SOLARO, Clemente, conte della Margarita
Nacque a Cuneo il 21 novembre 1792, primogenito del conte Vittorio Luigi e di Gabriella Galleani d’Agliano.
Di antica famiglia feudale di Asti, Antonio Solaro dei signori di Govone era stato investito nel 1646 del titolo di conte della Margarita, un povero villaggio tra Cuneo e Mondovì. I Solaro furono alti funzionari e militari al servizio dei Savoia, espressione di quella nobiltà piemontese di provincia di modeste fortune che si ritirò in campagna durante l’occupazione francese. Il padre di Clemente fu una figura scialba, mentre un grande peso sulla formazione della sua personalità lo ebbero la madre e le sue relazioni parentali.
Il sesto conte della Margarita fu educato in famiglia da precettori religiosi, poi, tra il 1803 e il 1806, nel collegio Tolomei di Siena retto dai padri scolopi, insieme a molti altri figli dell’aristocrazia piemontese inviati in Toscana per sottrarli agli influssi formativi francesi. Si laureò in legge all’Università di Torino nel 1812. Alcuni tratti della sua personalità erano ormai definiti: per prima la fedeltà assoluta all’autorità della Chiesa, anche sul piano temporale, da cui discendeva la fedeltà al trono, l’intolleranza poi per le opinioni altrui, la rigidità nei giudizi, la certezza nel sentirsi depositario della verità. Crollato l’impero napoleonico, con la prima Restaurazione tornarono alle più alte cariche del Regno di Sardegna gli esponenti della vecchia classe dirigente diplomatico-militare fedeli ai Savoia, ostili a tutte le novità francesi e a ogni concessione costituzionale, assertori del governo assoluto. Fu con la loro protezione che Solaro entrò in diplomazia dalla porta principale, nel maggio del 1816, a ventiquattro anni, e dopo soli quattro mesi di apprendistato raggiunse Napoli quale segretario della legazione sarda.
Erano in quel momento ai vertici dello Stato il ministro degli Esteri Alessandro Vallesa di Montalto, parente e molto legato al ramo materno dei Galleani d’Agliano; il ministro dell’Interno Pio Girolamo Vidua di Conzano, zio di Solaro; un altro zio, Giuseppe Maria Galleani d’Agliano, che era stato nel 1815 ministro reggente della Guerra, era ‘contadore’ delle milizie e sarebbe divenuto viceré di Sardegna nel 1822. Soprattutto vi era il potentissimo Vittorio Amedeo Sallier de La Tour, allora governatore della divisione di Novara, poi ministro degli Esteri dal 1822 al 1835, quando ottenne che a succedergli fosse Solaro stesso, del quale fu sempre il protettore, anch’egli sposato con una Galleani d’Agliano.
Le reti parentali, cortigiane e politiche nelle cooptazioni di soli aristocratici in diplomazia erano da molto tempo la prassi. Ma nel caso di Clemente Solaro giocò pure un altro forte elemento di sostegno, che lo accompagnò anche da ministro, cioè l’Amicizia cattolica, alla quale erano assai vicini, pur non formalmente aderenti, tutti i personaggi menzionati, mentre la nonna e la madre già avevano fatto parte delle Amicizie cristiane segrete, tra la fine del Settecento e la Restaurazione, e un altro zio, Cesare Renato Galleani d’Agliano, vi fu attivissimo, tra il 1807 e gli anni Venti.
L’Amicizia cattolica fu costituita nel 1817, in piena continuità con la rete, italiana e non, delle precedenti Amicizie, che a Torino avevano ripreso l’attività clandestina sin dal 1804. Rinacque allora come associazione non più segreta, di laici solo aristocratici, con segretario Cesare d’Azeglio e lo scopo dichiarato della diffusione della ‘buona stampa’, dell’obbedienza alla Chiesa, dell’opposizione a tutte le manifestazioni di liberalismo. Dietro un’ideologia che riuniva tutte le sfumature del pensiero reazionario, l’associazione, controllata dai gesuiti, mirava però anche a promuovere le carriere all’apice delle istituzioni dei propri aderenti e di far prevalere l’influenza dei gesuiti stessi nei vari rami del governo, secondo la testimonianza non sospetta di uno dei fondatori più attivi, Luigi Provana di Collegno. I personaggi ai vertici del ministero degli Esteri per gran parte degli anni Venti furono ‘amici cattolici’, che perseguirono tra l’altro l’obiettivo dei gesuiti di interrompere le tradizioni giurisdizionaliste settecentesche sabaude nei confronti della S. Sede, un obiettivo che Solaro da ministro fece proprio. Altrettanto infeudata ai gesuiti era l’istruzione superiore. È del tutto capziosa l’affermazione di Solaro, poi ripresa dai suoi apologeti, di non aver fatto parte dell’Amicizia stante la sua assenza dal Piemonte, dal momento che l’associazione si autosciolse, su pressione di Carlo Felice, il 5 giugno 1828. Lo è perché, a prescindere dall’assenza formale nell’organo direttivo, ne condivise appieno l’humus, le finalità, le reti di relazioni; e perché gli ‘amici’ che l’avevano appoggiato all’inizio della carriera lo consideravano organico all’associazione e continuarono a sostenerlo restando ai vertici delle istituzioni anche sotto Carlo Alberto, il quale ancora nel 1844 riteneva il proprio ministro uno dei sostenitori più accesi della Società cattolica, erede dell’Amicizia.
L’esordio in diplomazia di Clemente Solaro a Napoli fu insignificante, ma nel 1824 sposò la figlia del suo superiore, il rappresentante sardo Raimondo Quesada di San Saturnino. Carolina, una bigotta ossessionata da misticismo e miracolismo, ebbe cinque figli sopravvissuti e condivise la religiosità del marito, sempre più rigidissimo praticante, molto sensibile a profezie, visioni, prodigi, presunti miracoli, estasi mistiche, spesso sconfinando nella superstizione. Le protezioni torinesi intanto continuavano a funzionare e favorirono un importante salto di qualità nella carriera di Solaro, scavalcando candidati ben più titolati, come di nuovo nel 1835 in misura macroscopica con la nomina a ministro degli Esteri. Il 6 gennaio 1825 era stato incaricato d’affari presso la legazione sarda di Madrid e dal 1826 ministro plenipotenziario in Spagna, dove stavano per esplodere le tensioni tra il governo costituzionale di Maria Cristina, reggente in nome della minore Isabella II, e l’opposizione dei legittimisti di don Carlos di Borbone, sfociate in una durissima guerra civile tra il 1833 e il 1839. L’obiettivo di Solaro in Spagna fu duplice: sostenere don Carlos, secondo le indicazioni del governo piemontese e farsi carico, di propria iniziativa e senza disposizioni in tal senso da Torino, degli interessi della S. Sede. Le sue ingerenze furono così smaccate che nell’aprile del 1834 fu richiamato in patria, onde evitare una rottura diplomatica, la quale peraltro avvenne nel luglio del 1837, avendo intensificato da ministro tale politica, e si ricompose solo nel 1839 dopo la fine della guerra civile. Tuttavia Solaro fu ricompensato con l’incarico ben più prestigioso di ministro degli Esteri dal 21 marzo 1835, in sostituzione e su proposta di La Tour. Carlo Alberto voleva un ministro meno subordinato all’Austria, più marcatamente legittimista e con minore prestigio di La Tour. Tuttavia la politica estera era stretta tra la volontà del sovrano di porsi come campione del legittimismo europeo, l’ostilità alla Francia di Luigi Filippo, la pesante tutela austriaca, rafforzata dall’accordo militare del 1831, dopo la rivoluzione parigina del luglio del 1830, per il timore piemontese di un attacco francese e del contagio rivoluzionario. Solaro fu il realizzatore intransigente di tale politica. Nelle relazioni europee il suo operato, sempre avallato dal re, fu una sequenza di maldestre iniziative, tutte perdenti, che compromisero i buoni rapporti con le potenze liberali, soprattutto l’Inghilterra, le quali già avevano accolto con sfavore la sua nomina. Sostenne scopertamente, con denaro e armi, i carlisti spagnoli e, dopo la loro sconfitta, i fuorusciti con una larga accoglienza e aiuti finanziari, sino al 1846; altrettanto fece tra il 1835 e il 1836 con gli esuli miguelisti portoghesi. Intervenne inoltre nelle tensioni interne svizzere, finanziando e armando i separatisti dei cantoni conservatori cattolici, contro quelli liberali protestanti, poi vincitori, dal 1843 al 1847. L’attivismo di Solaro ottenne invece notevoli risultati con la stipula di numerosi trattati di navigazione e di commercio, e con l’apertura, tra il 1835 e il 1846, di molti nuovi consolati, di pari passo con un robusto rimescolamento del personale diplomatico, per averlo fedele e aggiungendo la religiosità ai criteri per il reclutamento. Così che Massimo d’Azeglio, tra il 1849 e il 1851, provvide all’epurazione di una ventina di diplomatici, esponenti, come diceva, del ‘sistema margritin’ e ostili al nuovo regime costituzionale.
Gli aspetti pressoché sconosciuti dell’opera del ministro degli Esteri furono tuttavia quelli esulanti dalle sue funzioni, nei quali invase largamente le competenze di altri ministri, suscitando continue tensioni entro il governo, sedate sino al 1842 dal sovrano, il quale da lì in poi sconfessò sempre Solaro, perché troppo sbilanciato a favore della S. Sede. Solaro compì, senza averne titolo, molti atti di fatto da ministro dell’Interno e da ministro degli Affari ecclesiastici. Diede vita presso gli Esteri a un ulteriore sistema di spionaggio, con annessa l’ennesima censura, delle opinioni politiche e religiose all’interno e fuori del regno e delle pubblicazioni da bandire, e alimentò l’allarmismo. Così finirono nel grande calderone dei sospetti da vigilare non solo i mazziniani, ma pure liberali moderati molto vicini al re, come Cesare Balbo, Massimo d’Azeglio, Cesare Alfieri, gli scienziati partecipanti ai Congressi, i neoguelfi, i manifestanti a favore del nuovo papa Pio IX, del quale diffidava perché sostenitore delle riforme. La maggiore attività di Solaro fu dispiegata negli affari ecclesiastici, seguendo la stella polare che era stata anche dell’Amicizia cattolica, di favorire in ogni modo la Chiesa al di sopra dello Stato e di combattere le tradizioni giurisdizionaliste sabaude. Ottenne tre successi tra il 1837 e il 1841, poi svuotati negli anni Cinquanta da d’Azeglio e Camillo Benso conte di Cavour.
Nel 1837 concluse, a favore della S. Sede, le trattative sulla tenuta dei registri dello stato civile, che rimasero ai parroci. Tra il 1837 e il 1839, con una trattativa personale e segreta, ottenne il ristabilimento della nunziatura a Torino, abolita nel 1753 da Carlo Emanuele III, ma concedendo molto più di quanto erano disponibili il governo e il sovrano. Nel 1841 spuntò riduzioni minime delle immunità ecclesiastiche. A questo punto però la sua politica antiregalista apparve eccessiva allo stesso cattolicissimo Carlo Alberto, che il 13 agosto 1842 lo mise in guardia: «Faites pourtant attention à ne point excéder dans ce qui est des égards dûs à l’Eglise; et de menager en mȇme temps le respect pour les canons de l’Eglise avec les intérȇts et la dignité du gouvernement» (Lovera - Rinieri, III, 1931, p. 128).
Dal 1841 le attenuate preoccupazioni francesi stavano depotenziando la politica estera legittimista e la prevalenza degli innovatori entro il governo aumentava l’isolamento del ministro degli Esteri. Ma Solaro, convinto di essere investito di una missione superiore persino al volere del suo re, continuò per la sua strada, accumulando una sconfitta dopo l’altra: nel 1842 sulla leva militare dei novizi e sulle competenze dei vescovi della Savoia; nel 1844 sulla restituzione alla S. Sede dei beni superstiti dell’Ordine di Malta e contro il corso di metodo dell’abate Ferrante Aporti voluto dal sovrano; nel 1845-46 a proposito delle decime del clero sardo. Intanto, mentre diffondeva entro una cerchia ristretta vari opuscoli propri di argomento ascetico, finanziava largamente sui fondi segreti del ministero degli Esteri conventi e congregazioni religiose: 475.000 lire su un totale disponibile di 794.000 tra il 1835 e il 1845, in aggiunta alle erogazioni ordinarie dell’Economato generale e a quelle straordinarie della cassetta personale del sovrano.
Di fronte all’esplodere del movimento per le riforme nell’estate-autunno del 1847, Solaro ne fu travolto e fu dimissionato il 9 ottobre, con molti riguardi.
La stagione politica di Clemente Solaro era finita. I suoi oltre trent’anni al servizio dello Stato, con probità assoluta e totale avversione ai cambiamenti, sarebbero stati presto dimenticati, per gli esiti in gran parte fallimentari, se egli non fosse subito divenuto una bandiera, positiva per la destra estrema clericale, negativa per l’intero movimento liberale. Perciò si è continuato a menzionarlo sino a oggi piuttosto come idealtipo dell’assolutismo dai contenuti indefiniti che come un protagonista politico.
Morì a Torino il 12 novembre 1869, a settantasette anni, nell’indifferenza pressoché generale.
Opere. Non sono indicati gli opuscoli di argomento ascetico, per lo più anonimi e fuori commercio, e quelli elettorali. Tra le pubblicazioni, il Journal historique du siége de la ville et de la citadelle de Turin en 1706, Torino 1838. Seguirono, dopo l’uscita dal governo, le opere politiche, tra cui la più nota fu la minuziosa apologia del proprio operato da ministro, il Memorandum storico-politico, Torino 1851. Si segnalano inoltre: Appendice al Memorandum storico-politico, Torino 1852; Avvedimenti politici, Torino 1853; Questioni di Stato, Torino 1854; Opinione sull’annessione di alcuni Stati alla monarchia e sulla cessione della Savoia e di Nizza alla Francia, Torino 1860; Risposta all’opuscolo Il Papa e il Congresso, Torino 1860; L’uomo di Stato indirizzato al governo della cosa pubblica, Torino 1864; Sguardo politico sulla convenzione italo-franca del 15 settembre 1864, Torino 1864.
Fonti e Bibl.: L’archivio privato è conservato dai discendenti conti Lovera di Castiglione. La documentazione dell’attività diplomatica e ministeriale è nell’Archivio di Stato di Torino, Fondi dell’Archivio di Corte, Materie politiche per rapporto all’estero, Lettere ministri, Legazioni; Fondi della Segreteria di Stato e ministero per gli Affari esteri, Copialettere corrispondenza del gabinetto particolare 1814-1859, Relazioni a S.M. 1817-1858, Memoriali relativi ad affari diversi 1815-1857. Una parte è anche nell’Archivio storico del ministero Affari esteri di Roma, Segreteria e ministero Affari esteri del Regno di Sardegna. All’attività di Solaro fanno riferimento le storie generali e di settore del periodo. Accanto ad articoli su aspetti particolari e a opuscoli polemici o apologetici, manca una biografia scientificamente condotta. L’unica biografia disponibile, tratta dal ricco archivio privato, rimasto inaccessibile nel tempo con pochissime eccezioni, è quella di C. Lovera – I. Rinieri, C. S. della Margarita, I-III, Torino 1931, documentata ma apologetica. Altrettanto apologetico è M. Monaco, C. S. della Margarita, Pensiero ed azione di un cattolico di fronte al Risorgimento italiano, Torino 1955. Più recente, sul pensiero politico di Solaro: N. Del Corno, Gli «scritti sani». Dottrina e propaganda della reazione italiana dalla Restaurazione all’Unità, Milano 1992. Sulla breve attività parlamentare: Camera dei deputati, Portale storico, http://storia.camera.it/deputato/clemente-della-margherita-solaro-17921121#nav (18 agosto 2018).