Sogno
Il termine sogno (dal latino somnium, derivato di somnus, "sonno") indica in senso ampio, ogni attività mentale, anche frammentaria, che si svolge durante il sonno; in senso più ristretto, e più comune, l'attività che si verifica generalmente nelle fasi di sonno REM, più o meno nitida e dettagliata, con una struttura narrativa più o meno coerente, con sensazioni prevalentemente visive e con eventuale partecipazione emotiva da parte del dormiente.
Gli psicofisiologi definiscono il sogno come una esperienza mentale nel sonno con carattere di alienità, maggiore o minore nitidezza percettiva, contraddistinta da allucinazioni e frequente partecipazione personale ed emozionale del sognatore alla scena sognata; sono caratteristici anche l'inefficacia dell'esame di realtà e la perdita del controllo volontario del corso del pensiero (Bosinelli-Franzini 1986). L'interesse sperimentale della psicofisiologia per il sogno nasce con la scoperta della fase di sonno REM (Rapid eye movement) e con l'osservazione di movimenti oculari durante il sonno e di un'attività mentale di tipo onirico in soggetti risvegliati in fase REM (Aserinsky-Kleitman 1953; Dement-Kleitman 1957).
Nel risveglio in fase NREM (Non rapid eye movement), invece, i soggetti riportavano esperienze mentali di tipo pensierosimile collegate alla frammentazione della realtà, ma senza quella componente percettiva ed emozionale che caratterizza il sogno. Queste esperienze confermavano un modello dicotomico REM/NREM come equivalente di una differenziata attività mentale durante il sonno. Altri autori (Molinari-Foulkes 1969) hanno poi distinto, nell'ambito di una fase REM, quella con movimenti oculari (REM-m), più ricca di esperienze visive, da quella senza movimenti oculari (REM-q), dove prevalgono le elaborazioni cognitive.
Ciò conferma l'ipotesi di un isomorfismo tra eventi mentali nel sonno e attivazione corticale (la desincronizzazione del sonno REM), mentre le onde PGO (ponto-genicolo-occipitali) potrebbero rappresentare l'equivalente elettrico di un processo di decodificazione e lettura di informazioni che nascono nel sistema nervoso centrale e, in particolare, nelle vie visive, durante il sogno. Esiste anche una dominanza emisferica durante la fase REM e il sogno concomitante, con una prevalente attivazione dell'emisfero destro, specializzato in compiti geometrico-spaziali e di codifica-decodifica emozionale. L'emisfero sinistro sembra invece prevalere quando dall'evento primario percettivo del sogno si passa all'evento secondario narrativo dello stesso.
Recentemente, tuttavia, esperienze psicofisiologiche hanno dimostrato che un'attività mentale è presente durante tutto il periodo di sonno, e che le esperienze che si hanno in fase REM non sono distinguibili da quelle in fase NREM (Sogni. Figli d'un cervello ozioso 1991). Inoltre, all'addormentamento possono avvenire sogni analoghi a quelli fatti in sonno REM. Lo studio della narrazione del sogno dimostra poi che esiste una correlazione tra bizzarria del sogno (lavoro onirico) e quantità di parole usate per la sua narrazione e che durante il sonno REM il numero di parole usate è maggiore rispetto alle fasi NREM, quindi anche il lavoro onirico è maggiore.
Queste esperienze suggeriscono che tra l'attività mentale in REM e in NREM esistono soltanto differenze quantitative di funzionamento di un comune sistema di produzione del sogno. Interessanti le osservazioni neuropsicologiche di M. Solms (1995) eseguite su pazienti cerebrolesi: i sogni erano presenti anche in soggetti con lesioni di quelle strutture del tronco encefalico (ponte) considerate indispensabili per indurre e mantenere il sonno REM. I sogni sono invece aboliti in seguito a lesioni della corteccia associativa parieto-occipitotemporale e frontale. Inoltre, danni alla corteccia limbica impediscono ai pazienti di distinguere fra sogno e realtà e possono stimolare un'attività onirica continua.
La ricerca cognitivista sul sogno (Foulkes 1985; Cavallero 1991) ha dimostrato che è un processo con caratteristiche cognitive, prodotto da un 'unico sistema' che opera nelle diverse fasi del sonno. È un processo simbolico di elaborazione, interpretazione, riorganizzazione in una sequenza narrativa del materiale accumulato nella memoria durante la veglia. Le strutture mentali cui è affidato questo compito si organizzano nell'ontogenesi attraverso lo sviluppo della memoria evocativa e simbolica. I cognitivisti sono interessati a come il sogno si forma e si organizza e correlano i meccanismi della sua produzione con la desincronizzazione della corteccia cerebrale e con la maturazione di quelle aree corticali che presiedono all'organizzazione simbolica dell'esperienza. I modelli cognitivisti sottolineano anche le analogie e similarità tra attività onirica e linguaggio, nel senso che le leggi biologiche e psicologiche dell'ontogenesi, che governano lo sviluppo e la produzione del linguaggio, sono quelle coinvolte anche nella organizzazione, rappresentazione e narrazione onirica.
L'ipotesi cognitivista è che il sistema che organizza il sogno (nei suoi aspetti rappresentazionali e narrativi) sia lo stesso che organizza il linguaggio (nei suoi aspetti sintattici e semantici). A favore di questa ipotesi esistono dati neuropsicologici (Solms 1995) in cui i disturbi del sogno fino alla sua scomparsa erano presenti per lesioni delle aree associative, temporo-parietoccipitali e frontali, in particolare dell'emisfero sinistro. In conclusione, le fasi di sonno appaiono come preziose 'cornici biologiche' all'interno delle quali l'attività mentale può organizzarsi. Mentre la psicologia sperimentale studia le diverse forme narrative che compaiono in coincidenza con le diverse fasi del sonno (REM e NREM), la psicologia cognitivista è interessata a come si formano i sogni e suggerisce ipotesi relative ai processi che conducono all'elaborazione delle informazioni sensoriali, all'attivazione della memoria, all'organizzazione del pensiero del sogno e alla sua narrazione.
Dobbiamo tuttavia precisare che, mentre il sonno con le sue fasi è un processo non specifico essenzialmente identico per tutti gli individui appartenenti alla stessa specie, il sogno è un'esperienza affettivo-cognitiva specifica per ogni individuo e si costruisce sulla storia affettiva ed emozionale personale di ognuno. L'attività onirica, quindi, anche se è una funzione del sonno, non può essere confusa con le strutture biologiche che ne producono le diverse fasi. La mente che lavora durante il sonno genera un'attività metaforica, metonimica e simbolica che si pone a un livello epistemologico diverso rispetto all'attività dei neuroni cerebrali e dei sistemi che operano nel cervello durante il sonno.
Con S. Freud (1900) il sogno acquista una dignità scientifica ed entra di diritto nella storia del pensiero umano. La radice delle intuizioni freudiane relative al sogno è nel suo Progetto di una psicologia (1895), che costituisce il primo modello di relazione mente/cervello dove, con un linguaggio apparentemente neurofisiologico ma di fatto metaforico, Freud getta le basi per una funzione mentale che nasce dalla percezione (sistema ϕ), si deposita nel sistema della memoria che contiene anche l'energia pulsionale (sistema ψ) e raggiunge la motricità (M) secondo uno schema mutuato da C.S. Sherrington.
Il sistema ω è il semaforo che controlla il percorso progressivo di questa energia che dal sistema ϕ si porta alla motricità attraverso il sistema ψ. Nel sonno, quando la motricità è inibita e il sistema ω è fuori funzione, in quanto siamo privi di afferenze rispetto alla realtà, l'energia pulsionale memorizzata (rimossa) accumulata nel sistema ψ deve scaricarsi seguendo un percorso regressivo, colpendo dall'interno le porte della percezione (sistema ϕ) e creando una percezione senza oggetti, cioè un'allucinazione. Da questo modello scaturisce la definizione di sogno come soddisfazione allucinatoria di un desiderio rimosso nell'infanzia. Alla base del sogno esiste dunque per Freud una regressione di tipo topico, che riguarda l'energia che si sposta dalla pulsione rimossa (diventata inconscia) verso le porte della percezione, di tipo temporale, che comporta il trasferimento di un desiderio molto arcaico (infantile) nell'attualità della rappresentazione, di tipo formale, che consiste nell'uso di rappresentazioni molto primitive (sul piano sia ontogenetico sia filogenetico).
Poiché nelle tre regressioni si concentrano le modalità oniriche che permettono di rivivere le emozioni più significative dell'ontogenesi, è chiaro che nel sogno si attiva un processo che, grazie alla memoria, salda il presente al passato e crea un ponte tra le emozioni di un tempo e quelle attuali. Ciò è reso evidente dal processo analitico che, in quanto basato sul transfert, permette a queste esperienze antiche di riattivarsi. Tuttavia, Freud tende piuttosto a dare al sogno una dimensione filogenetica relativa allo sviluppo del genere umano. Questa dimensione gli permette di considerare la psicoanalisi attraverso il sogno una scienza che tende a ricostruire le fasi più antiche e più oscure dell'umanità (Freud 1915).
Il lavoro che rende possibile la produzione del sogno è definito dai processi di condensazione, spostamento, drammatizzazione, simbolizzazione. La regista di questo lavoro onirico è la 'censura' derivante dalla necessità che ha il sogno di rappresentazione mediante una profonda deformazione dei propri contenuti. La condensazione permette di sovrapporre eventi nel tempo e nello spazio come non è possibile nella realtà; lo spostamento consente invece al sognatore di porre attenzione a un oggetto altro rispetto ai propri desideri; la drammatizzazione permette di mettere in scena e rappresentare in un teatro privato le proprie emozioni; la simbolizzazione è la scelta di un oggetto per un altro e di un significante per esprimere molteplici significati. A questo riguardo, Freud precisa che il simbolismo non appartiene solo al sogno, ma è patrimonio dei miti, dei proverbi e delle battute popolari, dando quindi al simbolo una dimensione cosmologica. Il simbolo comunque non è metastorico ma dipende dalla storia del soggetto e dal contesto relazionale in cui è usato.
Grazie alla censura si assiste nel sogno a un'operazione che potremmo definire di retorica (Eco 1981), nel senso che è tesa a differenziare, distorcere e trasformare i contenuti del testo, creando uno scarto tra contenuto latente e contenuto manifesto. Secondo Freud, il lavoro interpretativo del sogno diventa una chiave di decodifica dal contenuto manifesto al contenuto latente: decodifica facilitata dalle libere associazioni che permettono anche di riconoscere una continuità tra la vita inconscia della veglia e la vita inconscia del sogno.
Quello che rende il sogno bizzarro e incomprensibile è comunque il modo di espressione che ritorna a condizioni precedenti lo sviluppo del nostro linguaggio concettuale: come un'operazione a ritroso dalla scrittura alfabetica a quella ideografica, ma anche come passaggio da un sistema di significazione, quello linguistico, indispensabile alla narrazione del sogno, a un altro, quello delle rappresentazioni affettive le quali, in quanto processi primari, restano comunque inconoscibili. Ciò che infatti conosciamo del sogno è la sua narrazione legata a un processo secondario.
La definizione di Freud che tutti i sogni siano un appagamento di desiderio ha sollevato molte perplessità tra i vari psicoanalisti. Per mostrare che il meccanismo con cui il sogno può a un tempo appagare un desiderio ma anche produrre angoscia, Freud ricorre al concetto della multidimensionalità della personalità, per cui il sogno fatto da una parte di essa può esprimere un desiderio che diventa conflittuale rispetto all'altra. Freud comunque era con il sogno alla ricerca di quegli elementi rimossi nell'infanzia che gli permettessero una ricostruzione di un passato essenzialmente storico degli eventi traumatici del paziente che potevano avere causato la sua nevrosi. Quindi è attraverso il sogno che Freud ripropone la riscrittura di un'autobiografia il più vicino possibile alla storia del paziente anche se, in Ricordi di copertura (1899) aveva messo in dubbio l'autenticità dei ricordi relativi alla nostra infanzia che potevano piuttosto essere stati costruiti sulla nostra infanzia.
L'ambiguità relativa alla memoria storica che opera nel sogno permea tutta l'opera di Freud fino al 1937, anno in cui con Costruzioni nell'analisi egli ritorna al passato che sopravvive nel presente quale base della costruzione nel processo analitico. Nella Nuova serie di lezioni del 1932 (pubblicata nel 1933), Freud è interessato a ribadire i concetti espressi nel Progetto di una psicologia, ma corregge la sua affermazione che tutti i sogni siano appagamenti allucinatori di desideri e ammette che esistano almeno due situazioni in cui la teoria del sogno può essere falsificata: quella dei sogni traumatici e quella dei sogni che evocano esperienze dolorose dell'infanzia.
Nello stesso 1932 si affaccia un nuovo paradigma che riguarda la teoria della mente e conseguentemente la teoria del sogno: è il paradigma di M. Klein, per il quale non sarà più il rimosso la molla che fa lavorare nel sogno la nostra mente, come voleva Freud, ma una relazione dinamica tra 'oggetti interni' che si sono stratificati nel nostro inconscio, nella prima infanzia, attraverso complessi processi di interazione (scissione, identificazione proiettiva e introiettiva ecc.) del bambino con i genitori e in particolare con la madre.
Tali oggetti interni mantengono tra loro, nel corso della vita, una relazione dinamica che, anche se modificata dalle esperienze successive, conserva un nucleo originario collegato alle prime esperienze infantili. Sono queste che hanno partecipato, attraverso una processualità macro- e microtraumatica, alla organizzazione della personalità e del carattere. Saranno queste a ricomparire nel sogno sotto diverse spoglie quando le parti infantili della personalità del paziente verranno attivate dalla relazione analitica e dal transfert.
A Klein va il merito di avere dato al sogno una funzione centrale all'economia della mente: quella di rappresentare le tappe evolutive cui essa va incontro nel suo sviluppo così come possono essere colte nel transfert. Il modello interpretativo del sogno diventa con Klein di tipo 'teologico', nel senso che è determinato dagli oggetti interni, cioè da quelle figure genitoriali significative che hanno acquisito un significato sacrale per l'individuo, diventando dei e diavoli del suo universo mentale. "Dietro a ogni strategia del mondo simbolico esiste, a legittimarlo, una teologia", così scrive Eco (1981, p. 912) sollecitando la ricerca di possibili analogie tra sogno e religione. Se la religione è una sistemazione generale del mondo con la funzione di rappresentare una realtà sociale idealizzata (Durkheim 1912), il sogno può essere visto come una religione personale della mente, con la funzione di rappresentare quegli oggetti interni che hanno acquisito un significato teologico per l'individuo (Mancia 1987). E se la religione è un sistema di credenze e pratiche relative a 'cose sacre' che unificano in una comunità morale quelli che vi aderiscono, il sogno può essere visto come una religione della mente, in quanto unisce in una complessa relazione gli elementi emotivamente e affettivamente più significativi che nel tempo si sono stratificati nel mondo interno del sognatore. Il sogno diventa allora il teatro privato dove si rappresenta la mente del sognatore con personaggi in relazione tra loro da cui scaturisce un significato che è portato nel mondo esterno e nelle relazioni esterne.
La teoria degli oggetti interni ha valorizzato il sogno; essa ha infatti introdotto nuovi valori, nella dimensione psicoanalitica della mente, e nuove responsabilità per l'uomo rispetto allo stato dei suoi oggetti (interni ed esterni). Inoltre ha conferito un significato nuovo essenzialmente relazionale al concetto di fantasia inconscia. Il modello teologico della mente ha subito un'ulteriore trasformazione e arricchimento a opera di autori (Bion 1962; Money-Kyrle 1978) per i quali il sogno diventa un fondamentale strumento di conoscenza. Il modello proposto può essere definito come epistemologico e si basa sull'affermazione di R. Money-Kyrle (1961) che se l'uomo è la rappresentazione del mondo e in questa rappresentazione si identifica la sua dimensione conoscitiva, il sogno in quanto rappresentazione del mondo interno dell'uomo diventa esso stesso fonte di conoscenza.
Secondo W.R. Bion, il sogno ha la funzione di trasferire le esperienze emotive e sensomotorie della veglia (come elementi β) in pensieri del sogno (funzione α), e di dare continuità alla vita mentale nel suo passare dalla veglia (dominata da fantasie) al sonno (dominato dal sogno). Ne consegue un capovolgimento del rapporto tra sogno e inconscio rispetto a Freud. Censura e resistenze sono per Bion lo strumento per mezzo del quale il sogno crea e differenzia il conscio dall'inconscio. Questo autore introduce il concetto di 'barriera di contatto', di grande rilievo per la clinica del sogno. La barriera di contatto è una membrana semipermeabile che permette un continuo scambio tra conscio e inconscio. Nella seduta analitica il sogno può essere allora visto come un processo in cui la barriera di contatto è in continua formazione e trasformazione. È tale fluidità della barriera a farci cogliere nel sogno, prima che altrove, le trasformazioni più significative che il paziente compie nella sua relazione con l'analista.
Mentre, dunque, per Freud è il desiderio infantile rimosso a porsi deterministicamente come modello del sogno e per Klein il sogno esprime la necessità di rappresentare la teologia del sognatore, vale a dire i suoi oggetti interni in relazione tra loro e con il mondo, per Bion è l'esperienza e la capacità trasformativa e mitopoietica della mente a rendersi responsabile dell'incessante presenza del sogno nella vita dell'uomo. Un concetto, questo, antropologicamente molto rilevante che sottolinea la necessità dell'uomo di sognare, necessità che si collega alle antiche rappresentazioni grafiche che segnano l'inizio della civiltà umana (Mancia 1994, 1996).
Nella relazione analitica il sogno acquista una dimensione tutta particolare in virtù del transfert che, considerato come una situazione relazionale totale trasferita dal passato al presente, permette al paziente di proiettare nell'analista lo stato dei suoi oggetti interni. Il sogno allora diventa in analisi un''esperienza reale', perché rappresentando il mondo interno nel suo immediato presente esprime il transfert in tutta la sua totalità. Il sogno in analisi può ovviamente essere anche altre cose, per es. una comunicazione specifica del paziente all'analista, l'esaudimento di un desiderio o persino una premonizione, ma il suo significato più profondo è quello relativo alla possibilità di esprimere momento per momento lo stato degli oggetti interni del sognatore e la loro relazione con l'analista. Per questo il sogno acquista valore, in quanto può essere contestualizzato nell'ambito di una relazione e su questa base interpretato.
Naturalmente è necessario riconoscere nel sogno le due dimensioni che vi operano: la dimensione 'intrapsichica' e quella 'intersoggettiva'. Nella prima, gli oggetti interni del sognatore sono identificati con le figure del sogno che vengono a rappresentare anche lo stato affettivo di questi oggetti, l'eventuale situazione conflittuale tra loro e le loro difese. A un tempo, il sogno propone una dimensione intersoggettiva quando parti del Sé del sognatore sono identificate con figure che possono richiamare simbolicamente l'analista e permette di conferire all'incontro analitico un senso nuovo e condiviso. Il sogno è attualmente visto, non tanto quanto esperienza solitaria del sognatore, quanto come esperienza che narra l'attualità e il destino della relazione di coppia. Quindi, anche se è il paziente a sognare (ma occasionalmente sogna anche l'analista), è sempre determinato da una situazione affettiva relazionale e tende quindi a scoprire una verità che appartiene alla coppia analitica (Mancia 1996).
Appare dunque chiaro che il sogno ricondotto all'hic et nunc della relazione diventa un sussidio prezioso alla 'costruzione' intesa come selezione ed elaborazione del materiale transferale che si presenta nella relazione. Queste operazioni sono rese possibili nel sogno dalla memoria, la cui funzione principale è quella di saldare le emozioni del passato a quelle del presente, la realtà attuale a quella dell'infanzia attualizzata dal transfert, e con questo di permettere un lavoro ricostruttivo sul transfert.
Sogno dunque come pontifex che, collegando le esperienze attuali (legate anche alla realtà esterna sotto forma di resti diurni) con le esperienze di un tempo, fa da ponte tra inconscio presente e inconscio passato (Sandler-Sandler 1987) dando unità all'esperienza inconscia e storicizzandola. Su questa base il sogno in analisi diventa il luogo privilegiato per quella esperienza definita da Freud come Nachträglichkeit, e cioè come possibilità di rivivere esperienze passate attraverso una ritrascrizione della memoria, ritrascrizione resa possibile dal lavoro (working through) della coppia analitica.
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