SOIA
(XXXII, p. 34; App. II, II, p. 856)
Esistono molte varietà di s. derivate da miglioramenti genetici, che le hanno rese adatte a vari ambienti e a diverse condizioni climatiche e più resistenti ai parassiti. Vi sono anche alcune differenze di composizione che rendono le varie specie particolarmente adatte ai diversi impieghi. Così recentemente negli Stati Uniti sono state realizzate alcune varietà con contenuto di olio superiore del 3-4% rispetto al valore medio delle varietà tradizionali.
L'importanza assunta dalla s. deriva dalla sua composizione: contiene oltre un terzo, in peso, di proteine e di glucidi e circa un quinto di lipidi, oltre a vitamine e componenti fibrosi; trova pertanto impiego nella preparazione di alimenti e di materie prime per diversi prodotti industriali. Durante la conservazione i granuli di s. tendono ad alterarsi sviluppando sapore e odore leggermente sgradevoli, dovuti alla presenza di enzimi, saponine e glicosidi, che vengono eliminati o inattivati, per riscaldamento con acqua e con vapore o con altri metodi. Mentre presso i popoli orientali il maggiore impiego della s. si ha nell'alimentazione umana, specialmente per l'apporto proteico, nei paesi dell'Europa e dell'America la s. viene ancora prevalentemente utilizzata nella preparazione di mangimi e nell'estrazione dell'olio.
Nella tab. 1 è riportata la composizione media dei semi di s. (le percentuali sono riferite alla sostanza secca). Le proteine sono in gran parte simili a quelle della caseina del latte, ma piuttosto diverse da quelle di altre leguminose; contengono amminoacidi essenziali nella misura di circa un terzo del proprio peso e sono caratterizzate da una facile digeribilità. Nei semi sono presenti anche alcune vitamine, specialmente acido pantotenico, piridossina, acido nicotinico, riboflavina, acido folico, tiamina, biotina, carotene.
Dai semi di s. per spremitura si ottiene un olio e si residua una farina. L'olio (v. oli e grassi, in questa Appendice) è utilizzato per usi alimentari (come tale o dopo idrogenazione) e per applicazioni industriali. Ai sistemi di estrazione per spremitura si sono via via sostituiti quelli a solvente, i soli a essere usati oggi. I semi sono prima decorticati, facendoli passare fra coppie di rulli a superficie corrugata; i frammenti della corteccia sono allontanati con una corrente d'aria mentre i semi, per facilitare l'estrazione dell'olio, sono ridotti in sottili scaglie (0,2 mm-0,5 mm), per passaggio fra rulli a superficie liscia. Il solvente più usato è l'esano o anche benzina solvente, a basso punto d'ebollizione. L'estrazione si effettua con i normali sistemi, per lo più continui, a controcorrente, e dalla soluzione oleosa che si ottiene l'olio si ricupera allontanando il solvente per distillazione e reimmettendolo in ciclo. L'olio subisce diversi trattamenti a seconda degli usi ai quali è destinato: innanzi tutto dev'essere privato delle sostanze mucillaginose sempre presenti, che con il tempo tenderebbero a precipitare deteriorando il prodotto. Per la loro eliminazione si aggiunge all'olio un po' di acqua (talora acidulata) che idrata i fosfatidi (principali componenti della frazione mucillaginosa, costituiti da esteri dell'acido fosforico con alcoli) e ne facilita la precipitazione; la loro separazione si opera poi per centrifugazione. L'olio può quindi essere trattato con alcali per ridurre l'acidità libera, decolorato (per trattamento con carboni attivi o con terre decoloranti), idrogenato per ridurre gli acidi grassi insaturi, aumentandone la stabilità e il punto di rammollimento. I fosfatidi allontanati dall'olio per centrifugazione sono essiccati sotto vuoto; contengono circa il 30-35% di olio che può essere eliminato per estrazione con acetone; contengono diversi componenti (fosfatidilcolina, fosfatidiletanolammina, fosfatidilinositolo, ecc.) e sono messi in commercio come lecitine di s., come tali o con l'olio residuo, in polvere o in granuli; si usano per le loro proprietà emulsionanti, bagnanti, come regolatori della viscosità, della cristallizzabilità, come additivi in prodotti alimentari o industriali. Così si aggiungono al cioccolato (per ridurre la cristallizzazione degli zuccheri) e alla margarina (per ridurne la tendenza a ''schizzare'' quando viene riscaldata). L'uso industriale si ha come additivo di lubrificanti, nelle vernici, come stabilizzante di emulsioni nell'industria delle pelli. Trova impiego anche in farmacia.
L'olio di s. grezzo privato dei fosfatidi (ne contiene circa il 2,5%) e degli acidi grassi liberi, decolorato, presenta un contenuto elevato di esteri di acidi grassi insaturi (v. oli e grassi, in questa Appendice, tab. 2); con l'idrogenazione il contenuto di insaturi viene ridotto; l'olio trova impiego, oltre che per usi alimentari, anche per usi industriali (vernici, preparazione di resine alchidiche modificate), nella formulazione di pesticidi, per ridurre la formazione e lo sviluppo di polveri nel trasporto di cereali; se ne propone da più parti, in alternativa ad altri oli vegetali, l'uso come carburante per motori diesel, sia dell'olio come tale che sotto forma di estere metilico o etilico.
Le proteine vengono utilizzate sotto forma diversa: farine, o concentrati di differente contenuto. Le farine possono essere di diverso tipo, a seconda degli impieghi ai quali sono destinate, e differiscono per contenuto di olio (presente totalmente, parzialmente o quasi completamente assente) e per grado di purezza. Quelle a contenuto totale di oli si ottengono frantumando e granulando i semi decorticati; quelle con contenuto parziale di olio si possono ottenere con un'estrazione più o meno blanda dell'olio (per es. per spremitura dei semi preventivamente riscaldati con vapore); si preferisce però, specie nel caso si prescriva un contenuto determinato di olio, operare un'estrazione che lasci nel prodotto una quantità di olio minore del richiesto aggiungendo poi la quantità mancante. Dall'utilizzazione dei pannelli residuati dall'estrazione dell'olio con solventi si ottengono farine con contenuto quasi nullo di olio.
Le farine possono subire trattamenti diversi, in base al grado di solubilità richiesto alle proteine, che può variare dal 10% all'80% circa (in base al grado di riscaldamento al quale sono sottoposte); le farine possono essere messe in commercio con grado di macinazione diverso: fiore di farina, farine grossolane. I concentrati proteici possono contenere dal 70% al 90% circa di proteine (rispetto al prodotto secco); si ottengono dai pannelli residuati dall'estrazione dell'olio con solventi per trattamento con soluzioni alcaline (che solubilizzano le proteine) dalle quali si riprecipitano poi per acidificazione del prodotto separato. Per il loro valore biologico e per il loro basso prezzo servono nella preparazione di alimenti dietetici, di mangimi, di prodotti industriali, sia tal quali che modificati chimicamente. Nella tab. 2 sono riportate le percentuali, medie, di amminoacidi costituenti; si vede che sono presenti tutti quelli considerati essenziali (segnati nella tabella con un asterisco), che rappresentano oltre un terzo del totale. Specialmente nei paesi orientali, ma oggi anche negli Stati Uniti e in Europa, la s. e le sue farine vengono utilizzate nella preparazione di prodotti alimentari ad alto contenuto proteico, quali latte, formaggi, ecc.
Il latte di s., di aspetto simile a quello animale, si prepara dai granuli mantenuti prima in acqua, poi macinati e spappolati sempre in acqua; si ottiene un prodotto lattiginoso che contiene come componenti principali protidi, lipidi e pochi glucidi; dopo filtrazione si conserva in condizioni asettiche; può anche essere concentrato o arricchito di zucchero. Dal latte di s., come da quello animale, a mezzo di acidi (acido acetico) e di sali (cloruro di magnesio, solfato di calcio), si può ottenere una coagulazione, cagliata, che può essere pressata fornendo un formaggio da consumare fresco, tal quale, o, dopo fermentazione per inoculazione di Actynomucor elegans, anche conservato a lungo.
Un prodotto particolare, denominato yuba, è costituito da un film ottenuto riscaldando il latte di s. a temperatura di poco inferiore a quella di ebollizione; si forma sulla superficie del liquido una pellicola cremosa che può essere usata per scopi alimentari (avvolgere carni o vegetali), oppure, tagliata in striscioline o in pezzetti, per preparare zuppe. Un prodotto di caratteristiche migliori si può ottenere partendo, anziché dal latte, direttamente da proteine. Le proteine di s. trovano anche applicazioni industriali: come dalla caseina del latte per filatura (lanital), si possono ottenere fibre tessili; si usano nella patinatura della carta e si possono anche utilizzare come materia prima per produrre adesivi, plastificanti, lubrificanti, materie plastiche.
Produzione e commercio. - La produzione mondiale di s. ha conosciuto un grande sviluppo a partire dalla fine della seconda guerra mondiale. Il ritmo di crescita della produzione è stato alto anche nel periodo considerato (1978-93), nel corso del quale l'incremento complessivo è stato pari al 44,6% (v. tab. 3), pur se alcune annate sono state segnate da flessioni. Ciò grazie all'aumento del rendimento unitario, salito da 16,1 a 19,2 q/ha, e all'estensione del terreno destinato alla coltura della s., che è passato da 47,6 a 57,7 milioni di ha. Il continente americano fornisce mediamente i quattro quinti del totale mondiale. Tra i paesi produttori primeggiano stabilmente gli Stati Uniti, che da soli forniscono circa la metà della produzione mondiale; seguono il Brasile, l'Argentina e, staccati, il Canada, il Paraguay e il Messico. Il continente asiatico, che annovera i paesi tradizionalmente coltivatori di s., fornisce mediamente oltre il 15% della produzione mondiale. Oltre il 60% della produzione asiatica è fornito dalla Cina, seguita a notevole distanza dall'India, dall'Indonesia e dalla Thailandia. Di scarso rilievo le produzioni europea, africana e dei paesi dell'ex Unione Sovietica. Il commercio della s. e di prodotti semilavorati di s. è passato, nel periodo considerato, da 37 a 57 milioni di t. Nei primi anni Novanta il fatturato annuo complessivo si aggirava sui 12 miliardi di dollari USA. Tra i principali esportatori figurano Stati Uniti, Brasile e Argentina; tra gli importatori il Giappone, i Paesi Bassi, la Cina, la Spagna, il Messico e alcuni altri paesi europei.
In Italia quella della s. è coltura recente; malgrado ciò la produzione è giunta in un decennio a occupare il nono posto nella graduatoria mondiale, se pure con cifre modeste (v. tab. 3). Il terreno messo a coltura è passato dai 3000 ha del 1982 agli oltre 200.000 del 1993, il rendimento unitario dai 27,7 q/ha del 1982 ai 45,4 del 1993. Ciononostante, a causa della crescente richiesta interna, nel 1992 l'Italia ha importato oltre 2,5 milioni di t di s. e di prodotti semilavorati di soia.