SOKRATES (Σωκράτης)
1°. - Scultore di Tebe. Secondo Pausania (ix, 25, 3), S. lavorò insieme con Aristomedes, a una statua votiva in marmo della Meter Dindymène, destinata al santuario eretto in Tebe da Pindaro, presso la sua abitazione. La dea vi appariva seduta in trono. Probabilmente questo S. va identificato con il S. che Plinio (Nat. hist., xxxvi, 32) dichiara artefice delle Cariti (v.) poste all'ingresso dell'Acropoli, come lo Studniczka ha riconosciuto, per quanto Plinio dica che alcuni identificassero questo S. anche con l'omonimo pittore (v. S., 2°) e altri lo identificava col filosofo (v. socrate).
Peraltro, in epoca posteriore l'autore delle Cariti fu identificato con il filosofo Socrate (Paus., i, 22, 8; ix, 35, 3; Diog. Laert., ii, 19). Ciò forse spiega il gran numero di copie delle Cariti dell'ingresso dell'Acropoli, che sono state ritrovate: gli ammiratori romani del filosofo ambivano possedere un'opera supposta di sua mano e, pertanto, ne ordinavano la copia nei laboratorî neoattici. Il gruppo delle tre Cariti era un altorilievo, consistente in tre figure femminili, vestite, che si tengono strettamente per mano. Esse stanno danzando, girando verso sinistra. La prima, in lungo peplo con maniche, ampio e sinuoso, e chitone, è raffigurata di tre quarti; la seconda, in peplo con chitone, in posizione frontale, e l'ultima, con chitone ed himàtion, di profilo. Considerando lo stile, il rilievo risale al 470 a. C., e più tardi fu collocato nella nicchia tra il corpo centrale e l'ala meridionale dei Propilei. La datazione elimina senz'altro la possibilità che il filosofo ne sia stato l'autore, poiché a quell'epoca era ancora bambino. Inoltre, lo stile stesso sta ad indicare, inequivocabilmente, l'origine beotica dell'opera. Tuttavia, a tutt'oggi poche altre opere sono collegabili con il rilievo delle Cariti. Infatti, l'Hermes Propýlaios (suggerito dallo Schmidt e dal Lippold) è solo una variante dello Hermes di Alkamenes. Una parentela generica parrebbe risultare con la statuetta di Hermes Kriophòros, nel Museo Barracco che, per lo più, è dichiarata copia di un'opera del beota Kalamis.
Bibl.: J. Overbeck, Schriftquellen1, n. 907-15; F. Studniczka, Kalamis, in Abhandl. d. Sächs. Ges. d. Wiss., XXV, 1907, p. 40, 10; Brunn-Bruckmann, Denkmäler, tav. 654 r; E. Schmidt, Archaistische Kunst in Griechenl. u. Rom, Monaco 1922, p. 45 ss.; G. Lippold, in Pauly-Wissowa, III A1, 1929, c. 891 s., s. v., n. 9; M. Bieber, in Thieme-Becker, XXXI, 1937, p. 221, s. v. S. II; G. Lippold, Handbuch, III, i, Monaco 1950, p. 112; W. Fuchs, Die Vorbilder d. neuattischen Reliefs, in Jahrbuch, XX, 1959, p. 59 ss.