaso esto loco sognaro, " idest, nella loro arte poetica e nel loro furore, pel quale... poterono discrivere gl'alti et admirabili sensi... vidono quasi sognando, e non perfectamente, questa innocenzia " (Landino; per la fonte, v. PERSIO). Con un senso analogo, ma più vicino al " presagire ", il verbo è adoperato in If XVI 122, dove ne è soggetto il ‛ pensiero ' (il tuo pensier sogna), e gli vien contrapposto ‛ attendere ' nel senso di " sapere per certo "; mentre s. acquista il senso estensivo collaterale di " attendersi ", includendo l'altro di " desiderare ", in If XXXII 32 quando sogna / di spigolar sovente la villana, " sogna spesso quello ch'ella desidera e fa il dì " (Ottimo; che, come altri commentatori, indica anche, tra le cause del sogno, il ripetersi abituale di un'azione).
Sul significato assunto da s. in Cv II XII 4, citato, si fonda la spiegazione data dal Parodi (" Bull. " XXVIII [1921] 25) alla sua lezione congetturale in Cv III XV 6 [e nullo] se non co[me] sognando si può appressare a la sua conoscenza. La Simonelli e Busnelli-Vandelli (cfr. le note ad l.) leggono cose negando.